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Autore: sailormoon81    22/06/2010    14 recensioni
Usagi vuole far colpo su Motoki. E quale occasione migliore per sfoggiare il nuovo costume da bagno, sfuggito al controllo di Mamma Ikuko? Ma la presenza di una ingombrante cuginetta non le sarà d'aiuto. Se poi ci si mette anche un insopportabile addetto alla sorveglianza che sa raccontare fiabe per bambini... la giornata non può che essere... speciale.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Usagi/Bunny
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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« Uffa, non lo voglio il cappello. Mi dà fastidio! »

« E invece te lo tieni, altrimenti torniamo subito a casa. »

Usagi strattonò la cuginetta per la mano, facendola quasi inciampare nelle ciabatte di plastica, troppo grandi per lei.

Per un attimo ebbe paura che si sarebbe messa a piangere, o peggio ancora a strillare e fare i capricci, invece la minaccia di rientrare a casa ebbe l’effetto desiderato.

Chibiusa ingoiò le lacrime e seguì la ragazza fino alla brandina contrassegnata dal numero sedici.

Che sciocchi, i bambini, pensò Usagi spalmandosi la crema abbronzante. Come se davvero volessi tornare a casa, dopo tutta la fatica che ho fatto per convincere la mamma a lasciarmi venire in piscina!

Si guardò attorno.

« Altro che piscina all’aperto » commentò, rivolgendosi a nessuno in particolare. « Questo posto è un vero parco di divertimenti. »

Si guardò intorno, ammirando le altissime chiocciole azzurre che svettavano, affacciandosi sulla vasca più grande; c’erano altre due vasche al coperto e i giochi per bambini, più una piscina per i più piccoli, con scivoli e castelli colorati, e al centro un fungo rosso da cui scendeva una tenda d’acqua.

Usagi era decisamente soddisfatta. Chibiusa sarebbe stata occupata per tutto il giorno, mentre lei…

« Ahi! Mi hai fatto male! » si lamentò la bambina, mentre Usagi continuava a spalmarle la crema protettiva sulle spalle.

« Che lagna che sei! Hai sei anni ma ti comporti come se ne avessi due. »

Sistemò il telo sulla sdraio e indicò alla cuginetta i giochi poco distanti.

« Ma tu non vieni con me? »

« Io ti guarderò da qua » promise, svestendosi e ripiegando con cura i jeans e la maglietta.

Senza staccare gli occhi dalla bambina, Usagi si sistemò come meglio poteva.

Si sentiva a disagio, con quel nuovo costume.

L’aveva acquistato di nascosto, con i suoi risparmi, e se la mamma l’avesse visto… Non voleva pensare alle conseguenze.

Dopotutto, aveva quasi quindici anni! I costumi olimpionici che tanto amava sua mamma non l’avrebbero aiutata a trovare un fidanzato, né tantomeno avrebbero attirato l’attenzione di lui

Se voglio essere notata da Motoki, pensò, devo ricorrere a tutti i mezzi a mia disposizione. Naru mi ha detto che gli piacciono le ragazze più grandi, e per fare colpo devo dimostrare almeno diciotto anni.

Iniziò a sfogliare pigramente una rivista, ma non si soffermava sui titoli o sulle immagini.

Era una noia per lei leggere quel tipo di giornale, ma non poteva rischiare di concentrarsi troppo su un fumetto: avrebbe rischiato di non riuscire a cogliere l’attimo… senza contare che, per quel che ne sapeva, le diciottenni non leggono fumetti.

Lanciò una rapida occhiata all’orologio.

A che ora sarebbe arrivato?

Dalla borsa, estrasse un paio di occhiali da sole e li inforcò con fare esperto, sebbene la mamma non li ritenesse accessori necessari per un’adolescente.

Ma a lei non importava: si sentiva sicura e protetta da quelle lenti scure, e doveva riconoscere che le conferivano un che di affascinante e misterioso.

« Me lo compri il gelato? »

Una vocetta stridula interruppe la sua auto analisi: dopo un rapido giro di perlustrazione, Chibiusa era ritornata e chiedeva attenzioni.

« Se mangi il gelato ora » sospirò Usagi, « non potrai entrare in acqua per le prossime tre ore. Te lo comprerò dopo mangiato. »

Chibiusa si allontanò appena in tempo.

