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Autore: ColdFire    25/06/2010    1 recensioni
-Vogliamo che ve lo portiate dietro. Qui non può più stare. Non è nulla di pericoloso. E’ un esemplare della vostra razza, abbiatene cura…e consideratelo come uno sconto- Fu telegrafico e rapido, rapida anche la mano che restituì a Dreiden un foglio in carta bollata il cui contenuto rivendicava come pagamento per le riparazioni effettuate sull’Escaflowne solo i due terzi della flotta del mercante.
Quando Allen, Hitomi e il resto della combriccola si vedono costretti a chiedere aiuto agli avidi ispano, faranno un incontro davvero bizzarro..Ma chi è davvero Gavran? Quali sono i fili che legheranno questo stranissimo personaggio ad Hitomi e agli altri?...
Genere: Avventura, Mistero, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Ispano's Essence

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Prologo- “Descuento”

 

-O Fanelia-

 

-O Escaflowne-

 

L’anziano ispano si ritenne soddisfatto. E allo stesso modo compiaciuto.

Quel guymelef era proprio l’Escaflowne. Quasi quasi non ci credeva, tante di quelle copie che si erano visti per le mani in quei millenni.

Sospirò.

Poi girò le spalle ai suoi compagni e si voltò verso gli umani.

Attendevano trepidanti, e quando arrivò di fronte a un esemplare maschio con lunghi capelli biondi e occhi blu e all’altro esemplare, una femmina, semplicemente tese una mano guantata verso di loro.

 

-Cinquanta milioni-

 

La sua voce metallica fece strabuzzare gli occhi blu del maschio, ora stupito, ma lui rimase irremovibile. Non era abituato a trattare con quella razza, oramai non commerciavano con loro da tanto tempo e aveva perso un po’ la mano alle emozioni umane, ma sinceramente aveva sempre preferito fare pochi affari con quei “terrosi” senza ali e senza alcuna grazia.

 

-Cosa? Cinquanta milioni?-

 

-Questo è il costo delle riparazioni-

 

Ribattè immediato, mentre la sua unica lente si focalizzava sugli altri esemplari lì riuniti. Ce n’era uno steso a terra e tutto fasciato, grondante sangue. In cuor suo l’ispano capì immediatamente che doveva essere il pilota dell’Escaflowne e sentì quasi un moto di benevolenza, come se le viscere gli si strizzassero per un minuto. Poi passò immediato. Dannati sentimenti che, purtroppo, condividevano ancora con quella razza!

 

-..eh..?Una cifra così alta..-

 

La voce della femmina lo riportò quasi alla realtà, lasciandolo irremovibile. Anche se quello che doveva aver sentito qualche secondo prima era un accenno di pietà, di certo non avrebbe riparato l’Escaflowne gratuitamente! Oramai quelle sciocchezze come i sentimentalismi erano pressocchè aboliti fra loro ispano. Si erano così meritati il soprannome di “Popolo di metallo”, meccanici e abili costruttori, freddi ed efficienti quanto lo erano i loro marchingegni. Oramai l’unica cosa che importava loro era il guadagno. Oltre, naturalmente, il costruire sempre nuovi artefatti.

Fu così che si ritrovò ad aggiungere sempre insensibile a quella domanda.

 

-Se non potete pagare, noi ce ne andiamo-

 

E girò le spalle a quei mancati clienti.

-Sarò io a pagare. Vi posso cedere la mia intera flotta. Pensate sia sufficiente?-

 

L’ispano sentì in quelle parole profumo d’affare ed acconsentì silenzioso, riavvicinandosi al piccolo branco di umani e  prendendo il contratto di cessione, appena firmato con un sigillo di ceralacca da quel maschio umano.

 

Si diresse dunque verso i suoi compagni ancora radunati attorno all’Escaflowne, lasciando perdere i battibecchi e le voci di quegli umani e annuì, unico cenno che bastò affinchè questi si mettessero all’opera.

