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Fremevano gli occhi verdi della Regina, compiacendosi per la
meravigliosa immagine di cui potevano godere.
Non che Sua Maestà fosse una creatura vanesia o piena di sé, ma Boris
era a conoscenza della consapevolezza che la donna aveva
riguardo le sue grazie… E d’altronde come poteva essere negata una tale
evidenza?
Sospirò, fermo lì dov’era nell’ombra, intimorito dal pensiero di poter
offuscare con le sue goffe membra l’armonia di quella creatura.
“Vieni avanti Boris, non ti divoro… Non te.” Ironizzò
Lilith, spostandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio e posando
la spazzola sul ripiano della toilette.
Il demone si fece avanti con lentezza, constatando che i suoi logori
abiti da maggiordomo ridicolizzassero ulteriormente la sua presenza al
fianco di quell’angelo.
La donna gli sorrise attraverso l’immagine nello specchio.
“Sai Boris, riflettevo…” Cominciò, lisciandosi le pieghe della
veste azzurrognola che le fasciava il corpo.
“Riguardo cosa, mia Signora?” Domandò con delicatezza l’altro,
lo sguardo disperso lungo tutto quel profilo seducente.
“E’ vicino il tempo delle scelte: posso
avvertire nell’aria l’attimo della svolta! Eppure, mio caro, finora non
ci siamo mai realmente curati della personalità contro
la quale sarà destinata questa vergognosa alleanza.” Lilith
si espresse con un pizzico d’ironia, continuando a lanciare sguardi
ammaliati al suo riflesso.
Boris assunse un’espressione sconcertata ed i suoi occhi per un istante
smisero di colmarsi d’ammirazione e desiderio, mostrandosi interessati
e in allerta.
“Gabriel cammina tra noi agognando al potere, Michael sembra
che giaccia con Belial… Tu che ne pensi?”
Anche quando era stato un misero novizio, nella sua rigida sensibilità,
tale dimostrazione di purezza lo aveva spesso reso perplesso.
Lo stesso Astaroth, suo antico maestro, aveva condiviso quel sentimento
assai fondato.
Infatti, tante volte le parole dell’ormai dannato Conte gli tornavano
alle labbra, risuonando come una filastrocca stonata ed insistente.
“Solo quando la luce è più
spessa delle tenebre, bisogna covare dubbi sulla reale entità delle
cose.”
Rise di
cuore, socchiudendo gli occhi verdi e stanchi.
Non riposava da diverso tempo…
Non che ne sentisse l’incessante bisogno, però sul suo fisico quella
continua veglia aveva avuto effetti devastanti.
Aveva perso Gabriel.
Aveva perso Michael.
Aveva perso Raphael.
Aveva perso Samael.
Anael si era allontanato.
Sachiel lo fissava deluso.
Cassiel non esisteva più da millenni, ormai…
Che ne
era stato dei sette Arcangeli portanti?
Ignorando l’emanazione d’energia spirituale della sala dei troni, la
quale diveniva ogni giorno sempre più insopportabilmente potente, si
diresse in quello che tutti gli angeli chiamavano “L’Androne dei
Bisbigli.”
Uriel credeva che tale nome fosse dovuto alla particolare struttura ad
archi della sala ampia: difatti, appena adombrata, questa si slanciava
in arcate continue e consecutive verso l’alto, creando un perfetto
equilibrio in grado di facilitare la trasmissione del suono.
Lamenti, pianti, preghiere e forse risposte sembravano
ripetersi all’infinito in quel luogo.
Si sentiva piuttosto stupido, lui, rappresentante del Consiglio
e massima autorità (dopo il Guerriero) a credere alla presenza di Dio
in quel luogo.
Lui c’era da qualche parte…
E questo
gli era stato insegnato con passione ed accuratezza.
Ma da troppo tempo non sussurrava personalmente parole di conforto agli
Angeli.
Già, era divenuta concezione quasi comune tra gli spiriti minori del
completo abbandono del Signore.
