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Autore: Pichichi    21/06/2010    9 recensioni
Il tuo migliore amico, del quale da sempre sei innamorata, non ti degna di uno sguardo per dedicarsi ad una bionda molto più attraente di te.
Questa è da sempre stata la colonna sonora della vita di Alex, variata solo da qualche piccola stonatura casuale.
Nonostante tutto le suggerisca di lasciar perdere, Alex si incaponisce di trovare la maniera di far innamorare Will di sé. Delusione dopo delusione, si ritrova a chiedere l'aiuto di uno psicologo, e seduta dopo seduta, decide di giocarsi il tutto per tutto.
C'è solo una cosa che non ha previsto, nel suo piano: Will sta per sposarsi.
-Conobbi Will all'età di due minuti e qualche millesimo di secondo, credo. Siamo nati nello stesso giorno, nello stesso ospedale. Abitavamo nello stesso palazzo, frequentavamo le stesse scuole e avevamo gli stessi amici. Ricordo che una volta, a San Valentino... oh mi scusi, la sto annoiando?- -No, la prego, continui- -Dicevo... a San Valentino si presentò con un pacco regalo per me, e uno per mia cugina che era un anno più piccola- -Cosa le regalò?- -Mia cugina ricevette un bellissimo paio di orecchini- -E lei?- -Il mio regalo fu una maglietta ufficiale della federazione nazionale di baseball. Da quel momento, cominciai a sospettare che forse c'era qualcosa che non andava...-
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Be', niente da dire, se non che l'esperimento è terminato. Credo di postare presto un nuovo racconto, a tematica omosessuale però. Per qualcosa di etero mi ci vuole più tempo. Mille grazie a Mizar19, a tutti quelli che hanno recensita, a chi l'ha messa nei preferiti, a chi l'ha seguita e a chi l'ha inserita fra quelle da ricordare.







John Fitzgerald Baileys era seduto alla sua scrivania, passandosi una mano fra i capelli e chiedendosi stanco quale fosse il modo migliore di trattare il signor Mackenzie, affetto da una nevrosi patologica e del tutto incapace di trovare un periodo di stabilità. Pensò di telefonare allo psichiatra che si trovava all’ospedale per sottoporgli il caso e chiedergli se non fosse il caso di intervenire con qualche farmaco.

Aveva appena alzato il cordless e stava cercando nella rubrica il numero desiderato, quando sentì bussare alla porta.
Senza interrompere la sua occupazione, diede il permesso di entrare.
La sua segretaria, vestita di tutto punto e con i capelli sciolti, quella volta, cacciò dentro la testa.
-Dottore, c’è una ragazza che vuole vedervi-
-Dille di aspettare, devo fare un’importante telefonata-
La segretaria, obbediente, riferì il messaggio.
La porta rimase chiusa, segno che la ragazza aveva accettato di aspettare senza repliche.
Il dottor Baileys stette al telefono non più di dieci minuti, concordando con lo psichiatra che avrebbero atteso, prima di procedere con un’eventuale visita e prescrizione di farmaci, gli sviluppi del disturbo in un lasso di tempo più ampio.
Lo psicologo, terminata la conversazione, stava per l’appunto segnandosi tutto ciò che gli aveva raccomandato lo psichiatra, per poi infilare il tutto nel fascicolo riguardante il paziente.
Mentre stava scarabocchiando la parola ‘urgente’, udì nuovamente bussare.
-Sì?-
-Dottore, c’è una ragazza che vuole vedervi. Posso farla entrare o la mando via?-
-La faccia entrare- comandò lui distrattamente, impegnato a scrivere.
Era talmente concentrato sul suo documento che non notò nemmeno la ragazza che era entrata nel suo studio e gli era arrivata davanti.
Lei dovette schiarirsi la voce per essere sicura che lui fosse a conoscenza della sua presenza.
Il dottor Baileys alzò gli occhi, forse irritato per essere stato interrotto.
-Così concentrato sembra quasi che tu stia lavorando-
Alex lo guardò alzando un sopracciglio, le braccia conserte che reggevano una giacca e la borsa.
Lui fu sorpreso di vederla e non trovò immediatamente una risposta alla sua battuta.
-Ciao- disse -come stai?-
-Bene- fece lei, piuttosto indifferente, cercando qualcosa nella borsetta.
