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Autore: Hi Ban    29/06/2010    5 recensioni
Tra tutti i decreti che quella spostata della Umbridge aveva imposto, i Gemelli Weasley trovarono ovvio che comparisse anche quello che vietasse ‘la ricerca di passaggi o simili noti per la loro segretezza’.
[...]L’argomento sulla bocca di tutti quella mattina nella Sala Grande era proprio quella restrizione, che forse impensieriva più i fan dei gemelli che i fratelli stessi.
“Come faranno?”
“Ora la vogliono schiantare?”
“Ma che numero è questo decreto?”
“L’hanno già saputo?”
“L’hanno già schiantata?”
“Gli sta bene, così finalmente smetteranno di fare gli idioti.”
La voce della verità di Hermione Granger non si smentiva mai e anche quella mattina si era distinta in quell’ammasso di commiserazione, che affidava ben poca fiducia ai due fratelli.

Fred/Hermione
Genere: Generale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Fred Weasley, Hermione Granger
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
Capitoli:
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Divieti, decreti e orgoglio Grifondoro


#Prologo#




Se ne stava seduta nello stesso posto che aveva occupato anni prima, anche se allora ci si era trovata per un puro caso. Quella sera Hermione Granger constatò con un sorriso che tutto sembrava uguale, a partire da quel venticello che muoveva gli alti alberi dell’immenso giardino, incorniciati dall’erba incolta che le sfiorava le gambe.
Sopra di lei vi era lo stesso spettacolo in cui riusciva a perdersi, quel cielo stellato che esercitava su di lei un’attrazione tale che, nonostante il senso di vertigine che la coglieva alzando la testa, non riusciva a staccare gli occhi da esso. Quel mare stellato era magico come il motivo per cui si poteva permettere di trovarsi lì, nel giardino di Hogwarts, nella più totale calma, che le faceva nascere il desiderio di stare lì fino all’alba del giorno dopo.
Si era ritrovata a maledire il suo orgoglio degno di un Grifondoro qual era più e più volte, ma era solo quello che doveva ringraziare a conti fatti; solo a quella dote – o disgrazia, a seconda delle interpretazioni – e alla sua caparbietà e testardaggine, questa made in Granger, se tutto era come era. Non riusciva ad immaginarsi nulla in modo diverso, ma doveva ammettere che non voleva che qualcosa differisse da ciò che stava vivendo.
Era lì per festeggiare, con qualcuno che condivideva quello spettacolo con lei e lo aveva fatto anche in passato.
“Hermione!” La voce del ragazzo che le stava seduto vicino la riscosse.
Era speciale quel cielo stellato, come quel momento in sé e non poté che essere felice che dieci anni prima la Umbridge avesse emanato l’ennesimo inutile decreto della sua miserabile carriera.


#Primo capitolo – Decreti e segreti#



Tra tutti i decreti che quella spostata della Umbridge aveva imposto, i Gemelli Weasley trovarono ovvio che comparisse anche quello che vietasse ‘la ricerca di passaggi o simili noti per la loro segretezza’.
Quando entrò in vigore, entrambi non sapevano se ridere o piangere: adoravano le sfide, ma battere quella cozza la ritenevano una prova di scarsa attrattiva, dal momento che erano già riusciti a fargliela un bel paio di volte. Nonostante ciò, e tergiversando sul fatto che i passaggi li conoscevano già tutti – siano benedetti i Malandrini! –, avrebbero tentato di contraddire anche quell’inutile costrizione per il semplice ricavato che ne derivava loro, ovvero l’esaurimento della professoressa. Non si facevano problemi a piazzarle una caccabomba nel suo ufficio, tantomeno a trasfigurare la sua preziosa zuccheriera rosa – di zucchero altrettanto rosa s’intende – in uno Schiopodo Sparacoda, perché non andare anche contro i suoi splendidi emendamenti sulle regole della scuola?
L’argomento sulla bocca di tutti quella mattina nella Sala Grande era proprio quella restrizione, che forse impensieriva più i fan dei gemelli che i fratelli stessi.
