Storie originali > Fantasy
Segui la storia  |      
Autore: luce_94    23/06/2010    1 recensioni
Salve! se mai deciderete di leggere questa fiction, beh, a parte grazie! mi avete resa davvero felice! *_* vi avverto che è solo una bozza un idea che mi campanava in mente da un pò e che ho deciso di mettere nero su bianco, detto questo passiamo alla trama: la storia è raccontata dal punto di vista di Magdelene(Mimi) che è una cacciatrice! i cacciatori sono esseri umani con capacità in più ai semplici mortali, e il loro compito è uccidere i Mostri, come se questo non bastasse lei è anche la principessa! ma se dicessi di più vi rovinerei la sorpresa, perciò, beh leggete per favore! ^O^ e recensite anche per dirmi "dedicati alla musica e facci un favore" xD vorrei davvero sapere un vostro parere, una vostra opinione su cosa non avete capito o su cosa approfondireste e cose così... beh buona lettura! (si spera ^^'')
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Stavo girando per le strade della città, era una città
piccola e antica, si diceva che fosse una dei più antichi
centri abitati, e anche se adesso era una delle città
più moderne rimanevano segni predominanti della sua
antichità, i monumenti come la torre dell’orologio, la
biblioteca e molti altri erano ancora imponenti e di pietra, e alcune vie ospitavano ancora case o piccoli
particolari che c’erano anni e anni fa, però da quando una
parte delle mura settentrionali era crollata, tutti gli studenti
dell’accademia Kiryu dovevano fare i turni per controllare la città, la scuola che
frequentavo, non era una istituto normale, infatti
in nell’accademia erano ammessi solo i “cacciatori”,
per certi versi noi cacciatori eravamo come tutti gli esseri
umani però si diceva che fossimo nati da Alezielle
l’angelo creatore, infatti a differenza degli umani eravamo più forti, veloci e poteva usare meglio i nostri sensi,
lì ti insegnavano come usare la propria arma,
ogni cacciatore aveva un arma propria che veniva regalata dalla famiglia alla nascita e
poi il cacciatore doveva perfezionarla e renderla un arma solo per lui, e c’erano anche lezioni che ti
insegnavano ad usare l’energia, tutti i cacciatori avevano una forza astrale,
più potente di quella degli umani, e se imparava come usarla si poteva modificarla e farla diventare ciò che voleva,
e così noi studenti dovevamo fare un turno di guardia per controllare che nessun Mostro cercasse di entrare in città,
e io, come tutti gli altri ero obbligata a sorvegliare che nessun Mostro entrasse in una città piena di cacciatori,
e naturalmente, nessun essere deforme era entrato in città,
anzi, nessun mostro si era neanche avvicinato alle mura, nonostante fosse ormai un mese che il muro era crollato e i lavori per ripararlo fossero ormai finiti.
“Niente di niente, una noia mortale” disse una voce fin troppo familiare,
era Jake, il corpo muscoloso coperto da pantaloni neri e una camicia blu,
gli occhi nocciola colpiti dalla luce dell’alba sembravano dorati, si dondolava su uno dei tanti alberi che costeggiavano tutte le strade della città,
fece una piccola acrobazia sul ramo, dimostrando le sue qualità di trapezista e atterrò di fianco a me con un balzo.
