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Autore: NoireNeige    29/06/2010    6 recensioni
Quando sei sicuro di non essere pazzo c'è sempre qualcuno che ti dirà che lo sei. E a quel punto... chi è il vero pazzo dei due?
Genere: Horror, Mistero, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Tic Tac
NoireNeige.
Tic.
Tac.
Tic.
Tac.
Stupido orologio. Sveglia.
Qualunque cosa sia, mi sta dando fastidio. Tanto.
Muovo la testa di scatto verso quell’oggetto che suona incessantemente nella mia testa. Rimbomba sulle pareti, scandisce ogni minimo attimo in quella stanza buia e bianca.
Mi metto a sedere sul letto senza smettere di fissare l’orologio.
Respiro piano, non voglio che torni quell’uomo.
Tutti pensano che stare qui mi faccia bene, perché sono malata.
Perché?Credono che mettermi una lunga camicia bianca e tenermi i capelli sciolti come se fossi pazza e non legati come mi piaceva tanto mi faccia bene.
Ma non è così. È questo luogo che mi rende… fuori di me.
Mi alzo con lentezza, mi fanno male i muscoli. Mi avvicino alla sveglia la prendo in mano e la porto vicino al viso a qualche centimetro di distanza dalle labbra e sorrido selvaggia
-sei un piccolo giochino cattivo…- mormoro leccandomi le labbra.
Resto così, ferma immobile in quella posizione fissando la lancetta dei secondi che si muove meccanicamente.
Tic.
Tac.
Tic…
Senza preavviso lancio l’apparecchio contro la finestra mandandola in frantumi e facendo un gran frastuono. Aspetto di sentire il rumore dell’orologio spaccarsi al suolo, poi scoppio in una risata cattiva.
Non la riconosco la mia risata.
Faccio una giravolta felice, godendomi il meritato silenzio tanto desiderato.
E rido.
Sono contenta, perché quell’orologio era davvero cattivo e non mi lasciava un attimo in pace. Anche lui pensava che fossi pazza.
Per fortuna non la sono. Se la fossi non starei qui a chiedermelo.
Mossi il collo verso il lato destro della spalla e rimasi a fissare la porta come incantata. Subito dopo da lì entrò una donna vestita di bianco come me, ma lei aveva la gonna e le scarpe mentre io il vestito e i piedi scalzi e freddi
-voglio un bel vestitino…- le dico piano. Lei mi sorride forzatamente
-se ti metti nel letto e fai la brava ti porteremo anche quello-
Mi siedo sul letto toccando le lenzuola ruvide e la fisso mentre mi guarda e mette un liquido biancastro in una siringa.
La siringa è per me.
Perché una pazza non deve agitarsi o tutti i suoi amici avranno paura.
-Ma io sono buona- dico, a nessuno in particolare sorridendo. L’infermiera mi si avvicina e mi prende il braccio pulendomi l’incavo del gomito con del cotone. Sento la vena pulsare sotto la pelle e lascio dondolare le gambe nel vuoto perché sono piccola e non riesco a toccare terra.
Alzo la testa all’insù e chiudo gli occhi per godermi quella pressione.
Mi piace sentire gli organi vivi dentro di me. A volte vorrei prenderne uno e coccolarlo come un gattino. Magari il cuore o l’intestino… I miei preferiti.
Appena sento un leggero dolore capisco che l’ago è penetrato nella mia pelle. Apro gli occhi di scatto e fermò il polso della donna. Lei si spaventa e lascia cadere la siringa per terra dove si sparge il liquido bianco. Mi guarda, è terrorizzata quindi le rivolgo un sorriso da bambina innocente ma le cerca di allontanarsi. La tengo stretta e la riporto indietro mentre la sento piagnucolare
-non piangere, non ti faccio male…-
-Kim… Kim, tesoro calmati. N-noi… noi vogliamo aiutarti, vedrai che starai meglio se mi lasci…-
Suppliche. Tante belle suppliche tutte per me.
-gioca con me- le dico e la faccio sedere al mio posto mentre io resto in piedi e le tengo una mano –ci divertiremo!- le sorrido.
