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Autore: sailormoon81    24/06/2010    3 recensioni
*Chiusi gli occhi cercando nella memoria qualche dettaglio che mi aiutasse a interpretare quella strana sensazione di dejà vu.
Non mi ci volle molto.
Ero già stata lì sedici anni prima, con lui. Con Edward.*
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Isabella Swan
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Mio marito mi guardava dubbioso, con il senso di colpa dipinto in viso. « Non mi sembra giusto partire e lasciarti a casa tutta da sola. Si tratta solo di una settimana. Possiamo aspettarti. »

« Così i bambini si perderanno una settimana di mare… Non essere sciocco, Jacob » ribattei.

Da quasi un’ora stavamo discutendo su una questione molto semplice, in verità. A causa di un imprevisto a lavoro, il mio capo mi aveva chiesto di ritardare di una settimana la partenza per le ferie estive.

Per quanto insistessi, Jake sembrava assolutamente contrario all’idea di partire con i bambini, mentre io li avrei raggiunti la settimana seguente, in aereo.

« Distratta come sei, finiresti per sbagliare aereo e ritrovarti a far compagnia ai pinguini, invece che a Newport. »

« Non sono così distratta! » mi difesi.

Jacob rise, e la stizza per la sua scarsa fiducia nelle mie capacità sembrò sbollire.

Ma non potevo dargliela vinta a quel modo, e cercai di mantenere un minimo di dignità, facendo l’offesa.

« Bells, non volevo offenderti » si scusò, « ma l’idea di lasciarti tutta sola in una cittadina deserta mi preoccupa da morire. » Parlava a bassa voce e con un braccio mi cingeva le spalle.

« La città non sarà deserta » spiegai, « e in ogni caso dovrei riuscire a cavarmela senza di te, per pochi giorni. »

« Promettimi almeno che proverai a star lontana dai guai… »

Lo baciai sulla guancia, felice che quella battaglia fosse finalmente giunta al termine.

Promisi che avrei dormito con una collana d’aglio attorno al collo e un crocifisso d’oro e un paletto di frassino sotto il cuscino, e andammo insieme a dare la notizia ai nostri figli.

Dave si dimostrò piuttosto entusiasta all’idea di non avere le mie attenzioni per ben una settimana. Per quanto assomigliasse in tutto a suo padre, con i capelli e gli occhi scuri, gli zigomi sporgenti e una corporatura per niente affine a quella di un undicenne, sembrava avere ereditato da me la specialità a cacciarsi nei guai. Per fortuna che il particolare gene che aveva ereditato dal padre non si era ancora mostrato… In realtà, dopo Jake e gli altri membri del branco, nessuno più aveva avuto cambiamenti improvvisi, e di certo la spiegazione era da ricercare nella partenza, quindici anni prima, degli unici nemici mortali dei Quileute, presenti nei dintorni di Forks…

Camille invece non si dimostrò altrettanto contenta: a sette anni, era ancora la “piccolina della mamma”, e non era stata lontana da me per più di un giorno.

Venne ad abbracciarmi con un musino lungo, e con un filo di voce mi domandò « Posso restare con te? »

I suoi occhi, così simili ai miei, erano velati di lacrime, ma non mi feci incantare. Scossi la testa con fare deciso. « Vi raggiungerò presto » promisi, « e in mia assenza sarai tu la donnina della famiglia. »

Quella promessa ebbe l’effetto desiderato, e Camille si staccò da me per rintanarsi nel suo lettino, pronta per andare a dormire.

 

Il giorno dopo, mentre mi preparavo per andare a lavoro con la mia scalcinata Chevy, ancora in discrete condizioni grazie alle attenzioni del mio meccanico personale, Jacob e i bambini partirono con la Station Wagon stipata di bagagli.

« Nessun ripensamento? »

Diedi un bacio a mio marito e lo spinsi letteralmente al posto di guida.

Per quanto fosse un lupo grande e grosso, in quel momento mi sembrava più un ragazzino spaurito all’idea di non avermi con sé per sette giorni.

