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Autore: Egle    05/07/2010    34 recensioni
Arthur mosse appena le spalle, cercando di conquistare una posizione più comoda. Le manette erano insopportabilmente scomode e fredde a contatto con la sua pelle. Voltò il capo verso Merlin, gli occhi incupiti dal cattivo umore. “Questa è stata veramente un’idea del cazzo” ringhiò, provocando un sorriso perverso sul viso dell’altro. “Beh è la prima volta che ti vedo così fermo” replicò Merlin...
Genere: Romantico, Commedia, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Merlino, Principe Artù
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Questa storia è interamente dedi

Questa storia è interamente dedicata a Harry - che ha assistito alla nascita e a tutta l’agonia prima che io riuscissi a portarla a termine – e a GiulyB. Senza di loro questa storia sarebbe appassita e morta senza vedere mai una fine, l’ho completata unicamente per loro.

 

Un grazie particolare a tutti coloro che hanno letto/commentato le mie storie precedenti, in particolare What about now – lo so che aspettavate un aggiornamento – e True no.

Ho deciso di pubblicare questa storia perché è molto tranquilla, leggera… ho notato un moltiplicarsi di angst ultimamente e mi son detta perché non rallegrare un po’ mettendo su qualcosa senza pretese?

Ed ecco spiegato il perché del mancato aggiornamento di What about now… che non è la cosa più allegra e leggera del mondo!

 

Qualche avvertenza prima di cominciare la lettura.

1. Questa storia è ambientata al nostro tempo e il tono è volutamente colloquiale. Ci sono milioni di parolacce, per quello c’è un rating alto. Se vi danno fastidio vi consiglio di non leggerla (non ce ne sono tantissime e niente di troppo volgare comunque, è sullo stile di Obbligo o verità…)

2. Le coppie sono un po’ le *mie* canoniche. Se non avete mai letto mie storie potreste rimare un po’ spiazzati…

 


Spero che vi piaccia… lasciatemi un commentino e basta credo!

Un bacione!

 

 

 

 

Save the fucking tree

 

Arthur mosse appena le spalle, cercando di conquistare una posizione più comoda. Le manette erano insopportabilmente scomode e fredde a contatto con la sua pelle. Voltò il capo verso Merlin, gli occhi incupiti dal cattivo umore.

“Questa è stata veramente un’idea del cazzo” ringhiò, provocando un sorriso perverso sul viso dell’altro.

“Beh è la prima volta che ti vedo così fermo” replicò Merlin, appoggiandosi più comodamente contro il tronco dell’albero.

Morgana li aveva convinti a prendere parte alla sua protesta per salvare un albero centenario dall’abbattimento. Doveva essere una “cosa grossa” con televisioni, giornalisti e decine e decine di manifestanti che si sarebbero battuti per difendere la vecchia quercia da un magnate della finanza senza cuore o scrupoli morali.
Alla fine era venuto fuori che il magnate era Uther Pendragon, padre di Arthur, che il vasto esercito verde era composto da ben cinque sfigati che avevano ceduto alle richieste di Morgana e che il suo attaccamento nei confronti della quercia nasceva dal fatto che vi aveva inciso sopra le proprie iniziali insieme a quelle del suo primo fidanzatino quando aveva quindici anni.

Arthur non l’aveva presa granché bene, ma tutti si erano premurati di informarlo sui dettagli soltanto dopo che era stato incatenato all’albero e reso inoffensivo. Merlin credeva che ormai non ci fossero più santi in paradiso, visto che Arthur li aveva tirati giù tutti con una perizia, una fantasia e una creatività nel variare le imprecazioni che non pensava possedesse.

Chiuse gli occhi quando il ragazzo grugnì, sporgendosi un po’ per far rientrare Morgana nel suo campo visivo.

“Mi hai sentito? E’ stata un’idea del cazzo” ribadì, guadagnandosi un’occhiata torva.

“Ti provoca così tanto dolore fare la cosa giusta per una volta?” ribatté la sua sorellastra. “Questo albero...”

Arthur emise un lamento frustrato, accasciandosi nuovamente addosso al tronco. “Ti prego, non ricominciare. Ci hai già strapazzato abbastanza i coglioni con le tue menate ecologiche! E poi non lo fai per l’albero. Lo fai perché ti facevi portar qui da quello psicopatico di Mordred quando eri ragazzina”

“Non chiamarlo psicopatico!” gridò Morgana, avvampando.