Eccolo. Motoki stava entrando.

Usagi provò il ben noto nodo alla bocca dello stomaco, quel senso di chiuso che la coglieva ogni volta che lo incontrava o che passava davanti al Game Center.

Come un automa, il suo corpo assunse una posizione provata e riprovata tante volte, di nascosto in camera sua: ginocchio destro leggermente piegato, piede sinistro in tensione, gomito destro puntellato sulla brandina e la mano corrispondente a tenerle la testa.

Lui era obbligato a passare da là, non avrebbe potuto non notarla.

Quant’è bello, pensò.

Alto e snello, lievemente abbronzato, con il telo mare buttato sulla spalla, stava chiacchierando con una ragazza che non le sembrava di conoscere.

Sarà sua sorella, ipotizzò, ricordando che lui molte volte aveva accennato al fatto di non essere figlio unico.

« Ehi, Motoki! Che combinazione. Anche tu frequenti questo posto? » salutò con falsa disinvoltura quando capì che lui sarebbe passato oltre senza fermarsi.

Ottenne l’effetto sperato.

Lui si bloccò confuso, e lei si sfilò con studiata lentezza gli occhiali da sole, pregando che il caldo non le avesse sciolto il trucco.

« Ciao, Usagi. Non ti avevo riconosciuta. » salutò lui, squadrandola da capo a piedi. Poi alzò una mano in segno di saluto: « Ci vediamo in giro. »

Nei dieci minuti che seguirono, Usagi era su un altro mondo. Il suo cervello pareva un disco rotto, continuando a ripetere le parole che lui aveva usato.

« Senti, questa qua è tua cugina? » la aggredì una voce alle spalle.

Si voltò e si ritrovò nell’ombra di un corpo molto alto, che indossava la maglietta con il logo del parco acquatico, e un fischietto appeso al collo; teneva per il polso una remissiva Chibiusa.

« Se anche fosse? » domandò aggressiva.

« Vedi di sorvegliarla meglio. Per poco non affogava nella piscina con l’idromassaggio. »

Usagi, senza alzarsi, guardò la bambina ricordandole il gelato che l’attendeva, se avesse fatto la brava.

Chibiusa si sedette imbronciata ai piedi della brandina, borbottando parole che Usagi non riuscì bene a interpretare, oltre a « Mi annoio. Quando ce ne andiamo. »

La ragazza stava per riprendere la posizione distesa quando si accorse che l’addetto alla sorveglianza era ancora là e le faceva ombra.

« Be’? Che c’è? »

« Non dovresti trattarla così » la ammonì lui. « È  una bambina e vorrebbe divertirsi… »

« Che vada a farsi degli amichetti, allora » replicò Usagi, irritata. « E ora lasciaci in pace. »

Giurò di averlo sentito borbottare qualcosa in sua direzione mentre si allontanava, ed era sicura che l’avesse chiamata “Stupida Odango Atama”, ma, sebbene quel nomignolo le suonava familiare tanto quanto odioso, in quel momento aveva altro a cui pensare.

Guardò l’orologio: mancavano venti minuti all’una.

« Hai fame? » chiede alla cuginetta, la quale per tutta risposta annuì solamente, senza alzarsi dalla brandina.

« Sfaticata » commentò Usagi tra sé. « Potrebbe anche darmi una mano a preparare i panini… »

Mentre andava al bar a prendere due succhi di frutta, non fece altro che guardarsi intorno.

Chissà dov’era finito Motoki… Era quasi un’ora che non lo vedeva.

Come richiamato da qualche forza misteriosa, il ragazzo fece il suo ingresso al bar.

« Ciao, bella » salutò.

Usagi non seppe fare altro che rispondere con un sorriso e ritornare alla sua postazione sentendosi come galleggiare.

Dopo pranzo, concesse a Chibiusa di andare a giocare sotto il funghetto e poi alle altalene, facendosi promettere che sarebbe stata attenta a non cacciarsi di nuovo nei guai.

Soddisfatta della propria maturità, si sdraiò nuovamente, in attesa di un altro incontro fortuito.

Incontro che avvenne poco dopo le quattro.