“e a lei com’è andata principessa?” disse con tono beffardo,
scherzava sul nome con cui tutti mi si rivolgevano, perché nonostante la cosa che più volessi fosse la normalità ero l’ultima principessa della stirpe reale,
perché si diceva che la famiglia reale nascesse dal grembo della moglie di Alezielle,
e tutta la stirpe reale era stata negli anni idolatrata, si diceva che fosse dotata di poteri maggiori di tutti gli altri cacciatori,
anche se non sapevo se fosse esattamente vero, in effetti mia madre era eccezionale,
una cacciatrice coi fiocchi, capace di usare la sua energia in modi inaccessibili per altre persone e la sua arma era infallibile,
eppure mi aveva detto che per diventare così aveva studiato tantissimo e ci aveva messo anima e corpo,
almeno finché non aveva conosciuto mio padre, mia madre era stata la principessa prima di me,
e aveva fatto cose eccezionali come tale,
aveva guidato la gente nei momenti di crisi e aiutava sempre i bisognosi,
quando poi aveva conosciuto mio padre aveva lasciato tutto per stare con lui e aveva ceduto il titolo su di me una volta nata,
non che il mio appellativo mi rendesse orgogliosa, lo sentivo come un peso,
una responsabilità gigantessa che non avevo chiesto, da questo mio titolo derivavano un sacco di impegni e cose raramente piacevoli,
feci una smorfia “Niente neanche io, questi turni sono ridicoli, oltre a essere una noia”
“beh, tu non saresti obbligata a farli,ti hanno chiaramente detto che se solo lo avessi voluto potevi restartene in panciolle”
rispose lui con la solita voce distaccata, era vero, il preside aveva detto che se ritenevo che quel lavoro non mi si addicesse potevo non farlo,
però, sapevo che l’unica cosa che il preside voleva era essere nelle grazie della mia famiglia,
e io non volevo certo vendermi così.
“ Non sono diversa da tutti gli altri” dissi decisa.
Lui rise, con la sua risata da sbruffone “si, ti piacerebbe!” disse facendomi un mezzo inchino ironico,
gli tirai un pugno scherzoso sul braccio “idiota” dissi.
“No no, non è bene parlare cosi” disse scuotendo il capo e facendo così in modo che gli scuri capelli mossi gli ondeggiassero intorno al viso,
eravamo arrivati davanti alla villa dove abitavo,
sulla veranda riuscivo a vedere una figura magra seduta su una sedia a dondolo,
era Oliver, che si alzò appena vide che ero arrivata,
indossava dei Jeans larghi e bucati sopra una maglietta nera altrettanto larga,
e tutto il suo aspetto faceva capire che mi aveva aspettata lì da molto tempo.
“Bene, il mio lavoro è finito” disse Jake con voce dura,
mi girai verso di lui “ Già, hem… Grazie!” dissi facendo un sorriso da orecchio a orecchio,
per un attimo un espressione vagamente stupita mista a qualcosa
che non era riuscita a riconoscere aveva attraversato il viso di Jake ma era stata subito sostituita dalla sua
solita espressione imbronciata.
mi avviai verso il porticato della villa,
avevamo un giardino enorme, pieno di piante e fiori c’era persino una piscina, un campo da tennis e un gazebo enorme dove allenarsi,
Oliver si era alzato in piedi e si era avvicinato a me,
“Pronta?” mi chiese, sospirai annuendo e prendendolo per mano,
conoscevo Oliver da quando avevamo cinque anni ed eravamo subito diventati ottimi amici,
tanto che anche adesso dopo undici anni insieme l’idea di separarmi da lui mi faceva stare male,
eppure non potevo credere che le nostre famiglie avessero deciso che saremmo stati promessi sposi,
anche se forse era una cosa prevedibile, io dovevo avere al mio fianco qualcuno che sapesse prendersi cura di me,
e chi meglio del mio migliore amico poteva? In più la famiglia di Oliver era anche abbastanza nobile,
così le due famiglie si erano messe d’accordo tutte felici che io e Oliver al compimento dei nostri diciotto anni ci saremmo sposati,
ogni volta che ci pensavo mi si stringeva lo stomaco, non ero pronta a sposarmi,
era vero non volevo separarmi da lui ma arrivare a sposarlo mi sembrava una cosa troppo estrema,
però agli occhi di tutti stavamo già insieme, avevamo deciso insieme che era meglio assecondarli e fare finta almeno davanti agli altri di stare insieme,
entrammo tenendoci per mano, Abitavo in una villa imponente,
piena di libri antichi che spiegavano la nostra storia, il salotto spazioso poteva essere usato anche come una piccola pista da ballo,
e nella cucina ci potevano mangiare liberamente venti o trenta persone,
ai piani di sopra c’era tutte le camere da letto, la mia quella dei miei e quelle dei domestici più qualcuna per gli ospiti,
i domestici ci accolsero con un inchino sorridendo quando videro che ci tenevamo per mano,
salimmo le scale e andammo in camera mia, la mia stanza mi piaceva davvero,
un grande letto matrimoniale stava in un angolo della stanza e di fianco c’era un comodino dove avevo appoggiato le piccole casse dell’I-pod,
tanti scaffali tutti attaccati ai muri contenevano i miei libri preferiti,
c’erano due grandi finestre che davano sulla città e un balcone che dava sul mare dietro la città,
la mia scrivania, fatta intagliare apposta per me, era piena dei miei disegni appesi anche qua e la sulle pareti azzurrine,
e in più avevo anche un bagno personale, a volte pensavo che sarei potuta vivere solo nella mia camera,
senza dover più uscire e farmi carico di tutte le responsabilità che mi aspettavano,
mi girai verso Oliver “Allora Ollie? Com’è andato il tuo giro?”
