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Autore: Lales    07/07/2010    5 recensioni
Perché proprio mio fratello? Perché? Tra tutti gli uomini del pianeta Terra tu hai scelto quello scemo di Tom? Dimmelo amica mia perché probabilmente siamo ancora in tempo per salvarti dall'oblio, dalla disperazione, dalle tenebre dell'inferno e da tutto ciò che comporta innamorarsi di Tom Kaulitz.
Genere: Romantico, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Bill Kaulitz, Nuovo personaggio, Tom Kaulitz
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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19.

Casa di Simone e Gordon era attaccata a casa di Bill e Tom ed essere lì quando loro non c'erano era normale per lei, ma essere lì quando loro non c'erano e avere bisogno di un consiglio da Simone perché doveva tornare da loro al più presto e decidere della sua vita, era strano.
- Tesoro – la salutò la donna affaticata facendo scivolare stancamente la mano sulla fronte – che ci fai qui? -
- Ciao – sussurrò lei entrando dentro casa – sono dovuta tornare qualche giorno... ma tu che stai facendo? -
- Come mai? Che è successo? -
- Niente, ci hanno beccato – rispose mestamente alzando le spalle e lasciando la borsa all'ingresso.
- Meno male! - esclamò prendendole una mano – Doveva succedere prima o poi, comunque, vieni con me che mi aiuti – e la trascinò verso la taverna sotto le scale.
- Che stai facendo? -
- Sto cercando di mettere a posto la roba che arriva ogni giorno per Bill e Tom – dichiarò esausta scendendo i gradini – non so più dove mettere le cose, e più ne butto più aumentano -
Greta finì di scendere le scale e sgranò gli occhi, lì sotto c'era il caos più totale. Da un lato pile di lettere accatastate, dall'altra pupazzi di tutti le forme e colori, dall'altro ancora biancheria intima accatastata e poi scatole su scatole su scatole.
- Non credo che riuscirai mai a mettere a posto questo delirio... -
- Io infatti voglio buttare tutto, tanto non ci fanno niente di perizomi di caramelle e pupazzetti a forma di coccodrillo – rispose prendendone uno e buttandolo nella mischia.
- Già... immagino di sì -
- Greta, che cos'hai? - le disse fermandosi a guardarla e sfoderando lo sguardo da mamma che capisce tutto, lo sguardo che lei odiava tanto.
- Ho litigato con Tom -mormorò spostando lo sgurdo.
- Perché? -
- Perché vuole che lascio tutto per andare con lui, ma io non sono sicura per niente di questa scelta... anzi non mi va di lasciare la mia vita, e se dovessimo lasciarci un giorno che cosa dovrei fare? Non posso non pensare a queste opzioni -
Simone sospirò, sedendosi su uno scatolone e scuotendo piano la testa - Io lo so che i miei figli non sono perfetti, lo so che a volte sono troppo egoisti, però, se ti ha detto una cosa simile, è perché tiene davvero tanto alla vostra storia, anzi, perché ormai è cosciente che ti ama, non credi? -
Greta alzò le spalle e chiuse gli occhi – Ma perché tu hai sempre ragione? -


- Ci siamo allora... - mormorò incerta tenendo le mani nelle mani, nervosamente.
- Hai accusato qualche sintomo ultimamente? Oltre al fatto che non ti è tornato il ciclo... -
- Tipo? - chiese pensierosa.
- Nausee, cambi repentini d'umore, pesantezza addominale, stanchezza... -
Si mise l'indice tra le labbra, alzando gli occhi al soffitto - Cavolo... penso di averli tutti – sussurrò corrugando la fronte.
- Beh, Greta... - la donna di fronte a lei abbassò lo sguardo verso i fogli che aveva di fronte e poi rialzò gli occhi verdi uguali a quelli di Heike verso di lei - sei incinta, di cinque settimane -
La ragazza sbiancò. La certezza ora che c'era, doveva solo essere metabolizzata e incanalata e poi diffusa.