Merlin sospirò mestamente. Sapeva come sarebbe finita. Un giorno li avrebbe presi entrambi, li avrebbe chiusi in una stanza e li avrebbe lasciati liberi di massacrarsi a vicenda finché non ne fosse uscito uno solo ancora vivo.

E Merlin non aveva la matematica certezza che sarebbe stato Arthur a vincere.

“Psicopatico”

“Piantala” strillò Morgana, allungando una gamba per cercare di colpirlo, ma centrando con precisione clinica lo stinco di Merlin.

“Oh Mordred, vieni qui… mettimi le mani nelle mutandine” disse Arthur con una vocetta insopportabile.

“Sei uno schifoso” replicò Morgana, mollando un altro calcio negli stinchi di Merlin per errore.

“Mordred… Mordred…” cantilenò Arthur, guadagnando altri calci per le gambe di Merlin, il quale non sapeva se erano peggio le botte da parte di Morgana o la vocina irritante di Arthur.

“Se non volevi venire, potevi restare a casa. Nessuno avrebbe sentito la tua mancanza”

“Davvero? Bene, allora liberami, così me ne posso andare”

“Col cazzo! Adesso stai qui finché la protesta non sarà finita”

Merlin scosse la testa, sfinito. A volte si chiedeva come fosse possibile che Arthur e Morgana non si accorgessero di quanto fossero simili. Poteva dire con assoluta certezza che i loro crani erano fatti di un materiale poco nobile e che aveva poco a che fare con il tessuto osseo, ma che era più affine a una parola che Arthur pronunciava in continuazione.

“Morgana!” ringhiò il ragazzo cupamente, strattonando le manette assicurate alla catena che avevano fatto passare attorno al fusto della pianta.

“Non ha lei le chiavi” disse qualcuno dall’altra parte dell’albero.

“Che cazzo vuol dire che non ha lei le chiavi?”

Merlin poteva quasi palpare l’isteria nella voce di Arthur. Sarebbe stata una lunga, lunga notte.

“Le ha Vivian” rispose Lancelot, l’impavido.

Merlin serrò forte le palpebre, facendo una smorfia, quando Arthur chiamò la sorella con un epiteto irripetibile.

“Vivian! Ehi, Vivian” sbraitò il ragazzo, cercando di attirare l’attenzione della fidanzata di Leon, che si era elegantemente accomodata a uno dei tavolini del bar, situato al centro del parco. Non avrebbe mai preso parte a manifestazioni così plebee, che prevedevano cose come sedersi per terra, farsi pungere dagli insetti e respirare l’odore dell’erba. Ciononostante nella sua infinita gelosia non avrebbe permesso a Leon di stare a così stretto contatto con due ragazze come Morgana e Gwen senza il suo occhio vigile.

Assottigliò un po’ lo sguardo, osservando la ragazza bionda lontana un centinaio di metri. In tutta onestà, Merlin non riusciva ancora a capire come Leon e Vivian si fossero potuti mettere insieme.

Si lasciò sfuggire uno sbuffo di risata quando Arthur masticò una parolaccia molto volgare diretta a Vivian, che continuava a leggere imperterrita il suo Vogue e a sorseggiare un caffè shakerato, senza degnarlo di un’occhiata.
Era più che sicuro che riuscisse a udirlo perfettamente, ma Morgana doveva averle dato disposizioni ben precise per quanto riguardava la liberazione dei manifestanti.

“Questo è rapimento. Io e Merlin vogliamo andarcene, non puoi tenerci qui contro la nostra volontà”

Merlin sbatté un paio di volte le palpebre, fissandolo. Lui non amava particolarmente quella situazione, vista la postura estremamente scomoda e la quantità discutibile di insetti, ma non aveva mai detto di volersene andare. Aveva preso un impegno con Morgana, non sarebbe stato nella sua natura alzarsi e tornare a casa.

Anche se… beh lui e Arthur generalmente facevano tutto insieme. Era insolito vedere uno senza l’altro. A volte li invitavano automaticamente insieme, tipo coppiettina. Il che era strano, molto strano visto che erano solo buoni amici.

Ooooh… che carino. Tu e Merlin…” disse Morgana, inclinando la testa di lato e mettendo su un broncio molto fastidioso.

“Come sei dolce, Arthur” disse Gwen, seduta accanto a lei.