Stanca di non godersi appieno quella giornata in piscina, Usagi decise che un tuffo non le avrebbe fatto male.

Annodò sopra la testa i codini, come meglio poteva, per evitare che si bagnassero, e si immerse in acqua.

Senza farlo intenzionalmente, si ritrovò a pochi centimetri da Motoki.

« Bello quel costume » commentò il ragazzo, ammiccando. « Ci vediamo. »

Usagi ebbe la sensazione di soffocare, e le ci vollero dieci minuti per riprendersi del tutto.

Ritornò alla sdraio e rimase in attesa. In fondo, per ben due volte Motoki le aveva detto “Ci vediamo”, e questo voleva pur dire qualcosa…

Passarono quasi due ore, e del ragazzo neanche l’ombra.

Al contrario, sembrava che l’addetto alla sicurezza che l’aveva annoiata quella mattina fosse diventato onnipresente.

Ovunque guardasse, c’era lui.

Va bene, era un bel tipo, alto, snello, capelli neri e occhi azzurri. E dovette ammettere che aveva anche un bel sorriso.

Ma sembrava antipatico e arrogante, mister So-tutto-io.

Eppure, ogni volta che lo vedeva, era come se ci fosse un qualcosa che l’attirava a lui.

Si riscosse da quei pensieri e ritornò a concentrarsi sull’oggetto dei suoi desideri: prese la sua decisione.

Doveva giocarsi il tutto per tutto.

Erano quasi le cinque, il che voleva dire che aveva ancora un’ora per far cadere Motoki ai suoi piedi.

Indossò le ciabatte, attraversò a passo sostenuto il prato con gli ombrelloni e si diresse verso la piscina più grande, quella con gli scivoli, dove era sicura di trovare il ragazzo.

Avrebbe finto di cercare Chibiusa. « Scusa, Motoki. Hai per caso visto mia cugina? »

Sarebbe stata una scusa plausibile, no?

Piuttosto, dove si sarà cacciata quella piccola peste?

Un pallone piovuto da chissà dove le rimbalzò in testa, facendola ritrarre di scatto, col risultato che andò a urtare con un piede una giovane coppia intenta a baciarsi.

Si voltò pronta a scusarsi ma le parole le morirono in gola.

« Ancora tu? Il parco è abbastanza grande per tutti, sai? »

Il tono scherzoso di Motoki le sarebbe anche piaciuto, se non fosse per la situazione in cui si trovava: lui era lì, a pochi centimetri da lei, intento a baciare un’altra! La stessa ragazza che lei aveva scambiato per sua sorella…

Che situazione imbarazzante!

Usagi biascicò qualcosa, poi tornò di corsa alla brandina e iniziò a riempire con foga la borsa di plastica.

Dietro la barriera delle lacrime, le sembrò che gli oggetti fossero tutti troppo lontani, e la rabbia le rendeva impacciati i movimenti.

Malgrado ciò, nel giro di pochi minuti era pronta ad andarsene.

E fu in quel momento che si rese conto che mancava qualcosa. Anzi, qualcuno.

Dov’era Chibiusa?

L’ultima volta che l’aveva vista, era certa che fosse alle altalene; raggiunse il luogo dei giochi, ma nessuna traccia della bambina.

Provò alle piscine dei piccoli, ma niente anche lì.

Ben presto, le lacrime di rabbia e umiliazione si trasformarono in lacrime di preoccupazione e angoscia.

Immagini di disastri le si affacciarono nella mente. E se fosse salita sul pullman di qualche comitiva? Se le fosse successo qualcosa di ben più grave? Magari si è sentita male, ha preso troppo sole…

Raggiunse il bar, unico posto in cui non aveva ancora controllato, e finalmente la vide.

« Chibiusa! » chiamò.

Mentre lei girava come una trottola impazzita per tutto il parco, la bambina era tranquillamente al bar, a mangiare un gelato e ad ascoltare quello strano tipo della sicurezza.

Li raggiunse e scaraventò a terra la borsa, mentre con il dorso della mano si asciugava le lacrime.

« Mi hai fatto prendere uno spavento » strillò in direzione della bambina. « Perché non sei venuta a dirmi dov’eri? »

« Forse perche pensava non ti interessasse » intervenne il ragazzo, con un sorriso sghembo in volto.