Avrei potuto prenderlo in giro, dopo aver capito il vero motivo per cui non volesse partire lasciandomi a casa, ma pensai che non stare insieme per una settimana sarebbe stato già fin troppo duro.

Mentre mi dirigevo in ufficio, raccolsi da sotto il tappetino dell’auto uno dei tanti disegni regalatomi da Camille, e in quel momento mi resi realmente conto che sarei stata sola per i giorni seguenti.

Discutendo con Jake, quell’idea mi era sembrata una cosa da nulla, ma il silenzio che regnava in macchina mi fece rimpiangere l’insistenza con cui avevo mandato via il resto della mia famiglia.

 

I giorni seguenti li trascorsi in uno stato di trance, tra la fotocopiatrice e l’archivio dello studio legale dove lavoravo ormai da tre anni come segretaria.

Non era il massimo dell’emozione, anzi era decisamente noioso. Ma nel momento di scegliere se accettare o meno quell’impiego, ricordo di aver pensato che la mia dose di emozioni provate durante gli ultimi anni di liceo sarebbe stata sufficiente per l’intera vita.

Ogni sera, tornavo a casa e preparavo qualcosa di leggero da sgranocchiare davanti la televisione; fortunatamente, le telefonate con Jake e i bambini riuscivano a mettermi di buon umore quel tanto che bastava per andare a letto con il sorriso sulle labbra, ma la mattina dopo, senza il rituale bacio del buongiorno, era come tornare ai miei diciassette anni, all’epoca dell’abbandono del mio primo amore.

Quando Edward mi aveva lasciata, c’era stato Jacob a tirarmi fuori dal tunnel di depressione in cui ero sprofondata, mentre ora non c’era nessuno.

Ma sapevo che dovevo farmi forza, e aspettare di trascorrere quei pochi giorni prima di potermi ricongiungere ai miei.

Il venerdì sera, però, l’ultima sera prima della mia partenza per Newport, qualcosa dentro di me mi fece desiderare di rivivere le emozioni di un tempo.

Mi vestii con più cura del solito, salii in macchina e feci il giro di tutti i locali della zona, per scoprire che erano tutti chiusi per ferie.

D’altronde, in una cittadina come Forks, era raro trovare locali aperti dopo le sette…

Stizzita, mi misi a girare alla cieca, e senza volerlo, mi ritrovai in autostrada, in direzione di Port Angeles.

Lì era tutta un’altra storia: c’era solo l’imbarazzo della scelta.

Trovai ben presto un ristorante che faceva al caso mio, parcheggiai l’auto e, una volta dentro, seguii la cameriera ad un tavolo ad angolo, accanto la porta d’ingresso.

Una volta accomodatami, fui assalita da una strana sensazione: io ero già stata in quel posto!

Con gli occhi della memoria, rividi me stessa entrarvi, prender posto a uno dei tavolini malconci e afferrare il menù.

« Se non le piace il posto » mi disse la cameriera, in attesa della mia ordinazione, « può sedersi dove meglio preferisce. Non c’è un gran pienone. Port Angeles dovrebbe essere così tutta l’estate… »

Evidentemente aveva voglia di chiacchierare, ma io ero ancora scombussolata per la sensazione che avevo sperimentato entrando, quindi la ringraziai e fissai il menù.

Quando la ragazza si fu allontanata, chiusi gli occhi cercando nella memoria qualche dettaglio che mi aiutasse a interpretare quella strana sensazione di dejà vu.

Non mi ci volle molto.

Ero già stata lì sedici anni prima, con lui. Con Edward.

Mi sembrò quasi di tornare indietro nel tempo.

Lui, il bel Cullen, alto e magro, con gli occhi ambrati e la voce vellutata, in quel posto mi aveva confessato un suo segreto: poteva leggere le menti degli altri. Tutti i pensieri gli erano svelati. Tutti, tranne i miei.