Lei singhiozza mentre mi avvicino al mobile con i medicinale e prendo in mano una siringa
-sai…- mormoro mettendola alla luce del sole e fissando ammaliata l’ago appuntito –… ho sempre voluto fare il medico, aiutare le persone…-
-Kim per carità…- sussurrò la donna impallidendo mentre mi avvicinavo
-ti fa male da qualche parte?posso aiutarti… posso guarirti-
Sorrisi di nuovo mordendomi un labbro e pregustando l’attimo che sarebbe seguito. Guardai l’infermiera indietreggiare sul lettino puntando le gambe sulle travi di ferro che fungevano da sostegno per il materasso. Mi avvicinai e le tirai il braccio per vedere le sue vene pulsare piene di sangue.
-Oh ti prego, ti prego non uccidermi Kim…-
Il mio sorriso si trasformò in una faccia offesa –no, ti voglio aiutare!- cercai di tranquillizzarla, ma lei si allontanò ancora di più respirando affannosamente.
Mi stancai di aspettare. Schiacciai con il pollice appena di fianco alla vena nell’incavo e le conficcai con forza tutto l’ago della siringa nella pelle.
Urlò con le lacrime agli occhi e si tenne stretta il braccio. Feci qualche passo indietro sperando di farla stare meglio.
Io sono buona, volevo solo giocare con lei ma capivo che qualcosa non andava e l’infermiera stava peggio di prima. Scossi le spalle delusa: magari era difettosa…
Mossi la testa con disapprovazione –Eh no, non va bene vero?-
La guardai mortificata mentre lei tremava piangendo disperatamente e tenendosi il braccio insanguinato.
-volevo farti stare meglio… ma ti ho rotta, mi spiace-
La pelle della donna, già pallida, divenne livida
-r-rotta?- ripetè. Annuii alzando gli occhi al cielo spazientita
-eri una bella bambola con cui giocare… una molto bella-
Mi morsicai l’interno del labbro inferiore lasciandolo sporgere un po’ all’infuori e piegai la testa
-ma io… sono molto capricciosa. E non mi piacciono le bambole rotte. Di solito le dono ai bambini più sfortunati di me, ma tu…-
Mi avvicinai di scatto le presi la testa tra le mani e la avvicinai al mio viso. Ricominciò a piangere e vidi piccole rughe formarsi sulla sua pelle
-ormai sei così brutta e rovinata che nessuno ti vorrà più. Devo buttarti via…-
-No…- piagnucolò la donna cercando di sottrarsi.
Feci una smorfia –dispiace anche a me, piccola bambola dell’infermiera ma come posso tenere una cosa simile per giocare quando nelle altre stanze ci sono così tante altre bambole?-
-Oh Kim per favore, calmati io ti giuro che…-
Scossi la testa con un sorriso e con un colpo secco le girai il collo fino a sentire lo schiocco sordo della colonna vertebrale che si spezza totalmente in due. Il suo corpo si accasciò sul lettino, molle e senza vita. Fissai i suoi occhi spenti e grigi e il mio sguardo si trasformò in quello di una predatrice spietata e senza controllo.
-io non sono pazza. Ma odio le bambole che vogliono giocare con me come se fossero loro a dovermi guarire. Sono io la mamma-
Lasciai lì il corpo dell’infermiera e mi incamminai fuori dalla stanza con un sorrisetto malvagio sulle labbra mentre canticchiavo una canzoncina. Era una ninna nanna che mi cantavano sempre da bambina, prima che se ne andassero tutti. Prima che mi prendessero perché ero malata.
Era divertente passeggiare per i corridoi vuoti e silenziosamente volteggiare come una farfalla felice, bisbigliando la melodia in modo dolce e lento, sentendo i lunghi capelli che mi coprivano le spalle. Sentivo la loro sensazione di morbidezza anche da sotto il vestito bianco da ospedale.
Ero così felice che mi sembrava di danzare nell’erba bagnata.
Mi avvicinai ad una porta e annusai l’aria. Non sentii nulla a parte l’odore del disinfettante e di medicine ma sapevo che era lì.
La mia bambola preferita.
Incerta varcai la soglia e scorsi il letto bianco come il mio attaccato al muro. Tra le pieghe delle lenzuola spiegazzate vidi il volto di una persona, il suo volto, e mi avvicinai in punta di piedi raggiante. Mi sedetti sul bordo del letto e accarezzai i capelli scuri del ragazzo pallido di fronte a me con amore
-angelo mio…- mormorai felice –angelo mio, quanto vorrei che mi donassi le tue ali. Quanto vorrei averle tutte per me quelle belle ali bianche che non hanno bisogno di siringhe ma solo di qualcuno che le usi-
Sentii il suo petto che si alzava e si abbassava lento sotto la mia mano, ma i suoi occhi non si aprirono ne lui diede cenni di vita.