Merlin torse il collo il più possibile per cercare di vederla. Perché quel tono?

Perché Arthur era dolce?

“Cosa? Io non sono dolce” ribatté l’interessato, pronunciando l’aggettivo come se fosse stato qualcosa di disgustoso.

“Sì, invece”

“Sei molto dolce” ribadì Gwen, resa immune agli insulti di Arthur dalla protezione fornitale da Lancelot, l’impavido.

“Oh avanti, Arthur. Lo sappiamo tutti che sapevi perfettamente che sarebbe stato un rompimento di palle incredibile, ma sei venuto ugualmente per Merlin”

Merlin sentì le sue sopracciglia schizzare improvvisamente verso l’attaccatura dei capelli. Spostò freneticamente lo sguardo da Morgana ad Arthur e viceversa. Stava passando un qualche tipo di comunicazione sotterranea tra loro due, che lui non riusciva a cogliere.

“Morgana” disse il ragazzo, sembrava il tuono che brontola in lontananza.

“E’ la verità! Sei venuto qui per…”

“Ahu” sbottò Merlin quando Arthur gli rifilò un calcio, cercando di colpire Morgana.

“Sei psicopatica come il tuo ex fidanzato”

“Io? Sei tu che continui a non voler dire la verità! Che male ci sarebbe nell’ammettere che…”

“Ahu!” disse di nuovo Merlin al secondo calcio di Arthur.

“La vuoi smettere di tirargli calci?” strillò Morgana, colpendolo a sua volta, visto che nessuno dei due era in grado di arrivare all’altro ma potevano comodamente raggiungere le sue di gambe.

“Smettetela! Smettetela subito tutti e due” gridò Merlin, avvertendo la rabbia risalirgli dal collo fino alle orecchie. La cosa positiva del non arrabbiarsi mai era che le rare volte in cui si metteva a gridare otteneva subito quello che voleva. “Bene” esalò, appoggiandosi nuovamente contro al tronco non appena si furono sedati. Lanciò un’occhiata ad Arthur, le sue guance erano di un ricco e intenso color rosso.

Ma non poteva davvero credere che era andato lì per lui. Insomma… erano amici, passavano anche molto tempo insieme e a volte si ritrovava a pensare che Arthur aveva sviluppato una specie di gelosia radicale nei suoi confronti, ma non avevano un tipo di rapporto che travalicava la semplice amicizia.

Era del tutto impensabile che Arthur…

Si riscosse quando Vivian li raggiunse, camminando leggiadra sui tacchi vertiginosamente alti. Allungò un po’ il collo per vederla accucciarsi davanti a Leon, incatenato al fianco di Arthur.

“Tesoro, io devo andare. Monique deve fare la pappa” cinguettò la ragazza, dando una carezzina leggera alla sua barboncina bianca. Aveva un collare di brillantini e due fiocchetti rosa assicurati al pelo delle orecchie. Merlin non aveva mai visto niente di più gay di quel cane in tutta la sua vita.

“Ehi… ehi… Vivian, liberaci”

Merlin chiuse gli occhi, cominciando a ridere. Arthur non sarebbe mai riuscito ad arrendersi davanti al girl power. Non aveva ancora capito che era inutile continuare a lottare. Anche perché Vivian era arrabbiata con lui per non averle detto che era gay la prima volta che si erano conosciuti.

“Ciao Morgana, tesoro. Ti chiamo domani” lo ignorò la ragazza, schivando i suoi piedacci quasi fossero qualcosa di pestilenziale.

“Ehi… Vivian. Vivian” continuò imperterrito Arthur, mentre la ragazza si allontanava, ancheggiando.

Merlin gli rivolse un’occhiata significativa quando si abbandonò contro al fusto dell’albero. I capelli biondi gli ricadevano scomposti dalla fronte, leggermente umidi di sudore.

“Tuo padre sa che siamo qui e che domattina gli operai devono cominciare i lavori. Secondo me ci fa portar via dalla polizia prima che Gwen cominci ad aver seriamente bisogno di un bagno” cercò di incoraggiarlo, confidando sulla scarsa autonomia della ragazza.

Morgana non poteva davvero averli incatenati tutti lì e aver dato le uniche chiavi esistenti per liberarli a Vivian. A un certo punto lei e Gwen avrebbero avuto bisogno di un bagno. Lo sapeva perché andare in giro con loro era una specie di incubo costellato di pause-pipì.