Lo psicologo esitò prima di dirlo, temendo di offenderla, ma poi diede voce al tarlo che l’aveva tormentato per due settimane.
-Non ti sei fatta più viva-
Come previsto, un’ombra aleggiò sul viso di lei, che però fu brava a mascherarla con un’alzata di spalle.
-Non avevo più bisogno di parlare con un dottore. E poi sto andando al college, sono molto impegnata-
-Pensavo che avresti avuto voglia di parlare con me- tentò lui, cauto.
Alex lo guardò, per un momento arrossita alle sue parole, ma poi riacquistò la razionalità e gli porse una mazzetta di soldi.
-Ecco. Questo è quello che le devo per questi due mesi di sedute- spiegò.
Il dottore rimase fermo a guardarla, senza afferrare o mostrare il benché minimo interesse per i soldi.
-Mi dispiace-
-Prenda i soldi e basta! Ho dovuto dare fondo alle mie risorse per pagarla, lo sa?- insistette la ragazza, continuando a sventolargli il mazzo davanti agli occhi.
-Non li voglio i tuoi soldi- decretò il dottore, deciso.
Poi si alzò e fece per avvicinarsi a lei; Alex a quel punto vacillò e fece un sospiro, abbassando gli occhi.
-Non mi faccia pentire. Ora lei prende i soldi e io me ne torno a casa mia. Da sola- aggiunse, frapponendo le mani fra loro due e indietreggiando di un passo.
Il dottor Baileys allungò una mano verso di lei, facendole voltare la guancia, ma subito, di riflesso, Alex girò il viso dall’altra parte.
-Non serve che ora mi faccia la commedia. Non serve che faccia finta che gli importi qualcosa. L’avevo capito che per lei era solo una botta e via, quella sera-
-Non è vero-
-Sì invece-
-No, non è vero-
-Lei mi ha solo usato per divertirsi-
-Ma sei tu che te lo stai dicendo!-
Per la prima volta da quando lo conosceva, lo aveva sentito alzare la voce, e guardandolo negli occhi scoprì che era sinceramente interessato dalla questione.
-C’è un motivo perché non ti ho più cercato, dopo quella sera- confessò.
-E sarebbe?-
-Ecco... io...- lo psicologo arrossì -io temevo che fossi tu, a considerare il tutto una botta e via-
Alex lo fissò bene per cercare di cogliere anche la più piccola bugia nascosta nei suoi atteggiamenti. Sorprendentemente, non trovò nulla.
Forse era proprio sincero, quella volta.
Arrossì e non poté sostenere oltre il suo sguardo intenso.
-Dottor Baileys- cominciò – se questa è tutta una cavolata montata solo per portarmi a letto, giuro che...-
-Ma non lo è-
Lo psicologo fece un sorriso dei suoi soliti, di quei sorrisi che servivano a umiliare il destinatario, a farlo sentire inferiore.
Alex, intercettando quel sorriso arrossì e si arrabbiò insieme.
-Una condizione, però-
-Cioè?-
Sorridendogli complice, si appoggiò alla sua fronte.
-Fammi un’altra volta quel sorriso idiota e te lo tolgo dalla faccia a suon di schiaffi- mormorò, ridendo.
Anche lui rise, divertito, per poi spegnere l’allegria delle risate in un bacio.
 
Il cellulare di Alex, posato sul comodino, vibrò all’improvviso, accendendosi.
La ragazza, coprendosi con il lenzuolo, si allungò per afferrarlo. Una volta letto il messaggio, rimase leggermente stupita. Diede uno sguardo alle sue spalle, poi coprì il testo che stava scrivendo con una mano.
-Chi è che ti manda messaggi alle sette della mattina?-
Una voce assonnata, appagata ma ancora abbastanza presente si levò dall’altra parte del letto.
-Nessuno- rispose lei, chiudendo il cellulare.
-Ecco, già che tu abbia ricevuto un messaggio da nessuno è sintomo di bugia- fece notare l’uomo sdraiato accanto ad Alex, tirandosela contro con l’ausilio di un solo braccio.
-Sei geloso, dottore?-
Alex fece un largo sorriso e si lasciò abbracciare, accarezzando a sua volta il torace dell’uomo.