Era sorpresa, ma non c'era niente da sorprendersi perché infondo lo sapeva, anzi neanche troppo infondo, ne era certa dal momento in cui aveva combinato quel disastro a Los Angeles.
- Con la pillola avevi un'ottima protezione, dal momento in cui ti sei dimenticata di prenderla, la percentuale di rimanere incinta è aumentata notevolmente -
- Lo so – annuì lei – è stato un errore, non voluto -
- Sei felice? -
- Oddio, non lo so... suppongo di sì -
- Te lo sentivi? -
- Sì – ammise mestamente – penso che ogni donna se lo senta -
- Hai intenzione di tenerlo? Scusami se ti faccio tutte queste domande in questo momento, ma voglio farti capire che non sei da sola -
- Non lo so, non... lo... - si mise una mano sugli occhi e sentì le lacrime arrivare.
- Ne hai parlato con il padre del bambino? -
- No, no... lui non sa niente -
- Sarebbe meglio se glielo dicessi... è una cosa importante -
- Lo so, devo dirglielo... ho solo paura della reazione -
- È normale avere paura, sei giovane ed un bambino alla tua età cambia tutto -
- Io non lo so... facciamo una vita particolare, sempre in viaggio... un bambino non lo so...-
- Prenditi il tempo che ti serve... -
- Io non lo so che devo fare -
- Pensaci qualche giorno, poi mi fai sapere... dobbiamo fare la prima ecografia per vedere se è tutto a posto -

Quel discorso continuava a risuonarle nella mente e come aveva previsto, da quel preciso istante in cui l'aveva scoperto aveva iniziato a vedere bambini ovunque e donne con il pancione ad ogni angolo. Forse era una suggestione, ma da casa di Heike alla sua ne aveva contate già tre e la cosa cominciava ad infastidirla. Non voleva vedersi sbandierare quella cosa in faccia, non voleva vederlo, perché tra qualche mese probabilmente ci sarebbe stata lei ad assomigliare ad una mongolfiera e la cosa non la stava entusiasmando moltissimo. Certo era strano, un bambino l'aveva desiderato alcune volte nella sua vita, forse quando era troppo sola e le venivano certi pensieri strani, però quello non era affatto il momento migliore. Aveva chiamato Tom e gli aveva detto che gli doveva assolutamente dire una cosa importante e in risposta aveva ricevuto un euforico “anche io”... sentiva che la sua vita stava per cambiare di nuovo in modo sconvolgente e non sapeva stavolta come avrebbe affrontato tutto, se da sola o in compagnia.
Sentiva il tepore del sole che piano tramontava lasciando spazio alla notte e dovette convenire che comunque, in un angolo del suo cuore, era felice. Forse non felice come avrebbe voluto perché c'erano altre mille cose a cui pensare, però era felice. Sperava solo che Tom, ma anche Bill, avrebbero avuto una reazione del genere. Sicuramente Bill avrebbe melodrammaticamente recitato una delle sue migliori interpretazioni, e a Tom sarebbe venuto un collasso, però insomma, doveva dirglielo.
Arrivò nella via di casa e si guardò intorno circospetta, quel pezzetto di strada le metteva un po' di ansia dopo quello che era successo il giorno prima, ma non ci pensò più di tanto, si trattava di arrivare alla porta. Era vero che Tom l'aveva praticamente minacciata, nel caso fosse uscita di casa senza dirglielo, ma non riusciva a farsi imporre quel genere di restrizioni, capiva che era per la sua “incolumità” ma le sembrava sempre assurdo che quel genere di cose viste solo nei film stessero succedendo effettivamente a lei.
