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Autore: ribrib20    15/06/2010    7 recensioni
"Io ti ho voluto tanto bene mamma. Anche se tu non mi volevi."
Storia partecipante al contest "Piece of journey" indetto da Pagliaccio di Dio e posizionatasi nona.
Genere: Drammatico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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Io ti ho voluto tanto bene mamma.
Anche se tu non mi volevi.

Così inizio questa lettera che scrivo solo per te.
Certo può sembrarti strano che un bambino così piccolo sia in grado di parlarti e soprattutto di scriverti qualcosa, vero? Ah, avverto il tuo stupore, mamma e sai, effettivamente non avresti tutti i torti, e capirei anche se ti spaventassi. Stai tranquilla, io sono ancora un bambino e quindi non sono ancora in grado di scrivere: per tale motivo questa mia lettera la sto scrivendo qui, dentro il mio cuore, nella speranza che tu possa riceverla...

 

Cara mamma,
io ti ho voluto tanto bene sai? Lo so che ti sto dicendo una cosa ovvia e forse anche banale, ma io ci tenevo a fartelo sapere.
Perché tu sei la mia adorata mamma: mi hai tenuto al sicuro nel tuo grembo per sette lunghi mesi. Curandomi e nutrendomi con tutto l’amore che mi trasmettevi con le tue carezze e le tue parole.
Oh, mi ricordo quando con voce soave mi cantavi storie fantastiche e mi promettevi amore e felicità. Nel mio caldo nido io mi beavo di tutto ciò che dicevi, pregando di sentire sempre la tua voce.
E fantasticavo, su tutto quello che avrei fatto con te una volta nato: saremmo andati al parco in primavera, passeggiando mano nella mano guardando lo stagno con le anatre... e d'estate ci saremmo seduti su una panchina a gustarci un buon gelato, mentre il sole ci carezzava con i suoi raggi.  E le notti d'estate, ci saremmo messi sulle sedie in terrazza e, abbracciati, saremmo rimasti a guardare le stelle. Tu ed io mamma. Noi due soli.
Al riparo da tutto e tutti.
Lontani dal chiasso della città, distanti dall'inquinamento, dalle luci troppo artificiali, al riparo nella nostra casetta immersa nel verde della campagna... a guardare il cielo stellato, cercando di riconoscere l'Orsa Maggiore, sdraiati mentre i ciuffi d'erba ci solleticano la pelle e le cicale ci fanno da sottofondo … Come? Ti domandi come io possa conoscere vocaboli come "Orsa Maggiore" e "inquinamento"? Ma mamma, io te l'ho già spiegato: vivo dentro di te, mi nutro delle tue parole e mi bagno nelle tue carezze. Avverto tutto quello che mi dici, tutto quello che fai e che senti. Per questo riuscivo a sentire anche lei: la tua profonda tristezza. Quella che ti assaliva ogni volta che lui rientrava a casa.
Lui.
Mio padre.
Sembrava una brava persona, ti sorrideva sempre e le sue mani così dolci e gentili carezzavano delicatamente la tua nuca. Anche il suono della sua voce bassa riusciva a essere melodioso. Come una ninna nanna. Ogni volta che rientrava da lavoro, ti portava una rosa rossa come "regalo alla stella più brillante che ci sia"... così diceva, mentre ti porgeva il fiore e ti sfiorava le labbra in un bacio. Ma tutte le rose hanno le loro spine.
Tutte le favole hanno dei retroscena.
Anche questa vita, così simile a una solida colonna, ha le sue increspature.
Te ne sei accorta una sera, quella dannata sera, mamma: eri a casa e stavi preparando la cena come tuo solito; canticchiavi una canzoncina della quale non ricordo le parole e intanto avevi sulle labbra quel dolcissimo sorriso che ti caratterizzava.