Uriel, però, sapeva bene (o almeno, così gli era stato detto) che
l’assenza del Signore fosse dovuta unicamente alla sofferenza che ogni
giorno lo feriva e lacerava.
Provenisse quest’ultima dalla Terra, dall’Inferno o dal Paradiso stesso.
In un moto di confusa disperazione, l’angelo s’inginocchiò sfinito ed
abbattuto al duro suolo, grattando con le unghie il pavimento fino a
spezzarle, fino a farle sanguinare.
“Mio Signore…Se davvero esiste una traccia
di Lei in questo luogo, mi liberi! E’ un peso troppo grande, lo reggo da troppo tempo, l’ho ricevuto troppo presto… Basta.” Singhiozzò in preda ai tremori
delle lacrime.
E continuò a piangere lì,
tra le braccia sottili di Anael il quale, avendolo raggiunto in
silenzio, inginocchiato alle sue spalle lo cullava dolcemente.
Difatti, il sogno non è prerogativa degli angeli, poiché è la sola fuga
concessa agli umani dai loro legami terreni; e fu proprio questo ad
intimorire il Guardiano.
Avanzava insicuro lungo uno stretto corridoio di pietra bianca ,
volgendo lo sguardo tutt’intorno: non riusciva a capire se quel luogo
fosse freddo o fosse caldo; era nudo certo, ma la sua pelle né si
rizzava, né sudava.
Il cammino si fece ad un certo punto più ripido e l’angelo, scivolando
sul suolo divenuto bagnato, sollevò lo sguardo su di un liscio specchio
d’acqua.
Scorreva in senso verticale, senza incrinare la limpida superficie.
Yurij, ancora disteso, si alzò con fatica: la prima cosa che lo
impressionò, specchiandosi distrattamente nell’acqua, fu notare il suo
volto annerito dalla terra e dalla polvere; sbuffò, allungando le mani
verso quella fonte per ripulirsi.
Ma si allontanò di scatto, rabbrividendo per l’intenso e, soprattutto,
inaspettato gelo… Ed allora osservò il proprio corpo in tutta la sua
interezza.
Rimase stranito da ciò che vide: qualcosa di alieno ed
estraneo si era formato tra le sue gambe, laddove poco prima era stato
liscio e informe.
Pendeva orribilmente, inorridendolo.
Quell’organo gli trasmetteva un tale senso di incompletezza e disagio
che quasi lo nauseava!
Si sfiorò, poi, quelle macchie di carne più rosee
apparse sul suo petto e nel toccarle serrò gli occhi, schiudendo le
labbra.
Un fastidioso piacere l’aveva scosso ed autonome le sue mani, rapite in
quell’attimo di subdola inibizione, catturarono il neonato membro
accaldato, per poi spostarsi a palpare le sue natiche già umide.
In lui qualcosa annegava, bagnandogli le gambe e macchiando il suolo
bianco del corridoio in pietra.
Tremando e gemendo, cadde in ginocchio con un tonfo sordo, lamentandosi
piano per il calore tra le sue cosce…
E, sicuramente, sarebbe rimasto piegato su stesso a contorcersi
nell’impossibilità di soddisfare quel desiderio ancora a lungo,
se una risata non l’avesse distratto.
Sollevò lo sguardo umido, guardando nello specchio d’acqua.
“Non ci sono guardie?” Chiese in un bisbiglio speranzoso Sachiel,
lanciando uno sguardo alla reggia oltre la spalla di Gabriel.
“Non credo ce ne sia bisogno.” Rispose atono quello, impietrito.
Infatti, contorcendosi in una smorfia di dolore o derisone (questo
dubbio li tormentò sempre) il grande portone bianco scomparve
placidamente, offrendo loro l’entrata libera all’androne in marmo della
Dimora.
“E’ un invito piuttosto esplicito…” Commentò Samael, rabbrividendo.
Il Guerriero non mosse un solo muscolo; fermo a gambe divaricate, i
sandali immersi nel terriccio secco, fissava con una serenità quasi
stonata quella buia tana.
