Note di Akemichan:
Ciao a tutti ^^ Lo so, lo so, avevo detto che stavo
lavorando ad una fic su Detective Conan, ed è assolutamente vero, solo che ho
avuto un colpo d’ispirazione improvvisa per questa e, dato che ne sono
estremamente soddisfatta (la solita modesta N.d.Seto Tu parla per te!
N.d.Akemichan), non sono riuscita a resistere alla tentazione di pubblicarla
subito. In ogni caso, essendo la fic su Detective Conan praticamente pronta,
intervallerò la pubblicazione dell’una con quella dell’altra (Quello che
sta cercando di dire stà scema, in parole povere, è che i capitoli verranno
aggiornati ogni due venerdì invece che uno, in modo da lasciare spazio anche
all’altra fic N.d.Seto). Mi ha chiamato scema ç_ç E dire che gli ho dedicato
questa storia… Basta, con la prossima mi vendicherò!
Come c’è scritto nelle note, questa fic è un
cross-over, ma non ho minimamente intenzione di rivelarvi subito qual è
l’altro anime ^_- Questo per due motivi principali: il primo è che vorrei che
la leggessero anche quelli che non seguono l’altro anime, o che non lo hanno
mai visto, dato che la prospettiva sarà (quasi) sempre dalla parte di Seto
(finalmente, eh N.d.Seto), così potrebbero semplicemente considerare gli altri
personaggi come dei normali OOC, solo non inventati dalla sottoscritta; il
secondo è che voglio vedere se qualcuno riesce a scoprirlo prima che lo si
capisca apertamente ^_- Non che sia difficile, eh ^_^
Cos’altro posso dirvi… Spero che vi piaccia come a me
è piaciuto scriverla ^^ Anche i commenti negativi sono ben accetti, purchè
costruttivi (il fatto che mi piaccia non significa che non possa fare schifo,
purtroppo ù_ù). Il primo capitolo è un po' corto, ma spero che non risulti
noioso (dopotutto è solo il prologo). Buona lettura a tutti.
Prologo Attraverso una delle tante strade extraurbane male
illuminate che portava a Domino City, sfrecciava rapida la limousine bianca, che
solo il presidente della Kaiba Corporation utilizzava per i suoi spostamenti.
All’interno, infatti, Seto Kaiba, diciottenne a capo di una delle più
importanti aziende elettroniche mondiali, stava comodamente seduto sugli ampi
sedili posteriori, le gambe accavallate sul soprabito bianco. Saranno state più o meno le tre di notte, e lui tornava da
una delle tante cene di lavoro che ultimamente era costretto a subire, quasi
fossero una punizione, solamente per allargare il suo mercato e ampliare il
controllo della sua azienda. Odiava certi avvenimenti, nei quali era costretto a
sopportare incapaci messi per pura fortuna ai vertici del potere, i quali
perdevano il loro tempo a lusingarlo, riuscendo solamente ad annoiarlo su
discorsi interminabili e banali come le frasi scritte negli incarti dei
cioccolatini. Per non parlare delle mogli, poi! Se non lo sfinivano con il fatto
che, alla sua età, avrebbe dovuto pensare più alle ragazze e meno agli affari,
lo importunavano descrivendogli le qualità delle loro figlie, tanto da far
apparire Madame Curie una che passava di lì per caso. Col dorso della mano si strofinò gli occhi blu, sentendo
che gli bruciavano a contatto con la luce forte dello schermo del portatile. Lo
spense, sistemandolo quindi nella borsa accanto a lui, poi si appoggiò
maggiormente allo schienale morbido, rivestito di pelle. La testa gli doleva a
causa di tutte quelle chiacchiere vacue. Sorrise sardonico di sé stesso:
avrebbe potuto resistere una notte insonne a lavorare al progetto di Kaibaland,
ma bastava una sola cena di lavoro a togliergli le forze di una settimana
intera. La limousine si fermò all’improvviso, sobbalzando, e
rischiando di farlo sbattere contro i sedili anteriori. “Che diavolo
combini?!” gridò quindi all’autista. “N-non è colpa mia…” cercò di giustificarsi quello,
che ben conosceva il carattere del padrone, poco tollerante agli sbagli.
