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Autore: Elis12    01/07/2010    3 recensioni
Quel giorno Toshiro Hijikata e Sogo Okita se ne andavano in giro in coppia come sempre. Ma questa volta c’era qualcosa di diverso. I due ragazzi, infatti, tenevano in mano un libro dalla lucida copertina rossa.
Genere: Generale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kondo Isao, Okita Sogo, Toushiro Hijikata
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Ed ecco qua un altra fic, anche questa su Toshi, Sogo e co. La prossima volta cercherò di farle anche su altri personaggi. Non è proprio il massimo, ma comunque spero vi piaccia.

Buona Lettura ^.^

 

A volte un libro avvicina le persone

 

Quel giorno Toshiro Hijikata e Sogo Okita se ne andavano in giro in coppia come sempre. Ma questa volta c’era qualcosa di diverso. I due ragazzi, infatti, tenevano in mano un libro dalla lucida copertina rossa. Strano, pensò Kondo. Mai una volta aveva visto uno dei due leggere qualcosa che non fosse il giornale. E per giunta la cosa più strana in assoluto era che lo stavano leggendo insieme! Impossibile, si era decisamente impossibile. Toshi e Sogo erano completamente diversi. Non andavano mai d’accordo, i loro interessi erano unici nel loro genere e ogni volta che si trovavano insieme o litigavano o cercavano di farsi fuori a vicenda. Pochissime erano le cose che li accomunava fuori dal lavoro. Ora che ci pensava, probabilmente quello a cui entrambi tenevano di più nel loro lavoro di pubblici ufficiali, era la voglia di uccidere Katsura. Ma cosa centrava questo con un libro? Che cosa potevano avere in comune mayo-man e un sadico? Kondo non se lo spiegava proprio. E non riusciva nemmeno a capire perché si stesse sforzando tanto per risolvere questo complicato dilemma. Lui che agiva sempre senza pensarci su troppo, seguendo il suo fiuto di guerriero e il suo istinto di samurai. Infatti, Kondo ne combinava di casini, che poi il suo fidato secondo doveva sistemare. Ripensò al filo dei pensieri che aveva appena fatto scorrere… a Katsura… ripensò a Katsura, che in quel momento poteva essere là fuori, chissà dove, magari intento ad architettare il prossimo attentato. Una rara lampadina si accese nella mente del Comandante. Ma certo, quello che Hijikata e Okita hanno in comune è… la voglia di uccidere! Un brivido corse lungo la schiena di Kondo. Si girò verso i due ragazzi ancora incollati al libro, e cercò con gli occhi un qualcosa di sospetto sulla liscia copertina rossa. Vide, allora, delle sottili e svolazzanti scritte nere, che prima non aveva nemmeno notato. “Come fare a pezzi un terrorista” recitava il titolo. Ma che razza di libro è? Il titolo poi!? Chi cavolo scriverebbe un libro così macabro? L’immagine di Otae affiorò nella mente di Kondo, facendolo impallidire. Ma che sciocchezze stava pensando? La sua dolce Otae non poteva certo scrivere tali cattiverie.  La sua dolce, bellissima, amata Otae. Kondo arrossì senza volerlo, ma tanto gli unici in quella stanza erano troppo occupati per accorgersene.  Non staccavano gli occhi dal libro che entrambi reggevano con una mano. Erano così immersi che niente li avrebbe distratti. Kondo era seriamente preoccupato, anche per il fatto che andavano d’accordo così a lungo senza litigare.

 

< Bene, è ora di andare! > disse con la sua solita allegria. Un debole “mmh” uscì dalle due bocche in segno di risposta. Salirono in macchina e si sedettero nel sedile posteriore senza nemmeno smettere di leggere. Kondo, alla guida, gli lanciava occhiate da padre preoccupato dallo specchietto retrovisore. Per tutto il tempo che erano stati via, loro non avevano fatto altro che leggere, leggere e ancora leggere. Si staccarono solo, all’ora di cena, quando si ritrovarono tutti nella sala da pranzo. I due ragazzi sembrano essere tornati normali, ridevano e scherzavano con i compagni. Kondo decise di ignorare deliberatamente la vocina che nella sua testa diceva “di solito Toshi e Sogo non ridono e scherzano con i compagni, ma si sfottono a vicenda”. Finita la cena ognuno tornò nella propria stanza, e Kondo, sollevato perché di libro ce n’era solo uno, si ritirò anche lui.

Infatti, proprio così, di libro ce n’era solo uno e i due ragazzi, che ormai erano giunti alla fine, non potevano certo lasciarlo lì così. Erano troppo curiosi di sapere come sarebbe andata a finire. Non riuscivano a resistere… la tentazione era troppo forte…

 

