“Si
fa presto a cantare che il tempo sistema le cose, si fa un po' meno presto a
convincersi che sia così."
(Ligabue)
Tre mesi. Questo era quanto a lungo era rimasto via
da Everwood.
Piuttosto pietoso,dal momento che aveva venduto
tutta la sua strumentazione, convinto che non sarebbe tornato. Quasi disprezzava
la sua cocciutaggine ora. Sul serio.
C'era stato questo improvviso e sorprendente
matrimonio, che l'aveva fatto tornare in città, e ben presto aveva capito che
ovunque andasse i suoi problemi l'avrebbero braccato senza sosta.
Che grande scoperta, degna del Nobel, eh?
Tuttavia il viaggio in Europa non era stato
totalmente inutile. Anche se non é che fosse stato chissà dove. Giusto Londra,
Parigi e Milano. Ma si era fatto dei buoni amici...O avrebbe dovuto chiamarli
interessanti approcci ad altri esseri umani, visto che non erano niente di così
importante. Aveva i loro indirizzi e-mail, sebbene dubitasse che avrebbe
scritto loro. Avevano passato dei bei momenti insieme che allora erano sembrati
fantastici ed indimenticabili, mentre li vivevano, ma una volta trascorsi non
avevano più lo stesso significato.
Ottimo, stava proprio saltando di palo in frasca
negli sconfinati campi di stupefacenti della sua mente.
Almeno riusciva a pensare lucidamente ora, e
riusciva vedere tutto da un'altra prospettiva. Anche se faceva male nello
stesso modo. Eh già...Tu nascondi un figlio a qualcuno perché vuoi
proteggerlo...Da cosa esattamente? Da una FAMIGLIA?
Sì, poteva capire che un bambino avrebbe
significato un
pacco di responsabilità e avrebbe reso la sua vita
un casino immenso, proprio quand'era a un passo dal realizzare il suo sogno di
entrare alla Julliard.
Tuttavia avrebbe preferito incontrare la sua ex e
decidere INSIEME cosa fare.
Dopo tutto, tenerlo all'oscuro di tutto aveva
sortito gli stessi effetti: la Julliard era evoluta dallo stadio di sogno a
quello di utopia, e non sapeva più che fare della sua vita. Beh, sicuramente
non sarebbe tornato a vivere con suo padre. Ma neanche per sogno. Come i suoi
nuovi amici gli
avevano consigliato, avrebbe trascorso il minor
tempo
possibile lì finché il suo nuovo lavoro come
insegnante di
piano sarebbe stato abbastanza remunerativo da
consentirgli di affittarsi un alloggio.
Delia sarebbe stata felice di avere tutta la casa e
l'attenzione del padre per sé. Anche se aveva gli occhi lucidi di lacrime
quando era partito, era molto probabile che con il tempo si fosse abituata ad
essere l'unica bambina per casa.
Contemplò l'idea di dirle cosa stesse succedendo
nella sua vita, essendo l'unica di cui ancora gli importasse qualcosa, ma poi
realizzò che per quanto crudele potesse sembrare a sentirlo...Non erano cazzi
suoi. Non la coinvolgevano affatto, o ben poco. Poteva ancora aspettare un paio
d'anni per sapere che avrebbe potuto essere una zia. Inoltre, non poteva
offrirle niente e sarebbe stato stupido e solo vendicativamente egoistico
rivelarle verità che potevano minare la sua vita di tutti i giorni con Andy. E poi
come le aveva detto...Faceva ancora troppo male. Non si trattava di lei, era
lui a dovere essere pronto per parlarne.
La questione che ora gli premeva di più era che
cazzo fare della sua vita. Avrebbe potuto andare in un'altra università con un
buona facoltà di musica, anche se provava risentimento non solo per il
Colorado, ma per tutti gli Stati Uniti. Per l'intero continente. Nessun posto
sembrava abbastanza lontano da suo padre. E da Amy.
Poco prima di partire per l'Europa aveva infatti
fatto lo sbaglio più grande della sua vita(escludendo che aveva saltato
entrambe le audizioni): rompere con lei.
Ora non é che potesse andare da lei e dirle:
"Senti Amy, sono stato un tale coglione a non capire quella notte che tu
significavi tutto nella mia vita." Anche se riformulava la frase nei modi
più romantici immaginabili, non avrebbe funzionato. E non ne aveva alcun
diritto.