“Bah, niente come sempre, ancora poco e ripareranno quel muro così non dovremmo più fare i turni, sono una noia mortale” disse buttandosi sul letto di fianco a me,
ridacchiai “Quando ti lamenti così sembri proprio Jake”
lui mi lanciò uno sguardo truce, Jake era arrivato nella nostra scuola da due mesi ormai,
e io e Oliver l’avevamo subito preso sotto la nostra protezione,
un po' perché era mio dovere stare con i nuovi arrivati per i primi giorni e un po' perché si era rivelato davvero simpatico,
eppure quei due non si sopportavano, continuavano a farsi a vicenda commenti sarcastici e a battibeccare di continuo,
“Non paragonarmi a quello scorbutico” mi disse, tornai a ridacchiare,
ed ero pronta a replicare quando una domestica, scusandosi per averci interrotto ci disse che era pronta la cena
e che la signora, mia madre, aveva detto che il signorino Hoke,
se voleva poteva rimanere a cena, mi girai verso di lui “Allora? Mangi con noi vero???” gli chiesi entusiasta,
lui si limitò a sorridermi e a prendermi per mano, e insieme ci dirigemmo verso la cucina.

Io, Oliver e Jake ci trovavamo sul retro della scuola,
un edificio imponente e storico, prima era la sede del potere,
tutti i Cacciatori più potenti che facevano parte del consiglio si ritrovavano in quel posto per discutere,
era ormai due anni però che il consiglio non aveva un posto fisso, e per fortuna non c’era stato bisogno di fare riunioni,
mangiavamo tranquillamente il nostro pranzo, avevo notato che Jake non aveva mai un pranzo
preparato in casa ma solo panini già pronti di quelli che si trovano al super mercato a poco,
volevo chiedergli come mai, ma sapevo che finché ci fosse stato anche Ollie sarebbe stato ancora più freddo di quello che era di solito.
“Pensavo, non vi sembra strano che il muro sia crollato così misteriosamente?”
chiesi mangiucchiando pensosa una patatina fritta, era maggio e l’aria fresca faceva muovere delicatamente le foglie degli alberi,
tutta la città era immersa dai colori dei fiori che sbocciavano.
“È una settimana che non dobbiamo più avere a che fare con quel muro e tu lo ritiri fuori?” disse Jake secco,
ricevendo in cambio un’occhiataccia da parte di Oliver
“Si, hai ragione, in effetti è strano, l’altro giorno sentivo i vecchietti della locanda giù in spiaggia, che ne discutevano” disse invece quest’ultimo
“La locanda del faro?”