Ricordo che mi preoccupai: « Ho qualcosa che non va? »

Lui aveva riso della mia sciocca domanda. « Io ti confesso che so leggere la mente, e tu ti preoccupi di non essere normale? »

A ripensarci, mi sentii una sciocca. Ma da quel giorno, la mia vita aveva preso una direzione drastica, con un solo capolinea: la morte.

Sorrisi ripensando ai due anni seguenti quella rivelazione, a come molte volte fossi stata sul punto di essere uccisa da esseri che, fino a quel momento, credevo esistessero solo nelle favole.

Come avevo potuto dimenticarmi di un posto simile, un posto che aveva dato il via a una serie di eventi che mi avevano travolta con la forza inarrestabile di una valanga?

Per un istante, ebbi l’impressione di poter sentire nuovamente la sua voce che mi incantava con promesse d’amore eterno; percepii il suo tocco gentile e freddo lungo il mio braccio nudo e non potei fare a meno di rabbrividire.

Ricordavo tutto, ogni più piccolo dettaglio, dal nostro primo incontro al timore di perderlo, fino a quando non fu lui a volermi abbandonare, per poi rientrare prepotentemente nella mia vita proprio quando sembrava esser tornato il sole, per me.

Ricordavo la mia rabbia, la mia disperazione quando avevo capito che lui non avrebbe più fatto parte della mia vita; ricordavo la corsa fuori da casa sua quando avevo ammesso di non poter più vivere con lui, perché amavo troppo la vita per pensare a un futuro di eternità.

Chissà cosa faceva, ora?

Per un momento mi chiesi se fosse cambiato, ridendo subito di quel pensiero: lui non sarebbe mai cambiato.

Improvvisamente, sentii il desiderio di rivederlo.

Afferrai il cellulare dalla borsa e iniziai a comporre quel numero che, mi meravigliai, ancora conservavo nella memoria.

Il cuore mi prese a battere più forte quando sentii il primo squillo: il numero quindi era ancora attivo, ma chissà se lui avrebbe avuto voglia di rivedermi, dopo tutto quel tempo…

« Ciao, Bella. »

Trasalii nel riconoscere la voce dietro di me.

Posai il telefono e lentamente mi voltai.

Lui era lì, bello come sempre, e mi sorrideva.

Mi sentii come se qualcuno mi avesse tolto il terreno da sotto i piedi.

La sua voce, mai dimenticata; e i suoi occhi, quei bellissimi occhi dorati che mi avevano ammaliata fino a desiderare di non separarmi mai da lui…

Come poteva essere là, davanti a me in quella calda sera di agosto?

Come aveva fatto a sapere dove trovarmi?

« Alice ti ha visto » spiegò, in risposta alla mia tacita domanda.

Prese posto accanto a me, come quella sera di tanti anni fa.

Indossava una maglietta azzurra e un paio di jeans sbiaditi; sembrava un diciassettenne, intrappolato in quel limbo di non morte che il fato aveva scelto per lui.

Chissà come dovevo sembrargli io? Una vecchia trentatreenne con le zampe di gallina intorno agli occhi e qualche chilo di troppo, a causa delle due gravidanze e di qualche dolcetto nei momenti meno opportuni…

« Mi dispiace averti disturbato » mormorai.

« Non mi hai disturbato. In realtà, ho atteso per tanto tempo questa telefonata. »

« Davvero? »

Edward mi guardò, inclinando leggermente la testa di lato, e mi regalò il suo solito sorriso sghembo che tanto amavo.

« E così, siamo di nuovo qua, al punto di partenza… »

« Già » feci, e uno strano senso di colpa mi serrò lo stomaco.

« Raccontami di te » mi chiese. « Mia sorella non ti ha più vista, da quella volta che… »

Lasciò cadere la frase nel vuoto: non c’era bisogno che aggiungesse altro, perché sapeva che avevo capito a cosa si stesse riferendo.

