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Autore: Aerika S    20/06/2010    4 recensioni
Sul lungo tragitto da Nibelheim a Rocket Town, Aeris, Tifa e Yuffie ammazzano il tempo discutendo dell’ultimo arrivato e degli altri uomini tanto carini che continuano ad attraversare la loro strada.
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Aeris Gainsborough, Tifa Lockheart, Un po' tutti, Yuffie Kisaragi
Note: Missing Moments, Traduzione | Avvertimenti: nessuno | Contesto: FFVII
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Tall, Dark and Handsome

Yuffie Kisaragi non rientrava nelle convenzioni dello stereotipo dei ninja. Innanzitutto era una lei, e per quanto fossero piuttosto comuni nei veri circoli ninja, al punto che le ragazze che li frequentavano venivano definite con un termine a sé, kunoichi (perché è di vitale importanza sapere il sesso di chi ti corre incontro con una spada e la promessa di una morte rapida), le donne ninja non comparivano spesso nei film o nei libri. Le poche che si vedevano erano tipicamente conosciute più per le invidiabili taglie di reggiseno che per le loro doti sul campo di battaglia. Yuffie non aveva mai dovuto preoccuparsi di questo tratto.

Un’altra differenza era che per lo stile lei non puntava sullo stealth, e preferiva indossare dei pantaloncini e un top verde piuttosto che coprirsi da capo a piedi degli abiti scuri delle sue controparti romanzesche. No, non andava pazza per i pigiami. Inoltre, non operava sempre nelle ombre, né si muoveva silenziosamente. Difatti, mentre attraversava lemme lemme quelle sterminate pianure apparentemente immerse nel nulla e illuminate dal sole pomeridiano, faceva tantissimo rumore.

“Non ci arriveremo mai,” si lamentò. “Vagheremo nella campagna per sempre fin quando le nostre gambe non cederanno sotto il nostro corpo.”

“Allora non vagheremo per sempre, non trovi?” osservò Nanaki accelerando il passo per superarla e portare in salvo le proprie orecchie. O almeno provarci. Aveva un udito molto sensibile e le lagne di Yuffie avevano raggiunto un’acutezza che avrebbe potuto perforare l’acciaio.

“Sì, beh… Sta’ zitto!” sbottò lei prima di rimettere il broncio. Aveva una buona giustificazione, dopotutto. Erano sei ore che camminavano dal Monte Nibel in direzione della città più vicina, che evidentemente era al limite del niente proprio ad est dei confini dell’oblio. Cioè, forse quella era la posizione di Nibelheim. La cartografia non era esattamente il suo forte.

Tuttavia, che stessero uscendo dal purgatorio o fossero in pellegrinaggio verso di esso, il viaggio stava facendo sentire il suo peso. I suoi piedi la stavano uccidendo. Aveva raggiunto un tasso di noia straordinariamente nuovo a furia di limitarsi a mettere un piede di fronte all’altro. Persino i mostri locali tramavano contro di lei, diradandosi ed impedendole pertanto di scaricare la propria frustrazione su di loro.

Ma è a questo che servono gli amici. La miseria cerca compagnia, anche se la compagnia a volte vorrebbe soltanto che la miseria stesse zitta e ci desse un taglio.

Fortunatamente per lei, alla sua compagnia (eccezion fatta per Red XIII, e probabilmente Barret e, okay, forse anche quel nuovo tizio col mantello rosso – sembrava proprio il tipo di persona che adora il silenzio o ne aborrisce l’assenza) non dispiaceva un po’ di esuberanza giovanile. Le sue proteste non erano poi tanto irritanti. Alcuni di loro addirittura apprezzavano il diversivo. Trascinarsi senza fine per aridi altopiani non era esattamente l’attività mentale più stimolante al mondo, ecco. Era una cosa a metà tra l’osservare la pittura che si asciuga e il guardare l’erba crescere, ma dato che stavano davvero guardando l’erba crescere era ancora peggio.