Si voltò con lentezza verso i suoi sottoposti e parlò:
“Dovremo dividerci.” Cominciò con tranquillità. “In
gruppi da dieci ognuno di noi si dirigerà in direzioni opposte: io con
il mio seguito andrò a nord, Gabriel verso ovest, Sachiel ad est, Anael
ad ovest e Samael a sud.” Elencò con praticità, giocherellando con le
lame gemelle ed ostentando una noncuranza quasi artificiale.
“E’ così necessario separarci?” Domandò allora Anael, perplesso.
“Se vogliamo avanzare più velocemente, direi di sì.” Sussurrò Kei; si
aspettava una domanda del genere, posta non a torto.
“Ognuna di queste direzioni porta ai giardini, certo, ma dobbiamo
cercare di arrivarvi tutti. Avanzare come un unico gruppo risulterebbe
faticoso e svantaggioso di fronte a ciò che ci troveremo di
fronte.”
“E’ solo una Reggia vuota..!No? Bisognerà semplicemente evitare
Lucifero.” Sbuffò con leggerezza Gabriel, portandosi in spalla la sua
spada.
“Affatto.” Bisbigliò Kei.
La sala era un meraviglioso arcobaleno di colori e per un attimo gli
angeli restarono sorpresi, persi nell’ammirare quell’elegante ed
inaspettato particolare.
Il viola delle pareti si illuminava di oro in un gioco di luci ed
ombre, dove l’oscurità assumeva i toni del rosso più acceso.
Il verde sorgeva d’improvviso, brillando come un lampo lungo tutto il
perimetro dei muri, per andare a spegnersi in quel rosa che, caloroso,
esplodeva in mille scintille dallo spettro tendente ad un più cupo
bordeaux.
Infine l’azzurro, ultimo lento barlume, si rifletteva placidamente in
ogni angolo della sala.
“E’
bellissimo.” Pensò amaramente
il Guerriero, specchiandosi nei raggi cremisi del luogo. “L’Inferno
sa come accogliere i propri nobili.” Si disse ancora, cinicamente
divertito.
“E’ spaventoso.” Deglutì d’improvviso Samael al suo fianco e, subito,
gli occhi di Kei si puntarono sulla figura del giovane eletto: il
Guerriero si era sorpreso a quel commento, così dissimile dalle sue
mute riflessioni.
Osservò lo sguardo del giovane angelo, quasi in lacrime, spostarsi
angoscioso da una parete all’altra.
“Vorrei essere cieco solo per non dover subire quest’infima tortura. E’
un inganno pauroso, e ne siamo attratti come falene. L’oscurità
dell’oblio è più dolce e piacevole, se confrontata a quest’esplosione
di colori ingannatori.” Fece agitato quello, contraendo il volto in una
smorfia di dolore.
E Kei sospirò, posandogli una mano sulla spalla.
“Sono le sette depravazioni umane, Samael: Superbia, Avaritia,
Luxuria, Invidia, Gula, Ira et Accidia. Sono state generate da
Lucifero con la sua caduta, e con Lucifero stesso abitano questi
luoghi. Guardatevi le spalle, ora che ci allontaneremo gli uni dagli
altri… Sono creature capricciose… Ma potremmo essere fortunati e non
incontrarne alcuna… Preghiamo che sia così.” Spiegò con un sorriso, poi
strinse le sue lame. “Vi aspetto tutti fuori, signori.”
Dichiarò infine, invitando il proprio gruppo a seguirlo.
C’era spavalderia in quei modi di fare e sicurezza nella luce di quegli
occhi rossi come i riflessi appena ammirati, ma doveva ammetterlo, Kei,
che non era più così sicuro di sopravvivere.
Sette essenze s’erano scisse dal corpo di Lucifero, incarnando ciò che
erano state le turpi azioni del Serafino.
Sette
Satana, figure diverse e personificazioni
distinte del medesimo Essere: essi accerchiavano certamente Lucifero,
ma osavano prendersi un’indipendenza impensabile per gli altri nobili.
