Titolo:
Strangers
Autrice:
Nemo From Mars
Fandom:
RPF attori
Personaggi/Pairing:
Heath Ledger/Kristen Bell; (+ Dax Shepard/Kristen Bell)
Rating:
giallo
Genere:
Introspettivo, Romantico, Triste
Avvertimenti:
one-shot
Credits/Disclaimer:
le
parole di Kristen su Harley Quinn (“Amo
quel personaggio. Lo amo da quando avevo dodici anni. Ucciderei per
interpretare Harley Quinn. Sono seria. Se qualcuno mi dicesse
‘Devi
uccidere qualcuno’ risponderei ‘Chi è?
Dove abita?’ “)
sono prese da un'intervista gentilmente passatami da Jean
Genie. E allo stesso modo, le
informazioni su come Heath si sia
preparato al ruolo del Joker sono di dominio pubblico. Le avrete
già
lette in millemila articoli su di lui, ne sono certa. E, oh, mi
ispiro pure inverecondamente a questa
intervista dove Heath parla di The Dark Knight.
In
sostanza: non mi sono inventata nulla e faccio schifo *shame on
me!*
Ah,
altra cosa:"zucchina" è uno dei soprannomi con cui il
Joker chiama la sua Harley Quinn di solito XD
E infine: Dax
Shepard è l'attuale fidanzato di Kristen. Stanno
insieme dalla
fine del 2007, più o meno, ovvero circa dal periodo in cui
è
ambientata questa fic.
Per
il resto, sicuramente questi due nemmeno sapevano dell'esistenza
dell'altro, niente
di quel che ho scritto è successo/accadrà mai,
non voglio insinuare
nulla sulla loro vita privata, non ci lucro e blabla.
(Ah, il bannerozzo sotto l'ho fatto io. Non rabazzate senza chiedere, thanks ^^)
Note iniziali: tutto iniziò in quel nefasto giorno in cui Jean mi commissionò una fanfic su questa coppia. Ora, la mia reazione fu di stupore allucinato featuring vero e proprio terrore reverenziale. Sì, perchè JG, per chi non lo sapesse, è quella genia che ha scritto “Amour Fou”, una bellissima fanfiction Joker/Harley Quinn (che *dovete* assolutamente leggere), dove i volti dei personaggi sono proprio quelli di Heath e Kristen. E niente, continuo a pensare che lei abbia sonoramente scazzato ad affidarmi qualcosa del genere perchè:
-
non conosco i personaggi se non di nome o quasi, perciò di sicuro li ho profanati
-
con le RPF non sono il 'drago' che JG crede, ma mi invento cose e non-trame a cazzo di cane
Messo
in chiaro ciò, la dedica va naturalmente alla suddetta Jean
Genie, colei che mi
iniziò al fantastico pairing Joker/Harley,
che avrà la mia eterna stima per aver scritto quel
capolavoro di
"Amour
Fou"
(leggetela.leggetela.leggetela *_*)
e che ha fatto questo fotomontaggio QUI
(meraviglioso *_*)
Grazie, e spero che questo obbrobrio ti schifi
il meno possibile <3
Ci
sono persone tra le quali l'intesa e la complicità nascono
inspiegabilmente da subito: uno sguardo, una battuta, un modo curioso
e inequivocabile di tendersi l'uno verso l'altra.
Piccole
cose che ti entrano dentro fin dal primo incontro.
E
senza formularlo pienamente nei pensieri, a pelle, nelle ossa, sai
che l'altro ti sta cercando con gli occhi, che parla a tutti ma si
rivolge solo a te, e che il suo linguaggio non verbale sussurra che
sì, è te che lui o lei ha scelto, e qualcosa
è scattato tra voi.
Non
è possibile da spiegare in parole povere - probabilmente si
tratta
di affinità elettiva, epidermica, che fluttua nell'aria
sotto forma
di atomi complementari - ma succede.