Tifa, una veterana delle escursioni in montagna, suggerì un gioco di viaggio per passare il tempo. A partire dalla ‘A’, avrebbero detto a turno i nomi delle cose che vedevano che cominciavano con le lettere dell’alfabeto. Quando aveva chiesto chi volesse iniziare, gli uomini del gruppo avevano sentito il bisogno improvviso di allungare le proprie falcate. Barret riuscì quasi a fiancheggiare Red. Le ragazze e Cait Sith – considerato maschio perché nessuno aveva voglia di indagare troppo a fondo sull’identità sessuale dei gatti robotici che cavalcavano moguri robotici – ignorarono l’affronto e cominciarono a giocare.

“Arbusto!” gridò Cait Sith nel suo megafono.

Il rumore istigò Barret praticamente a correre, tanto che per la fretta inciampò nell’arbusto sopraccitato in una collisione che, per gli insetti che lo percorrevano, sarebbe stata ricordata come tremenda. Un brutale massacro, avrebbe detto qualche insetto particolarmente melodrammatico.

“Un vero peccato, micio,” disse Yuffie. “Ti toccherà dirne un altro.”

Avrebbe però dovuto aspettare che Aeris si calmasse, dal momento che essendo una Cetra aveva molto a cuore la flora e la fauna del Pianeta, così come la loro estinzione. “Barret, sta’ attento! Quegli insetti sono esseri viventi!”

Cait Sith indicò Barret con una zampetta. “Assassi–”

“Passiamo alla ‘B’,” suggerì rapidamente Tifa.

Ma Cait era pronto. “Bastar–”

“Tocca a qualcun altro!” L’ex-barista s’infilò meglio i guanti per sottolineare il concetto, visto che se non si fosse zittito da solo ci avrebbe pensato Barret in un lampo e per l’eternità.

“Bruco,” la soccorse Aeris, distogliendo l’attenzione dall’attentato all’arbusto apprezzando la natura che Barret non aveva ancora accidentalmente danneggiato.

Tifa continuò, e nessuno si stupì quando scelse ‘cloud’, mentre Yuffie disse ‘dente di leone’. Cait Sith nominò le ether che si trovavano nella borsa delle scorte. Tecnicamente non erano in vista ma era meglio non discutere. Se persino Tifa, Aeris e Yuffie riuscivano a pensare a ‘ebete’, figurarsi che insulto con la ‘E’ sarebbe riuscito a raccattare Cait Sith.

Il gioco alla fine s’impantanò ad Aeris con la lettera ‘V’. Le venivano in mente diverse opzioni – viole, viti, vipere – ma la natura non collaborava e lo spazio della ‘V’ rimaneva vuoto. (Il che era un’ottima cosa per quanto riguardava le vipere. L’espressione ‘serpe in seno’ aveva le connotazioni che aveva per una buona ragione.)

Yuffie, ansiosa di ricominciare a giocare, disse la sua. “Il tizio nuovo si chiama Vincent.”

“Sì! Ho trovato la mia ‘V’. Tocca a te, Tifa!”

“In realtà,” fece Cait, “Si chiama Vincent Valentine. Ci sono due ‘V’. Sono due punti!”

Fino a quel momento, nessuno a parte Cait Sith era a conoscenza del fatto che stessero tenendo il conto. Ad Aeris, comunque, piacque l’idea. “Così il gioco diventerebbe più interessante e divertente.” Con meno entusiasmo, aggiunse: “Non che alla fine importi vincere.” Le importava così poco che si domandò solo per una manciata di secondi se Vincent non avesse un secondo nome e, nel caso, con che lettera potesse mai iniziare.

Purtroppo, l’utilizzo di nomi propri era un divieto non scritto del gioco, spiegò Tifa con riluttanza, sperando che il suo intervento non venisse interpretato come una manovra atta a diminuire il punteggio di Aeris.

Occasione che Cait Sith non si lasciò scappare. “Tu prima hai detto ‘Cloud’!” Ad essere sinceri, poiché era stato lui ad accorgersi del cognome, sentiva di meritare un parziale credito. Dei due punti con cui aveva premiato la ragazza, uno era migrato in qualche modo al suo punteggio complessivo. Non aveva alcuna intenzione di cancellarlo.