Anche se gli ordini di Sua
Maestà fossero stati, paradossalmente, di risparmiarli, i Satana non
avrebbero affatto esitato a cancellare le tracce della loro esistenza.
Il respiro del Guerriero era
profondo e sereno, ed avrebbe potuto ingannare chiunque, poiché rappresentava in maniera
eccellente un adagio inesistente…
Ma i palmi delle mani erano
gelati, le gambe tremavano impercettibilmente e gli occhi, fuggiaschi,
saettavano in ogni angolo del corridoio che si tingeva di rosso.
“Ira al suo servizio, messere
Kei.”
Ed era proprio ciò che il Guerriero
temeva avvenisse.
L’ombra cupamente scarlatta,
che tingeva le pareti inseguendo i loro passi, altro non era che la
materializzazione della Depravazione alla quale più desiderava sfuggire.
Si fermò di colpo, bloccando
con un gesto della mano anche l’avanzare dei suoi.
Qualcuno alle sue spalle si
lamentò, altri chiesero spiegazioni, ma Kei non li udiva: splendido, il rosso del sangue sembrava
essere in grado di illuminare la sala nella quale, inavvertitamente,
s’erano ritrovati.
Il liquido purpureo si
diradava dai loro fianchi e, sfiorandoli, scorreva lungo il pavimento
lucido fondendosi al centro di esso; lì vi si intrecciava e mischiava,
esplodendo in ipnotiche e macabre coreografie, fino a quando lentamente
e con serafica serenità, i primi abbozzi di una forma dalle sembianze
umane presero vita dal groviglio carminio innanzi a loro.
Kei sentiva di essere solo.
Ovattato sorgeva qualche
grido, di sfuggita scorgeva candide piume cadere imputridite dal sangue.
“Ira è qui solo per lei,, messere Kei.”
C’era un sorriso a mezz’aria, ed
era spaventoso.
Fino a dove un minuto prima c’era la sua immagine di uomo nudo e
debole, adesso si rifletteva quella di una bella creatura
maliziosa ed intrigante.
“Chi sei..?” Domandò con la spontaneità dei bambini, sollevandosi con
una certa fatica dal suolo.
Avvertiva il proprio corpo pesante e goffo, come se non gli
appartenesse.
“Potrei essere te.” Rispose quella, avvicinandosi a fronteggiarlo
dall’altra parte.
Una sua mano si poggiò alla superficie d’acqua, quasi invitando Yurij a
fare lo stesso.
Il Guardiano si disse che era davvero bella.
Le labbra sembravano disegnate, tanto delicata era la maniera in cui si
delineavano ed i capelli, mossi ed arruffati, le coprivano le belle
forme femminili con ché di vagamente pudico.
Le gambe lunghe, dalle caviglie sottili e delicate, si slanciavano in
una linea armoniosa verso cosce agili dalla muscolatura soda, al centro
delle quali l’organo femminile, coperto da radi peli pubici, donava un’ovvia
identità a quel bell’essere.
Neanche Lilith, si disse l’Angelo, poteva aspirare a tanta perfezione.
“Me?” Bisbigliò, poggiando con timore la mano sulla superficie acquosa
laddove era quella della donna.
Con piacere, notò che non avvertiva il gelo dell’acqua, bensì
unicamente il calore del palmo di lei.
“Questo è uno specchio… E cosa fanno gli specchi?” Domandò retorica,
avvicinando anche il volto allo strato d’acqua.
Come attratto da quei gesti e da quel modo di fare, il Guardiano si
avvicinò al viso della giovane riflessa, in maniera impulsiva e senza
alcun timore.
Restò zitto, tanto sarebbe stata ovvia la risposta, e si ritrovò anche
ad essere irritato da quel modo di fare così simile al suo.
La ragazza rise ancora, con lo stesso dolce suono di qualche attimo
prima.
“Sei molto bello Yurij ed anche io ti piaccio…” Affermò con estrema
convinzione.
I suoi occhi brillarono, illuminandosi quasi gioiosamente a quella
constatazione fatta proprio da lei: sembrò quasi che aspettasse di
pronunciare solo quelle parole!