Anche lui li avrebbe presto raggiunti, ma prima doveva parlare col vecchio Gadras, perché effettivamente c’era una questione molto più fastidiosa che quel banchettino di umani disperati avrebbe potuto risolvergli.

 

***

 

-Onorevole capo-meccanico Gadras. Io, Roitu, umile meccanico responsabile della quinta squadra vi chiedo udienza, signore-

 

L’anziano ispano chinò il capo davanti alla porta metallica socchiusa.

Dopo qualche minuto una voce metallica e sottile, simile alla sua, gli rispose con cadenza impassibile.

 

-Entra pure, Roitu. Cosa desideri chiedermi, in questo momento, così ardentemente da lasciare la tua squadra che sta lavorando alle riparazioni di uno dei nostri più cari guymelef?-

 

Contemporaneamente la porta si aprì, scorrendo nella parete, senza alcun cigolio, rivelando uno spazio ampio e alto, ma invaso ai lati da marchingegni e cavi elettrici e tubi metallici aggrovigliati, che lasciavano al centro solo una striscia libera su cui poter camminare, senza inerpicare in tutte quelle chincaglierie meccaniche.

Roitu avanzò su quella stretta stradina fra quei cumuli di roba, guardandosi attorno e cercando la figura di Gadras, che evidentemente non stava sul suo seggio, vuoto, in fondo a quel corridoio.

 

Lo individuò sulla cima di una collinetta di cavi ingarbugliati, che armeggiava con chiavi inglesi e cacciaviti per smontare un qualcosa che si trovava lì in cima.

 

-Saggio Gadras! Perché non chiedete al vostro vice di fare tali cose! Dovreste riguardarvi!-

 

Roitu fissò la figura più minuta del vice capo-meccanico Gorue guardare verso Gadras e poi fissarlo per qualche minuto.

 

-Ho impressione dovremmo raggiungerlo lì sopra. Vi precedo, Roitu-

 

La voce giovane ma ugualmente metallica di Gorue lo fece rimuginare sul fatto che lui stesso aveva una certa età e di certo non era energico come poteva esserlo il loro onorevole capo-meccanico.

Sospirò, arrendendosi all’idea di arrampicarsi sulla collinetta, mentre Gorue aveva già raggiunto il suo superiore e cercava di fermarlo, dicendo e sostenendo che avrebbe fatto tutto lui.

 

Quando giunse in cima, Roitu fissò sbalordito la scena del vecchio Gadras seduto, sorridente e sghignazzante, su uno scocciato e rassegnato Gorue che già prevedeva che la sua schiena sarebbe stato il posto preferito del suo capo per il resto della ricerca di pezzi.

 

-Oh, suvvia, Roitu, visto che tanto perdi già tempo, perché non ci aiuti?-

 

Gadras esortò con voce gioviale, vedendo che il responsabile ancora stava immobile a fissarlo.

 

-Scusatemi, onorevole, non era mia intenzione apparire facinoroso ai vostri occhi. Volevo solo rimembrarvi la faccenda del “gavran”, visto che a bordo sono presenti degli umani e..-

 

Roitu si bloccò, vedendo come le facce -perché il saggio Gadras e Gorue non indossavano alcuna maschera protettiva, come facevano quasi sempre loro- avevano cambiato espressione, quella del vecchio induritasi e quella del giovane lievemente preoccupata.

 

-“Gavran” rimarrà con noi ancora per un po’, Roitu..-

 

-Ma signore, avevo pensato che..sapete com’è, affibbiandolo all’Escaflowne avremmo..-

 

-..avremmo?-

 

La faccia di Gadras stava divenendo lievemente scura, ora che era sceso dalla schiena del suo vice e si avvicinava con lenti passi a Roitu.