“Sì, beh, ho detto ‘cloud’, nome comune, che nel dialetto di Nibelheim vuol dire nuvola. Hai presente, no, quelle cose grandi, bianche e fumose che stanno in cielo.” Ad essere nuovamente sinceri, ammesso e non concesso che la storia del dialetto fosse vera, il cielo era stato di un immacolato azzurro per tutto il giorno. Qualche nuvola era apparsa ore prima, ma nel luogo dove si trovavano adesso c’era un solo ‘Cloud’, di sesso maschile. Forse se qualcuno l’avesse colpita alla testa con una delle tante pietre (la ‘P’ di Aeris) che affollavano l’erba, allora la sua vista avrebbe potuto subire qualche ripercussione tale da permetterle di vedere delle nuvole. Ma anche così la questione rimaneva aperta e se mai qualcuno le avesse scagliato una pietra si sarebbe beccato un pugno nello stomaco per vendetta, e tutto per una non ben precisata ragione.

“Dico un’altra parola con la ‘V’, okay?” si affrettò Aeris. Non valeva la pena che i suoi amici litigassero per due punti. Se i punti fossero stati tre, avrebbe anche potuto accarezzare l’idea di lasciar proseguire il dibattito, ma per due no. Guardandosi attorno, le tornò alla mente la vecchia lista di prima, allungata da un illegale ‘Vincent’. “Vagabondo!” se ne uscì all’improvviso, senza avere in mente nessuno in particolare. No, davvero.

Cait Sith invece doveva aver pensato che avesse in mente qualcuno in particolare, perché accompagnò la sua spiegazione con risatine incontrollate. “Insomma, guardiamoci. Cioè, dico tutti. Siamo scesi a piedi dalle montagne, e non alloggiamo ad un hotel come si deve dal Gold Saucer – dobbiamo avere un aspetto terrificante.”

Tifa non badò alla sua farsa (e nemmeno al suggerimento di Cait Sith di ‘vagante’ per un’altra ‘V’). “Non è perfetto, ma per essere rimasto trent’anni in una bara, direi che male non si è conservato.”

“Non intendevo in quel senso. È solo per i capelli, la fascia sulla testa e il mantello che si sta sfrangiando sulla punta.” Dando un’altra occhiata all’uomo che stava descrivendo, giunse però ad un’altra conclusione. “Però sì, si è conservato bene, bara o non bara.”

“Aeris!” Tifa non sapeva bene di cosa meravigliarsi. Aeris non era come le timide mammolette che vendeva a un gil l’una. Se lei si era sentita a disagio tra gli indecenti uomini del Wall Market, la fioraia aveva imbrogliato i pervertiti come meritavano. Era un lupo civettuolo nelle vesti di una pecorella rosa.

“Toglierei gli stivali a punta, ma per il resto, ha quel certo non so che di dark e misterioso che funziona.”

“Sì, una sorta di aria romantica,” si ritrovò a riflettere Tifa, prima che una testa bionda rifacesse capolino nel suo campo visivo. “… se ti piace il genere.”

“Ha detto che prima era un Turk. Ve lo immaginate nella tenuta dei Turk?” domandò Yuffie. L’aveva pensata come una battuta. Poi cominciò a immaginarsi veramente Vincent nella tenuta dei Turk e tutto l’umorismo venne inghiottito in una vaga bolla di sogno.

“Hm, non stavamo alla ‘Z’?” incalzò Cait. Nessuno gli dava retta. Aveva fatto una faticaccia per ottenere un punto bonus ed ecco che nessuno voleva più giocare. “Tifa, tocca a te!”

Lei fece finta di non averlo sentito. Piuttosto, guardò la ninja. “Non credo che lo accetterebbero più tra i Turk con quel nido in testa.”

Aeris non sembrava dello stesso parere. “Se esiste un pettine capace di attraversare i capelli di Cloud, ne esisterà uno capace di sbrogliare i nodi di Vincent. E poi Reno l’hai visto anche tu. Credo che il ruolo della presentabilità stia decadendo un po’ da quelle parti.”

“Sarebbe quel tizio col manganello e i capelli più rossi del rosso, giusto?”

“Sì, è lui,” rispose freddamente Tifa.

“È palesemente tinto. È impossibile che sia così rosso pure sotto. Però non è male.”

Aeris ridacchiò, ma Tifa parve irritata dal suo commento. “È lui che ha distrutto il Settore 7, e lo sapete.”