A
Kristen Bell è capitato poche volte, in tutta la sua giovane
vita, e
men che mai si aspettava che le succedesse quella sera, a una festa
di compleanno fin troppo noiosa, con Heath Ledger.
Coetaneo
e viso piuttosto noto del panorama cinematografico, Kristen non si
è
mai particolarmente interessata ai film che ha girato, né lo
ha mai
considerato qualcosa di più di un buon attore.
Nulla
di che, insomma, fino al loro incontro.
Si
chiede ancora distrattamente cosa, di lui, abbia attratto la sua
attenzione e li abbia fatti avvicinare, a parte il fatto che
condividano una conoscenza comune -quella della festeggiata. Forse
era stata la postura impacciata - le mani affondate nelle tasche come
fossero qualcosa di ingombrante e da nascondere - o il fatto che,
nonostante sorridesse amabile agli invitati che gli presentavano,
Heath paresse anche insolitamente estraneo a tutta la
mondanità
ridanciana della serata.
Esattamente
come lei.
Kristen
non aveva mai sopportato i ridicoli e formali riti di presentazione
Hollywoodiana, l'entusiasmo patinato di quell'habitat che puzzava di
ipocrisia lontano un miglio, o anche solamente doversi tirarsi a
balestra con trucco, gioielli e vestiti per evitare sguardi acidi e
bisbigli velenosi.
E
lei, giovane attrice in carriera, che nonostante l'altezza –
bassezza – ancora trovava i tacchi alti di una
scomodità
preoccupante e a volte sarebbe volentieri andata alle serate di gala
in jeans e t-shirt, ha provato istantanea simpatia per Heath - che a
sua volta sembrava scomodo nel suo impeccabile smoking bianco- e per
il suo sguardo che correva su ogni viso, senza soffermarvisi troppo,
ma che chiaramente era assente, rivolto altrove, a pensieri non molto
piacevoli, forse.
Quando
li hanno presentati, però, Heath ha cambiato atteggiamento,
e
Kristen è stata certa all'istante che la serata si sarebbe
rivelata
più interessante, da quel momento in poi.
Non
si è sbagliata.
Neanche
due minuti dopo, in sua compagnia, il tempo ha iniziato a scorrere in
modo assurdamente breve e divertente: la complicità con lui
è
sbocciata naturalmente, senza apparente motivo, e sono ore che
chiacchierano e ridono senza alcun silenzio imbarazzante, senza
disagio, quasi si conoscessero da sempre.
Affinità
elettiva, per l'appunto.
“E
così sarai il nuovo Joker” dice Kristen a un
tratto, ricordandosi
dei commercial di The Dark Knight, che bombardano la tv
ventiquattr'ore su ventiquattro da qualche settimana.
Fino
a quel momento ha sempre associato Heath a romantici ruoli da
belloccio, e non lo immagina proprio nei panni del pazzo assassino
nemesi di Batman.
Heath
annuisce, centellinando champagne da un calice.
“E
io che ero abituata a pensarti ancora come a Casanova...”
“Già.
Non te l'aspettavi, vero? Nessuno se lo aspettava” commenta
lui con
una smorfia ironica, posando il bicchiere.
“Non
intendevo dire che non ne sarai all'altezza”
“Sei
un'appassionata di Batman anche tu?”
“A
dire il vero io sono più una fan dei cattivi”
risponde Kristen,
sfiorandosi una guancia, pensosa.
“Ho
sempre amato il Joker. Il Joker e Harley Quinn. E Harley è
il mio
idolo, tipo, da sempre”
“Davvero?”
“Amo
quel personaggio” conferma lei.
Da
ragazzina, Kristen passava le ore stesa sul letto, gambe accavallate
disordinatamente, a guardare le avventure di Joker, e attendeva
sempre con emozione l'entrata in scena della donna del clown.
Una
pazza per amore, Harley Quinn, che era diventata una criminale per il
suo uomo, e che avrebbe fatto qualunque cosa per diventare come lui.