Nella foga di averlo tra le braccia per pettinare i suoi morbidi capelli di velluto nero avevo scordato di chiudere la porta e ora un’infermiera mi fissava da fuori
-cosa fai lì?non dovresti essere a letto tu?- mi chiese. Le sorrisi gentilmente
-sto solo giocando con un angelo morto…- sussurrai innocente così piano che non mi sentì.
Mi fissò per un attimo. Era nuova, lo sapevo. Le altre nel vedermi fuori dalla piccola prigione bianca avrebbero urlato fino a farmi star male.
Lei non pensava che fossi pazza, credeva solo che avessi bisogno di qualche siringa per non impazzire.
Scoppiai a ridere appena se ne fu andata.
Ma se per loro ero già pazza come potevo impazzire?!?
Scossi la testa divertita e guardai di nuovo il ragazzo che non si era mosso. Gli accarezzai una guancia fredda
-piccolo angelo mostrami i tuoi occhi vetrati. Vorrei tanto prenderne uno per serbarlo dentro di me…-
Avvcina una mano alla palpebra chiusa.
Gli sfiorai il rigonfiamento del bulbo oculare e avvicinai la bocca alla fronte.
Ma vedendo che nemmeno così si muoveva mi tirai su di scatto contrariata.
-L’AVETE ROTTA!!!- urlai arrabbiata tirando un pugno sul suo addome con forza. Il ragazzo tossì, si piegò e tornò esattamente come prima.
Lo guardai –no angelo, non volevo farti male- lasciai scorrere un’unghia sulla sua pelle sempre con il solito sorriso –io… ti amo-
Era proprio la mia bambola preferita. E anche se l’avevano rotta, magari togliendogli il cervello –avrei potuto controllare più tardi- le volevo bene e avrei esaudito i suoi desideri fino alla fine.
-ti ricordi angelo mio, quando mi dissi che saresti morto per me?-
Risi come un bambina felice –io posso farlo. Ti renderò felice e tu mi darai le tue ali e i tuoi occhi di vetro-
Risi ancora.
Il ragazzo mosse la testa, segno che stava per svegliarsi.
Presto, prima che mi veda fargli questa sorpresa!
Presi un cuscino li di fianco e glielo premetti sul viso con insistenza
-fai una buona ninna amore mio… Tranquillo mi prenderò cura del tuo cuore e del tuo intestino, li tratterò come gattini morbidi-
Risi sguaiatamente mentre lui si dimenava appena sotto di me
-tic… tac… sai non era tanto male infondo quel giochino rumoroso-
Il ragazzo emise un lamento e spinsi più forte facendo pressione
-ssshhh non ti agitare o non giocheremo bene… dormi bimbo mio… domani giochiamo ancora-
Lentamente i sussulti si calmarono fino a svanire. Quando tolsi il cuscino le labbra del ragazzo erano livide e la pelle era fredda
-buona notte…- mormorai e gli diedi un bacio su una guancia.
Ero solo una ragazza normale che voleva giocare con le sue bambole. Non ero pazza.
Mi alzai nell’estasi della felicità. Com’era bello giocare con quelle bambole create per me… Ne volevo un’altra.
Pensai all’infermiera gentile che non mi credeva pazza ma ero stanca di fare la dottoressa.
-vorrei tanto un bambolotto- dissi con la vocina capricciosa pensando al reparto maternità. Battei le mani e mi incamminai ma arrivata alla porta mi girai e guardai il ragazzo steso nel letto
-ma vorrei ancora di più le ali di un angelo… per volare-
Andai da lui e le presi. Gliele strappai e lo trovai molto facile, come se non esistessero. Sentii il loro potere fondersi con me e la testa diventare leggera, i pensieri spensierati. Sorrisi e mi morsi appena la punta della lingua con i denti, poi andai alla finestra e l’aprii. Salii sul davanzale e guardai in basso dove i pezzi della sveglia erano sparpagliati in pezzi visibili dal trentesimo piano solo come puntini rossi. Risi come mai prima di allora
-sto arrivando giochino del tempo…-
Risi ancora
-tic… tac… tic… tac…-
Saltai urlando contenta e mi sentii leggera e libera
-tic…-
Il Buio.
Tac.
   
 
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