Yuffie non lo sapeva perché all’epoca non faceva ancora parte del gruppo e tendeva ad addormentarsi ogni volta che qualcuno tentava di istruirla sulle gesta dettagliate dell’AVALANCHE. Sì, okay, salvare il Pianeta era importante eccetera, ma anche lei aveva i suoi problemi.

“Non lo dimenticheremo mai,” le assicurò la fioraia, “Però stiamo solo facendo quattro chiacchiere sceme. Sappiamo tutte che una persona può essere bellissima fuori e orrenda dentro. Guarda Rufus Shinra.”

Tifa aveva guardato Rufus Shinra. L’aveva guardato, e aveva visto uno stronzo arrogante che amava farneticare sul proprio potere. Abiti cuciti su misura e una meticolosa cura di sé non le avevano fatto cambiare idea. Okay, forse sembrava un modello in quel suo completo bianco e forse il modo in cui le ciocche di capelli più lunghe gli sfioravano la fronte contribuiva a sottolineare due splendidi occhi, però… gran stronzo. Enorme stronzo.

Aeris annuì mentre lei dava voce a questi pensieri. Farle notare come stesse perorando alla perfezione la sua causa non l’avrebbe placata, e poi era vagamente distratta dalle immagini che stava evocando con la sua filippica.

Nemmeno Yuffie stava prestando molta attenzione alla sostanza del discorso di Tifa. Vero, la tronfia compagnia di Shinra stava indubbiamente massacrando la sua patria e li avrebbe fermati a mani nude se avesse potuto (anche se avrebbe preferito che quelle mani riuscissero a contenere tutta la materia del mondo senza farsi venire i crampi), ma aveva capito cosa voleva dire Aeris. Aveva visto dei telegiornali che ritraevano Rufus. Che fosse un pezzo di merda era lampante. Ma la maggior parte delle donne (e degli uomini di un certo tipo) avrebbe liquidato la faccenda dicendo che non gli si potevano negare i suoi meriti estetici. Yuffie avrebbe detto la stessa cosa se non avesse considerato pompose le persone che blateravano cose come ‘meriti estetici’ in luogo di ‘strafigo’. Anche ‘in luogo di’ la urtava.

“Ogni volta che vedo persone del genere, mi viene in mente solo quello che hanno fatto,” concluse Tifa. “Non riesco ad apprezzare il loro aspetto.”

“Boh,” sbottò Yuffie. “Molte donne di Wutai pensavano che Sephiroth fosse bello, e intendo durante la guerra.”

Quella fu la goccia. Mister Ho-Distrutto-Un-Settore e Mister Stronzo-Dell’Azienda non potevano reggere il confronto con la crudeltà di Mister Ho-Il-Cervello-Flippato-E-Ho-Incendiato-La-Tua-Città-Natale-E-Già-Che-C’ero-Ho-Ammazzato-Tuo-Padre. Non avrebbe mai fatto concessioni di alcun tipo a un paio di occhi verde acqua e a dei capelli d’argento lisci come la seta, per quanto potesse essere sodo e rivestito di cuoio il culo su cui ricadevano.

Tifa si immobilizzò, prontissima a ricominciare con i suoi deliri.

“Ehi, Tifa,” strillò Aeris, nella speranza di stroncare la crisi sul nascere, “non pensi anche tu che Cloud fosse molto sexy vestito da ragazza?”

Con l’eredità che si ritrovava, quand’era piccola, Aeris si era sentita spesso isolata. Gli altri bambini inseguivano spesso i randagi che si aggiravano per il vicinato; lei ogni volta si pietrificava, sopraffatta dalla paura di quelle creaturine che cercavano posti in cui nascondersi. Gli altri bambini calpestavano sempre i rari squarci di terra e erba che riuscivano a far presa nei bassifondi senza accorgersi o curarsi del pezzo di natura che stavano lacerando. A quei tempi, riusciva a stento a trattenere le lacrime, perché santo Dio, passava ore e ore a coltivare quelle dannate erbacce e a pregare perché crescessero e nessuno si era mai scusato con lei per averle strappate, e poco ma sicuro, quei marmocchi avrebbero pianto fino a consumarsi gli occhi se lei fosse andata a casa loro e avesse rotto le cose che custodivano con affetto. Specialmente se gliele avesse rotte sulle loro stupide teste.