Arthur sbuffò, voltando un po’ il capo verso di lui. Stava iniziando a far buio e le lampade a batteria solare che Morgana aveva disposto tutt’intorno si erano accese.

Merlin colpì appena la sua spalla con la propria per rincuorarlo.  Arthur lo imitò, sorridendo lievemente, senza poi scostarsi.
Era bello sentire la sua spalla contro la propria, percepire il calore della sua pelle, la solidità di suoi muscoli. Merlin si morse il labbro inferiore. Ogni tanto pensava di essere veramente un imbecille ad accontentarsi di così poco.

Si umettò leggermente le labbra, osservando il cielo scurirsi. Morgana e Gwen stavano confabulando a bassa voce, Lancelot e Leon dovevano essersi appisolati, dato che erano entrambi taciturni e immobili.

“Quello che...” iniziò, pentendosi automaticamente non appena Arthur puntò i suoi occhi azzurri nei propri. Affrontare quell’argomento era una pessima idea e lui era completamente idiota se pensava che Morgana  potesse avere anche minimamente ragione. “Sai... prima...” balbettò.

“Cosa?”

“Morgana… Il fatto che tu sei venuto qui per...” mormorò.

“Oh” replicò Arthur, scostando lo sguardo. Merlin osservò il suo pomo d’Adamo muoversi mentre deglutiva nervosamente. A volte la tentazione di mordicchiargli il collo era così forte che doveva far violenza su sé stesso per non farlo.“Quello...”

“Sì” sussurrò Merlin, sfiorando appena il braccio di Arthur con il suo. Adorava averlo così vicino, poterlo toccare sfuggevolmente facendo passare quei gesti per casuali. “E’ una stronzata. Non so come le sia potuto venire in mente” aggiunse in fretta, per cercare di allentare la morsa che gli aveva stretto lo stomaco.

“Sì… sì.. .assolutamente. Una stronzata” confermò Arthur.

“Sì, non so davvero come abbia potuto anche solo minimamente pensare che noi due…”

“Già” bisbigliò Arthur, atono.

Merlin annuì senza sapere che cosa rispondere.

Una piccola parte di lui aveva sperato che Arthur smentisse le sue parole, che gli dicesse che Morgana aveva ragione, che era tutto vero, che era venuto lì a manifestare unicamente per poter stare con lui. Si rendeva perfettamente conto che era un’assurdità. Passavano gran parte del loro tempo libero insieme, non avrebbe avuto nessun senso per Arthur partecipare a qualcosa che non gli andava solo per potergli stare vicino.

“Ma se…”

Merlin voltò nuovamente il capo verso di lui. Arthur stava evitando il suo sguardo scrutando il proprietario del bar intento a ritirare i tavoli e a sistemarli nel magazzino.

“Cosa?”

“Se ci fosse qualcosa di vero in quello che ha detto Morgana?”

Merlin sentì il suo cuore iniziare a battere più velocemente. Si morse l’interno della guancia, cambiando posizione nervosamente.

“Che intendi…”

Arthur si inumidì le labbra, se solo non avesse avuto le braccia bloccate probabilmente si sarebbe passato una mano tra i capelli. Lo faceva sempre quando era nervoso. Quello e contrarre la mascella. Era facile capire lo stato d’animo di Arthur o per lo meno era facile per lui visto che trascorreva gran parte del suo tempo ad osservarlo.

“S- se io…”

“Se tu…”

Arthur si voltò verso di lui, cercando il suo sguardo con il proprio. “…fossi venuto qui per te?”

Merlin si lasciò sfuggire uno sbuffo di risata dal naso. Intuì istantaneamente che era la reazione sbagliata, quando Arthur si accigliò. Si affrettò a cancellarsi il mezzo sorriso dalla faccia, indossando un’espressione concentrata.

“E perché dovresti essere…”
”Cazzo, Merlin! Ti reputi tanto intelligente ma a volte sei veramente un idiota”

Merlin si mosse a disagio, le manette erano incredibilmente scomode. Soprattutto perché gli impedivano di correre via in caso quello si fosse rivelato tutto un grandissimo errore di valutazione e lui avesse scoperto di aver frainteso le parole di Arthur. “Vuoi dire che io…” mormorò cautamente, non credendo lui stesso a quello che stava dicendo. Non poteva piacere ad Arthur. Era empiricamente impossibile.