Nonostante quello se Tom avesse saputo della sua piccola fuga, probabilmente si sarebbe dovuta sorbire la predica fino al giorno dopo, per fortuna che era quasi arrivata. Infilò una mano nella borsa che aveva a tracolla in ricerca delle chiavi di casa e nonostante avesse un portachiavi decisamente grande per trovarle subito, non riusciva proprio ad afferrarle nella miriade di oggetti unitili che si portava dietro. Si fermò poggiando la borsa sulla gamba e continuando a cercarci dentro.
- Ma dove cavolo sono? - borbottò tra sé e sé trovando finalmente il pupazzo a forma di riccio a cui erano attaccate le chiavi di casa.
- Non ci siamo proprio Greta, non hai capito un cazzo di quello che è successo ieri, vero? -
Alzò di scatto il viso, e chiuse gli occhi stancamente, di nuovo no, non poteva succedere.
- Ancora voi? - chiese rimettendosi la borsa a tracolla ed avanzando tra le ragazze mascherate che le si erano parate davanti – Perché non ve ne andate a casa e vi fate una vita? - rispose stizzita non guardandole neanche in faccia, non si sarebbe fatta intimidire di nuovo.
- Tu non hai ancora capito con chi hai a che fare – disse un altra bloccandole la strada e andandole incontro per farla indietreggiare.
- Sì che l'ho capito – disse innervosita – con delle persone che hanno dei seri problemi mentali, ora lasciatemi passare -
- Come diceva l'articolo? - chiese quella di fronte a lei verso ad una dietro mentre aveva preso a camminarle davanti facendola indietreggiare sempre più velocemente – ah, già: “di Tom amo il senso di protezione che mi dà” -
- Tutte cazzate –  rise un'altra dietro di lei.
Si stavano riavvicinando a quel fottuto vicolo cieco, e Greta cercò di scansarla e andare via, ma veniva chiusa sempre più stretta anche dalle altre.
- Ma si può sapere cosa diavolo volete da me? E poi siete ridicole con queste cose in faccia -
Alzò il braccio verso quella più vicina e gli tirò via la bandana che aveva sul viso, provocando una reazione soprattutto nelle altre quattro, che la spinsero cercando di proteggere l'amica.
- Dov'è il tuo Tom ora che ne hai bisogno? Eh? - quella che doveva essere il capo ora le stava davanti, e dagli occhi pareva alquanto irritata, ma mai incazzata quanto lo era Greta in quel momento.
- MI DITE COSA CAZZO VOLETE DA ME? - urlò in preda alla rabbia spingendo quella che aveva davanti – CHE CAZZO VOLETE? -
Ovviamente lo scontro cinque contro uno non era propriamente ad armi pari, ma le persone che aveva davanti certo non si facevano quel tipo di problema.
- TROIA! - le gridò una in faccia spingendola, mentre sentiva una fitta alla testa lacerante, le stavano letteralmente strappando i capelli.
Nella colluttazione le cadde la borsa, sentì prima una manata sulla faccia e poi si sentì graffiare il bracciò che le cominciò a bruciare. Cercò ancora di spingere quella che aveva davanti, ma le amiche  la stavano aiutando, cercando di spingerla contro il muro, ma si era afferrata anche lei ai capelli dell'altra e fino a quando non sentì una vera fitta di dolore al braccio non mollò la presa. La spinsero ancora e perse l'equilibrio, cadendo all'indietro e poggiando le mani sui dei vetri di bottiglia rotti. Altra fitta al palmo della mano e poi quel bruciore del cazzo che le ricordava tanto il dolore di quando si sbucciava le ginocchia perché Tom la faceva cadere sempre sulla ghiaia quando erano piccoli.
- LASCIALO! HAI CAPITO? - le urlò quella che aveva tenuto per i capelli fino ad un secondo prima – TROIA! -
Poi una disse qualcosa in una lingua che non capì e iniziarono a correre per la strada disperdendosi dalla sua visuale.
Si guardò intorno spaesata, la borsa era aperta di fronte a lei, ed il cellulare insieme alle chiavi e al portafoglio erano usciti e giacevano sull'asfalto.