« Mi ha raccontato un sacco di storie bellissime » fece la bambina, interrompendo sul nascere una possibile replica di Usagi, « dove alla fine i buoni vincono sempre. » La bimba pareva soddisfatta, ma per onore di cronaca continuò. « E poi tu mi avevi promesso un gelato, ma non me lo compravi. E lui è stato così gentile da comprarmene uno. »

Usagi sorrise rassegnata. Si sentiva in colpa per come aveva trattato la cuginetta, ma era contenta che i suoi pensieri di sciagura non si fossero mostrati esatti.

Si tolse gli occhiali da sole talmente in fretta che fece saltare una stanghetta. Sbuffò e li ripose in borsa.

« Che genere di storie ti ha raccontato? » domandò, sedendosi accanto a Chibiusa.

« Ce n’è una che mi piace particolarmente » rispose il ragazzo, al posto della bambina, intenta a mangiare il suo gelato. « È la storia di due giovani, un principe e una principessa, che vivono la loro storia d’amore nel regno della Luna; ma un giorno, i terrestri, accecati dall’invidia verso il popolo lunare, li attaccano guidati da una regina malvagia. I due innamorati muoiono in battaglia, ma grazie ai poteri di un cristallo magico le loro anime vengono mandate sulla Terra, in attesa di poter vivere una nuova vita, lontani dalla guerra. »

« E… poi? »

« Non lo so » ammise il ragazzo. « Non so come vada a finire la fiaba. Credo di averlo… dimenticato. »

Usagi deglutì a vuoto. Non poteva ammettere che quella fiaba le aveva lasciato qualcosa di indecifrabile nel cuore, né che doveva assolutamente saperne la fine. Dopotutto, era solo una fiaba per bambini…

« Tua cugina mi ha detto che ti chiami Usagi. Io sono Mamoru. »

« Mamoru » mormorò Usagi; strinse la mano tesa del ragazzo e per un istante davanti ai suoi occhi prese vita la fiaba che aveva appena sentito.

Era così viva, così reale. E lasciava emozioni autentiche.

Guardò Mamoru e vide qualcosa nel suo sguardo che le suggerì che anche lui avesse provato quella sensazione.

« Vuoi… vuoi anche tu un gelato? » balbettò Mamoru.

Usagi sorrise e fece di sì con la testa.

Rimase seduta a guardare quello strano tipo mentre ordinava un gelato al cioccolato anche per lei.

Era robusto, muscoloso, ma comunque atletico, e aveva un bel viso: sembrava un adulto, ma non doveva avere più di diciannove anni.

E poi era gentile e generoso…

Endymion, sussurrò una vocina nel suo cuore.

Non sapeva cosa volesse dire quel nome, né se si trattasse realmente di un nome di persona.

Quel giorno, che sembrava essere uguale agli altri, si era trasformato in qualcosa di importante, di speciale che, ne era certa, avrebbe portato alla conclusione di quella fiaba romantica raccontata da Mamoru.

Non sapeva cosa aspettarsi dal futuro, ma sapeva che non sarebbe stata sola.

Sapeva che il suo cuore aveva riconosciuto qualcosa che la sua mente ancora non riusciva ad afferrare.

E tanto le bastava.

 

 

 

 

 

Non so da dove mi sia uscita una cosa del genere XD

Oggi, mentre sistemavo un po’ di robetta nel pc, ho trovato un’immagine delle sailor a mare e mi sono detta “E se non ci fosse stata una seconda serie, in cui tutti recuperano la memoria? E se Chibiusa si fosse infiltrata nella famiglia Tsukino e fosse considerata da Usagi a tutti gli effetti una cuginetta? E se a Usagi non fosse mai passata la cotta per Motoki? E se… Insomma, senza tutto quello che sappiamo noi, Mamoru e Usagi si sarebbero rincontrati? E se il loro primo incontro fosse in un parco acquatico, dove Usagi sfodera tutte le sue armi per conquistare Motoki?”

Per farla breve, ecco cosa è uscito in un pomeriggio di pace dei sensi =)

Fatemi sapere che ve ne pare, nel bene e soprattutto nel male ^^

Bax, Kla

 

   
 
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