“Si proprio quella”
“E cosa dicevano?” chiesi,
di solito i vecchietti della locanda non si immischiavano mai in quello che succedeva in città,
a loro bastavano le loro barche e il loro mare,
in città si diceva che l’unica volta che avevano discusso di qualcosa che non fosse il mare era stato durante il grande attacco,
quando un demone superiore assetato di vendetta verso il Reggente dei cacciatori che c’era quel tempo,
colui che la nostra comunità aveva ritenuto più adatto per questo ruolo, e che lo aveva quasi ucciso,
era entrato in città superando tutte le barriere insieme a una marea di Mostri minori e aveva attaccato tutto,
perciò se discutevano del muro crollato misteriosamente voleva dire che lo ritenevano una cosa importante.
“Non li stavo proprio ascoltando, però dicevano che per loro c’era qualcuno dietro a questo che non era l’unico segnale mandato solo che il Reggente era troppo ceco per accorgersene” disse Oliver stringendosi nelle spalle
“Non pensate sia strano?”
“Cosa?che il tuo piccolo amico vada in quel vecchio Pub?” chiese Jake
“Mi avevano chiesto di andare a chiamare mio nonno, hai presente? Si chiama essere gentili…”
“Hey basta! Io parlavo del fatto che nessuno parli più del muro, e che invece quelli della locanda la trovino una cosa strana, e poi, hanno ragione perché il Reggente non ha fatto una riunione per dirci cosa sta succedendo? Credete che stia davvero facendo finta di niente?” chiesi dicendo tutto quello che mi passava per la testa
“Mimi rallenta! Una domanda per volta” ribatte Jake
“Non saprei dirti, in fondo sono vecchi e non succede molto, magari parlavano solo per dare aria ai denti, sai come sono scontrosi quelli della locanda” disse fermandosi in attimo Oliver
“Jake! Secondo me saresti perfetto in quella locanda! Ti integreresti subito!”
Jake rispose alla provocazione con una linguaccia mentre io ridacchiavo,
eppure non mi convinceva del tutto quello che diceva Ollie, sentivo che non era così
“Non ne sono del tutto sicura Ollie” dissi infatti
“ho deciso! Oggi andrò alla locanda a chiederò ai Vecchietti cosa ne pensano! Chi vuole venire con me?”
“Io non posso, lo sai, sono al club di Judo” rispose Oliver
Era vero, ogni giorno dopo la scuola Oliver doveva sempre andare in un club diverso,
non riuscivo a capire come facesse a sopportalo ma lui sembrava divertirsi e non si lamentava mai,
così non avevo mai chiesto perché non abbandonasse tutti i club,
mi girai verso Jake con occhi supplichevoli
“E tu? Puoi venire vero? Non mi lascerai sola, vero?”
Lui si alzò nelle spalle, lo interpretai come un si,
non mi potevo aspettare una reazione migliore da parte sua
“grazie! Allora è deciso! Alle tre, appena finisce la scuola, andremo! Tu Ollie vieni a casa mia quando finisci il club così mi aggiorni”
“sempre detto che ci sia qualcosa da dire” disse Jake.