 

-..signore..sapete come tutti gli altri dell’Alto Consiglio la pensano, qui sulla nave non è granchè un problema, ma ogni volta che attracchiamo ai nostri porti è sempre un pericolo..vi prego, signore, pensateci..non potrà stare che bene con l’Escaflowne e il suo pilota..-

 

-Roitu, voi forse non capite e non comprendete; né io né il saggio Gadras permetteremo mai che Gavran…-

 

-..Gorue..Roitu ha ragione-

 

-Saggio Gadras..?-

 

-Come ti sono sembrati Roitu? Questi umani e il pilota dell’Escaflowne? Affidabili?-

 

La voce, così come i lineamenti del vecchio Gadras, apparvero stanchi e in pena, ad entrambi gli ispano lì presenti. Gorue puntò gli occhi metallici sull’unica lente di Roitu, incitandolo a rispondere. E a rispondere senza menzogna alcuna.

Quell’argomento era già motivo di sofferenza per Gadras…non voleva procurargliene altra..

 

-Mio signore, il pilota è un discendente della stirpe degli uomini-draghi divini, mentre gli altri mi sono sembrati tutti molto in pensiero per questi..quindi posso presupporre ci sia da fidarsi..-

 

Lo sguardo, quasi rovente, di Gorue lo aveva spinto a rispondere in modo sincero, comprendendo anche le sensazioni che minimamente aveva provato e di cui mai avrebbe voluto far parola con altri.

Ma in fondo quei due erano alquanto strani, pur essendo degli ispano, quindi non occorrevano tante sottigliezze e attenzioni su quei dannati sentimenti, che la loro razza aveva dimenticato, eccetto pochissimi.

 

Gadras portò le mani giunte dietro la schiena e girò per un paio di volte fra Roitu e Gorue, lanciando occhiate all’uno e all’altro.

Poi sospirò, l’ennesima volta, poi una seconda e una terza.

E decise.

 

-..Non posso fare a meno di accettare la tua proposta Roitu..sarai tu a dirlo agli umani. Io andrò a prendere Gavran-

 

Così si congedò e cominciò a scendere dalla collinetta, seguito da un Gorue un po’ triste, lasciando Roitu senza parola alcuna, stupito che lui, semplice responsabile di una squadra di meccanici, fosse riuscito a convincere l’onorevole capo-meccanico Gadras su una questione così spinosa e martoriatamente combattuta qual’era “Gavran”.

 

***

 

L’anziano Gadras era giunto innanzi a quella soglia, lo stipite metallico particolarmente decorato a sbalzo, la porta annerita e vecchia, come se non venisse aperta da eoni.

Gorue poggiò timoroso una mano su di una spalla del suo capo, quasi ad infondergli coraggio. E Gadras aprì la porta verso l’interno, senza produrre nemmeno un cigolio.

 

La stanza era buia, piccola, silenziosa, solo una polverosa luce rischiarava un piano da lavoro.

Dietro di esso, il fruscio dei muscoli e lo stridere del metallo individuarono la figura all’opera.

 

-Allora, vecchio, mi hai trovato il condensatore o no? La tua sala è così piena di roba che mi stupirei grandemente se non vi fossi riuscito…soprattutto perché so che Gorue sgobberebbe per te anche un’intera settimana a ruzzolare fra quei pezzi vecchi. Allora, ce l’hai  o no?-

 

La voce giunse dal nulla, senza che la lucetta potesse illuminare la fonte da cui veniva.

 

Gadras si accostò al piano di lavoro, vicino al quale stava una branda sfatta e vi sedette. L’avvitare e il frusciare continuava imperterrito in quel nuovo silenzio, senza che nessuna delle due parti dicesse nulla.

Si andò avanti così per dieci, venti, trenta, quaranta minuti.