L'adolescente
Kristen non aveva ancora certi istinti omicidi come il personaggio in
questione - quelli sarebbero arrivati poi, in concomitanza con il suo
esordio nel mondo dello spettacolo, rivolti a beceri individui che
infestavano l'ambiente - ma nella sua poca esperienza sentimentale,
aveva pensato ad Harley come ad una eroina.
Fare
di tutto per amore. Quello era romantico e perfettamente giusto.
Perchè
Harley Quinn amava il Joker, punto e basta. E quando c'è di
mezzo
l'amore, la linea netta di confine tra bianco e nero, tra giusto e
sbagliato, tra ciò che è innocente e
ciò che non lo è, tra sanità
mentale e schizofrenia, si annulla in un grigio torbido, che scioglie
tutto il resto.
I
buoni dei fumetti e dei film non sembravano mai cogliere appieno
tutto ciò. Piatti e monocromatici, si limitavano a giurare
dei 'per
sempre', e tante altre belle parole che avrebbero fatto andare in
brodo di giuggiole la maggior parte del pubblico. Avevano una visione
limitata delle cose e ignoravano quello splendido grigio,
così ricco
di tutto. Non potevano comprendere a fondo i cattivi, e li
consideravano semplicemente dei pazzi. Batman e tutti gli altri,
quindi, erano solo dei rammolliti ipocriti.
Harley
Quinn e il Joker, al contrario, erano primordiali, liberi, pieni di
luci e ombre, autodistruttivi, sexy e dotati di uno humor nero che
faceva sghignazzare puntualmente Kristen.
“Se
faranno un seguito di The Dark Kight con lei tra i personaggi, io
avrò quel ruolo” spiega con semplicità,
senza alcuna traccia di
presunzione, come fosse tutto già scritto.
Il
sorriso colpito di Heath sfuma in una risata divertita per quella
pacata determinazione, e Kristen non può fare a meno di
pensare che
quando è allegro sia proprio bello.
Non
di una bellezza sfacciata, di quelle che ti fanno sciogliere le
ginocchia e impazzire il battito cardiaco e l'ormone. O almeno, non
ora, lontano dai riflettori e dalla pellicola di un film.
E'
più qualcosa di tenero, timido, evanescente,
perchè, non sa
come ma ha il vago presentimento che Heath non sia sempre felice come
lo vede ora. Non ha dimenticato il suo sguardo di prima: quello
pesante di chi è preoccupato per qualcosa di cupo, lontano e
definitivo.
“Sembri
molto sicura di te, miss Bell”
“Oh,
puoi scommetterci. Sono seria: se qualcuno mi dicesse ‘Devi
uccidere qualcuno per avere quel ruolo’ risponderei
‘Chi è? Dove
abita?’ ”
Heath
ridacchia. Poi però la risata sfuma in un suono roco, basso
e
gracchiante, quasi spaventoso.
“Sarebbe
un piacere averti al mio fianco, zucchina”
Kristen
sbarra gli occhi, sconvolta.
Il
Joker le è appena
comparso davanti.
Stesso
tono, stessa voce, stesso sguardo da pazzo perverso che ha visto in
centinaia di fumetti e ha immaginato così tante volte.
In
uno scatto repentino e inquietante, il viso di Heath è
trasfigurato
in un ghigno sadico, le sopracciglia si sono contratte a socchiudere
i suoi occhi neri, la lingua ha saettato sulle labbra e quella voce
da brividi...
Ma
è stato solo un attimo. Ora lui è di nuovo Heath,
e quasi sembra
preoccupato di averla spaventata con quell'esibizione improvvisata.
“Scusa.
Era solo uno scherz-...”
“Rifallo”
ordina Kristen, ancora a bocca aperta.
“Cosa..?!”
chiede Heath, preso in contropiede.
“Il
Joker. La sua voce. Il suo ghigno. Rifallo!” ripete, con
l'entusiasmo petulante di una bambina.
