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Autore: Djali    13/09/2005    9 recensioni
Perché la luna lo trasforma in un mostro? Perché gli ha tolto tutto? Potrà mai Remus Lupin essere... un vero uomo?
Genere: Triste, Malinconico, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Remus Lupin
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Mi rigiro la coppa fumante fra le mani, con la mente distante. Aspetto che la pozione si raffreddi un po' prima di berla, e intanto osservo il suo vapore che si alza in morbide spirali pregne del suo odore pungente. Volgo lo sguardo alla finestra. Le tende sono socchiuse, ma attraverso la loro trama sottile riesco a distinguere il chiarore della luna crescente, questo mese, per l'ultima volta. Avvicino la coppa alle labbra e mando giù un primo sorso. Amaro, come al solito.

Tutto per quel morso, quello stupido morso. Tutto questo è solo per colpa di quella notte, da bambino, in cui mi trovai nel posto sbagliato al momento sbagliato. Tuttavia, credo che non dimenticherò mai quel momento, quegli occhi gialli, terribili... quelle zanne bianche e lucenti, arcuate come sciabole... Non dimenticherò mai la sensazione di gelo che mi percorse la schiena allorchè quelle armi micidiali si conficcarono nella mia carne. Sentii il sangue fluire fuori dalla carne lacera, caldo e denso, e insieme a lui sentii fluire fuori dal mio corpo tutta mia via vita come fino ad allora l'avevo conosciuta, la normalità , con cui avevo sempre abitato. Sentii di stare diventando un lupo mannaro.

Ingoio di nuovo, e la pozione mi scende nella gola dolcemente, quasi non me ne accorgo. Bevendo l'antidoto non provo certo quello che provo quando mi trasformo, quando che sento quando la luna mi maledice, coi suoi raggi pallidi, e mi muta in una bestia. Sento il mio corpo trasformarsi in qualcosa di malvagio e selvaggio, e il mio corpo e la mia anima subiscono la stessa terribile trasfigurazione. Quando la luna piena si riflette nei miei occhi... è difficile da spiegare. All'inizio sento solo il battere del mio cuore. Poi inizio ad avvertire come il mio corpo si trasforma.

Sento le mie ossa allungarsi. E' molto, molto doloroso. Sento la mia schiena curvarsi, e sento il mio cranio come se fosse sul punto di scoppiare sotto una morsa che lo schiaccia nella forma sottile e allungata del muso da lupo. Le mascelle e le tempie mi fanno un male terribile mentre i denti crescono a dismisura; sento che mi sfiorano il mento, affilati, e a volte sento colare qualche goccia di sangue lungo di essi. La pelle mi brucia come se fosse percorsa da piccole lingue di fuoco, e allora sento su di essa crescere la fitta, calda pelliccia color argento. Le orecchie si allungano e diventano sottili, e sento dentro di esse pulsare il sangue che scorre velocissimo. Avverto all'estremità delle dita un dolore acuto, come se le unghie mi venissero strapate via; invece crescono velocemtne, e diventano in pochi secondi dei durissimi, affilatissimi artigli.

La gola mi brucia un po'. E' come se vi fosse un liquido bollente che non riesco ad ingoiare. E appena la trasformazione è ultimata, il caldissimo liquido straripa all'esterno in un lungo, agghiacciante ululato. Quando sento la mia voce terribile squarciare il cielo della notte ormai non sono più un uomo. Sono un mostro. E non posso più dominarmi: tutto ciò che faccio da quel momento è completamente al di furoi del mio controllo. Potrei sbranare il mio migliore amico senza accorgermene.

Soppeso la coppa fra le mani. Il vapore che ne esce ormai non è altro che un filo quasi invisibile di fumo perlaceo. Ingoio un altro sorso della pozione, e mi si annebbia per un secondo la vista quando il sapore terribilmente amaro mi scende per l'ennesima volta nella gola e poi mi scende nel petto. Guardo di nuovo verso la finestra. La luna è ancora là. Certo, stanotte è inoffensiva per me come per qualcunque uomo, vero uomo. Bere questa pozione è l'unico modo che ho per rednerla quasi inoffensiva anche domani. Ingoio ancora.

Mi sento solo, terribilmente solo. Con quel morso, quella notte di tanti anni fa, la solitudine entrò nelle mie vene, nelle mie ossa. Da allora la terribile magia che la luna mi getta addosso come una rete da cui è impossibile districarmi non è solo un'ingiusta punizione che mi fa soffrire senza averlo meritato. Non è solo un aspetto di me che mi rende odiosamente disumano. E' una maledizione, che mi farà per sempre essere solo.