Poi lo stridio metallico si stoppò e cominciò un rumore simile a quello che viene fuori dal rovistare fra oggetti di diversi materiali: un cozzare metallico, un frusciare di carta, uno strusciare di stoffa…

 

-..Gavran…vedi..Gadras ha..-

 

-A chi mi mollate?-

 

Quella domanda venne fuori simultanea allo sgranchirsi delle ginocchia di Gavran, che s’alzò in piedi, raggiungendo Gadras, coprendo la luce fioca con la propria figura.

Non degnò il vecchio di uno sguardo, né Gorue potè vedere dove i suoi occhi fossero direzionati. Era troppo buio.

 

-Suvvia..il fatto che il vecchio sia così silenzioso, che tu, Gorue non schiamazzi come un colibrì di qua e di là, può significare solo una cosa: si è presentata una situazione per la quale non potete più dire di no all’ordine che avete ricevuto dieci anni fa, e mi mandate via-

 

Il vecchio Gadras scostò lo sguardo a terra, quasi addolorato, ma Gavran comunque non lo vide, occhi puntati nel vuoto.

 

 

-..avanti, avanti! Questo mortorio! Tanto lo sapevamo che sarebbe successo. Mettetevi l’animo in pace e addio, ecco! Grazie per avermi tenuto con voi, ma non posso chiedervi di rischiare ancora per me..-

 

-Sarai sempre parte del popolo ispano, Gavran, ricordatelo, sarai sempre parte della mia ciurma, della mia famiglia…-

 

Questa la voce tremolante del vecchio Gadras, alzatosi, di scatto quasi, quando Gavran aveva dato segno di cominciare ad incamminarsi, sacca rigonfia già a tracolla. In un fruscio aveva abbracciato, per l’ultima volta, la persona più vicina ad un figlio che aveva, e gli aveva messo al collo un localizzatore per il richiamo.

Gorue quasi pianse quando si rese conto che era lo stesso localizzatore che Gadras aveva affidato anche a lui: non un comune localizzatore, che avrebbe richiamato un qualsiasi ispano, ma uno di quelli che avrebbe richiamato Gadras, solo Gadras, e nessun altro.

 

***

 

Il cielo era ancora buio.

Lo aveva visto attraverso gli stretti oblò che aveva passato di corsa, scivolando sui tubi metallici atti a far circolare l’aria per tutta la nave. Aveva sempre adorato quelle scorciatoie; 1. erano le più veloci in assoluto, 2. era a riparo da occhi poco graditi. L’unico inconveniente era che erano comode solo per la discesa. Per salire aveva sempre usato tutti i più comuni corridoi. Anche per quello aveva sempre(sempresempre) indossato quel poncho rattoppato con cappuccio e frange, lungo fino a terra e tanto grande da potervisi avvolgere anche tre o quattro volte.

Dunque si mosse con calma, dondolandosi sui tubi in gomma che isolavano i fasci di cavi elettrici, passando ad arrampicarsi fra i cavi metallici che pendevano dal soffitto assieme ad altre chincaglierie di ogni genere.

Fu così che giunse in vista della sala dove avevano portato i “terrosi”.

Vi vedeva un discreto movimento, mentre sotto la sua schiena, molti, ma molti metri più in basso, i suoi “compagni” ancora lavoravano all’Escaflowne, ultimando le riparazioni.

 

Fece qualcun'altra delle sue acrobazie, senza farsi notare, e si ritrovò in discesa libera verso il pavimento metallico. Il poncho scuro che sventolava attorno alla sua figura pareva un pipistrello, che nei suoi ultimi attimi si schianta a terra.

Poco prima di raggiungere il freddo e mortal metallo, lanciò verso di questo una lancia metallica, che si andò a conficcare per benino nel duro materiale. E Gavran, con grazia, invece di capitombolare a terra, atterrò sulla lancia, conficcata lievemente obliqua, in modo da permettergli appiglio su tutta la sua altezza.

 

Gli altri ispano semplicemente voltarono le teste verso altre direzioni, mentre Gavran sradicava la lancia dal pavimento e si avviava verso la sala con gli umani.