Si
avvicina a lui con un sorriso trionfante, rendendosi conto di poter
passare per una squilibrata così facendo, ma proprio non
può
trattenersi.
Heath
è
il Joker. Oh, è una cosa a dir poco esaltante!
“Ehi,
ho esaurito le anteprime, per stasera” sorride lui,
ispiegabilmente
un po' a disagio, ora.
“Mi
accompagni fuori per una sigaretta?”
Cambia
discorso, frugandosi nelle tasche.
“Accetterò
volentieri il tuo fumo passivo, se è il prezzo per avere un
altra di
queste sorprese” annuisce Kristen, correndo ad arraffare
cappotto e
borsetta.
Raggiunge
Heath sul balcone, e lo trova intento a litigare con l'accendino e il
vento.
Kristen
lo osserva di sottecchi, con un nuovo rispetto e curiosità
ancor
maggiore di quelle di prima, se possibile.
“Come
ci sei riuscito?”
“Mmh?”
“A
fare il Joker, intendo. E' stato impressionante. E lo so, ora ti
sembrerò una fangirl tremenda e rompipalle, ma vorrei sapere
tutto
al riguardo. Com'è stato entrare nel suo
personaggio?”
Lui
scuote la testa, facendo un lungo tiro alla sigaretta, forse per
temporeggiare.
All'improvviso
sembra così distante, totalmente diverso dalla persona
brillante e
socievole che si è mostrata a lei poco prima, e il
cambiamento è
dovuto alla piega che ha preso il discorso - Kristen lo sa.
Ma
chissà perchè poi?
“E'
stato... pesante. Allucinante, e non dico per dire” sospira
alla
fine.
“Un
lavoro assurdo sulla psicologia contorta del personaggio, sulla voce
in particolare” aggiunge, abbassando la propria di
almeno un ottava.
“Sono
stato quasi un mese barricato in hotel, con l'unica compagnia di
libri e film horror, per preparare un Joker psicopatico, esplosivo e
nichilista”
Mentre
parla, mentre racconta della fatica estenuante compiuta per
prepararsi a quel ruolo - accogliere in sè i movimenti, le
espressioni facciali, lo sguardo del Joker, tutto
di lui –
Heath gesticola un po' troppo, le mani nervose che stringono la
sigaretta come volessero sbriciolarla.
Le
spalle incassate in una postura leggermente ingobbita, si passa le
dita tra i capelli e la lingua sulle labbra di tanto in tanto, e si
gratta la nuca, le guance, le braccia, più e più
volte.
Non
sa se sia solo suggestione per quel che le sta dicendo, ma Kristen a
un certo punto è quasi certa che l'ombra del Joker gli sia
passata
di nuovo sul viso.
E
con sgomento ed eccitazione insieme, si rende conto che Heath sta
scivolando nel personaggio in modo del tutto inconsapevole.
No,
non lo sa facendo apposta per spaventarla o stupirla, di questo
è
sicura: il suo tono è vivace, naturale, sciolto –
anche se a volte
inciampa un poco su alcune parole, prima di leccarsi le labbra e
riprendere – come se proprio non si rendesse conto di quanto
strano
sia il suo comportamento.
“In
tutto questo ho dormito molto poco. Ma comunque, ne è valsa
la pena”
conclude infine, e ora sembra tornato pienamente nel ruolo di se
stesso.
Butta
la sigaretta e si stringe nelle spalle.
“Io
tra un po' abbandono la baracca, mi sa” annuncia, con un
cenno
distratto all'orologio.
“Vogliamo
rientrare?”
“Ah,
cioè... sì, io...”
Dopo
quel breve discorso, che l'ha affascinata per la sua stranezza e per
ciò che è venuta a sapere sulla
capacità di immedesimazione del
collega, vorrebbe prolungare il loro incontro il più
possibile. Ma
non è solo per quello...
“Ti
accompagno giù, se ti va”
Lui
annuisce, quasi sorpreso.
“Okay”
E
qualche istante più tardi, in ascensore, sola con lui per la
prima
volta in tutta la sera, Kristen si maledice per avergli fatto quella
proposta.
