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Autore: R e d_V a m p i r e     29/06/2010    3 recensioni
E allora si chiede, in quell’attimo di incertezza prima del salto nel vuoto, a cosa siano serviti tutti quegli anni di odio, di frustrante ricerca della perfezione. A cosa gli siano serviti i suoi schemi, i suoi mille e uno diagrammi, il suo voler ad ogni costo anticipare le azioni future.
A cosa, se non è riuscito a identificare in tempo quella misera variabile? A che cosa è servito essere il figlio del più ricco uomo interessato di medicina del Giappone, se nemmeno i migliori medici a sua disposizione sono riusciti a salvare l’unica cosa veramente importante? Se lo chiede, stringendo con forza gli occhi scuri dietro le lenti appannate.
A cosa cazzo è servito che loro, tutti loro, siano i più ricchi rampolli di quello schifo di nazione, che abbiano soldi, potere, contatti importanti, se nessuna di quelle fortune è riuscita a impedirgli di perderla?!
Ma aveva avuto ragione lei, ancora una volta, come sempre, quando li aveva pregati –lo aveva pregato- di smettere di sprecare soldi in quel modo per tentare di battere qualcosa che non se ne sarebbe fatta nulla di quelle ricchezze che le venivano offerte in cambio di una vita.
[Dedicata a pralinedetective con tutto il cuore]
[Kyoya/Haruhi per quanto sia strano, si ]
Genere: Malinconico, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kyoya Ohtori
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Dedicata a pralinedetective altresì conosciuta come la Uchi, la SommaH CollegaH, o la mia Gil personale (xD).
Considerala un regalo di compleanno un pochetto in ritardo (due settimane che saranno mai u.u) ma sappi che è l’unica cosa decente che mi sono sentita di decidermi a regalarti u_u Avrei potuto scrivere mille shot ancora, anche una long (ci ho provato xD) ma questa è quanto di meglio la mia piccola mente malata ha partorito. Fosse arrivata due settimane fa sarei persino perdonabile, non trovi?
Lascia in pace il frigo e goditela, sperando che non sia una delle mie solite cretinate (L)





<< Kyoya-senpai >>
<< Nh? >>
<< Tu mi ami? >>
<< … non fare domande stupide, Haruhi >>
<< Era solo una domanda >>
<< Non mi piace dover perdere tempo a rispondere a domande idiote, dovresti saperlo >>
<< Gomenasai Kyoya-senpai >>