Era successo anche altro, ma non si era mai soffermata più di tanto su pensieri che riguardassero questi episodi perché sapeva che l’impulso di distruggere sarebbe cresciuto, e i dettagli adesso non contavano. Il punto era che le poche volte che aveva condiviso con gli altri bambini la sua abilità di comunicare con il Pianeta, l’avevano sempre fissata con gli sguardi di sgomento riservati agli psicopatici più folli del mondo.

Esattamente come la stavano fissando ora Tifa e Yuffie.

“Uh, volevo dire carino. Non pensi anche tu che Cloud fosse carino?” si corresse subito.

Tifa accettò la versione modificata con altrettanta rapidità. Le piaceva Aeris e non voleva pensare alla sua amica come a una di ‘quelli là’ contro cui era stata messa in guardia a Nibelheim durante la sua infanzia.

Yuffie, dal canto suo, si attaccò in faccia un’espressione di puro stupore. La sua non era una reazione dovuta tanto all’attrazione di Aeris verso Miss Cloud, quanto piuttosto al fatto che Miss Cloud fosse esistito (o meglio, esistita) a sua insaputa. Andiamo, si era sorbita (beh, più o meno) tutte quelle stronzate sulla mako e sulla Shinra che stuprava il Pianeta, ma nessuno l’aveva mai degnata di una parola su quella miniera d’oro?

Non avrebbe tollerato oltre questa trasgressione. “VUOI DIRE CHE CLOUD SI È VESTITO DA RAGAZZA E NESSUNO ME L’HA MAI DETTO? AVETE DELLE FOTO?”

L’urlo della guerriera ninja echeggiò sui campi vuoti. Le sue parole furono assorbite dal suolo e dal cielo a delle menti esterrefatte del gruppo in un momento di completo silenzio. In quell’istante, fu quasi udibile il rumore delle guance di Cloud che andavano a fuoco. Quello successivo fu soffocato da Cait Sith che rise così tanto che per poco non cascò dal moguri.

“Di che sta parlando, testa a punta?” chiese lentamente Barret. Anche a Corel si era discusso di ‘quelli là’.

“Era l’unico modo che aveva per accedere al palazzo di Don Corneo!” esclamò Tifa.

“Vuoi farmi credere che questo imbecille è un SOLDIER di Prima Classe e non riesce a entrare dalla finestra come chiunque altro?”

“No, no,” insistette Aeris. “È stato molto meglio così.” Ci credeva fino in fondo. Sì, l’idea della finestra di Barret avrebbe potuto funzionare se ci avessero provato, ma avrebbero perso troppo tempo e non sarebbe stato divertente nemmeno la metà.

“Tu non ti sei messo gonne e vestitini, vero, capellone?”

Cloud non aveva ancora riacquistato del tutto l’uso delle corde vocali, quindi Aeris elencò per lui tutto il guardaroba di Miss Cloud. Non pensava che ci fosse niente di cui vergognarsi. “Vestito da sera, parrucca, trucco e… uh, sì, basta così!” concluse radiosa. Okay, una cosa di cui Cloud dovesse vergognarsi c’era. Ma lei non avrebbe raccontato a nessuno di quel paio di mutandine che gli aveva intravisto in tasca mentre lasciavano l’Honeybee, nemmeno sotto il più subdolo degli interrogatori.

“Era per la missione,” disse finalmente (o ‘biascicò tutto d’un fiato’, sarebbe più appropriato) Cloud. “Dovevo salvare Tifa. Era per la missione per salvare Tifa. Dovevo farlo per la missione.”

“Ooo-kay, Rain Man. Mi fido,” assicurò Barret, allontanandosi da lui.

Dal canto suo, Red XIII rimase in silenzio. Lui non indossava indumenti di sorta e non gl’interessava cosa buttassero sui propri corpi gli esseri umani. Era quello l’atteggiamento maturo e logico da assumere. Inoltre, con la struttura della bocca della sua specie, era dura ridacchiare senza scoppiare in una grassa risata irrefrenabile, e quello non era il genere di cose che faceva Nanaki di Cosmo Canyon.