Ha
una paranoia crescente, una smania di fare qualcosa senza bene sapere
cosa.
L'intesa
e l'attrazione sottile che ha provato per Heath per tutto il tempo,
come musica lieve in sottofondo, paiano esplose all'improvviso
– il
volume alzato al massimo.
Una
fortuna e una sfortuna, forse, che la discesa sia durata
così poco e
che debbano lasciarsi, senza che lei si sia decisa ad andare oltre i
leggeri saluti di circostanza.
Ma
Heath non scende subito.
Indugia
un po' sulla soglia.
Fa
un passo indietro.
Torna
dentro con Kristen, come avesse dimenticato qualcosa.
La
porta automatica si richiude, lasciandoli fermi e stabili al
pianoterra, nella stessa posizione di prima, ma con un silenzio
preoccupante che si dilata tra loro.
“E'
stato...bello, stasera” butta lì lei banalmente
dopo un po',
sentendosi stupida nel continuare a ribadirlo ad ogni secondo, in
più
varianti.
Vuole
toccarlo.
Mani.
Viso. Capelli.
Labbra.
Come
se lo sfiorare la sua figura pelle su pelle potesse assurdamente
darle la certezza di chi si trovi davvero davanti – Heath
Ledger o
il Joker – e spiegarle se l'attrazione che prova sia per lui
o per
il personaggio.
Nel
rendersi conto di quel desiderio, sotto alla confusione, prova anche
un vago senso di colpa – il ragazzo con cui esce da qualche
settimana, Dax, le piace, eppure ora lei è lì, a
fare la svenevole
con un altro.
Brava
Kristen. Molto coerente e leale.
Ma
non può farci niente.
“Anche
per me è stato bello, Kristen” replica cauto Heath.
Accarezza
i dettagli del suo viso con lo sguardo, come in cerca di qualcosa
d'altro che non siano occhi azzurri sgranati e labbra appena
dischiuse, e Kristen sente d'un tratto la freddezza abbandonarla.
Regola
numero uno: controllo della voce, dell'espressione e dello sguardo.
Era
la prima cosa che Kristen ha imparato a lezione di recitazione.
Fai
le prove davanti allo specchio, finchè non riesci a
padroneggiare
tutte le inflessioni vocali e le espressioni che ti servono.
Così,
quando sarai di fronte a una telecamera, non ti sentirai più
insicura, non ti servirà più guardarti o
ascoltarti: saprai sempre
quale espressione hai sul viso e avrai sempre il controllo della
situazione, di fronte all'obiettivo.
E'
una cosa che le è servita spesso anche nella vita reale:
dissimulare
le emozioni, per non mostrare la vera se stessa.
Solo
che ora non riesce a farlo.
Rendersene
conto è elettrizzante, ma al tempo stesso destabilizzante,
perchè è
priva di ogni difesa.
Non
ha idea se abbia messo su la faccia adorante e patetica di chi vuole
disperatamente essere baciata o se invece lo stia fissando con puro
odio.
Lui
infatti appare a sua volta disorientato: inclina appena la testa di
lato, come se stia guardando una cosa strana e bella, ma che ancora
non ha capito bene.
E
Kristen, a quel punto, manda al diavolo ogni esitazione.
Si
avvicina e si mette leggermente in punta di piedi, per quanto i
tacchi glielo permettano, e gli sfiora il viso con le dita.
Lui
sussulta, sorpreso, e qualcosa brilla per un istante troppo lungo nei
suoi occhi scuri e inquieti.
Si
china impercettibilmente, fin quasi a baciarla, ma il passo decisivo
che annulla le distanze è Kristen a farlo, premendo con
prepotenza
le labbra sulle sue.
Heath
la stringe a sé prendendola per i fianchi, e Kristen affonda
una
mano nei capelli sulla nuca, mentre con l'altra smanaccia alla cieca
sui tasti dell'ascensore per far sì che non risalga.