“Come faranno?”
“Ora la vogliono schiantare?”
“Ma che numero è questo decreto?”
“L’hanno già saputo?”
“L’hanno già schiantata?”
“Gli sta bene, così finalmente smetteranno di fare gli idioti.”
La voce della verità di Hermione Granger non si smentiva mai e anche quella mattina si era distinta in quell’ammasso di commiserazione, che affidava ben poca fiducia ai due fratelli. Non lo riteneva certo un decreto sensato, ma riusciva anche a starle bene se andava contro le loro bravate.
Detto ciò, se ne tornò a sgranocchiare una fetta biscottata, intenta a rileggere la pergamena che Piton aveva richiesto per quel giorno sulle zanne di serpente e le loro proprietà.
Fred e George, dopo aver sentito la sua opinione, la imprigionarono tra di loro, sedendosi ai suoi lati, osservandola come se fosse un esemplare raro e non smettendo di sorridere neanche per un attimo.
Non dissero niente e ciò non fece altro che irritare di più Hermione, che aveva i nervi a fiori di pelle, grazie ad un altro decreto, che la vedeva coinvolta in prima persona. Questo perché era praticamente l’unica studentessa in tutta Hogwarts che aveva un tale interesse verso la cultura da spingerla a prendere dalla biblioteca più libri per giorno, la maggior parte per puro interesse personale.
Ora, però, non poteva più farlo. L’ennesimo provvedimento, di cui aveva perso il conto tempo prima, diceva chiaramente che non era possibile ‘prendere più libri di quelli che servono per la documentazione prettamente scolastica’. In un modo o nell’altro la Umbridge stava vietando agli amici e conoscenti di Harry di fare ciò che era nella loro abitudine, con l’unico intento di ostacolarli.
Con quel decreto aveva colpito Hermione, ma non riusciva a capirne il senso: aveva paura che si mettesse in contatto con i membri dell’Ordine facendoli comparire da un libro?
Era una strega, per Merlino, ma non sapeva ancora estrarre persone dai libri come facevano i finti maghi babbani con i cilindri e i conigli.
“Avete finito? Mi state dando sui nervi.” Disse dopo poco, con una calma che era solo apparente. Fred e George allargarono i loro sorrisi, ma non aprirono bocca.
“Non avete niente di meglio da fare?” Il tono di Hermione era al limite dell’esasperazione. Era alla stessa riga da almeno dieci minuti e non riusciva più a coglierne neanche il senso. In un moto di stizza, prese il foglio di pergamena e lo mise nella tracolla ai suoi piedi, per poi versarsi con malagrazia un po’ di succo di zucca. Erano dubbie le qualità terapeutiche di quel succo arancione, ma era sicura che avrebbe sortito più effetto di un infuso di pelo di Snaso.
“Vi state divertendo, di grazia?”
“Tantissimo! Ormai abbiamo capito come prenderti Hermione.” Disse con fare sicuro. “È divertente darti sui nervi, vero George?”
“Concordo e sottoscrivo Fred!”
La ragazza si guardò intorno, alla ricerca di Harry e Ron, l’unica ancora di salvezza quel mattino, che si apprestava ad essere solo il prologo di una giornata davvero troppo lunga anche per lei. Permesso! Biblioteca! McGranitt!, pensò disperata, cercando di dare un senso a quella mattinata. In un modo o nell’altro avrebbe anche dovuto combattere le assurde regole di quell’invasata e l’unico modo era fare appello allo spirito Grifondoro della professoressa di Trasfigurazione.
“Non ci sono oggi, sono stati chiamati dal Professor Piton!” La informò gioviale George, che aveva capito chi stava cercando, facendole assumere l’espressione di qualcuno che cade dalle nuvole. “E cosa ci fanno da Piton?”
“Il Professor Piton, Hermione! Cos’è questa mancanza di rispetto verso il nostro idolo?” La rimproverò Fred, con uno sguardo che avrebbe ingannato chi non lo conosceva. Ci mancava solo che le agitasse convulsamente il dito contro e sarebbe stata la fedele riproduzione della Signora Weasley.