Lentamente alzò le mani davanti al viso, e le vide insanguinate e sporche del nero dell'asfalto. Il rosso del sangue era scuro, profondo, e in un lampo le tornò in mente quella notizia avuta poche ore prima. Si mise d'istinto le mani sulla pancia, sporcandosi la maglia bianca e sgranò gli occhi.
- Cazzo, cazzo, cazzo – cominciò a dire nel panico cercando il cellulare di fronte a lei.
Iniziò a piangere per la paura. Ora doveva rendersi conto che non c'era più solo la sua vita da salvaguardare, ma anche quella del bambino che aveva dentro di lei.
Prese il telefono ed inoltrò subito la chiamata al numero di Tom, sperando che avesse risposto immediatamente.
- Greeeeis! - le cantilenò qualcuno nell'orecchio – Aspetta che ti metto in viva voce... Tomi come si fa? -
- Bi... Bill – mormorò affannosamente tenendosi una mano premuta sul ventre.
- Greis sei in viva voce, stiamo arrivando, ti dobbiamo dire delle notizie fantastiche, due minuti e siamo là -
- Bill – disse di nuovo con il fiato mozzato, il cuore le era arrivato in gola.
- Greis che succede? - sentì dire da Tom.
Deglutì sonoramente e si portò le ginocchia al petto – Devo... devo andare in ospedale -
- Che cazzo è successo? Dove sei? - si animò subito il ragazzo mentre Bill in sottofondo faceva le stesse identiche domande.
- Devo andare... - le parole le morirono in gola, perché improvvisamente cominciò a singhiozzare, proprio quello che non voleva, perché si era promessa di essere forte.
- Dove sei? - le urlò Bill nell'orecchio.
Ma non riuscì a rispondere; si lasciò cadere all'indietro, posando la testa contro il muro e fissando lo sguardo nel vuoto di fronte a lei.
Continuava a sentire le voci provenire dal cellulare, ma non ce la faceva a rispondere, non riusciva a parlare, aveva troppa paura che fosse successo qualcosa al bambino. Non era giusto che le fosse capitato proprio quel giorno, non era giusto per niente. Cosa aveva fatto di male nella sua vita per meritarsi tutto quel casino?!
Sentì un rumore di gomme stridere nella strada e si girò a guardare nella direzione del suono.
- Tom – singhiozzò poggiando la testa sulle ginocchia sperando che in qualche modo, la sentisse, anche se era lontano.
Alzò il viso di scatto quando sentì una frenata particolarmente incisiva proprio vicino a dove si trovava, riconobbe la macchina. Lo sportello si aprì di scatto, e lo vide scendere deciso andandole incontro come un treno; lo sguardo fisso su di lei.
Non disse niente, era incazzato, glielo leggeva in faccia, ed era la sua espressione seria e cattiva, quella di cui anche lei aveva paura a volte. Bill dietro di lui camminava con la mano sulla fronte non riuscendo a staccarle gli occhi di dosso.
Si abbassò e la prese in braccio – Tom... - mormorò cercando i suoi occhi, ma il ragazzo si limitò a rialzarsi tenendola ben salda, ed ad andare verso la macchina, mentre Bill raccoglieva la borsa ed il contenuto sparso sulla strada.
- Tom – disse di nuovo appena l'aveva depositata sui sedili posteriori, ma lui continuò a non rispondere, sbatté lo sportello con quanta forza avesse in corpo e tornò a sedersi alla guida.
Bill fece il giro e salì vicino a lei mentre il ragazzo era ripartito a tutta velocità.
- Fammi vedere le mani... – gli disse il cantante prendendogliele.
Greta gli fece vedere i palmi, mentre dallo specchietto retrovisore cercava ancora gli occhi che le interessavano – TOM CAZZO PARLAMI! - gridò piangendo.
- Stai bene? - le chiese con tono piatto.
