Storie originali > Horror
Ricorda la storia  |      
Autore: C h a r l i e    26/06/2010    4 recensioni
Sento più freddo. Sono sola. Sono sempre stata una ragazza forte. Non ho paura. Mai. Non temo la solitudine, non temo l'oscurità. Nel silenzio di una lacrima, mi accorgo che stasera non sono semplicemente spaventata. Sono terrorizzata.
Genere: Horror | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Questa storia è scritta con la mia migliore amica. E' un lavoro a due mani. Enjoy it!

Notte Bianca




Luna coperta.

Le altalene si muovono da sole però non c'è brezza, nonostante sono in riva al mare.

Un fruscio, come di stoffa trascinata sulla sabbia.

Eppure non ci sono impronte di passi.

Una ragazza è con il viso pallido rivolto all'acqua, i piedi bagnati dalle onde.

Un'ombra, veloce. Ma è buio pesto, oltre al faro in lontananza.


Che cosa sta succedendo?


Mi stingo di più alle mie amiche.

Caroline è alla mia sinista, Vivian alla mia destra.

Che idea assurda. Andare in spiaggia da sole di notte.

Soprattutto dopo aver ricevuto quel messaggio...




Era solo poche ore fa.

Un pomeriggio tranquillo.

Sole, mare, amici. Pallavolo.


Stump!

-Hei! Quella era la mia testa!


Risate. Tante, anche troppe.

Tanta pace, tanta spensieratezza.

Ma avete già sentito dire che è la quiete assoluta che precede la tempesta?


Era tutto troppo perfetto.

Tre giorni in campeggio, niente a cui pensare...

Almeno è quello che credevo.


Beep beep.

Beep beep.


Il telefono.

Dove l'ho ficcato?

Mah, chi si ricorda.

Io no di certo.


-Roj, è qui! Sei sempre la solita!


Ancora risate.


-chi è? Uno spasimante? Dai, leggo io!


Piccola lotta per il possesso del telefono.

Vinco io. Uno a zero per la Roj.

Scorro il testo dell'sms.

Scrollo le spalle.


Vieni alla notte bianca?


Numero Sconosciuto.

Nessuna cifra, solo queste due parole.

Penso ad uno scherzo o uno sbaglio e scaglio il cellulare sull'asciugamano.


E questo fu il primo errore che feci quel giorno.


-Andiamo a fare una doccia?

-Sì sì, arrivo!...




Sento più freddo.

Sono sola.

Sono sempre stata una ragazza forte.

Non ho paura. Mai.

Non temo la solitudine, non temo l'oscurità.

Nel silenzio di una lacrima, mi accorgo che stasera non sono semplicemente spaventata.

Sono terrorizzata.


Porto le mie mani alla bocca per mangiare le unghie, come faccio sempre quando sono nervosa.

Nel farlo sento un rumore improvviso.


Tac. Tac. Tac. Tac.


Guardo. Sembra provenire del mio braccio sinistro.


Il mio orologio.


Ma era fermo dal bagno in mare della mattina.


Tac. Tac. Tac. Tac.



Lo fisso sbalordita.

No, non lo sto immaginando.

Le lancette si stanno muovendo.

In senso antiorario.

Segnano le sei del mattino.

Ma l'alba mi sembra così lontana ora.

Ora che sono qui, con la pelle d'oca, in questa immobilità spettrale.

Sì, vanno all'indietro.


5:59.


come un'automa, estraggo il cellulare dalla tasca dei pantaloncini nero.

Osservo il display.


5:59.


Cartella messaggi ricevuti.

La apro per errore.

Rileggo quel messaggio.

Cerco di convincermi che non c'entra niente. Niente.

È solo la soggezione.


Benvenuta alla notte bianca.





Ora lo sento distintamente.

C'è qualcosa.


-Ragazze, non scherzate. Finitela.


Poi mi accorgo che sono davvero sola.


Caroline e Vivian non si erano semplicemente allontanate.

Semplicemente, non c'erano.

Per forza.

Non c'erano mai state.



Una sagoma scura si avvicina.

La vedo, vedo la sua ombra riflessa dai raggi lunari.

La luna non è più coperta della nuvole.

È come un disco lucente nel blu della notte.

Bianco, splendente.


Benvenuta alla notte bianca.





La sagoma scura indossa un mantello.

Svolazza.

Non c'è vento, è tutto calmo. Tutto tace. Eppure...


Scappo veloce, non ho mai corso così in vita mia.

Però lui sembra essere più rapido.

Mi è sempre a pochi passi.

Inciampo, cado, rotolo nella sabbia.

Ecco, ora mi sovrasta.


-Aiuto.


È questa l'unica parola che esce dalle mie labbra.

Non sarà mai sentita da nessuno.

È stata mormorata.


-Ciao Roj.


Voce roca, cattiva.


Come fa a sapere il mio nome?


Sono ancora per terra, i miei occhi scuri sono splancati.

Sto piangendo.

La luce lunare lo colpisce all'improvviso.

Alto, magrissimo, occhi verdi, capelli neri.