Per un attimo fui tentata di chiedergli perché Alice non fosse stata in grado di vedere il mio futuro, ma ricordai l’impossibilità della mia amica di vedere quelli come Jake…

Lo aggiornai di tutto, dal matrimonio con Jacob, tre anni dopo la partenza dei Cullen da Forks, alla nascita di Dave e Camille.

« E così, il cane ha vinto la guerra » commentò, ma non c’era ombra di risentimento in quella frase. Solo una constatazione di come la mia vita fosse andata avanti, senza di lui.

Cadde il silenzio tra noi, durante il quale ci guardammo negli occhi cercando di ritrovare… che cosa?

« Andiamo via da qui, Bella » propose Edward con un entusiasmo che non credevo gli appartenesse. « Facciamo un viaggio sul sentiero dei ricordi. »

Mi sorprese scoprire che ne avevo voglia: volevo poter rivivere nuovamente la mia adolescenza.

Uscimmo dalla pizzeria senza aver mangiato nulla e mi lasciai guidare da Edward verso la sua Volvo argento.

« Non hai cambiato gusti, in fatto di automobili » osservai, divertita.

« Volevo farti tornare nel passato, almeno per una notte. »

Vagammo per tutta la notte, ridendo insieme come ai vecchi tempi, ricordando ogni cosa come se fosse appena successa.

Ci fermammo in una radura, nei pressi del Parco Nazionale, tanto simile al nostro posto segreto, nel bosco di Forks.

Respirai a fondo e gli occhi mi si riempirono di lacrime.

« Perché piangi? » Edward mi si avvicinò e catturò una lacrima con il dito.

Lo guardai negli occhi e scossi la testa. « Non lo so » ammisi, e mi sentii una sciocca.
Prima che potessi fare qualcosa per impedirmelo, mi ritrovai a carezzare il viso di Edward. Niente in lui era cambiato: gli stessi occhi, gli stessi zigomi, le stesse labbra... le sfiorai con un dito, prima di posare le mie labbra sulle sue.
Fu un bacio delicato, che lentamente stava diventando qualcosa di più; sapeva di passato, di nostalgia, di rimpianto per qualcosa persa da tempo e che mai avrei potuto recuperare.
Dopo interminabili secondi, Edward si staccò da me, incatenando i suoi occhi nei miei.

« Sei felice, Bella? »

Aprii la bocca per rispondere di sì, ma mi bloccai? Ero felice davvero?

Era davvero Jake la mia anima gemella?

O forse avevo commesso il più grosso errore della mia vita, scegliendo di rinunciare all’eternità accanto ad Edward?
Jacob poteva essere la mia anima gemella, ma Edward era il mio destino; l'avevo sempre saputo, ma gli avevo voltato le spalle un attimo prima di compiere ciò che il fato aveva scelto per me.

« Io non sono felice » confessò lui. « Non sono più stato felice dal giorno in cui tu sei uscita dalla mia vita. »

Improvvisamente mi sentii leggera, come un filo d’erba accarezzato dal vento.

« Abbracciami » sussurrai. « Abbracciami forte. »

La sua stretta profumava di lui, un odore prezioso della mia giovinezza.
« Sai, Bella, spesso ci si imbatte nel nostro destino proprio lungo la strada, per evitarlo*. » Cercai i suoi occhi e quasi mi meravigliai di quanto fosse sereno il suo sguardo. « Lo so cosa pensi, che noi due eravamo destinati a stare insieme, per l'eternità » continuò. « Ma se quella non fosse stata la cosa giusta per te? Se il mio destino fosse stato aiutarti a trovare lui, la tua anima gemella? »
Riflettei su quell'ultima frase. Aveva un senso... se non fosse stato per Edward, non mi sarei mai avvicinata a Jake, non avremmo vissuto una vita insieme e non avremmo mai costruito ciò che di più caro abbiamo al mondo. L'ombra di una vita senza il mio Sole, senza i nostri figli, mi terrorizzava. Non avrei cambiato nulla di ciò che era stato, e avrei vissuto giorno dopo giorno senza rimpiangere nulla.
La vita è così. Ieri è storia, domani è un mistero, ma oggi... oggi è un dono*, un dono che, grazie ad Edward, avrei apprezzato ogni giorno di più.