- No che non sto bene, perché adesso stai facendo così? -
- Ti avevo detto di non uscire -
- Dovevo uscire -
- Perché non mi hai chiamato? -
- Non potevo! -
- Ok, va bene – si intromise Bill – Non è il momento per litigare, cerchiamo di non perdere la calma -
- Perché non ascolti mai quello che ti dico? -
- Tom... -
- TE L'AVEVO DETTO CHE POTEVA SUCCEDERE DI PEGGIO! ED È SUCCESSO! - gridò stringendo il volante con tutta la forza che aveva.
Greta si appoggiò ai sedili, mentre Bill improvvisandosi infermiere, gli stava tamponando il sangue con dei fazzoletti.
- Non... non trattarmi così – sussurrò stancamente.
- Greta porca puttana mi sta venendo un cazzo di infarto se non te ne sei accorta?! -
- Tom – lo chiamò Bill – Stai calmo, e cerchiamo di arrivare in ospedale vivi e non in ambulanza -
- Io le ammazzo, chiunque siano le ammazzo con le mie mani – mormorò scuotendo la testa, ripetendo quella frase a bassa voce, come una cantilena.
- Tu non ammazzi nessuno – disse il gemello indicandolo – qui dobbiamo stare calmi chiaro? Stiamo calmi! STIAMO TUTTI CALMI! -
- BILL STAI ZITTO! - lo zittì il fratello – STAI ZITTO! -
Il cantante girò il viso e continuò a sporcarsi le mani del sangue di Greta, per quanto potesse essere schizzinoso in quel momento non gliene stava importando niente, si trattava di Greta. Si morse le labbra tornandola a guardare, aveva tutto il trucco colato sulle guance e la maglia sporca di sangue, mentre si continuava a tenere la pancia e a fissare Tom tramite lo specchietto retrovisore.
- PERCHÈ VOI DUE MI FATE SEMPRE PREOCCUPARE, DITEMI PERCHÈ? - gridò Tom all'improvviso facendoli sussultare.
- IO MI SONO ROTTO IL CAZZO, AVETE CAPITO? DI DOVERMI PREOCCUPARE SEMPRE, DI AVERE TUTTO SULLE MIE SPALLE -
- TOM CHE CAZZO STAI DICENDO? -
- CHE STO DICENDO? - urlò accelerando – STO DICENDO CHE MIO FRATELLO È UN DEPRESSO DI MERDA CHE MI FA STARE MALE OGNI CAZZO DI GIORNO DELLA MIA VITA E LA MIA RAGAZZA PENSA DI ESSERE L'UNICA AD AVERE RAGIONE AL MONDO E NON SI FIDA DI ME E NON ASCOLTA MAI NIENTE DI QUELLO CHE DICO, E POI CI SONO SEMPRE IO CHE VI PORTO ALL'OSPEDALE QUANDO LE COSE VANNO DI MERDA, SEMPRE IO CHE DEVO STARE IN ANSIA, SEMPRE IO BILL SEMPRE E SOLO IO E MI SONO ROTTO IL CAZZO! -
- Tom rallenta! - le urlò la ragazza nell'orecchio.
- Voi mi dovete iniziare ad ascoltare quando parlo o vi mando a fanculo prima che possiate pensare qualsiasi cosa, cazzo! -
- Smettila! - gli disse Bill avvicinandosi al suo sedile – Non lo pensi quello che stai dicendo -
- Sì che lo penso, lo penso Bill lo penso! -
- TOM VUOI RALLENTARE?! -
- Adesso è lui che vuole fare la sceneggiata, fai ridere! -
- Bill stai zitto! Stai zitto! -
- Perché non ci calmiamo tutti, per favore! -
- SEI UNO STRONZO TOM, COME MI PUOI DIRE UNA COSA DEL GENERE? -
Greta non stava capendo niente di quello che stava succedendo, eccetto che quello che stava dicendo Tom era maledettamente vero. Sempre lui si doveva preoccupare, per Bill, per lei, per qualsiasi cosa succedesse tutti si aggrappavano alle sue spalle e lui non si era mai piegato in tutti quegli anni, sempre con la scusa che era quello più forte, ma lei lo sapeva che non era del tutto vero. Non era giusto, se ne rendeva conto, e vederlo così arrabbiato, specialmente con Bill, la faceva stare ancora più male di quando giù non stesse.