Non
ha idea però se sia riuscita o meno nell'impresa,
perchè la
sensazione di quel bacio prende il posto di qualunque altra
preoccupazione.
E'
strano, è diverso, e Kristen ne prende coscienza ad ogni
frammento
d'aria che si rubano a vicenda.
Non
ha una consistenza solida, di appartenenza all'altro, o di
equilibrio.
E'
un cercarsi e uno studiarsi frenetico, irruente, affannoso, che poi
diventa quasi timido, lento, forzatamente controllato.
Il
loro muoversi, baciarsi e toccarsi non ha stabilità,
né un
apparente motivo se non quello di definire i contorni di
quell'affinità che ha sconvolto per tutta la sera le sinapsi
di
entrambi, di far condensare le incertezze dei loro saluti di poco
prima in qualcosa di più significativo per la memoria e per
i sensi.
Quando
le dita di Heath scivolano a scostare una spallina del suo vestito,
Kristen glielo lascia fare, approvando con un respiro troppo forte
sulla bocca di lui. E poco dopo, si fa strada sotto la sua camicia
con la stessa sicurezza e fiducia. Senza pensare ad altro che a
guadagnare centimetri di pelle, si strofina contro Heath, spingendolo
contro la parete con un'irruenza che fino a quel momento le
è stata
sempre estranea.
Ma
poi... L'ascensore inizia a salire con uno scatto, e lo spavento
è
talmente forte da far ridestare entrambi. Si allontanano ansimando,
guardandosi intorno spaventati, e un attimo dopo premono
freneticamente il pulsante per far fermare la salita.
Kristen
si morde le labbra, una mano tra i capelli biondi, e
fissa Heath
da sotto in su.
Lui, proprio come si aspettava, ha sul viso
un'espressione divertita che sa molto di “che sarebbe
successo se
non ci avessero interrotto?”
Già.
Kristen prova a non pensarci perchè ha come la sensazione
che la
lucidità e la dignità potrebbero andare
allegramente a
prostituirsi.
Sospira,
rassettandosi i vestiti, e poi si avvicina a Heath per
stringerlo un'ultima e innocente volta.
Ora
sa perfettamente chi siano entrambi: lui non è il Joker, e
lei non è
Harley.
Sono
semplicemente Heath e Kristen, sconosciuti fino a qualche ora prima,
e che torneranno ad esserlo tra poco, con tutta probabilità.
O
almeno, fino al loro prossimo incontro.
“Magari
ci vediamo sul set... Harley” sussurra Heath, prima di
sciogliere
l'abbraccio.
Sorride.
Un
sorriso che non è del Joker, ma è solo suo; e ora
è anche di
Kristen, che può riprendere a respirare regolarmente.
Incurva le
labbra a sua volta - un po' sollevata e un po' triste - , e lo guarda
andarsene così, con quella mezza promessa a mo' di saluto.
***
Il
giorno seguente, Kristen si è svegliata con il ricordo di
Heath
aderente alle labbra - troppo piacevole e fastidiosamente indefinito
come solo i sogni sbagliati sanno essere.
E quasi nello stesso
momento, i sensi di colpa nei confronti di Dax l'hanno sopraffatta.
Ha
chiamato il ragazzo per incontrarsi con lui, e da quel giorno non ha
più cercato Heath, né lo ha rivisto se non di
sfuggita in
televisione.
Hanno
lasciato entrambi che i giorni scorressero allo stesso modo, e che le
loro vite continuassero a viaggiare in parallelo.
Non
è che abbiano dimenticato.
Solo,
sono stati l'ordine causale degli eventi e la consapevolezza di avere
entrambi responsabilità, impegni, strade diverse, forse.
O
la paura di provare a stravolgere tutto questo per aggrapparsi a
qualcosa di pericoloso e inconsistente come un cambio di percorso
occasionale, che al mattino seguente sembrava lontano,
inafferrabile.