Hermione alzò un sopracciglio e chiese: “Da quando è il vostro idolo? Credevo fosse Filibuster, non mi risulta che Piton si sia mai messo a far volare in aria fuochi d’artificio.”
In quel momento l’interessato stava chiacchierando amabilmente – per quanto lo concernesse il fatto che lo stesse facendo con Potter – con due Grifondoro, ignaro delle congetture che altri suoi allievi stavano facendo su di lui; a dispetto di ciò sentì un certo fischio nelle orecchie, che preferì ignorare.
“Nah, i fuochi ce li farebbe volentieri ingoiare...”
“O entrare da qualche altra parte!”
“... giusto!, ma è il nostro idolo per i capelli. Nessuno sarebbe capace di farli diventare così unti!” Asserì in tono fintamente orgoglioso, mentre si asciugava lacrime invisibili.
Non poteva negare che i capelli di Pit... Pardon, il Professor Piton avessero la loro reputazione per la mancanza di lavaggi, ma Hermione si chiese perché stesse ancora ascoltando le loro idiozie e non avesse tentato di affatturarli in alcun modo.
Evitò di far continuare la conversazione sulla piega che aveva preso, poco interessata ai capelli di Piton e il professore di Pozioni in generale, e domandò: “Allora? Come fate a sapere di Harry e Ron?”
La domanda così posta di certo non poteva ricevere una risposta eclatante oltre ogni dire – erano Fred e George, sapevano sempre tutto –, ma i due ebbero il buon cuore di rispondere senza preamboli sulle loro abilità di spie investigative ai danni altrui.
“Punizione.” Disse Fred.
“Presunto attacco a dei Serpeverde.” Aggiunse George, precedendo Hermione e rispondendo alla domanda che stava per porre.
Fantastico, non c’era aggettivo migliore per descrivere quell’idilliaca mattinata. Probabilmente la piovra che dimorava nel lago se la stava passando meglio.
Piton in quel periodo si stava dando alla pazza gioia con le punizioni e, fortunatamente, non solo su Harry e Ron, anche se il campo si stringeva solo ai Grifondoro e qualche Tassorosso e Corvonero random.
Sbuffò sonoramente e fece per andarsene, rispondendo con un cenno della mano al saluto dei gemelli. Si avviò verso l’aula di trasfigurazione a passo spedito, sperando vivamente che quell’ora fosse un po’ più decente di quella che aveva passato da quando si era svegliata. Si sedette al solito posto non facendo caso ai Grifondoro e ai Tassorosso che varcavano la soglia della porta, pronti ad affrontare un Lunedì mattina. L’argomento del giorno era la trasfigurazione di sassi negli stemmi della propria casa, come esercizio di ripasso per i GUFO, ma il pessimo umore della Grifondoro le impediva di partecipare con il solito interesse scolastico che la caratterizzava.
Poco dopo l’inizio della lezione, fecero il loro ingresso trionfanti Harry e Ron e dalle facce sembrava stessero per andare a fare una capatina al patibolo; Piton li aveva relegati a pulire la serra due quella sera. Erano diventati due anime in pena quando il caro buon vecchio Severus li aveva informati che lo stesso giorno si sarebbe tenuta, in quella serra, una lezione sul Pus di Bubotubero.
Ovviamente, non dovette attendere che i due amici le riferissero che loro non avevano fatto un bel niente, c’era da aspettarselo in fin dei conti, ma era sempre meglio non contraddire Piton. Con la Umbridge in quel periodo ancora meno.
Quella giornata era partita in maniera orribile per tutti e tre, anche se forse lei aveva ancora qualche speranza di salvarsi.
Quando la lezione finì, saltò quasi sulla sedia e in meno che non si dica si ritrovò alla cattedra della docente e attese con garbo che le concedesse la sua attenzione.
“Mi dica Signorina Granger.”