Un sorriso soddisfatto gli si dipinge sul volto scavato.

No, non è un sorriso.

È un ghigno.

Però è soddisfatto, sì. Anzi, trionfante.


-Alzati da lì, Roj.


Continua a ripetere il mio nome, come se il suono gli piacesse.

Ma non può piacergli.

Il mio nome è mio.

Mio soltanto.

È tutto ciò che mi resta di mia madre.

L'ha scelto lei.


-Roj, che bel nome che hai.


Rabbrividisco.


-Non ti ha mai raccontato nessuno perché ti chiami così, non è vero Roj?


Vorrei urlargli che sì, è vero.

Nessuno me l'ha mai spiegato.

Vorrei urlargli che mia madre è morta.

Che mio padre non l'ho mai conosciuto.

Che i miei genitori adottivi... figurati se lo sanno.


Ma la voce non mi esce.

E per di più, ho come la sensazione che lui lo sappia già.


-Roj è il diminutivo di Rocjo, lo sai? Proviene dallo spagnolo. Sai cosa significa, Roj?


La mia testa sta urlando.

Come fa a non sentirla?

Non è da lui che voglio scoprire la mia vera identità!


-Significa rugiada.


Ha un'espressione folle mentre lo dice.

La mia mente urla sempre più forte.


-Rugiada. Fresca, perfetta. Il primo segno di una nuova giornata. La luce dopo le tenebre, il bene che sorge dal male. Ciò che c'è di più puro al mondo. L'alba dopo la notte.


Ma perché allora mi sembra che la mia alba sia sempre più lontana?

Probabilmente perché mi sento sempre più in trappola.


E se l'alba rappresentasse la fine?


So che lui è una creatura della notte.

Se l'alba significa la sua partenza, voglio che sorga il sole.

Guardo con odio la luna.

Sì, voglio che arrivi la fine.

Un pensiero fa capolino da un angolo remoto della mia mente e cresce, cresce, fino a diventare una certezza.


Ne sono sicura: i raggi caldi del sole segneranno la fine.

E se la fine non arrivasse?

E se fossi io a non arrivare alla fine?


-Allora Roj, hai intuito perché ti ho cercata e ti ho voluta qui stanotte?


-Tu hai mandato il messaggio.

Sto parlando piano.

È una constatazione, non una domanda.


-Sì.

Risponde.


-Tu mi hai fatto credere di non essere sola. Ma le due ragazze non c'erano, vero? Come hai fatto?


-Tu non sai di cosa sono capace quando ricerco qualcosa di prezioso, Roj.


Si avvicina e si siede al mio fianco.

È tranquillo, rilassato, ancora avvolto nel mantello.

Indietreggio.

La paura è forte, pulsa nel cervello, assale le viscere.


-Non sono ciò che cerchi.


-Ne sei sicura, Roj?


Silenzio. Come faccio ad esserne certa?


-Tu sei pura e delicata. Sei quello che voglio.


Esplodo.


-No! Non sono pura, non sono delicata. Sono forte e tratto male tutti. Non ho bisogno di nessuno. Per questo non ho amici. Le due ragazze sono solo persone comuni con cui passare il tempo. Bado solo a me stessa. Sono egoista. Non mi serve il parere degli altri: sono cresciuta da sola e faccio quello che mi pare e piace. Tutto quello che so di me e del mio passato è il mio nome. E tu non te lo prenderai!


-ROJ.

Lo pronuncia ancora. Più forte.

Sembra prendersi gioco di me.

-Non capisci.


-NON SONO QUELLO CHE CERCHI!

Ripeto. Stavolta sto urlando.


Allunga una mano verso di me.

È scheletrica, ha uno sgradevole colore grigiastro che mi fa pensare alla morte.

Eppure il suo viso è l'emblema della vita.

Magro, ma giovane.

Pulito, innocente.

Sembra un ragazzo ventenne, come tanti altri.

Ma come può esserlo?


Grido.


La mano mi è sulla gamba.

Me la sta accarezzando.

Ha un qualcosa di inquietante negli occhi verdi mentre lo fa.

Sembra che stia custodendo un tesoro.

Sembra che si stia congratulando con sé stesso mentre li gode la vista della mia pelle candida.

La mia pelle, che al contatto con la sua ha un tremito.


-Ti racconterò chi sono Roj. È giusto che tu sappia a cosa vai incontro e perché.


Mi preparo ad ascoltare.

Anche in una situazione così... surreale sono curiosa.


-La mia storia comincia anni e anni fa, quando ero solo un ragazzino. Non lo volevo uccidere. È stato solo un'incidente. Era biondo, con gli occhi chiari. Mi ha perseguitato per anni. Quel bambino me lo sognavo tutte le notti. Mi fissava con quegli enormi occhi blu, subito prima di annegare. Sembravano dire “ti prego, aiutami!”. E invece sono scappato dalla morte. Gli ho voltato le spalle e me ne sono andato. Era mio fratello.


Per un momento mi sembra di sentire una nota di pentimento nella sua voce.

Ma quando riprende a parlare, mi convinco del contrario.