<< Questa sera preparerò un manicaretto per il mio caro marito >> dicevi, mentre con una mano piano ti sfioravi il ventre, come se mi volessi accarezzare. Era tutto pronto: luci soffuse, tavola imbandita e anche le note di una romantica canzone come sottofondo... sì, era davvero una bella atmosfera, l'ideale per festeggiare l'arrivo di un figlio, frutto dell'amore di due persone. Ma quando papà tornò a casa, quella maledetta sera, non era lo stesso... di questo te ne sei accorta subito, mamma.
Entrò in casa barcollando, rosso in viso. Si avvicinò a te, stringendo la tua vita con le braccia, iniziando a sussurrarti all'orecchio parole volgari che tu non avevi mai sentito pronunciare da lui.
<< Sei ubriaco? >> Gli chiesi e si poteva avvertire un filo di ansia crescente nella tua voce. Ma non avevi bisogno di conferme: la risposta alla tua domanda già la conoscevi.
<< Io? Non sono ubriaco … voglio solo divertirmi con te … >> Ti rispose lui, mentre stringeva ancor di più la presa al tuo polso.
Non so cosa accadde dopo. O almeno, non con esattezza. Mi ricordo che urlasti mamma. E sentii numerosi scossoni.
Rumore di stoviglie rotte...
Sentivo le tue grida, mamma.
Avvertivo la paura crescere in te...
Tutto questo continuò per non so quanto tempo, fino a quando non sentii il rumore della porta di casa sbattere.
Allora in casa piombò il silenzio.
E le sentii: le tue lacrime, i tuoi singhiozzi. "Non piangere mamma. Ci sono io qui con te! Ti proteggerò io da lui."
Così pensavo. E ingenuamente speravo che i miei pensieri ti raggiungessero.
Ma così non fu.
<< E' colpa tua. >> quelle parole mi ferirono profondamente, mamma.
"Cos'ho fatto mamma? Dimmelo e non lo farò più, prometto" perché davvero non capivo dove fosse la mia colpa... io volevo solo stare con te e fare tante cose assieme. Come una famiglia. << Se solo tu non ci fossi... lui non mi avrebbe picchiato... e non si sarebbe arrabbiato. Sì, sì è colpa tua! >> L' avevi fatto ancora mamma: mi hai incolpato, mi hai rivolto parole crudeli ma non senza spiegarmi cosa sbagliavo. Io non capisco, mamma adorata... desiderare di stare con la persona alla quale vuoi tanto bene, bramare la sua felicità... è sbagliato? Io sto sbagliando a desiderare con tutto me stesso di stare con te sempre? Sto sbagliando mamma?
Ti prego... ti supplico mamma dimmelo... perché io da solo non capisco... << Sì... ora porrò rimedio... non preoccuparti amore mio... ora questo errore non ci darà più fastidio... se lui sparisce... tu mi amerai ancora come una volta... sì … sì è così! >>
Un errore? Mamma... io sono un errore? Allora è davvero colpa mia se papà ti ha picchiato?
Deve essere così perché continui a ripeterlo:” è colpa tua, è colpa tua”. Lo ripeti a bassa voce, come se fosse una cantilena.
Lo ripeti anche adesso che passi quella fredda lama di metallo sul tuo ventre, qui, dove mi trovo io.  Adesso ho paura mamma.
Tanta, tanta paura. Ma va bene così mamma.
Se provocare del male a me, servirà a renderti nuovamente felice... se così facendo tu tornerai a sorridere... allora va bene. Fammi ciò che vuoi. Anche se io, mamma, avrei preferito vederti lottare per ottenere la tua felicità perduta. Mi sarebbe piaciuto stare più tempo assieme a te. Avrei voluto portarti via da quell’individuo così cattivo.
E poi saremmo rimasti solo noi.
Tu ed io soli, mamma. Lontani da quell'uomo che tanto ti ha fatto male. Ti avrei protetto io da ogni cosa mamma. Non ti avrei fatto mai arrabbiare o preoccupare. Per te, avrei fatto tanti sacrifici.  Perché ti voglio bene, e la prima cosa che desidero è vederti felice.

All'improvviso ho sentito un dolore lancinante.
Poi un tonfo.
E sono piombato nel tunnel dell'incoscienza.

