Storie originali > Epico
Ricorda la storia  |      
Autore: Icer    16/09/2005    6 recensioni
Una roccaforte immersa nella notte gelida del Nord, un attacco improvviso dall'esercito dei barbari, la gloria di un uomo, il coraggio di un guerriero, un breve racconto sulla vittoria, sulla gloria e sull'epico spirito dei guerrieri.
Genere: Azione, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
L'Assalto dei Barbari

L'ASSALTO DEI BARBARI

Un soffio di vento gelido lo fece rabbrividire.

Era così deprimente quel luogo. L'Autunno aveva ingrigito ogni cosa.
Durante l'Estate quello doveva proprio essere un bel posto.

Per un istante Timas immaginò quella sterminata vallata che si stendeva davanti ai suoi occhi durante la stagione calda.
Essa doveva essere stupenda, ricca di ruscelli, alberi rigogliosi, prati fioriti e migliaia di animaletti che correvano e zampettavano nel bosco.

Un altro soffio di vento ancor più gelido del precedente lo fece tornare alla realtà dal mondo fiabesco in cui era sprofondato.

Davanti a lui non c'era altro che un paesaggio desolato e deprimente, i ruscelli erano ghiacciati, l'erba secca e gli alberi ormai stavano perdendo quasi del tutto le loro foglie.

Quel luogo doveva tanto assomigliare all'aldilà, o almeno così pensava Timas.

Gli Inferi dovevano essere un luogo molto somigliante a quello, qualcosa di desolato e freddo, un luogo sperduto, dove le anime dei dannati avrebbero vagato inutilmente per l'eternità.

- Ti manca il tuo caldo Sud, vero?

Timas si voltò. Davanti a lui apparve il volto del comandante del suo reggimento, il Barbaro Grigio si faceva chiamare, probabilmente per via del colore della sua barba.

Pochi conoscevano la sua identità, fra i soldati semplici come Timas circolavano voci e leggende, alcuni dicevano che il Barbaro Grigio avesse veramente del sangue di barbaro, altri invece sostenevano che fosse stato trovato mentre girovagava ramingo per le strade della capitale e fosse stato integrato nell'esercito dall'imperatore in persona.

Nessuno lo conosceva realmente.

- Be'...un po' - rispose intimidito da quella domanda Timas.

Timas proveniva da una provincia del Sud, dove il mare è sempre azzurro, le colline sono verdi e rigogliose di vigne che producono vini dolci e caldi, come quella terra perennemente assolata.
Effettivamente il Sud gli mancava, e molto. Lui, giovane cavaliere del Sud sbattuto improvvisamente in un reggimento nell'estremo Nord, al freddo e al gelo, per contrastare le avanzate sempre più consistenti dei barbari.

- E ci credo...sai, un tempo anch'io ho abitato in una provincia del Sud, devo dire che lì si sta davvero bene, le donne sono formose e molto disponibili, il vino è dolce e il clima è stupendo... - detto ciò se ne andò, com'era venuto.

Quella frase aggiungeva un capitolo alle leggende che circolavano sul comandante. E così aveva abitato anche nel Sud, che fosse nato al Sud? No, impossibile, i suoi lineamenti, la barba e i suoi capelli un tempo biondi facevano pensare ad uno del Nord.

Comuque sia il Barbaro Grigio rimaneva sempre un mistero per molti.

Timas accantonò quei pensieri e tornò a guardare l'immensa vallata coperta di brina. Ormai stava quasi per sorgere il Sole.

"Meno male, sto morendo di freddo" pensò il giovane.

Improvvisamente qualcosa attirò la sua attenzione all'orizzonte, una specie di nuvola nera come la pece che si muoveva molto velocemente verso le mura della roccaforte su cui si trovava.

- Ma che diavolo...? -

Il Sole sorse fra le nubi. La nuvola nera si mostrò per quello che era e la punta accuminata delle frecce luccicò minacciosamente.

- Oh merda... - Timas brandì immediatamente lo scudo e s'accucciò sotto di essa e sotto il parapetto di pietra.

Per fortuna nessun dardo lo colpì, ma gli altri suoi compagni non furono fortunati quanto lui e alcuni vennero feriti ed altri stramazzarono a terra morti.

Timas non sapeva più che fare. Avrebbe dovuto alzarsi e andare a dare l'allarme, in qualità di sentinella.

Tuttavia il suo istinto di conservazione non glielo permetteva, era come immobilizzato sotto quello scudo, le sue membra non si muovevano e il suo cervello aveva smesso di pensare.

Se si fosse alzato di scatto probabilmente un'altra ondata di frecce l'avrebbe travolto in pieno.

Improvvisamente capì, vide i suoi compagni morti, trafitti dai dardi, vide quei cadaveri senza vita, poteva percepire la vita abbandonarli, poteva sentire la loro anima lasciare questa terra.