“Credo ci sia un guasto al motore” Prese una torcia dallo scomparto. “Vedo
se riesco a ripararlo” Uscì dall’auto, richiudendo immediatamente la
portiera per non far entrare neanche una goccia della leggera pioggerellina che
iniziava a scendere in quel momento. Poiché i minuti passavano senza alcuna novità, Seto perse
la già poca pazienza che possedeva e di cui, a causa della serata, aveva
abusato a sufficenza. “Vorrei sapere perché assumo sempre incapaci!” imprecò
sottovoce, mentre usciva dall’auto, incurante della pioggia che, fattasi più
fitta, gli inzuppava i capelli castani e i vestiti eleganti. Si avvicinò al
cofano dell’auto, osservando il fascio di luce che l’autista puntava verso
il motore. “Faccio io” Gli strappò di mano la torcia ed esaminò lui stesso
la situazione. “Ma… Kaiba-sama…” Tuttavia, l’uomo non osò
opporsi. “Strano, mi sembra tutto regolare…” dovette ammettere lui stesso, mentre guardava l’intrigo del mezzo
meccanico. Forse la stanchezza gli stava impedendo di ragionare lucidamente.
“Qual è il problema, esattamente?” “Il motore si è fermato improvvisamente, e stop” “Forse è solo un contatto” intervenne una terza voce
alle loro spalle. Quindi, il proprietario, senza aspettare risposta, si avvicinò
all’auto e mise le mani nel motore. Tra il buio della notte e la pioggia, Seto
non riuscì precisamente a capire di chi si trattava. Sembrava una ragazza, o
comunque una donna, ma non fu in grado di stabilire altri particolari. Tuttavia,
notò perfettamente le sue mosse all’interno del motore, degne del meccanico
più esperto. La lasciò quindi fare, solo perché aveva fretta di tornare a
casa. “Dovrebbe essere a posto” disse lei con fatica,
estraendo due mani affusolate ora sporche di grasso. L’autista si rimise al
volante e costatò che, effettivamente, il motore rombava come nuovo. La donna
non si mosse, restando a pochi centripeti dall’auto. Kaiba la guardò fissa:
se si aspettava una ricompensa, cadeva male. Poi, lei traballò leggermente,
rischiando di cadere veramente a terra in malo modo. Per un riflesso incondizionato, Seto la afferrò,
stringendola a sé. Entrambi avevano gli abiti zuppi, ma, mentre la teneva per
le spalle, lui fu costretto a notare un altro tipo di liquido che gli colava
sulla mano. Cercò di capire di cosa si trattasse, osservandolo, ma distinse
solo un colorito nero in un’aria ancora più nera. Fu l’odore a chiarirgli
la situazione. Quella donna perdeva sangue da una spalla, e parecchio, a
giudicare dal respiro affannoso e dal calore febbricitante che si sentiva al
contatto. Sbuffò. Se era vero che non sarebbe mai stato il tipo da
aiutare donzelle indifese, era anche vero che odiava fare debiti con chicchessia
ed era innegabile che doveva un favore a quella donna. Non vedeva chiaro nella
situazione: cosa ci faceva una persona, ferita in quel modo, in giro alle due di
notte per una strada solitaria in cui passava una macchina ogni morte di due
papi, anziché uno, lontana da centri abitati? Omicidio fu la parola che gli
venne sulle labbra. La prese in braccio e la poggiò sui sedili posteriori
dell’auto, quindi salì al suo fianco. “Parti e accelera, abbiamo fretta”
ordinò all’autista. “Contatta il dottore, che si faccia trovare a casa mia
fra dieci minuti” “Ma… A quest’ora…” “Me ne infischio se dorme! Lo pago per il suo lavoro, che
lo faccia!” Riluttante, l’autista obbedì. Allora, Seto si levò il soprabito e si volse verso la sua
ospite, tanto attesa quanto sgradita. Avrebbe cercato di arrestare
momentaneamente l’emorragia, per quanto le sue poche conoscenze mediche glielo
consentissero. Non si curò minimamente di sporcarsi: tanto, ormai, sia vestiti
che interni erano da buttare! L'auto riprese a muoversi nella notte, portando con sè un misterioso passeggero in più.