“Resteresti con me?” Disse, allora, timorosamente.
L’angelo osservò quelle labbra muoversi al suono della richiesta fatta:
erano rimaste schiuse per tutta la frase, solo i denti e la lingua
avevano giocato nella pronuncia delle parole, poi quei petali s’erano
sigillati d’improvviso e poi, ancora, subito si erano socchiusi e così
fermati, supplichevoli.
“Io… Io non posso.” Deglutì quello, indietreggiando con un accenno poco
convinto.
Per un istante la lucidità l’aveva colto e, ammonitrice, gli aveva
bisbigliato all’orecchio che quello non era luogo per lui, che la sua
coscienza non sarebbe dovuta sfuggire alla realtà e che da qualche
parte, oltre le pareti di roccia di quel sogno ingannatore, il suo
corpo marciva in preda alla corruzione.
“Ti prego, non lasciarmi qui da sola… Fanno male, tanto male.”
Yurij avrebbe voluto chiederle cosa la facesse soffrire e perché,
soprattutto, una creatura come quella dovesse sentire –ingiustamente a
suo dire- dolore.
Poi le vide di sfuggita e quasi per puro caso: appena illividite
sottili cicatrici le solcavano i polsi.
Sussultando, levò la mano dalla superficie d’acqua e si rese conto che
non ne avvertiva il gelo solo perché il sangue raggrumato sui palmi
della ragazza lo riscaldava… Senza contare le gocce della stessa linfa
rossa che scorrevano alle spalle di lei.
Quelle ferite così familiari su tali estranee membra lo spaventarono e, contemporaneamente, gli trasmisero
una profonda pena.
Ben presto, però, constatò che quella stessa pena fosse unicamente autocommiserazione
ed allora si odiò profondamente.
Il suo corpo sano e virile rifletteva l’immagine sfregiata e
leggiadra di una donna abusata come angelo dalle ali tranciate.
Si chiese cosa dovesse scegliere, si interrogò silenziosamente su
quella stramba questione.
La ragione, la voglia di lottare e di scacciare il seme del Messaggero
dal proprio corpo si scontrava col desiderio di stringere quel bel
riflesso e baciarlo a lungo, sino a quando il sonno non fosse calato su
quelle palpebre.
Sarebbe stato bello fuggire, quasi desiderava inspirare nuovamente la
soffocante aria infernale, piuttosto che l’umidità di quella nivea
caverna!
Ma così come agognava a reali respiri, non metteva in dubbio
che l’illusione di poter assaporare il profumo della fanciulla
fosse invitante…
Una forma molto perversa di Narcisismo che egli stesso, in cuor suo,
non provava vergogna nel definirlo tale.
Infine, sembrò trovare un compromesso: allungò una mano alla figura
dall’altra parte dello specchio, attraversandone le acque cristalline.
L’altra, silenziosa, sorrise ancora: un accenno di insana vittoria ne
illuminò per un istante gli occhi azzurri, ma Yurij non lo notò,
concentrato com’era a lottare contro l’istinto che gli gridava e lo
supplicava di fuggire.
La ragazza fece un passo e poi due nello strato di sangue rappresosi ai
suoi piedi, stringendo la mano che il Guardiano gli offriva.
“Saremo una sola cosa, tesoro…”
Nonostante il Guerriero fosse un’autorità indiscussa, il potere era
concentrato, d’altra parte, nelle mani di quei tali Angeli che vantano
cariche dall’importante spessore.
“Siano cavati
gli occhi a chi ha contemplato il peccato.” Citò divertito il
Guerriero, intuendo dal silenzio calato che Raphael fosse rimasto piacevolmente
sorpreso innanzi al truculento spettacolo del suo viso.
“P-Perché?” Chiese in un
soffio l’arcangelo, sollevandosi.
Non era mai stato bravo con le parole, lui.
Il suo compito, limitato a dolci gesti, lo aveva rilegato in un mondo
di amori ed affetti silenziosi, che lo nutrivano di volta in volta
attraverso sguardi e sorrisi.