Tuttavia non poteva andarsene ora. Kyle poteva
certamente trovare un mucchio di insegnanti migliori, ma gli piaceva il
ragazzino. Così testardo, ribelle, eppure sensibile e fragile. E completamente
innamorato del piano. Forse sperava di ritrovare da lui quella passione...E poi
ricordava ad Ephram com'era lui cinque o sei anni prima, identico, spiccicato.
E stava cominciando a coltivare una
certa ammirazione per il suo talento. In fin della fiera i non avrebbe certo
tradito la fiducia che aveva in lui sparendo come il più lurido dei ladri.
Quando Kyle gli avrebbe detto che non aveva più
niente da imparare da lui...Beh, solo allora il giovane Ephram avrebbe potuto
iniziare a chiedersi dove andare e cosa fare. Fino ad allora era completamente
inutile, ed infruttuosamente stancante chiedersi cosa avrebbe fatto di
qui a cinque anni.
Non é che potesse cambiare il suo stile di vita nel
giro di una notte, ma sapeva che DOVEVA imparare a vivere giorno per giorno,
senza grandi piani e stronzate del genere.
Ecco perché si trovava a bussare alla porta di
Bright.
Mentre aspettava che lo sfaticato gli aprisse, si
lasciò trascinare un po' dai suoi pensieri.
Il piano non gli faceva venire i crampi allo
stomaco come
prima, non c'erano più ondate di rabbia e nausea
come tre mesi or sono.
Era una buona evoluzione. "Adesso non devi far
altro che trasformarti in una bomba sexy e sedurre tutti quei
vecchiacci della Julliard affinché ti diano una
nuova audizione." Vassilj commentò nel suo sms, e Ephram immaginò che
avesse ricevuto per questo uno schiaffo sulla
nuca dalla permalosa Nora.
Non si aspettava che gli rispondesse, aveva solo
scritto un paio di stupidaggini scollegate sulla tastiera del
cellulare...Quindi questo lo mise particolarmente di buon umore.
Beh, meno musone di un'ora prima.
“Hey, aspetta...Sto arrivando!" Sentì la voce
assonnata di Bright protestare veementemente. Forse bussare alla porta di
qualcuno alle otto di mattina non era un'idea poi tanto geniale. Ora: il figlio
maggiore degli Abbott era il suo migliore amico ma questo non gli impediva di
sbattergli la porta in faccia, altamente scazzato. Lui l'avrebbe fatto. Era
domenica mattina dopo tutto.
"Ephram, ma che ca..." Il suddetto Ephram
zittì Bright, poggiandogli un dito sulla bocca. Poi entrò nella stanza,
guardandosi intorno.
Non ci volle molto perché Bright iniziasse a
blaterare di nuovo, ma Ephram non gli stava prestando veramente attenzione.
“Bella
stanza che ti sei trovato..." .” Disse, con la testa completamente in
altri lidi.
Poi, realizzando che l'altro ragazzo lo stava
guardando come se gli stesse crescendo una seconda testa, parlò "Non sono
qui per chiederti di vivere insieme, Bright. Non spaventarti così."
“Allora cosa
ti ha portato qui, amico?” Si sedette sul vecchio e piccolo divano che suo
padre aveva ripescato dal polveroso attico di casa Abbott.
Guardò il muro nudo osservando una tv invisibile,
replicando una scena già vissuta tra loro milioni di volte. (ma con una tv
reale, magari)
Fece cenno ad Ephram di sedersi vicino a lui, ma
quest'ultimo rimase lì teso come una corda di violino, le mani che gli
tremavano per il nervoso.
Per un momento Bright temette che confessasse di
essere gay e di essersi innamorato di lui(dopo tutto, per lasciare la donna dei
suoi sogni tanto normale non doveva esserlo...), ma le parole che uscirono da
quella bocca furono totalmente diverse.
Il narciso che era in Bright si sentì quasi deluso.
“Ho bisogno del tuo aiuto. Voglio essere imprevedibile, irresponsabile,
superficiale ed impulsivo come te." Ephram sorrise ebetemente, mentre gli
presentava la sua richiesta.
"Hey, io non sono così Brown! Per
niente!" Protestò Bright, anche se ricambiò il sorriso. "Voglio
soltanto godermi la vita. Assaporare ogni piccolo momento, capisci? La malattia
di mia madre mi ha fatto capire in modo ancora più lampante che non devo
sprecare il minimo secondo. Dovresti imparare a vivere allo stesso modo del
Grande Bright Abbott..." aggiunse in tono solenne.
”Insegnamelo, allora.” fu la granitica risposta di
Ephram.