-Non sono geloso. Sono preoccupato che tu possa trovare qualcuno più giovane di me- rispose, prendendole fra le mani una ciocca di capelli.
-Uff- sbuffò Alex -come sei complicato-
-Sono uno psicologo- si giustificò.
Il dottor Baileys scivolò a baciarle il collo, per poi scendere ancora più in basso e farla sorridere maliziosa.
La ragazza si contorse leggermente sotto il suo tocco, tentando per finta di ritrarsi.
-Allora, di chi era quel messaggio?- riprovò l’uomo.
Di nuovo Alex rise, una risata maliziosa.
-Allora sei geloso, vedi?-
-Oh, va bene. Sono geloso- ammise lui, mettendosi su un fianco per sovrastarla.
-Non indovinerai mai chi era-
-Non so, dimmelo tu-
-Mia madre. Ha raccomandato di non sfasciare la macchina di papà, ora che ce l’ho in prestito-
Lui alzò un sopracciglio, con divertito sarcasmo.
-Eh, le madri che appena sveglie pensano alle figlie...- commentò.
-Già già, che rottura, eh?-
Alex gli diede un bacio e poi si rituffò dalla sua parte di letto, chiudendo gli occhi.
-Buonanotte-
Qualche ora dopo, mentre lo psicologo si trovava nello studio, impegnato con le sue visite, Alex mise in moto l’utilitaria di suo padre per dirigersi verso un appartamento in centro.
In realtà, non sapeva perché stesse andando a quell’incontro. Non sapeva nemmeno perché non ne avesse parlato al suo cosiddetto fidanzato.
Anche se tecnicamente ancora non aveva fatto nulla di male, si sentiva un po’ in colpa ad andare a trovare Will.
Non che ci fosse qualcosa fra loro due, dal matrimonio in poi il loro rapporto non era stato niente più che una semplice amicizia, tornato al livello originario che era sempre stato.
Eppure quel semplice messaggio, quel ‘vediamoci a casa mia domani’, suonava come un qualcosa di scorretto, di proibito, che Alex aveva preferito nascondere.
Così ora si trovava lì, davanti a quella porta, non sapendo cosa avrebbe trovato dall’altra parte.
Chissà perché, era molto agitata, e quando allungò le dita per suonare il campanello la mano le tremò.
Non aveva motivo di essere in quello stato, non stava facendo niente di che e non ne aveva la minima intenzione, però non poté fare a meno di inquietarsi per quella visita.
Will comparve da dietro la porta.
-Ciao-
Will non era più sorridente, spavaldo e sicuro di sé come tante volte lo aveva visto aprirle quella stessa porta. Ora aveva il viso pallido, smunto, come se fosse malato, e un bel paio di borse sotto gli occhi.
Tuttavia, nonostante il suo aspetto inquietante, lui stirò le labbra tentando di essere allegro.
Alex subito entrò dentro e gli prese il viso con una mano, tastandogli una guancia. Era molto freddo, e a quel contatto lui tirò su col naso, pure quello rosso.
Sembrava un po’ malaticcio.
-Si può sapere che cosa hai fatto?- domandò, quasi scioccata nel vederlo in quello stato.
Il ragazzo alzò le spalle e si trascinò fino in cucina, dove Alex lo seguì ben presto, preoccupata.
-Allora?- lo incalzò, notando che non voleva risponderle.
Will finalmente si voltò a guardarla, incrociando le braccia.
-Sono due settimane che non riesco a dormire, non riesco a stare in questa casa, non vado d’accordo con Jamie- spiegò, con un certo tono risoluto.
-Come mai?-
A quella domanda, come se non aspettasse altro, il ragazzo smise la faccia seria per divenire tutto ad un tratto implorante.
-È dal matrimonio che non faccio che pensare a te, che non dormo la notte perché mi rodo di gelosia sapendoti con quello lì!- sbottò, prendendole le mani e avvicinandola a sé.
Del tutto spiazzata per quella risposta, Alex dapprima arrossì e poi indietreggiò.
-Ma che cavolo dici?- fece, imbarazzata.
-Ogni volta che ci incontriamo per strada e ti vedo assieme a lui, mi prende una voglia di picchiarlo tremenda, perché non sopporto che lui ti tocchi, che lui possa dormire con te, che tu passi le tue giornate con lui e non con me!-
-Will, tu vaneggi- lei scosse la testa, vedendolo in quello stato a dir poco patetico, non volendo credere a tutto quello che le stava raccontando.