Anche Vincent tacque. Per qualche motivo, i travestiti opponevano una strenua resistenza ai suoi commenti pessimistici e cripto-gotici.

Dopo un po’ Cait Sith smise di ridere, ma per poco non ricominciò quando Yuffie spiegò che era seria riguardo alle foto.

“Non preoccuparti,” bisbigliò Aeris. “Ho barattato dei fiori con una macchina usa e getta mentre Cloud era all’Honeybee. Ho riempito un rullino intero, ma alcune sono venute sfocate perché non volevo che se ne accorgesse.”

“Aeris!” Tifa era certa che la sua amica meritasse una qualche strigliata; non calcò la mano, però, perché non voleva rischiare che Aeris non gliele facesse vedere.

Ovviamente Aeris fu generosa come sempre, e scavò nella propria borsa di viaggio per prenderle. Tifa e Yuffie convennero ad alta voce che Miss Cloud era molto carina. Tennero per sé il fatto che Aeris aveva avuto ragione, poco prima. Non avrebbero mai usato le sue esatte parole, nossignore, ma potevano concedere a Aeris di non essere completamente pazza.

Tifa attribuì la cosa alla naturale bellezza di Cloud. Su questo punto finalmente concordarono tutte e tre. Litigarono un po’ sui particolari, come quando vollero stabilire se gli occhi fossero il suo miglior pregio o quando discussero sulla tenerezza generata dalle sue lentiggini e su tante altre cose che avrebbero fatto di nuovo arrossire Cloud se le avesse sentite. Su una cosa però erano tutte d’accordo: Cloud era irresistibile.

L’argomento successivo non raccolse l’unanimità. Tifa propose Barret come loro prossimo soggetto da esaminare.

Cominciò Yuffie. “È un po’ tozzo, e quei capelli… bleah.”

“È molto muscoloso,” puntualizzò Tifa. Il suo taglio era effettivamente indifendibile. “Ed è tanto dolce con Marlene, senza contare la sua devozione all’AVALANCHE.”

“Dai,” disse Aeris, “e ora mi dirai che ha un grande senso dell’umorismo. Okay, una spuntatina non gli farebbe male, ma secondo me non è da buttare.”

Era difficile persuadere Yuffie. “Troppo vecchio.”

“Vincent è abbastanza vecchio da essere tuo nonno, e ho visto il sorrisetto che hai fatto dopo che ci hai detto di immaginarcelo nella tenuta dei Turk.”

“Ma lui non sembra il nonno di nessuno,” ribatté lei. Anche con la tenuta. Soprattutto con la tenuta.

Non c’erano frasi convincenti con cui controbattere, così Aeris slittò alla fase successiva. Esauriti gli uomini di cui parlare, non rimaneva che passare la questione ai voti per ufficializzarla. “Allora, fra tutti i ragazzi, Vincent, Reno, Rufus, Cloud e Barret, chi vi piace di più?”

Aveva deliberatamente omesso Sephiroth per evitare ulteriori turbamenti a Tifa. E non si era disturbata ad includere Red perché se pure una delle sue compagne propendeva da quella parte, lei non voleva saperlo.

Cait Sith, scovando finalmente l’opportunità di unirsi di nuovo alla conversazione, si domandò il motivo della propria assenza. “Molte donne trovano che questo accento sia sexy!”

Tifa lo ignorò, e fece un suggerimento. “Hai dimenticato Rude.”

“Ma davvero?” stuzzicò Aeris.

“So che è un Turk eccetera, ma ha un’aria pacata, imperturbabile. Non quanto Cloud, intendiamoci.” Quando sentì Aeris ridacchiare alla sua replica, Tifa affondò la sua veloce stoccata. “E che mi dici del tuo Turk? Quello con la coda?”

“Oh! Tseng! Come ho fatto a dimenticare Tseng?”

Yuffie non sapeva nemmeno chi fosse Tseng o, cosa assai più importante, che aspetto avesse. Aeris si affrettò a rimediare a questa lacuna.

