Si era appena adagiata sospinta dalle onde sulla sabbia morbida della riva, racchiudendo in sé quel segreto appena carpito.
La voce del mare riecheggiava in lei.
Ma sarebbe rimasta lì ad aspettare. Non avrebbe raccontato a nessuno le sue storie sussurrate e incomprensibili. Avrebbe aspettato mentre intorno a lei la luce si affievoliva ed il cielo si illuminava delle sue stelle.
Avrebbe atteso paziente orme che la sabbia avrebbe rubato. Avrebbe aspettato di riconoscere la sua stessa magia.
Le sarebbe bastato udire un suono.
Poi una mattina gonfia di vento si sentì sollevare dal suo nascondiglio e la sua impronta fu subito cancellata. Il mare, d’inverno, chissà perché è così inquieto.
Venne finalmente ascoltata. Poteva raccontare ancora una volta quella storia.
E un’altra le venne restituita.
Conobbe così il suono della vita.
Era pulsante, deciso, ma sapeva infondere la calma che da’ il vento quando scompiglia le onde che lo rincorrono e gli rispondono.
Era un suono che sapeva dare calore. Alle volte pieno di allegria, altre volte carico di malinconia. “ Guarda: una conchiglia! Ascolta, si sente il mare.”
Allora era quello il suono che faceva un cuore?