 

Roitu l’aspettava sulla soglia, chiusa.

Quando vide la sua figura atterrare in quel modo così aggraziato, ebbe quasi un moto di stizza, poi si calmò, ripensando al fatto che gli ispano avevano bandito i sentimenti dalle loro vite.-eccetto pochissimissimi.

Non parlò, non disse niente, nemmeno quando Gavran gli si avvicinò tanto da poter sentire il suo respiro sotto il cappuccio tirato sul capo. Unicamente tenne la sua aria impassibile e aprì la porta con un tocco.

E tutti gli occhi della sala si puntarono su loro due.

 

Infatti gli umani si girarono simultaneamente, eccetto i tre che assistevano il re di Fanelia, che continuava a contorcersi per gli spasimi di dolore che percepiva dalle riparazioni.

I loro sguardi interrogativi erano ben spiegabili: si ritrovavano davanti un ispano e una figura dall’altezza un po’insolita per chi considerava gli ispano un popolo basso e simile a talpe(se non propriamente uomini-talpa). E forse, sostanzialmente, ciò che più li impensieriva era la lancia di quest’ultima..

Gavran pensò che Roitu non avrebbe di certo perso tempo a spiegar loro tutti i dettagli sul loro popolo, anche perché ben sapeva qual’era il comportamento della maggior parte degli ispano nei confronti dei “terrosi”..ma allo stesso modo, lasciò che fosse lui il primo a parlare.

 

-Vogliamo che ve lo portiate dietro. Qui non può più stare. Non è nulla di pericoloso. E’ un esemplare della vostra razza, abbiatene cura…e consideratelo come uno sconto-

 

Fu telegrafico e rapido, rapida anche la mano che restituì a Dreiden un foglio in carta bollata il cui contenuto rivendicava come pagamento per le riparazioni effettuate sull’Escaflowne solo i due terzi della flotta del mercante.

Cosa che, sostanzialmente, lasciò a bocca aperta anche i tre che ancora tenevano giù il ragazzo.

 

Gavran sembrò scocciarsi di quella situazione immobile, in cui l’unico rumore erano le grida di dolore di quel ragazzo-il pilota dell’Escaflowne, l’aveva capito subito- e si incamminò verso quella branda sporca di sangue, lasciando la posizione accanto a Roitu. Il quale, quando Gavran era oramai in ginocchio di fianco la branda, aveva già lasciato la sala, lasciando gli umani ancora più sbalorditi.

Gavran non sembrò farci caso più di tanto e fece per allungare una mano guantata sulla fronte del ragazzo.

Ma un feroce “no” urlato e una salda presa da dietro lo fecero desistere, stupito più per quel rifiuto, che per l’impedimento in sé per sé. In fondo..bhè, non voleva proprio fargli nulla, a quel pilota!

 

-Non toccarlo! Non fargli del male..!-

 

La presa si strinse e una voce da ragazzina gli invase le orecchie, rabbiosa.

 

Gavran guardò da sotto il cappuccio un po’ i volti di tutti e notò che sembravano spaventati, in tensione…quasi come se si aspettassero qualcosa di…male…?

 

Così in uno scatto si alzò in piedi e fece un passo indietro, alzando la mano libera dalla lancia  davanti al petto.

 

-Ehi, ehi, suvvia, chi pensate che io sia? Non vi voglio mica male! Non avete sentito l’ispano? Mi mollano a voi, di certo sarebbe stupido se facessi del male a voi, che siete ora i miei nuovi padroni, no?-

 

A quelle parole, sentì la stretta-ora in vita, quindi considerò che la ragazzina doveva essere bassina- allentarsi un po’ e qualche volto la guardò quasi storto.

 

-..oh..accidenti, ragazzi! Non vi ho fatto nulla, volevo solo aiutare..non..-

 

-Chi sei? Perché gli ispano ti “mollano a noi”?-

 

Fu sempre una voce femminile, infantile, ma non troppo. Considerò dovesse essere della ragazza vestita un po’ strana, quella coi capelli corti.