Così
le settimane si sono trascinate fino al 22 gennaio 2008, giorno in
cui Kristen si sveglia presto, quasi troppo per i suoi standard.
Dax
è accucciato tra le coperte, come un felino pigro, e la
ragazza
sorride, pensando a come lui si sia fatto spazio tenacemente nella
sua vita e nelle sue abitudini, diventandone parte indispensabile.
A
piedi nudi, raggiunge la cucina, per prepararsi il solito latte
caldo, e accende la tv, più per abitudine ad allontanare i
postumi
del sonno con le news del mattino che per reale interesse.
Ma
a risvegliarla di botto, con inaudita violenza, è
ciò che le viene
sbattuto davanti.
La
foto del viso sorridente di Heath Ledger è in alto a destra
dello
schermo, e il telecronista sta parlando concitatamente nel microfono.
“...Tragica
fine per la stella del cinema Heath Ledger, trovato morto nel suo
appartamento di New York, a soli ventotto anni...”
La
tazza sfugge dalle mani di Kristen, schiantandosi a terra.
Impossibile.
“...
Si parla di suicidio per overdose di farmaci...”
Heath.
Non
può essere...
Non
può.
“Depressione...
Stress lavorativo... Dipendenza da droghe...”
“...Lascia
una figlia di appena due anni...”
“...Uno
stuolo di fans ancora disperatamente increduli...”
Ma
Kristen ha smesso di ascoltare.
Si
butta sul divano, esausta, portandosi le ginocchia al petto.
(“Magari
ci vediamo sul set... Harley”)
“Kris,
che succede?”
Dax
l'ha raggiunta in cucina, i capelli arruffati e l'espressione
preoccupata e frenetica di chi ha scacciato il sonno in un attimo per
colpa di uno spavento.
Guarda
i cocci sul pavimento, e poi il volto di Kristen, pietrificato in una
smorfia di tristezza incredula.
Corre
ad abbracciarla in un istante.
“Ehi,
piccola, stai bene?”
Lei
si aggrappa al suo abbraccio, nascondendo le lacrime.
“Che
è successo?”
“Una
notizia... In televisione... E' m-morto...”
“Chi?”
chiede in apprensione Dax.
Rivolge
un'occhiata veloce alla tv e nota il viso del celebre attore che
sovrasta titoli ben poco fraintendibili: R.
I. P. Heath
Ledger.
“Lo
conoscevi?” domanda con delicatezza, accarezzandole la testa.
Kristen
deglutisce a fatica.
“Io...”
mormora flebile, asciugandosi gli occhi.
Vorrebbe
dire qualcosa per spiegarsi, qualcosa che suoni importante e vero e
di significato, ma il
ricordo del sorriso timido e degli occhi scuri che l'hanno fatta
sentire disarmata le impedisce di formulare qualcosa di più
di un
singhiozzo.
Heath
con cui aveva trovato quell'affinità pazzesca.
Heath
e il suo Joker dalle smorfie schizofreniche.
Heath
che l'aveva chiamata 'zucchina' e 'Harley'.
Lui
e quel loro bacio, nell'abitacolo di un ascensore, in uno dei
più
abusati clichè romantici - un contatto scambiato nella quasi
totale
certezza che sarebbe stato il primo e l'ultimo.
Quella
specie di promessa (“Magari
ci vediamo sul set... Harley”) ,
che ora le graffia la pelle come
se Heath gliela stesse
sussurrando tra i capelli, ancora e ancora.
E un'altra infinità
di cose che Kristen non potrà mai sapere di lui.
(“Lo
conoscevi?”)
“No...”
Lui
era uno sconosciuto ed è rimasto tale.
Per
sempre.
Complimenti
sentiti a chi è riuscito ad arrivare fino alla fine senza
fuggire a
gambe levate.
A parte tutto, grazie a chi ha
letto/leggerà/commenterà e spero che questo
esperimento/commissione
sadica vi abbia fatto passare un paio di minuti piacevoli ^^ Alla
prossima!