Quanto aveva bevuto?
Non lo ricordava più.
In ogni caso meno di quanto avrebbe
dovuto, perché era
ancora cosciente. O no?
L’aveva deciso così, su due piedi, in preda ad un brillante momento di genialità.
Tagliarsi le vene era doloroso, e sporcava.
Di impiccarsi, soffocarsi, annegarsi, bhe, non se ne parlava proprio.
Il gas non era abbastanza teatrale, e poi ci aveva già pensato la sua Sylvia, a farlo così.
Perciò
bevi, Ofelia,
bevi fino a che non andrai in coma, e poi morirai. Morirai
nell’eccesso, nel
vizio, come il poeta decadente che sei.
L’aveva deciso per lei, perché era stato troppo ridicolo, grottesco, inaspettatamente idiota.
Le ragioni per cui una relazione finisce sono molteplici.
E lei le aveva sopportate tutte.
Tradimenti, disamoramento, indifferenza, antipatia.
Ma quello era troppo.
“Mia madre ci ha viste ”
Bastò questo a sradicare un sogno appena nato.
Stava adagiato sul cuore, non aveva avuto il tempo di radicarvisi.
Così moriva, Ofelia, annegata nell’alcol che in vita aveva amato.
Annegando nell’alcol la sua incapacità di gestire una storia che finisce senza rancore. Senza che la colpa sia di una delle parti.
Non sapeva farlo. Non sapeva andare avanti, senza biasimare qualcuno.
E così morì.
E la sua morte sarà sempre sulla coscienza di quella donna, che ha negato un sentimento puro,
e di quella ragazza, troppo vigliacca per amare. O forse che soltanto non l’amava abbastanza.
ADDIO,
OFELIA, BUONA
FORTUNA.