“Sì” lo interruppe l’altro. Il suo pomo d’Adamo non trovava requie nella sua gola. Doveva essere più agitato di quanto Merlin sospettasse. “Molto”

“Ah” commentò, mordendosi il labbro inferiore. Le sue orecchie stavano andando a fuoco. “A-anche tu… a me… molto” replicò balbettante.

“Bene” fu il commento di Arthur. Continuava a guardare tutto fuorché lui. “Possiamo andare a berci una birra domani” aggiunse dopo una manciata di secondi.

“S-sì, mi sembra una buona idea” concordò Merlin, fissando anche lui un punto indistinto di fronte a loro. Arthur gli aveva appena dato un appuntamento. Un appuntamento non amichevole. Un appuntamento vero. Come quelli che si danno a persone che…

Merlin sorrise, affondando le dita nel terreno. Sentiva il legno di una delle radici della quercia sotto i polpastrelli. Cominciava seriamente a piacergli quell’albero.

Trattenne il respiro quando sentì un tocco leggero sul dorso della sua mano. Abbassò lo sguardo, accorgendosi che il mignolo di Arthur lo stava sfiorando. Rispose cautamente al suo tocco accarezzandogli piano il profilo del dito con il suo. Dio, si sentiva un ragazzino inesperto.

Continuò a non respirare mentre il ragazzo spostava la mano sulla sua, stringendola in un abbraccio caldo.

“Non dire che sono dolce” mugugnò Arthur, arrossendo furiosamente.

“Non mi permetterei mai” replicò Merlin, sorridendogli.

 

 

***

 

Merlin mosse appena il collo, riemergendo lentamente dal sonno. Aveva male dappertutto.

Batté un paio di volte le palpebre nel tentativo di abituare gli occhi alla luce del sole. A un certo punto della notte doveva essersi addormentato. Presumibilmente dopo che Arthur aveva giurato di ammazzare la sorellastra in modi molto dolorosi e creativi e prima che qualcuno gli mettesse una coperta sulle spalle.
”Oooh che dolci. Si tengono per mano” disse Morgana, inclinando la testa di lato. Lei e Gwen avevano un’espressione a metà strada tra l’estatico e il beffardo.

“Vaffanculo” replicò Arthur, già perfettamente sveglio. Merlin non riuscì a impedirsi di sorridere idiota, quando si accorse che nonostante tutto Arthur non toglieva la mano da sopra la sua.

“E buongiorno anche a te, sunshine!” replicò Morgana, inginocchiandosi di fronte a loro. Le chiavi tintinnarono nella sua mano, il suono melodioso della libertà.
”La protesta è finita. Uther si è arreso, ha approvato il progetto con la variante. L’albero resta” aggiunse, dando una carezza affettuosa al tronco della pianta.

“Potremmo chiamarlo l’albero dell’amore” suggerì Gwen.

Merlin le lanciò un’occhiata cupa, massaggiandosi distrattamente i polsi, per una volta era d’accordo con Arthur nell’insultarle. Non erano affatto simpatiche e lui voleva solo tornare a casa e farsi una doccia calda. Si rimise in piedi, sentendo delle scariche di dolore attraversargli i muscoli delle gambe. Era stato nella stessa posizione troppo a lungo. Compì qualche passo incerto, appuntandosi mentalmente di non farsi mai più convincere da Morgana a fare una cosa del genere.

“Chi vuol venire a far colazione?” chiese Leon. Vivian, perfettamente truccata ed elegantissima anche quell’ora del mattino, gli zompettava intorno per togliergli alcune foglioline che gli erano rimaste impigliate nei capelli un po’ lunghi.

“Passo. Ho urgente bisogno di una dormita” replicò.

Sorrise, quando il braccio di Arthur serpeggiò attorno alle sue spalle e lo attirò verso di lui.

“E adesso vedete di non rompere per i prossimi due giorni” disse il ragazzo, trascinandolo verso la macchina. Qualcosa gli diceva che Arthur si era preso il diritto esclusivo su di lui.

“Facciamo tre” gli soffiò nell’orecchio, non appena furono abbastanza lontani perché gli altri non li sentissero.

“Merlin…”mormorò Arthur, attirandolo bruscamente il suo petto.

“Sì?”

“Non riesco ad aspettare fino a stasera”

Merlin rise, sfiorandogli il collo con le dita.

“Nemmeno io” sussurrò, sporgendosi verso di lui per baciarlo leggermente.

 

 

   
 
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