-No, è la verità!- lui le prese una mano e la strinse fra le sue -Ti prego. Ti prego. Ti prego, Alex. Lascialo e io lascerò Jamie. Ti prego- la supplicò.
-Ma-ma....- balbettò la ragazza, spaesata del suo comportamento.
-Ma come ti saltano in mente cose del genere? E tu adesso vieni a dirmele?- sbottò Alex, guardandolo stranita.
Se certo le avesse fatto quelle proposte qualche mese addietro, non avrebbe incontrato alcuna resistenza. Ora però, quei sentimenti così forti che aveva provato per lui, si erano rivolti verso il dottor Baileys, ricambiati, e non credeva proprio di poter nuovamente provare per Will un sentimento che fosse anche solo lontanamente paragonabile all’amore.
Will non le piaceva più come prima. Era arrivata a considerarlo un immaturo ragazzino, confrontato col suo fidanzato, ciò che sentiva per lui era solo un lieve affetto fraterno.
Lieve, sì, perché non poteva certo dimenticare tutte le sofferenze che le aveva fatto patire.
-Alex, sono settimane che non faccio l’amore con Jamie, perché non ci riesco, perché al suo posto vedo te, caspita!- aggiunse il ragazzo, portandosi la sua mano alla bocca e posandoci un bacio sopra.
-Ma tu non sei normale!-
Lei però, come disgustata, la ritrasse immediatamente e continuò a guardarlo come se lo credesse pazzo.
-Will- cominciò con un sospirò, prendendolo per le spalle -calmati, okay? Hai avuto un brutto periodo...-
-Alex, io mi sono innamorato di te-
Quella frase la lasciò senza parole e imbarazzandosi non fu capace di respingerlo, quando l’attimo dopo Will si premette sulle sue labbra con impazienza, smanioso di quel contatto fra le loro bocche.
Una volta riacquistata la lucidità, Alex gemette contrariata e lo spintonò via.
-Ma come ti permetti?- subito, veloce, gli tirò un poderoso schiaffo sulla guancia.
Will, tramortito dalla forza della manata, indietreggiò massaggiandosi la parte colpita.
-Non provare a fare mai più una cosa del genere- sibilò minacciosa lei, digrignando i denti.
-Scusa, scusa...- fece lui -non so che mi è preso...-
-Non farlo mai più-
-Scusa, non volevo, davvero...-
-E soprattutto, mettiti in testa una cosa-
Alex gli afferrò un polso in modo che lui la guardasse ben dritto negli occhi.
-Io non sono, e non sarò mai lì sempre pronta ad aspettarti come se non avessi altre scelte! Togliti dalla testa quest’idea, perché io non sarò mai più la tua amichetta e non starò mai più ai tuoi comodi, mai- ringhiò, minacciosa -mi hai capito bene, William?-
-Sì- gemette flebile lui.
-E piantala di fare la vittima, non ti riesce affatto bene-
Lui, risentito, abbassò lo sguardo e non disse nulla.
-Scommetto che mi hai raccontato un sacco di cazzate- affermò cattiva Alex, incrociando le braccia.
-Alex, parlavo sul serio-
Stavolta lui drizzò le spalle e parlò con voce seria, come faceva sempre e per questo risultò maggiormente credibile.
Visto che lei non aggiungeva altro, lui domandò:
-Ti sei arrabbiata?-
-Sì, e tanto-
Incerto se dirlo o meno, lui allargò di poco le braccia e disse:
-Davvero, io mi sono innamorato di te, sul serio, sono pronto a lasciare Jemimah quando vuoi tu...-
-Non me ne frega niente- fu la lapidaria risposta che ricevette, per quella confessione.
Alex lo guardò, indifferente a tutte le sue parole, con un cipiglio altero.
-Dov’eri quando ero io ad essere innamorata di te? Dov’eri? Nel letto di Jamie!-
-E a che pensavi, quando ti chiedevo se mai l’avresti lasciata e tu mi rispondevi di sì? Ma chi cazzo credi di essere?- gli rinfacciò, avvicinandosi per poi iniziare a dargli dei colpi, come fosse un sacco da boxe.
Will, stordito della sua reazione, cercò solamente di difendersi.