Ero davanti alla “Locanda del faro” una piccola casetta in legno che sembrava dovesse crollare da un momento all’altro,
in effetti tutti dicevano che prima o poi sarebbe crollata visto che era in piedi da moltissimi anni,
ma quasi prendendosi beffa di quello che diceva la gente, la locanda rimaneva ancora in piedi,
pronta ad ospitare i vecchi lupi di mare che andavano lì per passare il tempo,
mi girai, Jake guarda pensieroso il mare a qualche metro di distanza da me
“Jake! Andiamo” lo richiamai,
lui si scosse quasi avessi interrotto qualcosa di importante poi mi raggiunse
“Allora andiamo, principessa, così sarà felice” disse beffardo,
sapevo che era scettico per questo cose, il che era divertente, lui era un cacciatore,
aveva a che fare con mostri e magia eppure se c’era qualcosa di misterioso ancora non riusciva a crederci,
certo non tutto era soprannaturale e un sacco di gente non aveva poteri ne era un cacciatore,
eppure gli umani che vivevano insieme a noi e che avevano a che fare con le nostre stranezze senza lamentarsi
a volte erano più propensi a credere subito alle cose misteriose più degli stessi cacciatori,
la trovavo una cosa alquanto buffa visto che in teoria noi eravamo una cosa sovrannaturale come avrebbero detto gli umani,
sospirai alzando gli occhi al cielo ed entrai nella locanda con Jake alle spalle,
appena entrata notai subito che tutti i signori si erano girati a guardarci, sospettosi,
per poi tornare alle loro attività quando avevano visto che eravamo solo due ragazzini curiosi che probabilmente
avevano sentito parlare della locanda ed erano entrati per dare un’occhiata,
o almeno così pensavano,
un gruppo di signori giocava a carte in un angolo altri si raccontavano le loro avventure marittime davanti a qualche bevanda strana,
al bancone dove un vecchio signore dai capelli grigi e gli occhi azzurri acquosi serviva i clienti,
alcuni sgabelli erano occupati da gente che in silenzio affogava i propri dispiaceri nell’alcool,
mi avvicinai verso il bancone, mio padre, che a volte andava alla locanda a giocare a carte con i vecchietti,
mi aveva detto che l’anima della locanda era il proprietario, quindi sapevo che se avessi voluto sapere qualcosa avrei dovuto chiedere direttamente a lui,
mi sedetti su uno sgabello logoro e Jake imitò il mio gesto sedendosi accanto a me
“Cosa posso servirvi?” chiese il proprietario con sguardo curioso,
certo doveva essere insolito che due ragazzini si sedessero a ordinare
“Per me un coca, grazie” dissi sfoderando il mio sorriso,
mentre Jake ordinò una bevanda dal nome strano, che si rivelò ancora più strana quando la vidi,
aveva un colorito azzurro con nuvole vaporose blu che uscivano a spirale dal bicchiere,
lo guardai incuriosita “Che c’è? Mio padre me lo fece sentire quando avevo tredici anni”
spiegò lui in risposta al mio sguardo, io mi limitai a ridacchiare sorseggiando la mia coca
“Devo immaginare che voi non siate venuti qui solo per sentire le nostre bevande” dedusse il locandiere,
annui lentamente prendendo un altro breve sorso dalla mia bibita
“ E a cosa devo la vostra visita ragazzi?”
“A dire il vero volevo chiedervi una cosa, e ho pensato che poteste essere l’unico a darmi una risposta” dissi,
avevo imparato vedendo le trattative che facevano i miei genitori quando raramente mi portavano con loro in qualche missione minore
che non bisognava mostrarsi ansiosi ma rimanere calmi e pacati, ringraziai mentalmente entrambi per tutti i consigli che mi avevano dato e per come avevano cercato di prepararmi ad ogni situazione,
il signore della locanda alzò lentamente un sopracciglio guardandomi con rinnovata curiosità
“Mmh mh, e con chi ho il piacere di parlare?”