Raphael aveva visto ogni tipo di male e ne conosceva le conseguenze,
atroci o meno che fossero: la sua vita di Guaritore e di Guida degli
Angeli Custodi era stata arricchita, d’altra parte, proprio da queste
esperienze.
Aveva asciugato tante lacrime e baciato un’infinità di ferite aperte,
ma ancora non comprendeva perché gli esseri viventi, terresti o
ultraterreni, sentissero il bisogno di farsi del male.
In tutti quegli anni -millenni indefinibili- aveva, quindi, messo a
punto una stramba teoria, secondo la quale nelle diverse creature vi
fosse insito un perverso spirito di sopravvivenza che prevalesse sulle
coscienze, spingendo all’azione del male fisico.
Questo comportamento, per la sua mente estremamente razionale,
rappresentava qualcosa di davvero bestiale.
“Il governo del Cielo sta assumendo tanto
le sembianze di una dittatura.
Sai, le parole ed il significato di esse pesano tanto, e pagarne le
conseguenze per la loro semplice esposizione pare una risoluzione assai
adeguata. Mi sono pronunciato in favore di Yurij, il mio antico
Compagno; l’ho dichiarato innocente ed ho condannato, invece, il
giudizio a cui fu sottoposto. Uriel già mi aveva additato come
traditore, Gabriel, cercandomi, mi aveva semplicemente invitato innanzi
al Consiglio.” Era stato un bisbiglio frenetico, quello di Kei.
Raphael avrebbe potuto paragonarlo ai deliri dei folli, da com’era
stato impastato di rabbia e furore.
“Siano cavati
gli occhi a chi ha contemplato il peccato.” Ripeté ancora una
volta il Guerriero.
“Ha un ché di estremamente poetico, non
trovi?” Aggiunse con
un sorriso sornione.
Samael aveva tenuto lo sguardo basso per tutta la durata del discorso:
era vergognoso ammetterlo, ma l’espressione che quel volto assumeva pur
senza alcuno sguardo lo inquietava e spaventava profondamente.
Lo faceva sentire piccolo, sciocco e miserabile, poiché tale forza
veniva sprigionata anche senza il potere che gli occhi, in una
qualsiasi creatura, vantavano.
Infatti, per fare un esempio, lui stesso era in grado di imporre la
propria autorità solamente attraverso gli sguardi e Kei spesse volte lo
aveva rimproverato per la sua incapacità nei gesti e nelle parole: il
Guerriero era, infatti, la dimostrazione che l’influenza ed il
magnetismo d’un capo non si fondasse solo ed unicamente sulla violenza
dell’agire.
Raphael avanzò verso il guerriero, allungando le mani verso quel volto
sporco di terra e sangue.
“Il Male è in Cielo, in Terra e sotto la
Terra. In Paradiso il potere di ciò che è stato sigillato freme
impaziente d’esplodere: se deve’esservi un’Alleanza, che sia
così! Sono disposto a danzare col Diavolo e a morire, purché sia
restituita dignità a ciò che fu puro. Cerchiamo Yurij, cerchiamo
l’Illuminato Lucifero! E che le schiere Infernali diventino nostre
legioni!” Dichiarò
infine, prendendo tra le mani quelle di Raphael.
Samael, rabbrividendo a quelle penetranti, seppur basse, parole sollevò
il capo, constatando quanto l’alba fosse così spaventosamente vicina.
“Stella del Mattino…” Deglutì,
rimirando l’istantaneo e morente splendore del primo lume che calava
all’orizzonte.
Allora il Guaritore, dai palmi caldi e ricchi di quell’aura curativa
che stava ricostituendo le fibre cellulari degli occhi di Kei, serrò le
palpebre.
“Si, signore.”
Aveva i capelli molto più lunghi rispetto ad altri suoi simili che,
lisci e dalle sfumature cenere, gli ricadevano elegantemente ai lati
del volto ed erano motivo della sua –segreta.- vanità.