-Tu sei il più grande bastardo che io abbia mai conosciuto, mi hai capito, William? Sei un enorme e fottuto bastardo, ecco cosa sei!-
-Ahio, calmati, cazzo!- imprecò il ragazzo, indietreggiando -Mi dispiace, mi dispiace!-
-Ti dispiace mia nonna!- sbottò la ragazza, smettendo di colpirlo per parlare –Lo sai, povera tua moglie, povera tua moglie! Poverina, che non ha nessuna colpa se non quella di essersi innamorata di un cretino-
-Smettila di parlarmi così-
-Io ti parlo come mi pare e piace, dato che per tutti questi mesi a causa tua ho vissuto un sacco di complessi e di sofferenze!-
Detto così, terminato di gettargli addosso tutta la rabbia che si teneva dentro, Alex si fermò e fece per andarsene.
-Alex, e dai- Will provò a rincorrerla -sono cambiato, posso cambiare, basta cazzeggi, basta giocare. Davvero. Ti prego!- la implorò.
Lei si girò sulla soglia della porta, fulminandolo col solo sguardo per quell’ultimo tentativo.
-Taci invece di dire sciocchezze. E vaffanculo, stronzo-
Terminata la frase ad effetto, uscì dall’appartamento e sbatté la porta con quanta più forza riuscì a metterci, immaginando di dargli un altro schiaffo.
 
Un mese dopo
 
-Allora, che problema ha?-
Un dottore dai capelli grigi, seduto dietro la scrivania in un ufficio ospedaliero comune, aveva le braccia incrociate e stava attendendo la risposta del suo paziente, un ragazzo abbastanza giovane che se ne stava seduto dall’altra parte.
-Dottore, ho bisogno di aiuto-
Will lo guardò con espressione intensa, con due occhi cerchiati di viola, certamente non frutto di cosmetici.
-Mi dica, sono qui per aiutarla-
-Cioè...c’è questa ragazza, no? -
-Cioè, spieghi meglio-
-La ragazza che amo sta con uno di almeno dieci anni in più. Solo che prima era la mia amante. Il problema è che io la notte sogno di fare l’amore con lei invece che con mia moglie- pronunciò tutto d’un fiato, respirando forte poi, con un’espressione un po’ maniacale.
Il dottore, dall’altra parte, lo scrutò alzando un sopracciglio.
-E altro?-
-Sì. L’ultima volta che ero a letto con mia moglie non sono riuscito ad avere un’erezione. Così come se non bastasse ci si mette pure lei, quella stronza, che si è fissata con la storia dei figli-
-Caspita-
-Già. Non avevo mai avuto questo problema, ora non riesco a pensare a nessun altra se non a lei- prese fiato e continuò -e ogni volta che la incontro per strada è sempre in compagnia di quell’uomo. E io vorrei ucciderlo. Pensavo di portarmi appresso una pistola e spararlo d’un colpo. Pum!-
Will mimò il gesto con la mano, osservando l’altro in attesa di un parere.
-Che ne pensa, sarebbe una buona idea?-
Lo psichiatra sospirò, roteando gli occhi, e mise le mani avanti.
-Senta, io potrei suggerirle alcuni farmaci che la farebbero calmare un po’, ma credo che non sia questo il suo problema-
-E allora come si fa? E no cazzo, lei dovrebbe aiutarmi!-
-Si calmi. Ecco-
Lo psichiatra prese una bella penna, e un foglietto, e vi scarabocchiò sopra qualcosa.
-Ecco, mi sento di consigliarle questo psicologo, è molto bravo e sono sicuro che assieme a lui troverà la soluzione al suo problema-
Will afferrò il foglietto, per poi leggere il nome dello psicologo che gli aveva consigliato il dottore.
Subito dopo, in uno scatto d’ira, afferrò il foglio e lo strappò freneticamente in quanti più pezzi poteva, ficcandoseli poi tutti in bocca, sotto lo sguardo attonito dello psichiatra.
Lui, fissandolo sbigottito, si domandò cosa mai avesse detto di sbagliato per farlo infuriare così, e se non fosse il caso di ricoverarlo d’urgenza in un manicomio.
Finora non aveva mai incontrato nessuno che, conoscendolo, avesse sviluppato una così grande antipatia per il dottor John Fitzgerald Baileys.
   
 
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