Marche Funebre



Non può esserne sicuro, ma giurerebbe che nell’aria ci sia ancora la musica malinconica del pianoforte di Tamaki. Ne sente le note, ogni singola sfaccettatura di quella melodia che si perde in quella calda e splendente giornata estiva.
Ghigna, mentalmente, quando le sue labbra non hanno la forza di abbandonare quella sottile linea in cui le ha costrette da quella mattina.
Ironico.
Una giornata di quelle che amava lei per dirle addio. Semplicemente, fottutamente, ironico. Se non fosse così dannatamente rigido, così dedito alle regole a cui è stato costretto dalla nascita, si permetterebbe di cadere in ginocchio e urlare il suo dolore a quel cielo sin troppo azzurro, come ha fatto qualche minuto prima Hikaru – o era Kaoru?-
Non è mai riuscito a distinguerli, trova che sia inutile provare a farlo adesso. A che pro? A che pro cercare di capire a chi appartenga quella infinitesimale stilla di dolore, quando gli aghi che penetrano i loro cuori hanno il medesimo sapore amaro per tutti?
Distrattamente si volta a guardare l’altro gemello –chi dei due non è importante, adesso- che si china, trattenendo le lacrime nelle iridi dorate, stringendo fra le braccia il fratello, nel vano tentativo di aiutarlo ad alzarsi.
Anche per loro è stata importante. Forse lo è stata soprattutto per quei due, più di tutti.
Ma ora cosa importa? Tanto ci hai lasciati.
Abbassa il volto, togliendo con un gesto elegante gli occhiali che gli scivolano lungo il naso sottile, pulendoli con un fazzoletto di seta tirato fuori da una delle tasche dello smoking nero che indossa, così come i suoi compagni.
Ma guardate in che stato è ridotto. Mettersi a parlare da solo.
Appiattisce ancora di più le labbra, pulendo con più foga una macchia immaginaria sulla lente brillante, imprimendo troppa pressione in quel semplice gesto e rischiando così di incrinare il vetro.
Sente appena la vocetta annacquata dalle lacrime di Honey-senpai, che si avvicina a lui, con Usa-chan stretto fra le braccia e il visetto da bambino nascosto nel pelo di stoffa dell’animale. Non lo ascolta, comunque.
Gli concede una breve occhiata libera dalla costrizione delle lenti che vale più di mille parole.
<< Kyo-chan… >>
Esita quello, alzando la mancina. Il silenzioso Morinozuka fa la sua comparsa vicino al cugino, limitandosi ad scuotere negativamente il capo.
Il ragazzino sospira, lasciando ricadere la mano e avvicinandosi di più all’altro, tirando su col naso.
L’Ohtori risistema gli occhiali da vista sul viso, tirandoli su con due dita.
Sgrana appena gli occhi, sentendo il cuore che batte più forte. Può quasi sentire la sua voce, che lo rimprovera cantilenante per quella cattiva abitudine.
Sorride, increspando appena l’angolo delle labbra. Forse sta solo impazzendo. Può essere, sarà la vicinanza di Suoh a fargli così male, l’ha sempre pensato che quel ragazzo un giorno di quelli l’avrebbe condotto nel nero baratro della follia.
Le mani passano sul viso, nascondendo l’espressione esasperata che ha per un attimo deturpato i suoi fini lineamenti austeri.
Sta delirando! I suoi pensieri non hanno né capo né coda.
Com’è potuto accadere?
Si chiede, osservando fra lo spiraglio delle dita Renge-san che soffia il naso in un fazzoletto, stringendo al petto un mazzo di girasoli. Al suo fianco Nekozawa-senpai, avvolto nel suo mantello nero, le batte qualche colpetto sulla spalla, cercando di consolarla. Per l’occasione ha sfidato la sua fobia per la luce solare, una cosa da lodare, aveva detto la stessa ragazza qualche ora prima, per poi scoppiare in singhiozzi disperati sul petto del giovane.
Avanza ancora, come un automa, riabbassando le mani e lasciandole cadere lungo i fianchi, mentre l’odore salmastro del mare, portato dal vento, gli accarezza il viso.
Gli da quasi fastidio essere lì, su quella scogliera, a portare dei fiori che lei non apprezzerà mai, con la musica incantevole dell’erede dei Suoh che non potrà mai ascoltare, e che per quanto possa essere struggente, è solo un Requiem, uno dei tanti, che affonda il coltello nelle piaghe del suo cuore con la pretesa di lenire quelle ferite invisibili.
E poi si ferma, davanti a quella lapide bianca, semplice come lei, fatta costruire a posta in quel luogo come avrebbe voluto. Forse gli è l’ha confidato, una volta, ma lui è sempre stato troppo preso dai suoi calcoli per darle poco meno dell’attenzione che meritava.
Le onde che si infrangono su quegli scogli spezzano l’ultima barriera con cui ha provato a difendersi in quella giornata. La prendono, e la sbattono contro la pietra, dilaniandola, facendola a pezzi piccolissimi, impossibili da ricongiungere.
La risacca del mare la ingloba, fagocitandola, masticandola e poi risputandogliela in faccia, quasi a voler prendersi gioco di lui.
E mentre crolla in ginocchio, davanti a quella tomba, anche le sue certezze tenute fino all’ultimo da una sottile ragnatela che s’è voluta fingere acciaio, crollano.
Appoggia il viso contro la pietra fredda, premendo la guancia contro quelle scritte intarsiate che non hanno alcun valore, se non ricordare alla memoria qualcosa che il tempo imparerà a dimenticare.
Il suo sguardo incrocia per un attimo la foto della ragazza imbronciata, dai corti capelli castani, nella divisa tipicamente maschile dell’Ouran Accademy.
E allora si chiede, in quell’attimo di incertezza prima del salto nel vuoto, a cosa siano serviti tutti quegli anni di odio, di frustrante ricerca della perfezione. A cosa gli siano serviti i suoi schemi, i suoi mille e uno diagrammi, il suo voler ad ogni costo anticipare le azioni future.
A cosa, se non è riuscito a identificare in tempo quella misera variabile? A che cosa è servito essere il figlio del più ricco uomo interessato di medicina del Giappone, se nemmeno i migliori medici a sua disposizione sono riusciti a salvare l’unica cosa veramente importante? Se lo chiede, stringendo con forza gli occhi scuri dietro le lenti appannate.
A cosa cazzo è servito che loro, tutti loro, siano i più ricchi rampolli di quello schifo di nazione, che abbiano soldi, potere, contatti importanti, se nessuna di quelle fortune è riuscita a impedirgli di perderla?!
Ma aveva avuto ragione lei, ancora una volta, come sempre, quando li aveva pregati –lo aveva pregato- di smettere di sprecare soldi in quel modo per tentare di battere qualcosa che non se ne sarebbe fatta nulla di quelle ricchezze che le venivano offerte in cambio di una vita.
La tua, dannazione. Non una vita qualsiasi, ma la tua!
Dietro di lui qualcuno, forse i gemelli Hitachiin, forse il piccolo grande Haninozuka, muove un passo verso la sua figura accasciata, ma la voce profondo e rara ad udirsi di Takashi ferma quell’inutile tentativo sul nascere.
<< No. Lasciatelo solo con lei >>
Se fosse cosciente del suo corpo, delle sue azioni, Kyoya lo ringrazierebbe.
Ma l’unica cosa di cui ha consapevolezza in quel momento è l’accecante dolore che gli immobilizza le membra, e il sordo rimbombo del gelido vuoto nel suo petto. Quasi può vederla quella voragine che s’è aperta, spezzandolo, dividendolo, uccidendo crudelmente ogni sua speranza, divorandolo silenziosamente dall’interno per attivare un processo di autodistruzione che non sa se avrà ancora, da qualche parte, in mezzo a tutta quella cieca disperazione, la forza o la volontà di disinnescare.
Eppure all’esterno mantiene ancora quella stucchevole, beffarda calma di sempre.
Probabilmente se avesse la possibilità di specchiarsi, in questo momento, romperebbe il vetro pur di non vedere la totale inespressività del suo volto.
Prega Dio, prega qualsiasi forza ci sia lassù, prega lei di poter piangere una ad una tutte le sue lacrime mordaci, fino a non avere più la forza di sentire nient’altro che una sensazione confusa e ovattata, estraniandosi da quel corpo che soffre troppo.
Ma ancora una volta le sue preghiere non vengono ascoltate e i suoi occhi rimangono crudelmente vuoti asciutti.
Alza una mano, accarezzando la foto con la punta delle dita, prima di stringerle in un pugno afferrando l’aria.
<< Perdonami >>
Sussurra, fioco, contro la lapide gelida, ringraziando lo sciabordio delle onde che attutisce ancora di più la sua voce, rendendola inudibile agli altri –ex- Host.
<< … perdonami per non essere stato in grado di essere l’uomo che avevi visto dietro la maschera. Per averti messa in secondo piano, sempre, per non averti saputo dare l’unica cosa che volevi veramente da me. Perdonami >>
Mormora, chiudendo stancamente gli occhi, senza essere capace di muoversi, di alzarsi da lì e abbandonarla.
Ancora ancora ancora.
Le ultime note di quella melodia spezzano il silenzio, accarezzando materne il dolore di quei ragazzi oramai uomini.
Ma è soltanto l’ironica illusione di una marcia funebre che avrebbe dovuto essere nuziale.
E nemmeno questo può riuscire a scalfirlo, oramai.
<< Addio Fujioka-chan >>