Mi rilassai contro il suo corpo marmoreo, come tante volte avevo già fatto in passato, e prima che me ne rendessi conto scivolai nel sonno.

 

La mattina fui svegliata dai raggi del sole che filtravano tra i rami degli alberi.

Edward era ancora al mio fianco, e guardava fisso davanti a sé, immerso in chissà quali pensieri.

Lo guardai come a volermi imprimere nella mente quel suo volto liscio e bellissimo.

Sospirai, e tanto bastò per farlo voltare verso di me.

Sorrisi, grata per quella notte di ricordi che mi aveva fatto vivere.

Molte cose erano cambiate dal nostro ultimo incontro, ma non avevo rimpianti.

Non ero più una ragazzina, ero una donna e una madre.

Amavo i miei figli più di ogni altra cosa al mondo.

E amavo Jacob, il mio sole personale.

Edward era il passato e per molto era stato un possibile futuro, ma quel futuro non mi apparteneva più.

« Addio, Bella. »

« Ci rivedremo? »

Sfoderò per me il migliore dei suoi sorrisi. « Sarà come se non fossi mai esistito**. »

Lo stesso addio di tanti anni prima. Ma sapevo che stavolta sarebbe stato diverso…

Gli accarezzai il volto per l’ultima volta. « Sarai sempre nel mio cuore. »

« E tu nel mio. »

 

In piedi nella sala d’aspetto attendevo l’ordine d’imbarco. Mancavano pochi minuti alla partenza dell’aereo.

Presi il telefono dalla borsa e con mani tremanti composi il suo numero.

Avevo bisogno di sentire la sua voce.

Con le mani iniziai a giocherellare con i capelli, in attesa che rispondesse.

Lo fece dopo pochi squilli, con una voce era calda e sicura.

« Jake? Sto per partire. Tra un paio d’ore sarò da voi. »

« Mi sei mancata, Bells. »

La sua voce era quella di tutti i giorni; mi ripeté mille raccomandazioni, come se fossi stata una bambina piccola, e non una donna adulta.

Ascoltai tutto senza spazientirmi.

Mi ritrovai a sorridere al telefono, mentre chiudevo la conversazione.

Avevo fatto la mia scelta tanto tempo fa, e non ne ero pentita.

Era quella la vita per me, era quello il mio destino, lontano dai pericoli che mi avevano fatto crescere troppo in fretta.

Niente vampiri.

Niente eternità.

Niente di niente.

Solo io, Jacob e i nostri figli.

Mentre mi dirigevo verso l’aeroplano, avvertii un senso di leggerezza che fu come rinascere una seconda volta.

Presi posto e attesi che l’aereo si staccasse dal suolo per tuffarsi nelle nuvole.

Era la scelta giusta, lo era sempre stata.
Chiusi gli occhi e mi rilassai.

Stavo tornando alla mia vita, una vita che non sarebbe durata in eterno, e che mi avrebbe riservato chissà quali sorprese.
Ma era la mia vita, e non vi avrei rinunciato per niente al mondo.

 

 

 

 

 

 

* Citazioni liberamente tratte da Kung Fu Panda.
** Non poteva mancare una citazione di New Moon, vi pare?

Uhm, non lo so perché l’ho scritta.

Forse perché, nonostante la mia predilezione per i lupi, non ho mai dato adito a un possibile futuro reale per la coppia che, credo, sarebbe stata la soluzione migliore a tutti i loro guai… con questa, mi sono voluta rifare ^^

Sarò riuscita nell’intento?

Non lo so, e lo lascio dire a voi.

Fatemi sapere che ne pensate, nella buona e nella cattiva sorte =)

A presto, spero ^^

Bax, Kla

 

 

   
 
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