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Autore: Deeper_and_Deeper    20/06/2010    2 recensioni
Che Amelie, scrittrice sedicenne affermata, fosse una ragazza fuori dal comune, lo si era capito sin dal momento iin cui aveva messo piede al mondo. Da piccola non era mai stata quella che si poteva dire l'essenza della femminilità, i suoi giochi preferiti erano i fucili, le bombe, i videogiochi e nessun bambino avrebbe mai osato sfidarla a braccio di ferro, disciplina in cui lei era incredibilmente brava. Lei non aveva mai avuto quei complessi mentali delle sue coetanee, non provava interesse nessuno e nulla che non fosse lo scrivere e neanche faceva caso a che abiti indossava la mattina. Molti la definivano apatica, gli stessi suoi professori dicevano che il lavoro eccellente da lei svolto era in parte messo a tacere dall'inespressività del suo volto e dal modo in cui essa reagiva alle situazioni. In realtà lei reagiva in tal modo con in mondo solamente perchè non voleva soffrire.
Genere: Romantico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Bill Kaulitz, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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amelie 5
L'amicizia di Amelie Dumas e Bill Kaulitz
Cinque
(Dopo tanta fatica... )


Intanto, fuori, la pioggia era iniziata a cadere copiosamente rendendo ancor più cupa l'ambiente intorno ai due ragazzi che erano rimasti soli in palestra.
Amelie era confusa. Quella domanda aveva mandato in tilt il proprio sistema nervoso e vi era una lotta interna tra la vera lei, che non voleva lasciare Bill, e la regina dei Ghiacci, che invece non voleva farla soffrire. Si era affezionata troppo a Bill per dirgli una volta per tutte addio, ma nello non si fidava di lui: l'avrebbe fatta stare male. L'avrebbe lasciata come un giocattolo vecchio non appena sarebbe partito per il tour in Giappone e questo lei non l'avrebbe sopportato. Era troppo fragile per reagire.

-Amelie... Amelie...- ripetè Bill con voce rotta e un po' meno sicuro della risposta che la ragazza gli avrebbe dato -Vuoi che ci diciamo addio?-

La ragazza scosse la testa e chiuse gli occhi. Aveva un dolore lancinante alle tempie e non riusciva a calmarsi. Si portò le mani alla testa e si avvicinò a lui. Non riusciva a capire dove si troasse. Un attimo dopo, svenne, tra le braccia di un Bill allarmato.
La corsa all'ospedale fu molto rapida. Bill si fece aiutare dal proprietario della palestra a riporla in auto e si rifiutò categoricamente di farsi accompagnare. Doveva esserci solo lui. Le uscite passavano velocemente, la sua meta si trovava dall'altra parte di quella grande città e non voleva che il suo pensiero venisse distolto dalla musica.

-Perchè? Perchè?- si lamentò battendo rabbioso le mani sul volante -È colpa mia... tutta colpa mia... se non fosse perchè volevo cambiarti.. adesso staresti bene! Pensavo che non fossi così... fragile... quando ti avevo vista la prima volta, in quel ristorante, sembravi così... fredda e forte. Se solo avessi saputo che dietro a quella maschera c'era una ragazza di porcellana, molto fragile... ma ora ricordare non vale nulla... in realtà io stesso non so perchè lo sto facendo, per quale motivo sto parlando da solo, mentre tu stai male... oddio... mi sento terribilmente in colpa!-.

Bill, nonostante fosse rivolto in parte a un Amelie svenuta sul sediolino di fianco a lui, era convinto che lei avesse perso totalmente la coscienza, ma in realtà non era così. La ragazza, infatti, non era in grado di parlare, di aprire gli occhi o di muoversi, ma era completamente cosciente di ciò che le stava accadendo attorno e continuava a provare quel dolore fastidioso.

-A quella festa ti ho visto sin dal primo momento, sai? Eri avvolta in quel vestito nero che non ti rendeva affatto giustizia... eri troppo bella per un qualsiasi abito. Indescrivibile. Mi piaceva come ti muovevi, come parlavi con gli altri... congedandoli gentilmente... era una maschera. So che la vera te avrebbe volentieri parlato con quelle persone, scherzato con loro e so che la vera te non vuole dirmi addio. Credo, mia cara Amelie, di averti capito. Tu non solo hai paura di soffrire, tu non ti fidi della gente e devo confessarti che neanche io mi fido molto delle persone... anche io indosso una maschera e so per certo che non vorresti conoscere il vero me-

Arrivò all'ospedale e parcheggiò la macchina giusto accanto all'entrata. Intravide alcuni medici che camminavano e li chiamò urlando, agitatissimo. Lo riconobbero, forse, perchè spalancarono gli occhi e si precipitarono nella sua direzione.
Amelie venne portata nella velocità della luce su una barella, forse perchè era lui.

-Aspetti quì... prego... - gli disse il dottore cn tono calmo e pacato.

Erano in una sala dalle pareti azzurre, le sedie nere. Vi erano delle riviste, un grande orologio a muro e dei distributori automatici. Una sala d'attesa. Quelle dei film, dove, proprio nel momento in cui non c'è più speranza per il malato, quello rinviene per miracolo. Ecco... un miracolo... quello ci voleva ora. Il cellulare squillò: era Tom. Rispose, con voce alterata, neanche sembrava la sua:

-Tom... sono all'ospedale... poi ti spiego... sì.. raggiungimi... no.. io sto bene-.

Suo fratello arrivò in meno di cinque minuti. Era agitato e nervoso; stringeva le chiavi dell'auto in una mano e il cellulare nell'altra.
Si guardarono per qualche attimo, forse Tom stava cercando di capire la situazione, ma dal modo in cui scosse la testa evidentemente non aveva capito nulla.

-Amelie... è svenuta- disse Bill, lasciandosi cadere su una sedia nera.

-Amelie Dumas? La scrittrice?- domandò Tom, sedendosi accanto a lui.

Il ragazzo stava per replicare, ma venne interrotto da un uomo alto e giovane, forse un medico. Era sorridente, si capiva dallo sguardo che era andato tutto bene e che non era niente di grave.

-Sta bene- disse infine, raggiungendo Bill  -Lei è un parente?-

-Sono... sono...- tentò di dire lui, agitato.

-Questo è il suo fidanzato... -.

Dalla stanza... sentirono una risata.

  
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