The End



<< Sai Haruhi, avrei dovuto dirtelo tempo fa, quando me lo chiedevi.
E invece lo faccio ora, che sei distesa su questo letto d’ospedale, e mi stai lasciando:
non era una domanda stupida, quella. Le tue domande non lo sono mai.
E sai un’altra cosa, Haruhi? Per quanto possa servire dirtelo ora… si, io ti amo >>




Angolino di R e d_V a m p i r e

Ma si trovo sia giusto spendere due parole in spiegazioni per questa fict.
L’inizio e la fine fanno parte dei ricordi (le parti dialogate) l’inizio i primi tempi in cui Kyoya e Haruhi uscivano insieme, la fine mentre Haruhi sta morendo in ospedale.
Dov’è Ranka-san? Al funerale della figlia non si vede. Suppongo che il dolore sia troppo per la sua perdita, oltre che quella della moglie, è abbia lasciato ai ragazzi visto che sono stati i suoi amici il tempo di piangerla da soli.
Kyoya e Haruhi avrebbero dovuto sposarsi, si intuisce dalla frase “Ma è soltanto l’ironica illusione di una marcia funebre che avrebbe dovuto essere nuziale” nevvero? xD Poveri, lei è morta prima di poter realizzare quel sogno.
Com’è morta Haruhi. Beh, a voi la scelta. Io me la sono immaginata divorata da una malattia incurabile, come un cancro, che nemmeno i medici al servizio di Kyoya sono riusciti a guarire, forse perché in stato troppo avanzato, o no, chi sa?
Se vi dico che avrebbe dovuto essere una fict sul matrimonio di quei due ci credete?xD Eccola diventata un funerale, per l’appunto.
Kyoya… Kyoya forse non sono riuscita a mantenerlo propriamente IC, che ne dite? Suppongo però che la perdita della futura moglie qualche effetto glielo avrebbe prodotto, anche se mitigato dalle apparenze. E’ un uomo, in fin dei conti ama anche lui Haruhi, anche se non lo da a vedere e finisce per rimpiangerlo.
Detto questo… detto questo ringrazio chi avrà il coraggio di leggere, e magari recensire. Mi farebbe molto piacere sapete che ne pensate.
Alla prossima, giovani(xD)!
   
 
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