Toshiro era in piedi sul pianerottolo fuori dalla sua stanza. Stava aspettando qualcuno, e intanto contemplava i neri contorni degli alberi, che si muovevano nella notte, stagliati contro il cielo scuro illuminato da numerose stelle lucenti. Quando finalmente vide una figura bianca avvicinarsi, spense sotto un piede la sigaretta, ormai consumata, che teneva tra le labbra schiuse. Sogo entrò dietro al ragazzo, chiudendosi la porta alle spalle. La stanza era illuminata debolmente da una luce fioca, proveniente da una lampada eretta contro il muro, che ricadeva dolcemente sul futon che giaceva in mezzo alla stanza. I due si sdraiarono su un fianco, uno accanto all’altro, sul futon di Hijikata. Le braccia piegate e i pugni chiusi appoggiati alle tempie, sostenevano le due teste. Nella stessa identica posizione, ripresero in mano il libro. Gli occhi scorrevano su quelle pagine, lungo quelle frasi, per un tempo infinitamente lungo. Le parole cominciarono ad annebbiarsi, Toshiro sbadigliò assonnato. Spostò lo sguardo sul compagno e vide che Sogo dormiva profondamente. Il braccio lungo disteso sul pavimento, la testa appoggiata sopra e la mascherina, non adagiata sugli occhi, faceva come da fascia sui suoi capelli lisci. Giaceva immobile, solo il petto si alzava e si abbassava lentamente. Sembrava un dolce angioletto, un bambino che riposava dopo essere tornato stanco dal parco giochi. Ma Toshi sapeva fin troppo bene che quel ragazzo di giorno era tutt’altro che un angioletto. Chissà, magari anche i suoi sogni erano sadici in realtà. Però quell’immagine lo attirava. Aveva un che di famigliare. Il viso rotondo, la giovane pelle morbida, quei capelli biondi che ricadevano a ciuffi, disordinati, sulle palpebre chiuse. E solo allora si accorse della profonda somiglianza tra Sogo e la sorella. Mitsuba. Quella fanciulla così dolce, che rideva tenendo una farfalla gialla su un dito. Il suo sorriso, quei denti così bianchi, che ora non vedeva più. Quel magico sorriso ormai spento, quegli occhi brillanti ormai chiusi, quel corpo femminile ormai immobile. Mitsuba. Dolce, bellissima, sorridente, Mitsuba. Ne aveva avute di occasioni per stare con lei, ma se le era lasciate scappare. Il suo kimono colorato gli scivolava come seta tra le dite, allontanandosi. L’aveva lasciata andare allora, e non aveva nemmeno avuto il coraggio di starle accanto, quando era in fin di vita in quel letto di ospedale. Coraggio che il fratellino, pur sempre piangendo, aveva trovato. E ora, osservando quel bambino cresciuto, capiva che l’aveva persa. La nostalgia dei vecchi tempi e il ricordo che ora Mitsuba non c’era più, opprimevano il cuore di Toshiro. Il senso di colpa si fece strada tra il suo corpo e una salata lacrima solitaria scese da quei freddi occhi neri e gli scivolò lungo la guancia, lasciando dietro di sé una scia bagnata e luccicante. Perché in fondo era sempre stato innamorato di lei, anche se l’aveva rifiutata. E ora maledisse silenziosamente il giorno in cui le aveva detto quel dannato “no”; e se n’era andato con un fagotto sulle spalle e una katana lungo il fianco infilata nella cintura del kimono.

< Non capisco come tu abbia fatto a perdonarmi. > sussurrò accarezzando una ciocca di capelli biondi. Tra quei pensieri tormentati, le palpebre gli divennero pesanti e gli occhi si chiusero. Il braccio scivolò sotto il peso della testa e si posarono per terra. Hijikata si era addormentato al fianco dell’altro ragazzo che gli ricordava così tanto la sua amata. Quei due corpi giacevano sul futon illuminati da una debole luce, e in mezzo a loro c’era, aperto, quello che gli aveva legati per un’intera giornata. Un libro dalla copertina rossa.

 

< Ma, infatti, io non ti ho perdonato, caro il mio Vice-Comandante. > sussurrò di rimando Sogo, quando fu sicuro che nessuno lo stesse ascoltando. Con una mano si abbassò la mascherina sugli occhi e un sorriso assai sadico si increspò sulle sue labbra rosse.

 

Angolo dell'autrice:

Ok, questa non era previsto. Non era mia intenzione fare un monologo mentale di Kondo. XD Volevo mettere più dialoghi, ma mi sono uscite tre misere frasette, di cui l'ultima la migliore. Adoro troppo Sogo, non potevo non mettere una sua frase sadica. XD Un pochetto OOC i personaggi *chiede scusa* XD Non so dove sia uscita l'idea del libro e mi rendo conto di averla scritta un po' alla cavolo, ma il mio obbiettivo era quello di scrivere il HijikataXMitsuba. Spero vi sia piaciuto almeno il pezzo finale.

E ora via con i ringraziamenti. XD Ringrazio Lawrlia e Sarhita per aver commentato la mia prima fan fic: "Anche se fuori c'è bel tempo non è detto che sarà una bella giornata".

@Lawrlia: grazie del commento e dei tuoi preziosi suggerimenti. ^^ Ho risistemato gli errori che mi hai fatto notare nell'altra fic e ho fatto in modo di non ripeterli in questa. Per quanto riguarda il mio uso frequente del nome "Toshi", hai proprio ragione, quel nome è proprietà di Isao Kondo XD Ma nonostante mi piaccia un sacco questo nomignolo, ho cercato di alternare Toshi/Toshiro/Hijikata. Grazie ancora ^.^

@Sarhita: Grazie del commento ^^. sono felice che ti sia piaciuta. Alcuni punti hanno fatto ridere anche me, e scrivere per poi mettersi a ridere da soli sotto gli occhi della madre non è molto normale XD. Comunque Sogo sempre il migliore. Grazie di nuovo ^.^

Commentate e consigliate ^^

Grazie anche a chi si limita di leggere. Bye Bye

  
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