***

Mi risveglio dopo qualche ora. Non sento nessun rumore provenire dall'esterno. Che cosa è accaduto? Mi ricordo le cattive parole che mi hai detto, mamma. E rammento il dolore lancinante che ho provato.
Poi solo il buio. Il silenzio.
Non mi ricordo altro.
Il panico mi assale.
“Mamma? Mamma, dove sei ? Stai bene? Cos'è successo? Perché non sento nulla? Ti prego rispondimi... ho paura...” Provo ad urlare, nella speranza che tu riesca a sentirmi, ma non esce alcun suono dalle mie labbra e l’unica cosa che sento sono voci che non conosco. E questo mi mette ancor più in agitazione. << Si è salvato per miracolo... >> non riesco a capire il significato delle frasi che sento. Ho paura … ma rimango ad ascoltare, nella speranza di capire cosa è successo e dove mi trovo. E sopratutto perché non mi rispondi mamma.
<< Ha tentato di uccidere il figlio che porta in grembo... >> Uccidere? Mamma cosa vuol dire? Continuo a non capire …
<< Adesso si deve riposare >> sento una porta chiudersi e in seguito quelle mani che riconoscerei tra mille si posano sulla tua pancia, a carezzarmi: oh, finalmente ti ho ritrovato mamma. Ma nonostante questo non riesco a tranquillizzarmi completamente. Ti prego... spiegami il significato della parola uccidere. Cos'è successo... dove ci troviamo?
<< Non è giusto... non è giusto sai? >>
"Cosa? Cosa non è giusto? Mamma ti prego spiegami! Cosicché io possa rimediare a quello che ho fatto!"
<< E' unicamente tua la colpa... se tu non fossi mai nato... >> no, mamma... ti prego... ti supplico, non mi dire così... sarò un bravo bambino... te lo prometto... << Ti odio >> queste tue parole, mamma, mi faccio male più di una coltellata.
Ma io più che domandarti perdono non posso fare.
Davvero.
Scusa, mamma.

***

Passò un altro mese da quell'avvenimento e tutto sembrava essere tornato alla normalità: papà era stranamente tranquillo. O per lo meno, non alzava più le mani su di te. Nemmeno tu, mamma, hai più avuto cedimenti.
<< Oggi ti porto in un bel posto da dove potremo guardare il cielo>> così mi hai detto mentre piano mi carezzavi.
Se avessi potuto, mamma, avrei sorriso all'idea di stare un po’ con te, che finalmente eri tornata la dolce mamma di un tempo, quella che mi raccontava le fiabe e che si sedeva in veranda a guardare il cielo stellato.
Se avessi saputo, mamma, avrei fatto di tutto per fermarti. Ti avrei urlato di non farlo. Che quella non era la maniera giusta per fuggire dal dolore. Ti avrei detto che così non saresti tornata a essere felice. Ma non conoscevo le tue intenzioni. Pensavo andasse tutto bene, credevo che quello di un mese fa fosse stato solo un episodio a se stante.
Ma mi sbagliavo: non sentivo la profonda tristezza che provavi nel tuo cuore; non ho capito che la solitudine ti stava divorando l'anima. Perdonami mamma, se mi sono beato delle tue carezze e delle tue parole all'apparenza così dolci. Perdonami se mi sono nutrito delle tue promesse.
Scusami se non ho avvertito prima la malinconia presente nel tono della tua bellissima voce.
Perdonami.
Perdonami mamma, ti prego.