All'inizio fu così con mia madre e mio padre. Oh, il loro unico figlio tramutato in una tale, orribile bestia! Mi si spaccava il cuore quando incontravo i loro occhi lucidi di lacrime di dolore. I loro sguardi carichi di compassione mi ferivano l'anima più profondamente di come avrebbe potuto fare una lama afflata sul mio corpo. E mia madre... oh, gli occhi di mia madre. Non dimenticherò mai con che sguardo carico di disprezzo mi osservava a volte... Soffriva per me, ma soprattutto soffriva per se' stessa. Aveva perso un figlio, il suo unico figlio, la luce dei suoi occhi. E voleva farmelo pesare, farmi sentire malvagio, crudele... come se fosse stata colpa mia. In fondo credo che abbai sempre creduto che sia stata tutta colpa mia .

Mi sento solo come un wontolla che vaga sulle montagne coperte di ghiaccio. Certo, Silente cercò di aiutarmi, e devo ammettere che un po' ci riuscì. Del resto, se non fosse stato per lui io ora non avrei un minimo di istruzione. Quale altro preside avrebbe voluto nella sua scuola un animale feroce come me, che poteva uccidere i compagni, sbranare gli insegnanti...? Ma ora Silente è morto, e non c'è più per me il suo sguardo sereno e rassicurante dietro gli occhiali a mezza luna, non c'è più la sua mano tesa in un sincero segno di amicizia. Anche Sirius e James mi furono amici. Chissà come avrei fatto, senza di loro. All'inizio lo fu anche Peter, ma presto non potei più fidarmi di lui. Arrivai a desiderare di ucciderlo, tre anni fa. Ora che è servo di Voldemort, per me è più lontano di come potrebbe esserlo da morto. E di Sirius e James, invece... Non dimenticherò mai con quali pazienza e amore sopportarono i mie morsi, nella Stameberga Strillante, mutati in Felpato e Ramoso. Lo fecero solo per me, divennero Animagi per starmi vicini. Era illegale, ma per amor mio rischiarono. E ora, anche i loro sorrisi carichi di affetto e amicizia, le loro braccia sempre attorno a me per proteggermi dalla malvagità del mondo sono svanite irrimediabilmente dove non li posso raggiungere. E infine, Ninfadora... La mia amata Ninfadora. Forse, quello che sento bruciarmi nel cuore al solo suono di questo nome è l'unica cosa paragonabile per intensità alla mia trasformazione. Morirei per lei, farei qualunque cosa. Potrebbe amarmi come io la amo. Ma lei merita molto di più. Lei merita un uomo, un vero uomo. Non potrà mai essere mia, lo so.

Scaglio la coppa vuota con rabbia contro la finestra. Il vetro cade in frantumi con gran fragore sotto il colpo del contenitore di metallo. Le tende di sottile tessuto verde hanno un tremito, agitate all'improvviso dalla fredda brezza della notte che le solleva dolcemente, rivelandomi ciò che prima celavano: fra gli stipiti vuoti della finestra, come sospesa ad un filo invisibile, brilla malvagia la luna.

Mi avvicino alla finestra, con gli occhi puntati sul disco color perla. Mi sento rabbrividire, ma so che non è solo per il contatto dellaria notturna e fredda sulla pelle. Sento nel petto mille emozioni confuse in un tumulto spaventoso. Sento rabbia, odio, dolore. E' un'ingiustizia, una tremenda ingiustizia.

Mi hai tolto tutto, luna. Come puoi brillare così serena nel cielo? Chissà quanti amanti passeggiano abbaracciati sotto la tua luce. Ma come possono trovarti bella, come possono solo sopportare la tua nefasta presenza? Tu mi hai tolto tutto, luna. Mi hai tolto l'amore di mia madre e quello di mio padre quando non ero che un bambino. Mi hai tolto tutte le possibiltà che il mondo avrebbe potuto offrire ad un bambino vivace, studioso, perfino brillante, perchè nessuno mi avrebeb mai dato occasione di provare ciò che valgo. Mi hai tolto la stima, e perfino il rispetto di tutti gli altri uomini, quel rispetto che è un diritto anche degli indigenti, degli stranieri, dei più sfortunati, a me l'hai negato. Mi hai tolto l'amicizia, ma ho avuto la fortuna di ritrovarla; ed ecco che ora di nuovo l'ho persa. E tu, luna, ora mi hai privato perfino dell'amore. La donna che amo, o luna, tu me l'hai tolta. Me l'hai sottratta da sotto le dita, ti ho vista e ti ho sentita mentre me la facevi scivolare via dalle mani. E per colpa tua non potrò averla ora nè mai.

Mi senti, luna? Senti con quanto odio ti parlo? Perché continui a splendere silenziosa, come se del mio dolore nulla t'importasse, come se non fosse che una piuma nel vento, smarrita e incerta, la mia vita che per me non ha più valore? Rispondimi, ascolta la prece di giustizia che ti rivolgo, mia truce giustiziera, liberami dalla mia maledizione. Mi senti, luna?

   
 
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