“Mi chiedevo Professoressa se fosse possibile avere un permesso per prendere dei libri in biblioteca.” Chiese, reprimendo l’impulso di fare anche gli occhi da cagnolino bastonato. Aveva sì bisogno di quel permesso, ma aveva un orgoglio da mantenere integro.
La McGranitt strinse le labbra assumendo un’espressione ancora più severa del solito.
“Sapevo che non avrebbe perso tempo, ma mi dispiace, non posso fare niente del genere.”
Non poté trattenere l’espressione delusa che disegnò sul suo volto. Cos’avrebbe fatto ora? Lei aveva bisogno di leggere, così come Ron aveva bisogno di mangiare, Harry lisciarsi la frangia sulla fronte e, in generale, tutti i maschi parlare di Quidditch.
“Spero capisca le mie ragioni Signorina Granger, ma proprio non posso.” Disse con un sospiro quasi rassegnato; non faceva mistero del fatto che i tre quarti delle procedure attuate dalla Umbridge, secondo lei, erano inutili e che avrebbe dovuto evitare di far presente che dietro di esse vi era il Ministero.
“La ringrazio lo stesso Professoressa. Arrivederci.”
Detto ciò prese la tracolla e si avviò verso la porta, sconsolata come non mai.
Provò in tutti i modi di trovare una soluzione, ma fu tutto vano. Il tentativo di infischiarsene ampiamente del decreto fu sventato dalla bibliotecaria: Madama Pince quel pomeriggio si premurò di controllare tutti i libri che Hermione aveva preso e, ovviamente, le fece lasciare quelli che non poteva prendere.
Sconsolata, si diresse verso il suo dormitorio, dove salutò con un gesto stanco Ginny e si rintanò nella sua stanza. Non c’erano soluzioni e la cosa non poteva che deprimerla.
A cena si stava ancora arrovellando alla ricerca di una soluzione, ma il piatto di minestra che aveva davanti non era di grande ispirazione.
“Hermione non dovresti prendertela tanto! In fondo erano solo libri!”
Il tatto di Ronald Weasley avrebbe dato il colpo di grazia a chiunque si fosse ritrovato in una condizione che lo portava ad uno stato di infelicità, ma lui non sembrava dare troppo peso a quella sua ‘dote’. Continuava a mangiare tranquillo, senza accorgersi dell’occhiata omicida dell’amica, che non li riteneva ‘solo libri’, proprio no.
“Oh, scusa Ronald se io come passatempo non ne ho uno squallido come quello di cavalcare un pezzo di legno!” Soffiò irata.
“Dai Hermione, vedrai che troveremo una soluzione. Mangia ora o si raffredda.” Tentò Harry, che aveva intuito che il pessimo intervento dell’amico non era stato di grande aiuto.
“A che ora dovete andare da Piton?” Chiese poi, per sviare la sua attenzione su qualcosa che non implicasse il suo pessimo stato d’umore.
Ron addentò mestamente un pezzo di pane, dimostrando la sua recalcitranza a prendere parte alla punizione. Evidentemente lui era d’accordo con la filosofia di vita che prevedeva di annegare la propria mestizia nel cibo.
“Che schifezza.” Asserì semplicemente lapidario il rosso.
“Alle otto, ma non ricordacelo prima del tempo.” Proferì Harry, che era dello stesso parere dell’amico. Hermione accennò ad un sorriso di scuse e tornò alla sua minestra.
Possibile che non ci fosse davvero nessun modo per scampare a quella sciagura che aveva attuato la Umbridge?
Tutti le avevano detto di lasciar perdere, ma no, non poteva. Quella per lei era diventata una questione di orgoglio, non poteva semplicemente farsi battere da quell’ibrido di rana. Certo, avrebbe potuto leggere libri che non provenivano dalla biblioteca, ma era come un’eresia dire che ci fosse anche un solo libro che non avesse già letto in tutta la torre di Grifondoro. Il punto era che non poteva fargliela passare liscia.
Orgoglio Grifondoro lo chiamavano.
O solo testardaggine di Hermione Granger, dipendeva dai punti di vista.
