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Autore: Shakta    17/06/2010    4 recensioni
questa è la storia di un barbaro, animato dal fuoco della vendetta e di un ladro, coinvolto in un intrigo più grande di lui. Dalle loro azioni dipenderà il futuro del Regno di Ellicav. In questa storia di decadenza e corruzione, bene e male vengono trasfigurati dal potere sino a diventare indiscernibili dalla violenza e dalla pace.
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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il guerriero

Il Guerriero


Gli ultimi riflessi del sole morenete si stavano inseguendo sul metallo della sua armatura. Il forte vento di quel freddo autunno agitava il suo lungo mantello, inquieto come il suo animo. Immobile sulla lieve altura, egli stava contemplando lo straordinario spettacolo di fronte ai suoi occhi scuri: la città di Altaria, la capitale. Una macchia argentata nello sconfinato verde della pianura, su cui incombevano remote le vette della catena montuosa di Kaartak.
Il guerriero iniziò ad avvicinarsi alla città. Il volto carico di ombre, non notò i magnifici picchi dorati che svettavano dal centro di Altaria e che le erano valse, insieme alle sue immacolate e candide mura, l'appellativo “la Bella”; non colse l'infuocato bagliore che la illuminò, quasi l'ultimo saluto del Sole, prima di lasciare il posto alla notte; né colse il contrastante squallore delle sudicie dimore degli schiavi, ancorate subito fuori dalle possenti mura alte più di dieci uomini.
Il suo sguardo era fissato non in quel presente ma nel recente passato, perso nel ricordo.


“Ehi cane rabbioso! Levati di torno!”
In silenzio aveva guardato il soldato che gli stava di fronte, quel suo compagno di truppa.
“Ci senti o sei un po' tocco?” aveva rincarato quello canzonandolo e toccandosi la tempia in direzione degli altri.
“Ho sentito benissimo”, aveva sibilato rabbiosamente in risposta.
“Il signorino è nervoso eh? Vediamo se si calma saltando il pranzo.”
Senza altro aggiungere, Buck si era seduto e aveva iniziato a mangiare la sua razione di cibo, provocando l'ilarità dei commilitoni. Ma le loro risa si spensero quando posarono lo sguardo su di lui. I suoi occhi spalancati sembrarono ingrandirsi e guizzare fuori dal presente, l'iride nera perdersi nel mare bianco delle pupille. Avvicinò la mano al piatto per riprenderlo, ma Buck lo intercettò e gli strinse il braccio.
“Ti ho detto che questo lo mangio io” e così dicendo lo spinse via. Egli si ritrasse. Il calore del tocco gli ardeva l'arto come fuoco vivo. Si avvicinò di nuovo al nemico.
“Ma allora sei davvero idiota, ti ho detto che..”, ma la sua frase si spezzò quando il pugno lo colpì in pieno viso. La sua voce tagliò il profondo silenzio creatosi.
“Non mi toccare mai più”
Buck si rialzò rabbioso.
“Fuori!” gli gridò. “Fuori!”
E così uscirono. Prima che qualcuno potesse placarli, farli ragionare, le loro spade s'infransero l'una sull'altra con clangore e stridii di metallo assetato di sangue. Combattevano entrambi per uccidere. Troppo tardi arrivò Piotr, il comandante dello squadrone, per fermarli. Ciò che riuscì a vedere fu un enorme spadone infrangere la lama avversaria e poi calare celere a recidere una testa. Buck non era più. Grida e insulti accompagnarono la corsa degli altri soldati sul luogo dello scontro. Il sangue del morto aveva quasi coperto il suo vincitore, che lo leccò via dalle labbra.
“Assassino! Bastardo!” lo apostrofarono. Rimase là immobile, senza che nessuno osasse però avvicinarglisi. Lo fece Piotr, che con voce tonante riportò la calma e comandò a tutti di lasciarli là, soli.
“Perchè lo hai fatto?” gli chiese.
“Ha importanza saperlo?” sussurrò quasi a se stesso. “Sono pronto a morire per ripagare”
Il comnandate rimase ad osservarlo per lunghi minuti, mentre nubi cariche di pioggia oscuravano i suoi pensieri.
“Vattene” disse poi. “Non intendo ucciderti, ma i tuoi giorni qui sono finiti”
Annuendo mentre ripuliva lo spadone, il guerriero iniziò ad incamminarsi.
“Non prendi le tue cose?” Piotr si sorprese a chiedergli.
“Non ho niente che mi appartenga”
Gli occhi dell'esperto comandante indugiarono sul cadavere del misero Buck. Si chinò a sfilargli dalla cintura un piccolo sacchetto di pelle, che tintinnò al suo tocco.
“Ehi”, chiamò e quando l'altro si girò gli lanciò con precisione in mano il sacchetto. “Queste ti appartengono”
Un fugace sorriso distese per un attimo il volto del guerriero, che però subito si voltò e riprese il suo cammino.
Piotr lo guardò andarsene. Poi tornò all'accampamento.



“Qual'è il tuo nome forestiero?”
Sentì una voce che lo interrogava. Era la guardia all'ingresso della città.
“Sarevok” rispose in un sussurro.

  
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