-Non ne potevo più. Volevo uccidere di nuovo. Avevo bisogno di altri occhi da sognare. La seconda volta non fu un caso. Avevo programmato tutto.


Rabbrividisco.


-Ora gli occhi erano quattro. Un paio azzurri e un paio castani. Così capii che i delitti non si potevano semplicemente cancellare.


Si avvicina al mio orecchio.

Cerco di indietreggiare, ma mi tiene la gamba con quella sua mano fredda.


-Ricorda, Roj. Tutto ciò che facciamo diventa parte di noi e non si può rimuovere.


Si ritira di nuovo.

Mi rilasso un po'.


-Da quel giorno qualcosa di nuovo cominciò a crescere in me. Era il senso di colpa perché mi sentivo indegno di abitare la Terra. Avevo bisogno di un'anima candida per continuare a vivere tra gli umani. Non una impregnata di sangue. Ecco perché ho cominciato a cercarti. Ti ho seguito per tutta la vita. Mi sono accorto che il mio destino era capire dov'eri e raggiungerti. Raggiungerti, perché quando ti avrei trovata, uccidendoti avrei posseduto la tua anima così... perfetta.


Ora ha la mano sulla mia gola.


Urlo con tutto il fiato che ho nei polmoni.


-Sono bugie! È impossibile barattare l'anima! Tu non puoi farlo!


Ma sembra non sentirmi.

È concentrato sulla mia gola, mentre dice qualcosa con la sua voce roca.


-Così perfetta... come rugiada, Roj. Ogni volta che credevo di averti trovata, mi accorgevo che quelli che uccidevo erano solo sciocchi, comuni mortali. Ora che ti ho qui con me, mi sembra impossibile non aver percepito prima la tua luce.


Sono paralizzata.

Il mio corpo esile è immobile, i miei capelli nero pece mi sono sugli occhi.


-Sei tu, Rocjo.


Mi mette una ciocca di capelli dietro l'orecchio destro e per un instante, un fulmineo istante, penso che con me è premuroso.


Sì, Roj. Premuroso. Sei l'oggetto dei suoi desideri dal momento in cui hai aperto gli occhi per la tua prima volta. E' davvero questo il mio destino?

Penso alla mia vita. Non avevo mai desiderato nulla di particolare.

Il mio futuro mi appariva ancora come un punto interrogativo.

Forse ero scorbutica, forse ero troppo concentrata su me stessa. Forse pensavo troppo e agivo poco. Forse ero cattiva, sì. Ma volevo vivere.


La mia anima è immacolata. O lui non mi vorrebbe. Non mi avrebbe percepita a miglia e miglia di distanza.


Cerco di mantenere la calma.

Cerco di far ricorso alla mia pacatezza, al mio sangue freddo.

Ma non ci riesco.


Con una mano mi tiene il collo, con l'altra il braccio.

Quello con l'orologio.


Tac. Tac. Tac. Tac.


Le lancette vanno velocissime.

Girano come impazzite.


1:30.


-E' così, piccola.


1:10


-Presto sarò libero.


1:00


-E' così bello averti qua. Sei così... innocente.


No.

Non sono innocente.

Non sono piccola.

Non sono nulla.

Sono solo un essere umano che vuole continuare a vivere.


0:40.


-Morirai. E io potrò chiudere gli occhi e dormire finalmente in pace.


Guardo i suoi zigomi, le occhiaie scure e pesanti.


0:30.


-Morirai, perché la tua essenza è lucente e cristallina.


Guado la luna. Il mare. Il faro. Il campeggio in lontananza.


0:10.


-Grazie Roj.


Non voglio più sentire il mio nome.

È stata la mia condanna.

Non voglio più sentire la sua voce folle, la sua voce roca.

Non voglio più vedere il suo volto.

Mentre inizia a spingermi verso il basso lo vedo cambiare.

Il viso si riempe di rughe.

I capelli diventano bianchi.

Gli occhi verdi s'appannano.

E allora capisco.


È un vecchio.

La sua anima è centenaria.

La sua vera natura sta affiorando.

E adesso, proprio mentre sento la sabbia nella mia bocca, realizzo che la fine sta arrivando.


-Sei come tua madre, Rol. Anche lei non ha saputo opporre resistenza. Lo vedi? Sei fragile.


0:05.


Stringo i denti.

Sento la rabbia ribollirmi nelle vene.

Ma chiudo gli occhi.

Ormai non posso scappare.

Lo sento ridere.

Chissà, forse si sente già rinascere.

Forse ha già racchiuso la mia anima dentro di sé.

Forse sta nascendo una seconda volta, mentre io sto morendo.


0:00.


La sabbia mi ricopre, mi oscura la vista.

Ho a malapena il tempo si assaporare il silenzio.

Le lancette si sono fermate.




Ancora oggi il suo corpo riposa nella sabbia.

Ma Roj è morta invano.

Lui sta ancora cencando.

Attenti agli sms che ricevete e al vostro orologio.

La prossima notte bianca potrebbe essere la vostra.

   
 
Leggi le 4 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Horror / Vai alla pagina dell'autore: C h a r l i e