Nella luce di quegli occhi castani -tante volte distratti o persi in
contemplazioni lontane.- si riflettevano serietà ed un’infinita
spensieratezza, che non poteva non risultare buffa in
confronto all’aria apparentemente solenne dell’angelo.
Se Anael fosse stato un demone o un essere umano, sicuramente avrebbe
assunto forme femminili.
Il suo aspetto dolce, infatti, dava proprio questa parvenza, così come
le curve morbide dei suoi fianchi sui quali si posavano le linee degli
abiti.
Uriel, ad esempio, aveva già un aspetto più rigido ed affilato, che
lasciava intravedere una certa mascolinità nei tratti somatici.
Ma queste sottili e particolari caratteristiche avevano ben poca
importanza tra gli Eletti, asessuati com’erano.
Tremava Uriel, e lo faceva tra le sue braccia.
Provava un’estrema vergogna per quell’umiliazione che si stava
infliggendo con la stessa violenza dei brividi che lo scuotevano…
Fiero, burbero e scontroso, solo quando era in solitudine e disarmato
s’abbandonava alle preoccupazioni, ai tormenti ed ai ricordi che
scioglievano la debole ed infima barriera da cui era avvolto…
E, in quel mentre, lo stesso calore di Anael aveva avuto proprio
quell’identico effetto causato dai suoi ritiri di silenziosa
riflessione.
“Mi hanno ingannato…” Bisbigliò
con un filo di voce appena udibile.
L’altro angelo non commentò, aumentando semplicemente la stretta
attorno le membra del compagno.
“Uriel, ti prego, calmati.” Tentò quello,
ma l’altro lo allontanò con forza e furia, fissandolo ardendo.
Troppe volte aveva represso il suo istinto di forte guerriero: legato
all’essenza che alimentava l’elemento della Terra, si era sempre
mostrato coerente, costante e cauto nelle sue scelte.
Eppure, la Terra stessa all’interno della sua dura barriera possedeva
un cuore di fuoco pronto ad esplodere..!
Dunque, questa caratteristica della sua personalità dalle sfumature
bipolari era sempre stata sedata dallo stesso angelo, che privilegiava
la riflessione all’agire sconsiderato.
Oh, ma in quel momento si sentiva accaldato, rovente e preda di una
crescente pressione paragonabile unicamente a quella dei vulcani.
“Non posso calmarmi, non posso! E’ marcio
questo luogo, sono marce queste mura, sono marci i nostri animi. Noi
abbiamo covato in seno una serpe ben peggiore del crudele Diavolo… Hai
visto la sala dei troni? Hai visto le ali? E dove sono i nostri
compagni?All’Inferno tra le braccia di Signor Lucifero, disgustoso
essere dalla bava sanguinante e dalle lacrime dolci! La maggior parte
dei nostri Angeli ignorano ciò che sta avvenendo… E con chi credi che
si alleerebbero, allo scoppiare delle forze? A questo punto mi basta
morire, o meglio ancora udire la voce penetrante e pericolosa del mio
Conte Astaroth..!” Avrebbe
aggiunto altro veleno alle sue parole, se Anael non lo avesse
schiaffeggiato con violenza.
“Sei uno stupido ed un egoista. Noi sei
l’unico ad essere stato abbandonato sia da Dio che dal Diavolo. A
condannarti è stata la maniera in cui ti sei lasciato influenzare dalla
presenza di Gabriel, e tu ben sapevi, stupido –e te lo ripeterò
all’infinito, dannazione!- che il suo temperamento era peccaminoso e
roso dall’Invidia nei tuoi confronti!”
A quelle parole veritiere, Uriel
chinò lo sguardo come ad aver ritrovato la propria compostezza ed il
suo fare pacato…
Si toccò la guancia in
fiamme, ripetendo a sé stesso quanta ragione contenesse il discorso di
Anael…
Eppure, aveva sempre e solo desiderato un compagno fidato a
cui fare riferimento.
“Inganno, mio Signore.”
“Cosa porti con te?”
“La giusta battaglia, la sottomissione e la volontà di Dio, mio
Signore.”