 

-Oh, bhè, giusto. È un vero piacere conoscervi, io sono Gavran-

 

Fece, inchinandosi profondamente, una mano dietro la schiena-quella con la lancia-, una sul petto-liberandosi così anche della stretta dell’altra ragazzina-.

 

Ma anche dopo la presentazione quegli umani rimanevano lievemente basiti e spaventati. E ancora aveva nelle orecchie le urla di quel poveretto..

 

-..sentite, d’accordo, vi inquieto per un motivo che non riesco a capire, ma, per favore, vi prego, mi permettete di aiutare quel poveretto? Sta soffrendo di brutto sapete? Le riparazioni, per i piloti che hanno istaurato un contratto di sangue con un guymelef ispanico, sono molto molto molto, ma molto dolorose e io posso aiutarlo a sentirsi almeno un po’ meglio. Me lo permettete?-

 

Si convinse che la sua voce era stata innocente e pura, tranquilla e desiderosa d’aiutare e sperò che ciò contribuisse a convincere quei testoni di terrosi a fidarsi.

Poiché non risposero, Gavran s’avvicinò nuovamente alla branda e vi si inginocchiò accanto.

Poggiò la lancia a terra, che rotolò di poco con rumore metallico e poi sollevò il suo poncho largo e scuro fino ad arrivare alla borsa, che portava sempre legata in vita. L’aprì e fece per estrarvi qualcosa, ma si sentì tirare indietro il cappuccio e fu colta di sorpresa, le mani impegnate per impedire che il volto venisse scoperto.

 

Quando il fruscio del cappuccio si acquietò, Allen, Gades e la principessa Millerna furono i primi a poter guardare, chiaramente, il volto di Gavran. E ciò li lasciò ancora più stupiti.

 

Più stupiti perfino dello stupore che aveva invaso il volto della ragazza inginocchiata. Sì, perché Gavran, lo “sconto” proposto dagli ispano, era proprio una ragazza.

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Sera! O meglio notte! O forse, ancora meglio, buongiorno! Eh, già. Sarà la tensione per la terza prova di domani, ma proprio non riesco a dormire. E poichè Hegel ha rotto (e vi assicuro che prima di lui anche la tettonica delle placche, Seneca, Tacito, Joyce e Beckett lo hanno fatto) ho deciso di prendermi una pausa>.< Ma questo non penso vi interessi granchè, forse... Don't worry, sono io che ho fuso completamente i neuroni con lo studio! Vabbè. 

Ispano's Essence. Suona strano, ma sì, dopo due anni e rotta che non mi sono fatta sentire, pubblico un capitolo di una fic nuova. Per questo mi scuso, so che chi seguiva le altre mie storie, forse, avrebbe desiderato piuttosto vedere un capitolo nuovo di una di quelle, ma Ispano's Essence è forse uno degli ultimi lavori che ho iniziato e mi sembrava carino portarlo all'attenzione di tutti quelli che aspettassero un mio aggiornamento. Anche perchè è sfizioso. Oh, sì. Parecchio. 

Su Escaflowne ho avuto occasione di leggere poco, ma fino ad adesso non ho ancora messo gli occhi su nulla che riguardasse questo popolo abbastanza misterioso. Allora mi sono messa a spulciare bene l'anime e cercare di carpire quanto più possibile, per poi dare abbastanza spazio alla mia fantasia. E qui è nata Ispano's Essence. Quindi, sostanzialmente, la mia mente malata la fa da padrone. Giàgià... 

Non voglio annoiarvi oltre. Spero la lettura di questo prologo vi abbia estasiato e incuriosito, tanto quanto mi sono divertita io a scriverlo! 

Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di Shoji Kawamori e della Sunrise; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro'. 

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Vostra ColdFire§

 

  
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