Dalla sua postazione in prima fila, Barret aveva superato il suo nervosismo nei confronti di Cloud e aveva provato a farlo chiacchierare. La monotonia dell’escursione stava avendo la meglio anche su di lui e le ragazze si stavano divertendo talmente tanto a ciarlare tra di loro che riteneva di dover fare almeno un tentativo.

“Secondo te di cosa staranno parlando, là dietro?” chiese.

“Chi lo sa? Roba da ragazze: vestiti, film…”

“… uomini.”

Cloud sbuffò per l’allusione offensiva. “Stiamo parlando di Aeris e Tifa. Sono troppo buone e dolci per quelle cose.”

Barret diede un’occhiata alle donne ridacchianti. Aeris stava disegnando con le mani una forma in aria che lui non aveva alcuna voglia di ricostruire, mentre Tifa osservava la sua opera con un misto di curiosità e imbarazzo; poi fece delle correzioni. Yuffie emise uno strilletto riconoscente.

Barret fece spallucce. “Già, come mi è saltato in mente?”



Note (o meglio, Parole Sante… ndt) dell’Autrice: questa fic è un tributo all’Aeris sfacciata e tutto pepe del Wall Market, che non sembra ricevere neanche un quarto dello spazio dedicato all’Aeris martire patinata di rosa brillante. Il che è un peccato, perché è impossibile non amare una tizia capace di convincere un SOLDIER di ferro a travestirsi da donna (e a divertirsi come una matta durante tutto il processo) riuscendo comunque a fare la figura della ragazza dolce e innocente.

Lunga e dolente nota della traduttrice: OMG gli ultimi due paragrafi meritavano la traduzione da soli XDDD
Innanzitutto, grazie a la_vale per avermi betato anche questa e per avermi fatto notare che a un certo punto parlano di Vincent come se fosse una conserva di pomodoro <3
----------> Precisazioni tecniche. Chi non fosse interessato può anche tralasciarle, non è nulla di veramente rilevante.
Dunque, capirete che il giochino del viaggio non poteva essere tradotto alla lettera, ma tutto sommato sono pochi i cambiamenti veri e propri che ho dovuto operare:
• “E”: nell’originale, c’è scritto: “A Tifa, Aerith e Yuffie non veniva in mente nessun insulto che cominciasse per ‘E’, ma questo non significava che lo stesso valesse per Cait” – ma “ebete” era facilissimo, l’avrei trovato un controsenso.
• “cloud” = nuvola nel dialetto: ah, ah, ah. Da una parte, credo che tutti sappiano che Cloud Strife letteralmente vuol dire ‘Nuvola Conflitto’ (ah, ah, ah), ma scrivere ‘cloud’ e far finta che in una storia scritta in italiano fosse normale la reazione e la giustificazione di Tifa, “I said ‘clouds’.”, tra l’altro con la ’s’ del plurale che sarebbe stato errore riportare, beh… no, non mi convinceva. Quindi mi sono inventata la cosa dei dialetti e ho messo la minuscola quando è da considerarsi in presunto riferimento alle nuvole, come in originale.
Personalmente trovo comunque plausibile e anzi scontato che in un paese sperduto come Nibelheim si parli una lingua (o un dialetto, se vogliamo) diversa dal resto del mondo.
• Una curiosità sul titolo. Sono abbastanza sicura che “Tall, Dark and Handsome” si possa liberamente tradurre con il nostro “bello e dannato”, ma nel fandom di FFVII sta diventando un vero e proprio cliché: quando un autore vuole prendere scherzosamente in giro Vincent, utilizza la formula: “Tall, Dark and [insulto random]”. Nella traduzione italiana vado sempre piuttosto alla lettera, quindi “Alto, Dark e [insulto random]”. Anche perché sì, “dannato” ci starebbe pure bene, ma dark secondo me è un di più per questo genere di sfottò, che solitamente verte sulla ‘depressione’ di Vincent.

Nota del giugno 2010: la nota esplicativa l’ho accorciata ed è ancora lunghissima xD
Posto l’ultima storia di Aerika S. che ho tradotto qualche anno fa perché la vecchia versione scorreva abbastanza bene e avevo bisogno di una distrazione che non mi portasse via troppo tempo.
Abbiate fede, un giorno tornerò ;o;
youffieh.
   
 
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