“Io ti dono la vita.”
“Grazie, Portatore di
Luce.”
“Guerra, mio Signore.”
“Cosa porti con te?”
“Violenza, stupri e sangue, mio
Signore.”
“Io ti dono la vita.”
“Grazie, Portatore di
Luce.”
“Carestia,
mio Signore.”
“Cosa
porti con te?”
“Fame, disperazione
e follia, mio Signore.”
“Io ti
dono la vita.”
“Grazie,
Portatore di Luce.”
“Morte, mio Signore.”
“Cosa porti con te?”
“Cadaveri, vermi e putrefazione, mio Signore.”
“Io ti dono la vita.”
“Grazie, Portatore di Luce.”
ewe.
Riuscirò mai a concludere questa storia?
E’ una domanda che in molti si pongono e che si pongono da tempo
immemorabile.
In questo capitolo avrei dovuto liberare Yurij, ma… Sarebbe venuto
decisamente troppo lungo, la storia è già pesante di per sé, dunque ho
concluso prima… Molto prima.
E mi sono incasinata anche con i Peccati Capitali, visto che loro
sarebbero dovuti comparire più avanti…
Ma meglio delineare la cerchia di Lucifero caro adesso, no?
Allora, la donna che Yurij vede riflessa nell’acqua è la sua stessa
immagine, ovviamente! Nel prossimo capitolo acquisterà una forma
demoniaca particolare… Che credo in molti abbiano intuito XD!
Kei si è rotto le scatole (come me.) e prenderà in mano la situazione
u.ù!
In questo capitolo ho lasciato un po’ in intimità Yurij e Lucifero (eh,
bhé, poveri cari!), ma torneranno nel prossimo u.ù!
La storia ormai è delineata e credo parecchie cose si siano capite, da
questo momento in poi tocca solo far venire tutti i nodi al pettine.
Spero che questo capitolo possa esservi piaciuto e mi auguro lascerete
un commento X3!
Baci, grazie a tutti.
Iria.
Comunque sia, era necessaria trascrivere la storia di Belial, in modo
tale da dare un ruolo attivo ad il personaggio –indovina un po’
chi è?- che muove tutto e che si rivelerà alla fine.
Mi fa piacere che sia stata chiara per quanto riguarda il sesso degli
angeli. Biblicamente queste figure sono asessuate, ma, purtroppo, per
dare un senso alla mia storia avevo bisogno di inventarmi qualcosa di
solido sul quale creare solide base. Credo di esserci riuscita abbastanza
bene. Alla fine mi contento di come sono riuscita a trasmettere l’idea.
Yurij non si è scoperto donna solo per quell’istante.
E, certamente, dopo questo capitolo avrai intuito qualcosa.
Spiegazioni riguardo il suo sesso nel prossimo capitolo, al massimo tra
due.
Bon, mi auguro che anche questo capitolo possa esserti piaciuto X3. Un
bacio X3.
Dunque, credo che, obbiettivamente, dare del “magnifico” allo scorso
capitolo sia “esagerato”, ma comunque lo apprezzo tantissimo e ti
ringrazio per la lusinga.
Spero che anche questo capitolo possa dimostrarsi all’altezza X3. Un
bacio X3.
Astaroth ricomparirà presto
al fianco di Lucifero, e di altri suoi sottoposti: siamo quasi arrivati
alla risoluzione di tutti i problemi e alla nascita di altri ben più
gravi.
Per quanto riguarda Yurij
donna… Credimi se ti dico che non è ancora finta X°D.
Bhé, mi auguro che questo
capitolo possa esserti piaciuto come il precedente, un bacio X3!
EDIT: A causa di un mio errore di memoria avevo invertito di un
posto la sequenza dell'apparizione delle quattro Figure citate alla
fine del capitolo, che ora ho aggiustato! Ringrazio Ben per avermi
fatto notare l'errore ^w^! Il Falso Profeta non è stato citato per una
mia scelta "strategica" a livello di trama ^ò^! Un bacio a voi tutti!
Iria.