Era ovvio che se non poteva farsi vedere mentre prendeva quei libri, avrebbe dovuto farlo senza che nessuno si accorgesse di niente. Avrebbe dovuto essere invisibile.
Invisibile.
Hermione si chiese perché era tanto conosciuta per la sua bravura e intelligenze quando aveva la soluzione a portata di mano – proprio di fianco in quel caso – e non ci aveva minimamente pensato. Harry, che era seduto di fianco a lei, stava finendo tranquillamente di mangiare con l’espressione di qualcuno che consuma il suo ultimo pasto e non si accorso del cambiamento di umore dell’amica. Se ne rese conto solo quando lo strattono per la manica, facendogli vacillare quella cucchiaiata di budino che aveva intenzione di mangiare.
“Harry! Mi servirebbe il mantello dell’invisibilità!” Andò dritta al sodo.
Harry conosceva la sua amica per la sua grande rispettosità delle regole, incline a farle rispettare anche agli altri e ritenne giusto allarmarsi a quella richiesta inaspettata.
“Hermione, stai bene?” Chiese Ron, che la pensava esattamente come Harry. Avendo già dato prova di uno strano spirito di iniziativa con l’ES, ne dedussero che potevano aspettarsi qualche altra botta di testa da parte sua. Il ragazzo ricevette solo uno sguardo confuso da Hermione, che non vedeva cosa ci fosse di strano nel fatto che lei, Prefetto diligente, chiedesse un artefatto magico come il mantello dell’invisibilità, senza esprimersi in spiegazioni di alcun genere.
“A cosa ti serve?”Chiese cautamente Harry, sperando che l’amica non si volesse cacciare in qualche pasticcio.
“Oh, niente, è solo un esperimento.”
Aveva già in mente una sorta di piano, ma non era del tutto certa che sarebbe andato tutto liscio. C’era giusto una pecca che influiva un po’. Non aveva una scusa in caso fosse stata beccata e, in nessun caso, sarebbe riuscita a trovarne una.
L’unica cosa che poteva fare era rischiare, ma non voleva tirare in mezzo anche Harry e Ron. Sicuramente loro avrebbero voluto prendere parte a quella sua allegra scampagnata che mirava ad infrangere le idiozie imposte della Umbridge, nonostante l’attacco non fosse mirato a farglielo sapere, ed era per quello che agiva quando loro avrebbero pulito la serra.
Qualcosa quel giorno stava andando a suo favore.
“Non vuoi andare a fare una liberazione di massa degli Elfi e poi radunarli nell’esercito di Hermione, vero? No, sai, visto l’ES, perché non fare anche l’EH?” Chiese Ron, che riteneva plausibile quell’ipotesi tanto quanto era possibile che la bara dell’Umbridge sarebbe stata rosa.
“Non dire sciocchezze Ronald. Gli Elfi non possono essere costretti a fare qualcosa se non è il padrone a chiederglielo espressamente.” Spiegò, come se la cosa fosse la più ovvia di tutte.
“Puoi sventolargli davanti alla faccia un calzino o una maglia, così li attiri fuori.” Disse distrattamente, mangiando con calma la sua porzione di patate.
“Perché non provi con un calzino di Ron, Hermione?” La voce di Fred li raggiunse dall’altro lato del tavolo, facendo sghignazzare George, arrossire Ron e quasi soffocare Harry, che non ritenne particolarmente carino scoppiare a ridere in faccia al miglior amico. Hermione gli fece la linguaccia, stupendosi lei stessa del gesto stupido che aveva appena compiuto, inusuale per lei, ma cercò di non darvi troppo peso, spostando nuovamente la discussione sul fulcro da cui era partita. Harry, dal canto suo, preferendo evitare una discussione sui diritti degli elfi e sulle loro esigenze, tentò di sapere qualcosa da Hermione a riguardo del suo interesse verso il mantello.
Negli anni passati lo avevano usato solo per fare cose che erano giuste, certo, ma andavano leggermente contro le regole. Dubitava che all’amica sarebbe servito per fare qualcosa di più utile e meno irrispettoso. “Niente Harry, tranquillo. Solo una piccola perlustrazione. Sai, robe da Prefetti.”