feci un rapido calcolo mentale chiedendomi se fosse il caso di rivelare il mio nome o di usarne uno fasullo,
decisi che visto che volevo verità da lui avrei dovuto essere sincera io per prima
“Magdelene More” annunciai,
vidi la sua espressione cambiare trasformandosi in stupore, aveva chiaramente capito con chi stava parlando,
poi torno al suo sorriso gentile “E lui?” disse girandosi verso Jake che fino a quel momento era rimasto in silenzio a bere quel suo strano intruglio
“Jacob Evans” borbotto,
sapevo che non gli piaceva usare il suo nome completo, me lo aveva detto una volta anche se non mi aveva mai spiegato come mai odiasse tanto il suo nome,
il locandiere annuì lentamente, era chiaro che aspettava che gli chiedessimo quello per cui eravamo venuti
“E lei? Lei come si chiama?” chiesi, avevo appreso che era importante sapere con chi si stava parlando,
il locandiere sorrise “Sei una ragazza furba sai? Una volta mi chiamavano Edward shate, ma ora nessuno mi chiama più per nome” la sua voce aveva preso una nota nostalgica,
che mi riportava alla mente la nostra città qualche anno fa quando io avevo due anni e andavo in giro per mano con la nonna,
bene ora potevo chiedergli tranquillamente quello che volevo
“Signor Shate, io volevo chiederle cosa sapeva del muro crollato” buttai fuori tutto d’un fiato ma cercando comunque di avere un tono pacato,
lo vidi strabuzzare lievemente gli occhi “Domanda interessante, i giovani d’oggi si interessano così poco a quello che gli succede intorno” borbotto
“tuttavia la sua è una domanda molto generica, e ci sarebbero tante cose da dire a riguardo”
“Beh, so che voi pensate che questo sia un segno mandato da qualcuno, e che non sia stato il primo”
risposi ripetendo quello che Oliver aveva detto
“Vero, noi tutti qua pensiamo che qualcuno, qualcuno di potente, stia lanciando ovvi segnali,
il tempo di pace sta finendo signorina e proprio come successe anni fa tutti stanno ignorando i segnali, troppo impauriti per voler accettare la verità” disse Edward con voce stanca
“Come era successo anni fa? Si riferisce all’attacco del demone maggiore?” disse Jake,
che sembrava improvvisamente interessato alla nostra discussione,
ma il locandiere scosse il capo “Certo che no, quella è stata una vicenda minore, gonfiata tanto per fare in modo che tutti dimenticassero quello che era successo solo tre anni prima,
e il Capo cacciatore c’è riuscito, nessuno più parlava del grande disastro, e voi ne siete una prova hanno nascosta ogni cosa di quella
catastrofe, cancellata da ogni mente”
feci un rapido calcolo l’attacco del demone superiore era accaduto undici anni fa quando io avevo cinque anni e tre anni prima c’era stato questa grande catastrofe di cui parlava il locandiere,
avevo due anni eppure non mi ricordavo niente, lo trovavo strano,
avrei dovuto ricordare almeno qualcosa se come diceva il signor Shate era stata una cosa così disastrosa
“Non ricordo niente di questa catastrofe” diss
i “mi spieghi meglio” lo pregai,
ma lui scosse di nuovo la testa “Non ho intenzione di raccontare cose così poco piacevoli, ma se davvero lo vuoi sapere va in biblioteca e chiedi dell’Ouroborus” disse
, poi si allontanò da noi andando a servire altri clienti che chiedevano la sua attenzione,
mi girai verso Jake con aria perplessa, avevo ancora mille domande, mille cose che volevo sapere che mi ronzavano per la testa,
eppure mi sentivo anche trionfante, avevo ragione io, il crollo del muro non era una cosa normale dovuta all’usura ma c’era qualcosa dietro
“Cosa ne pensi Jake?” lui si limitò ad alzare le spalle
“Che sono tutte storie di un vecchio annoiato”
“Ma e la storia dell’Ouroborus? È successo quattordici anni fa eppure io non mi ricordo niente, e tu?”
“ E cosa vuoi che ne sappia io!?!? Non c’ero ancora in questa città” mi ricordò lui secco,
era vero, mi ero dimenticata che lui era qua solo da due mesi, e mi resi conto in quel momento di quanto lo trovavo già una presenza giornaliera nella mia vita
“Già, scusa hai ragione, beh… non ci resta che andare in biblioteca mi sa”.

DEtto questo vorrei ringraziare Alaire94 per i preziosissimi consigli che mi ha dato, intanto grazie per avermi risolto il perchè non andasse a capo, spero di avere messo i codici giusti ^^'' *imbranata per queste cose*
e poi, grazie mille anch per avermi dettp della punteggiatura, per me che lo scrivo è facile xD sò già dove voglio prendere fiato, vedrò di rileggerlo di aggiungere punti e virgole in più, grazie mille ^_^

  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantasy / Vai alla pagina dell'autore: luce_94