Capì, e si alzò.

- Un piede dopo l'altro, Timas, avanti... - sussurrò, e prese a correre.

Non doveva farsi prendere dal panico, doveva fare il suo dovere da sentinella, lo doveva fare anche per i suoi compagni morti, lui era un soldato semplice, non avrebbe mai avuto la gloria e il rispetto di un grande condottiero come il Barbaro Grigio o dei generali, almeno il suo dovere lo doveva fare.

Corse fin giù dal parapetto, al sicuro, e poi raggiunse la sala del comandante e i suoi consiglieri più fidati.

Due guardie sorvegliavano l'ingresso.

- Lasciatemi passare, devo parlare con il Barbaro Grigio! - disse Timas.

Le guardie lo guardarono per un momento con aria sorpresa poi una delle due disse : - Mi dispiace, ma il Barbaro non c'è in questo momento... -

- E allora dov'è? -

La guardia alzò le spalle e Timas iniziò di nuovo a correre per tutta la roccaforte in cerca del comandante.

Finchè non udì un corno suonare.

Chi mai poteva essere stato? Solo il Barbaro Grigio era in possesso di un corno che avrebbe potuto emettero un suono così cupo e allo stesso tempo squillante, solo il Barbaro Grigio aveva un corno che produceva un suono molto simile a un tuono.

La roccaforte si mise immediatamente in agitazione. Una massa di soldati, semplici e non, prese a correre per la rocca gridando e sbraitando.

- Allarme! Allarme! Il Barbaro ha suonato l'allarme, quei bastardi dei barbari ci attaccano!!

"Dannazione..."

Timas corse al piano superiore, dove si trovavano le stanze dei soldati, in cerca delle sue armi migliori.

Una volte giunto nei suoi appartamenti scelse con cosa combattere : prese una corta daga e due pugnali e se li mise alla cintura, inoltre decise di prendere con sè anche un'ascia bipenne, ma poi ci ripensò, l'avrebbe impesantito e basta.

Scese di corsa le scale e si unì agli altri soldati che stavano per uscire dall'imponente portone principale della roccaforte.

E capì dove si trovava il Barbaro Grigio.

Il comandante era lì, come uno scoglio solitario davanti ad un mare in tempesta, solo, brandendo la sua alabarda con un esercito immenso di veri barbari davanti a lui.
Il Barbaro Grigio era lì, da solo, ad affrontare i nemici sprezzante della morte. Lui era lì, solo, ad affrontare la morte in persona.

- Moriremo tutti... - sussurrò il soldato di fianco a lui, - Moriremo tutti, dannazione!! Moriremo tutti!! - e prese a scappare come impazzito verso la porta posteriore della rocca.

- Disertore!!! - gridò uno dei consiglieri del Barbaro, - Uccidetelo sul posto! -

L'uomo venne ucciso in quel momento, solo anch'egli fra il freddo e il gelo, come lo erano tutti quegli uomini, con l'unica colpa di essere stato sopreso dalla paura.

"Non devo lasciarmi prendere dal terrore...o finirò come lui..." pensò Timas, ma si ricredette quando vide l'abnorme armata davanti a loro.

Circa cinquecento uomini contro migliaia di migliaia. Tutto l'esercito dei barbari del Nord era schierato : soldati semplici brandenti spade e ascie, la cavalleria, macchine da guerra e carri trainati da bestie orribili proveniente dalla Tundra più insidiosa e fredda. E al centro di tutto ciò v'era il carro del Re dei Barbari, che, seduto sul suo scranno, osservava attento il marciare delle sue truppe.

- Uomini! Vi chiamo a combattere! - gridò il Barbaro Grigio per sovrastare il fragore dei tamburi nemici e del vento freddo del Nord.

- Io vi chiamo a combattere! Verso la gloria, verso la morte, chi può dirlo? Molti di voi, anzi, tutti voi, hanno paura, anch'io ne ho, ma combatterò contro questi barbari che da anni opprimono le nostre terre, uomini, io combatterò, per difendere la terra dei nostri padri, per difendere il loro onore e per difendere soprattutto la nostra terra...uomini, combattete con me! E che gli dei ci siano favorevoli!

I soldati furono fomentati fino all'inverosimile da quel discorso, ognuno di loro dimenticò la paura per la morte, dimenticò l'imponente esercito che si poneva loro davanti. Dimenticarono ogni cosa.

Ognuno di loro era solo desideroso di gloria, la gloria del guerriero.

- Andiamo!!! - gridò ancora il Barbaro, suonando il corno da guerra.

La piccola armata prese a correre gridando per scacciare ogni paura e sintomo di terrore.