- Bill, calmati – Greta con i fazzoletti sulle mani cerco di tranquillizzarlo mettendogli le braccia intorno al collo, ma l'amico aveva gli occhi lucidi e aveva girato il viso verso il finestrino, per non vedere Tom.
Nessuno emise più una parola fino a quando non arrivarono in ospedale e il chitarrista non li abbandonò davanti all'entrata per andare a parcheggiare la macchina. Bill la accompagnò fino al pronto soccorso, dove venne prelevata da un infermiera a trasportata in una stanza asettica che puzzava di disinfettante. Era triste, perché aveva generato un effetto a catena devastante.
- Signorina cosa è successo? - le chiese un uomo con il camice bianco, prendendole le mani con le fasciature di Bill.
- Sono caduta su dei vetri – rispose flebile – e sono incinta -


Erano seduti fuori dalla stanza in cui Greta era stata accompagnata per potersi far medicare le mani ed erano seduti nella stessa identica posizione, con la stessa identica espressione sul viso. Bill e Tom guardavano la porta davanti a loro con lo sguardo perso nel vuoto e la testa poggiata contro il muro dietro di loro.
Bill avrebbe tanto voluto abbracciare il gemello in un momento di romanticismo ritrovato, perché in quei momenti di silenzio assoluto non riusciva mai a stare bene. Loro due non erano fatti per i silenzi forzati, lui non era portato per i silenzi in generale, tanto meno con suo fratello.
Poi comunque, Tom aveva ragione; aveva tutto lui sulle spalle, era sempre stato così, ed il fatto che fosse arrivato ad un punto di sopportazione così elevato voleva dire che lui era stato un pessimo fratello con lui.
Tomi – gracchiò con la voce roca sporgendosi in avanti per guardarlo negli occhi – mi dispiace... -
- Lo so – berciò lui incattivito incrociando le braccia e non spostando lo sguardo dalla porta di fronte a lui.
- Tutto quello che hai detto è vero – continuò il moro sospirando sonoramente – ed io sono una merda -
- Tu non sei una merda, sei la mia condanna e il mio punto debole... - sbuffò Tom girandosi a guardarlo, fece una pausa e serrò le labbra fissando i suoi occhi in quelli del fratello – Lo sai che non lo penso davvero quello che ho detto... -
- Lo so, però da una parte è vero... -
- Sarò sempre quello che terrà su tutto quanto, è stato solo un momento... vederla in quello stato mi ha fatto impazzire -
Il cantante mise una mano sulla spalla del fratello e la strinse – Non è successo niente, poteva andare peggio -
- Beh, sì poteva essere accoltellata – rispose alzandosi e cominciando a camminare avanti e indietro di fronte al gemello.
- Tomi lo so che dobbiamo proteggerla, però lo sai come è fatta... -
- Lo so come è fatta, non farà mai come le dico, anche se è meglio per la sanità mentale di tutti -
- Ma non lo fa a posta, non è perché non si fida di te -
- Perché non capisce che lo dico per lei? Io una cosa del genere non la voglio più vedere – mormorò indicando la porta – mai più -
- Neanche io – sussurrò il moro – però cerca di capirla -
Tom si fermò, inclinò la testa e di lato per poi abbassare le spalle, scoraggiato. Non voleva più avere paura per lei, non voleva, non ce l'avrebbe fatta a reggere tutta quella tensione, ancora.