 


E ora sono qui, a fluttuare nell'aria.
Ora che non sono più dentro di te posso vedere più chiaramente l'ambiente che mi circonda: siamo in uno spazio aperto. Sotto di me vedo i tetti dei grattacieli. E te, mamma. Mi ricordo che sei salita all'ultimo piano di un palazzo e ti sei alzata in piedi, sulla ringhiera di un balcone... hai guardato il cielo che imponente si estendeva sopra la tua testa, mentre le prime stelle facevano la loro comparsa. Mi ricordo che hai allungato il braccio verso l'Orsa Maggiore e hai sussurrato: << Nessuna esitazione >>. Poi hai chiuso gli occhi mamma.
E ti sei lasciata andare nel vuoto.
E ora io sono qui, a guardare impotente il tuo corpo esanime ricoperto di sangue. Hai gli occhi velati di lacrime e spalancati verso il cielo blu della notte... vorrei venire lì da te a chiuderti gli occhi. Vorrei tornare lì da te, per coprirti e augurarti un buon riposo, ma una forza a me sconosciuta me lo impedisce. Vorrei sapere una cosa mamma... desidero chiederti ancora una volta cosa ti ha spinto a compiere un gesto tanto disperato.
Forse, ora me lo dirai?
"Perché mamma? Perché l'hai fatto?"
Continuo a chiedermelo anche ora che un'ambulanza porta via il tuo corpo. Continuo a farmi la stessa, identica domanda: "Perché te la sei presa con me, cosa ho fatto di male?" Mi odiavi tanto, così grande era il disprezzo per la vita che stava crescendo dentro di te?  Tale era la tua sofferenza da non riuscire più a sopportare il peso della vita? Ma se provavi tanto dolore, perché non te ne sei andata via? Te lo dicevo sempre mamma, io ti avrei reso felice. Avrei fatto il bravo e ti avrei difeso da tutte le cose cattive. Ma tu non me ne hai dato il tempo. Hai deciso anche per me.
Io volevo vivere.
Ma tu hai deciso che così non doveva essere. Mi hai ucciso, mamma, perché papà ti aveva fatto del male... ma, allora non capisco, che colpa ne avevo io, mamma? Ti prego spiegamelo, perché io non capisco. E mai capirò. Mi sento male mamma, tanto.  Mi sento come fossi io il colpevole di tutto il tuo dolore, della tua sofferenza anche se una parte di me, forse la più segreta e nascosta, sa che non è così, e mi classifica come vittima. Ai telegiornali hanno parlato di doppio suicidio ma non è così. Io non volevo morire, mamma. Volevo vivere con te.
Se eri triste, perché te la sei presa con me?
Se provavi dolore, perché non te ne sei andata, lontana da papà?
Se era la pace, quella che volevi, perché non l'hai rincorsa in modo diverso? Non capisco mamma. Ma ormai è troppo tardi. Nessuno mi spiegherà più nulla. Nessuno.
"Perdonami" così mi hai detto prima di buttarti giù dal balcone. Il tuo tono era così malinconico, così tristemente rassegnato che ho avuto un tuffo al cuore: stai tranquilla mamma.
Anche se non mi hai spiegato nulla, anche se mi hai ferito, io non sono arrabbiato. Sono solo... triste. Perché non ho potuto aiutarti come avrei voluto.
Non provo rabbia verso di te, mamma. Solo tristezza.
Non potrei mai avercela con te. Sei la mia adorata mamma. Alzo la testa verso il cielo e allungo la mano verso il cielo stellato: adesso hai ottenuto la felicità, mamma? Adesso riderai e mi racconterai tutte le favole che mi hai promesso?
Non temere mamma. Se era di papà che avevi paura, adesso non verrà più da te. Saremo tu ed io, mamma. Per sempre. Soli su una piccola stella, mia e tua.
Per sempre insieme.

 

La mattina del 10 dicembre 1999 fu rivenuto il corpo senza vita di una giovane donna di trentacinque anni davanti al portone di un palazzo abbandonato. Sul corpo furono rinvenuti molti lividi causati, come si scoprì più avanti, dal marito della donna, ora in carcere per violenza domestica. Si scoprì inoltre che la donna era incinta di otto mesi e che si suicidò per disperazione. Sfortunatamente, nemmeno il feto è sopravvissuto.



--- Note di Rib ---
Salve! Inserisco questa piccola noticina a piè di pagina solo per ringraziare tutte le persone che hanno letto questa mia storia... 4100 visite! O_o
Vi ringrazio davvero, spero che questo racconto vi sia piaciuto così com'è piaciuto a me da scrivere.
   
 
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