Ho sempre pensato che il cielo fosse malato.
Sì, sembrerà illogico, ma un manto nero ricoperto di illusorie macchioline luminose mi sembrava… come dire… poco sano.
E crescendo ho imparato a riconoscere numerosi dettagli dell’esistenza che racchiudono dentro se stessi qualcosa di cancerogeno.
Una sigaretta può essere cancerogena, un bicchiere di Whisky incendiario può essere cancerogeno… un bacio può essere cancerogeno.
E, amaramente, ho scoperto che un’ entità cancerogena può creare una sorta di fatale dipendenza.
Un legame indissolubile con l’oggetto del peccato, che conduce ad azioni sbagliate e inspiegabili.
Che cosa spinge un’ ingenua ragazzina dai capelli crespi a rotolarsi senza pudore tra le lenzuola di un efferato mangiamorte?
Che cosa la spinge a stringere convulsamente le cosce sottili ai fianchi di un assassino che la disprezza?
Che cos’è quel mare di domande che si affollano nella sua testa quando si dona al suo carceriere?
Lo odia? Lo disprezza? Lo compatisce? Lo ama?
Non le importa! Si dona a lui senza motivo, abbandonandosi al crudo piacere delle carni, urlando un nome che assume significato solo una volta fuoriuscito dalle sue labbra, affondando i denti nella carnagione diafana di colui che la sottomette, soffocando i gemiti assetati tra capelli di platino.
E l’unica cosa di cui è consapevole la giovane Granger è il fatto di essere indissolubilmente abbandonata alle sensazione che un crudele, spudorato assassino le dona sprofondando nelle sue carni.