Anche Timas correva, con la spada in pugno, ma lui era diverso dagli altri, ricordava la sua casa sul mare del caldo Sud, ricordava la pace, non ambiva la guerra, e l'unica sua gloria era avere un campo da coltivare, del vino da bere e, in futuro, una famiglia e dei figli.

Proprio mentre stava correndo verso la morte e verso i barbari si accorse di quanto fosse sbagliato tutto ciò.
Anche quelli che loro chiamavano barbari avevano delle famiglie e dei bambini, anche loro avevano una vita, e la stavano buttando via in quel modo.

- Per difendere la pace bisogna fare la guerra - gli disse una volta il Barbaro Grigio - Nella storia dell'umanità ci sono sempre state invasioni e continue guerre, purtroppo ci sono sempre stati popoli che volevano prevalere su altri, i barbari del Nord sono uno di questi popoli, per difendere la nostra pace e la nostra terra natìa dobbiamo combatterli, anche se anch'io preferirei bere del vino accanto ad una bella donna.

Quello era il parere del glorioso Barbaro Grigio. Un uomo ricoperto dalla gloria e dall'ammirazione dei suoi soldati, un uomo diventato ormai un eroe ed una leggenda vivente.

Ma cos'era, in fondo, la gloria? Uccidere degli uomini, era quello la gloria?

No, la gloria di un uomo si manifesta quando questo riesce a conquistare un impero grandissimo, quando questo riesce ad ideare invenzioni rivoluzionarie, quando questo ha degli ideali e muore per quegli ideali.

La gloria di un uomo, di un grande condottiero, si manifesta quando questo riesce ad unire molti popoli sotto il suo dominio, la gloria di un condottiero, di un vero condottiero, si manifesta quando riesce a creare la pace in un mondo di guerra unendo tutti i popoli sotto un'unica nazione.

"E' per questo che combattiamo? Per le nostre terre, per i nostri campi, per i nostri aratri, per le nostre mogli e per le nostre donne? E' davvero per la nostra terra che noi stiamo andando incontro alla morte?"

Ma la risposta giunse da sola. Sì, era per quello, era per rendere splendente e rigogliosa una nazione, o addirittura il mondo intero, che loro stavano per morire, per sacrificarsi per un ideale.

Anche se in realtà stavano solo combattendo contro altri uomini. Però i sogni di gloria e il ricordo della sua casa e della sua terra fecero andare avanti anche Timas, a spada sguainata, anche lui.

Lo scontro fu micidiale.

Centinaia di corazze e di scudi cozzarono gli uni contro gli altri, in un urto e in una mischia terribili.

Le spade mulinavano, i corpi macellati dei nemici e degli amici cadevano al suolo.

Timas non vedeva niente, il caos era insopportabile, centinaia di uomini urlavano e sbraitavano uccidendo e massacrando.

L'unico suo punto di riferimento era il Barbaro Grigio che, distinguibile dalla sua alabarda, si faceva una breccia fra le difese nemiche.

Timas decise di seguirlo, aggregandosi ad una massa di altri soldati che avevano deciso di fare la stessa cosa.

- Seguitemi, miei uomini, seguitemi!! - gridava il comandante del reggimento.

La giovane sentinella si fece spazio menando fendenti di spada a destra e a manca, abbattendo inzialmente due, quattro, sei, dieci, venti, trenta barbari. Poi perse il conto.

Per ogni fendente che menava c'era nella sua mente un volto, una vita che finiva, un numero. Dopo un po' niente aveva più significato e divenne quasi un automa, seguendo il Barbaro Grigio senza mai perderlo d'occhio e uccidendo continui nemici.

Intanto, i soldati rimasti dietro erano stati intrappolati in una morsa d'acciaio e ondate di freccie continuavano a colpirli, finchè non furono costretti a ripararsi sotto i loro scudi, chiudendosi come fa una tartaruga quando si ripara nel suo guscio.

Uno dei soldati che stava seguendo il Barbaro Grigio lo notò e prese a chiamare a squarciagola il comandante.

- Ehi, comandate, Barbaro!! Barbaro!!

Il Barbaro si voltò e gridò, colpendo al petto un altro soldato nemico - Che vuoi?!

- Gli altri sono rimasti indietro, sono in trappola fra la cavalleria e gli arcieri!! -

- Merda! - imprecò il Barbaro Grigio, - Fatemi una breccia tutt'intorno a me! Andate avanti da soli verso il re, uccidete il re ed avrete conquistato il regno del Nord! Ricordatevelo!!

- Lei vuole andare là...da solo?! - chiese uno dei soldati prossimi al comandante incredulo.

- Certo!! Fatemi questa cazzo di breccia, muovetevi!!

Gli uomini cominciarono a mulinare fendenti di spada e di daga da tutte le parti, massacrando i barbari e creando una breccia per il loro comandante.