Di perlustrazione, la sua idea, aveva davvero ben poco e di Prefetto ancora meno, ma, anche se il Ragazzo Sopravvissuto non riusciva completamente a credere alle sue parole, gli concesse comunque di usarlo. In fondo lei era Hermione, sapeva badare a se stessa e non avrebbe corso pericoli irrimediabili che avrebbero messo a repentaglio la sua condotta di brava studentessa.
In più Harry Potter non sarebbe riuscito a dirle di no.
La cena nella Sala Grande si concluse nella calma più assoluta, fino a quando i due non dovettero andare a scontare la loro punizione. Fecero insieme un pezzo di strada, poi le loro strade si divisero, chi verso l’ufficio del Professore di Pozioni, chi verso il suo dormitorio, ma prima: “Ehi, Hermione! Per il fatto della biblioteca e dei libri, visto che ci tieni tanto...”
“Sì, Ron?” Chiese incuriosita. Che avesse in mente una soluzione meno rischiosa e più fattibile della sua?Anche meno stupida e idiota, aggiunse in uno sprazzo di autocommiserazione.
“Beh, perché non ti smaterializzi in biblioteca, prendi qualche libro e ti rismaterializzi?”
“Ron! Lo sanno tutti che non ci si può smaterializzare in Hogwarts! Quante volte te lo dovrò ripetere?”
No, non c’era decisamente il pericolo che a Ron venisse un’idea che avesse qualcosa con un senso e una logica che l’avrebbero resa fattibile.

I due amici ne avrebbero avuto per un bel po’, il pus di certo non era facile da scrostare una volta rappreso, e il che, anche se a discapito dei due, non poteva che andare bene ad Hermione. Non poteva agire quando c’era ancora fermento nella scuola, doveva almeno aspettare che la maggior parte si rintanasse nella propria sala comune, così che lei non avrebbe avuto molte probabilità di incontrare qualcuno mentre si recava in biblioteca. Aveva preso il mantello di Harry mentre nella stanza del ragazzo non vi era nessuno: fortunatamente Dean e Seamus stavano giocando a Gobbiglie e Neville leggeva il Cavillo, perciò non dovette fare azioni mirabolanti per scacciarli dalla camera.
Poi, con la scusa che doveva fare la ronda, era sgusciata fuori dal dormitorio con una tracolla, dentro cui vi era il mantello.
Ovviamente, chiedere un po’ di fortuna, quel giorno, era come chiedere a Piton di indossare uno di quegli assurdi cappellini rosa della Umbridge.
“Ti ho beccato, Hermione Granger!” La voce di Fred, come già due volte quella mattina, l’aveva raggiunta. Lui le stava venendo con l’aria di chi la sa lunga.
“A fare cosa, Fred?” Chiese, apparendo normale. O meglio, cercando. Non era una cosa che le riusciva malissimo, ma non era neanche qualcosa che faceva giornalmente, per intenderci.
“Stai tentando di violare uno dei decreti di quella Santissima Donna!”
Hermione sbiancò di colpo. Come faceva a saperlo, lui? Non ne aveva fatto parola con nessuno: non che si potesse definire nei guai se Fred lo sapeva, lui non avrebbe fatto parola con nessuno.
“E quale decreto?” Chiese, mantenendosi sul vago.
“Oh, qualcuno ne starai violando sicuramente, ne ha piazzati talmente tanti che anche camminare è diventato una violazione.” Disse sorridendo. “Hai iniziato a camminare con la destra ed è vietato!” Aggiunse severo.
La Grifondoro sospirò sollevata. Tentò di cambiare discorso, spostandolo su altro.
“Cosa ci facevi appostato dietro quella colonna, Fred? Non è che sei tu, quello che infrange i decreti?” Chiese con un sopracciglio alzato.
Davvero, cosa ci faceva lì dietro?