- Muovetevi, cazzo, muovetevi!!!

Quando ci fu spazio sufficiente il Barbaro Grigio tornò indietro e, da solo, impugnando una balestra uccise tutti gli arcieri e insieme agli altri soldati intraprese un duello contro la cavalleria nemica.

Era un scena incredibile. Il Barbaro riusciva ad abbattere la cavalleria con l'aiuto di pochi uomini senza l'ausilio di nessun cavallo, era una lotta impari ma lui riusciva ugualmente ad avere la meglio.

Nel frattempo gli altri soldati, in massa, avanzavano in un putiferio di corpi, ascie, spade e armature bagnate di sangue tra l'esercito nemico.

- I carri! - gridò il soldato che guidava l'impresa, - I carri!! Attenti, ci massacreranno!! -

- Andiamo avanti, dannazione!! Dobbiamo uccidere il re, andiamo!! - gridò Timas.

Quasi tutti i soldati vicino a lui si voltarono, guardandolo come si guarda un pazzo.

- Ci massacreranno! - disse uno.

- Se avete paura della morte...non combattete, questo dico io! - affermò convinto Timas, avanzando fra i barbari e i soldati suoi pari.

Tutti i soldati, sopresi da quel comportamento inaspettato dimostrato da un comune soldato avanzarono insieme a lui, facendosi strada fra l'esercito nemico.

Timas si guardò attorno e capì che erano in trappola.

Il loro esercito era stato decimato, sparpagliato per tutta la pianura. Non era più una battaglia fra due schieramenti precisi, erano duelli e mischie fra vari gruppetti, alcuni più compatti ed altri meno.

Non avevano più alcuna possibilità di scampo, sarebbero stati schiacciati in una morsa anche loro. Ma Timas andò avanti, seguito da quel gruppo di valorosi.

Intanto il Barbaro Grigio combatteva ancora, era salito su un cavallo nemico, riuscendo a domarlo, nonostante fosse imbizzarrito e terrorizzato.

Il comandante cercava a tutti i costi di radunare i vari gruppetti del suo esercito, senza alcun successo.

- Seguitemi!! - gridava, - Seguitemi!! Dannazione!!

Ma il fragore della battaglia e la paura avevano reso sordi i suoi uomini. C'era ben poco da fare.

Finchè il Barbaro non individuò un gruppetto di soldati semplici che si stava avvicinando sempre di più verso lo scranno del re, i carri da guerra con le ruote uncinate li massacravano, decimandoli, ma loro andavano avanti, imperterriti.

- Rooooooooooooohhhhrrrrrrr!!!!!!!! - gridò il Barbaro Grigio, enunciando il suo particolare urlo di battaglia.

- Rooooooooooooohhhhhrrrrrrr!!!!!! - rispose il gruppetto di valorosi.

Il Barbaro si fece strada fra i nemici, uccidendone a centinaia, finchè non giunse in prossimità dello scranno del re, dove riconobbe Timas, che stava salendo sul carro trainato da due mammut e stava uccidendo le guardie del Re dei Barbari.

- Timas!!! TIMAS, NO!!! Lascialo a me!!! - gridò il Barbaro Grigio, ma non lo udì.

Timas si stava per battere in un duello a singolar tenzone con il Re Barbaro. L'uomo era davanti a lui, e sorrideva, certo che in quel duello lui avrebbe avuto la meglio.

- Per la gloria e per l'onore dei miei padri... - sussurò Timas, - per il Sud e per la mia terra...ROOOOOOOOOOHHHHHRRRRRRR!!!!!!!!

E si scagliò contro il Re dei Barbari che, sguainando la spada, parò il suo colpo.

Si scatenò un duello all'ultimo sangue. Timas e il Re Barbaro combattevano, traballando sull'instabilità di quel caro, parevano alla pari, ma in realtà il re nemico stava solo giocando, lasciando fare quel comunissimo soldato.

Fu un attimo. Il Re dei Barbari si scagliò in un attacco decisivo contro Timas, che non riuscì a parare i fendenti velocissimi, e venne trafitto dalla pesante spada del Re Barbaro.

Improvvisamente si ricordò della daga che aveva preso con sè, e aveva attaccato alla cinghia.

Guardando il suo sangue scorrere, guardando la sua vita scivolare via, Timas, in un ultimo, eroico, gesto, con un fendente di daga tagliò la testa del Re dei Barbari, uccidendolo e conquistando così un regno vasto e misterioso.

Nei suoi ultimi momenti Timas ripensò al Sud, al mare, al vino, alle belle donne, però non sentiva caldo, sentiva solo un gran freddo.

"Ho conquistato un intero regno...che sia questa la gloria dei grandi eroi?"

  
Leggi le 6 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Epico / Vai alla pagina dell'autore: Icer