“Osservare e sorvegliare, fino ad ora, non va ancora contro nessun decreto. Buon divertimento!” Aggiunse poi, tornandosene da dove era venuto e salutandola con un cenno della mano.
Sorvegliare chi?
Scosse la testa e non vi diede troppo peso: magari era la volta buona che si era trovato una ragazza. Decidendo di non fare caso alla comparsa di Fred, si ritrovò anche a cercare di non pensare alla sensazione che l’aveva colta dopo aver formulato quella supposizione. Sospirò pesantemente e riprese a camminare.
Mentre avanzava verso la biblioteca, si chiese ancora se avesse tutte quelle probabilità di farla franca e, mentre scendeva l’ennesima rampa di scale, immaginava il volto serio e sconvolto della McGranitt che l’avrebbe giudicata, se fosse venuta a sapere della sua brava.
Lei, una bravata del genere proprio dopo ciò che aveva detto quella mattina di Fred e George. Era proprio vero che il mondo andava a rovescio.
All’interno vi trovò una Madama Pince che sonnecchiava sulla scrivania, con le mani incrociate sotto la testa: a quell’ora non si aspettava di vedere nessuno varcare la porta.
Sobbalzò quando la vide entrare e le chiese cosa ci fosse venuta a fare, con la voce ancora impastata dal sonno.
“Sono venuta a riportare dei libri che avevo preso.” Disse, alzando per un lembo la tracolla, in cui aveva messo qualche libro preso quella mattina – rigorosamente per uso scolastico –, in caso avesse voluto controllare.
Non ci vide nulla di strano e la lasciò andare a posare i libri; qui iniziava il piano di Hermione. Mise a posto quei libri e, con una naturalezza che le parve impossibile dimostrare visto il nervosismo, si diresse lontano dalla presenza della bibliotecaria.
Prese due libri che poteva ricollegare alla lezione di Artimanzia e poi ne prese uno che non aveva niente a che fare con la sua ‘documentazione scolastica’.
Non fece neanche caso a quale libro aveva preso, non era importante, era solo un esperimento. Quanto si sentiva stupida non lo sapeva neanche lei.
Prese poi il mantello dell’invisibilità e vi avvolse dentro il libro, che poi ripose nella tracolla. Il piano fino a lì non faceva una piega, ma doveva fare in modo che Madama Pince non si accorgesse del fatto che la borsa era vuota, ma che sembrava comunque avere un discreto peso. Fece un respiro per tranquillizzarsi e andò verso la scrivania della bibliotecaria, mantenendo una calma da manuale. Stava andando tutto alla perfezione, ma era meglio non cantare vittoria prima del tempo.
Le fece annotare i libri che aveva preso e poi se ne andò.
Era un metodo stupido e lo faceva per un motivo idiota quanto inesistente, ma l’esperimento era riuscito perfettamente.


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Salve!^^
Questa long era nata per un contest proprio su questa coppia, il ‘Fred Hermione... this is love’ indetto da itachi_love, ma a causa di diversi disguidi (prima il morbillo, poi il computer si è fulminato e credevo di aver perso tutta la storia!çOç) non ho potuto farla partecipare.
Mmh, non è un granché, certe parti non mi convincono molto, altre invece sì: mi ci sono affezionata mio malgrado!XD Sì, mi ci vuole poco!ù,ù
Ammetto che non è molto FredHermionosa, ma è solo il primo capitolo. Beh, forse anche all’ultimo capitolo non lo sarà, ma sorvoliamo!xD
Mmh, per commentarla direi solo che tutta la trama si è costruita intorno alla faccenda che ha come protagonista Blaise, ma è un po’ di capitoli avanti e, no, non c’entra niente con la Fred/Hermione, perciò non so neanche dirvi come ho fatto a scrivere tutto attorno a quella parte!”>_>
Beh, la storia è già conclusa e conta sette capitoli, alcuni più lunghi altri meno, e con questo aggiungo anche il prologo, mentre con l’ultimo posto anche l’epilogo.
In questo capitolo si è notato quando adori la Umbridge, vero?*-*
Enjoy!xD
  
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