- Andrà tutto bene, dai... - gli disse Bill con il labiale, mentre improvvisamente si apriva la porta dietro di loro, ed uscì un uomo con il camice bianco intento a controllare una cartella.
- Come sta? - lo investì Tom andandogli davanti.
È tutto a posto – sorrise il dottore serenamente – le abbiamo solo fasciato le mani e medicato le ferite sul braccio, ha un po' di contusioni sulle gambe ma guariranno in pochi giorni... -
- Possiamo vederla? - chiese il cantante con la faccia scioccata.
- Sì, ma dobbiamo aspettare i risultati dell'ecografia, non dovrebbero esserci problemi ma per sicurezza è meglio controllare -
Bill e Tom corrugarono la fronte all'unisono, mentre il dottore si congedava lasciandoli da soli con una strana sensazione di incertezza che si era insinuata nelle loro teste.
Scossero la testa insieme ed entrarono nella stanza, l'odore di disinfettante fece pizzicare il naso di entrambi, mentre di fronte a loro Greta seduta su un lettino si fissava le gambe, mentre un'infermiera là vicino, metteva a posto le attrezzature.
- Ehi – mormorò Tom avvicinandosi prendendole il viso e mettendo la fronte sulla sua – come stai? -
- Bene – sussurrò lei in risposta – tu, come stai? -
- Scusa per prima – posò una mano sulla guancia e la accarezzò con il pollice – mi sono fatto prendere dall'ansia -
Greta scosse la testa – No, non ascolto mai quello che dici, ed hai sempre ragione -
- Beh, è normale, io ho ragione a prescindere – le sorrise tranquillo dandole un bacio sulla testa.
Abbozzò un sorriso triste per poi posare la testa sul suo petto ed allungare una mano verso Bill, che aveva assistito in silenzio alla scena.
L'amico prese piano la mano della ragazza e le guardò le fasciature facendo una smorfia di disappunto – Le mie fasciature con i fazzoletti erano molto più artistiche -
Greta ridacchiò, seguita da Tom – Hai ragione Bibs, le tue erano bellissime -
- Hai una carriera alternativa -
- È vero... ormai sono pronto per fare l'infermiere -
Scoppiarono a ridere tutti e tre fino a quando Greta non si decise che o si toglieva quel peso dallo stomaco all'istante, oppure non l'avrebbe fatto mai più.
- Vi devo dire una cosa – disse guardandoli uno ad uno, togliendo la mano da quella di Bill e staccandosi da Tom.
- Cosa? -
- È una cosa seria... importante, cioè è proprio pesante – annuì convinta.
- Che è successo? - chiesero in coro.
La porta si spalancò di nuovo, ed il dottore sorrise a trentadue denti allargando le braccia verso il trio.
- Tutto a posto! - esordì solare – Il bambino sta bene! -
- Oddio santo... - mormorò Greta cercando di carpire le reazioni dei due e nel frattempo di sgranare gli occhi verso il medico per fargli capire che non doveva assolutamente dire niente, doveva tapparsi la bocca all'istante.
Bill e Tom si girarono lentamente a guardarsi, e poi a guardare Greta, che ovviamente evitava accuratamente i loro sguardi allucinati.
- Che ba ba ba...mbino? - tentò di dire Bill, senza salivazione.
- Grazie – sussurrò la ragazza.
- E questa è l'ecografia che abbiamo fatto – continuò l'uomo, incosciente del fatto che più parlava più i gemelli presenti nella stanza agonizzavano, uno in particolare che nel frattempo era passato da bianco cadavere a giallo paglierino – eccolo qui -
Aprì la cartellina davanti agli occhi di Greta, mostrandogli quattro foto in bianco e nero di cui non riusciva a capire niente, effettivamente stava succedendo un po' tutto troppo velocemente.
- Oh mio dio – mormorò la ragazza guardandole – è... è... ?-
- Sì, è il tuo bambino, anche se prima delle otto settimane non si vede assolutamente niente -
- Infatti non capisco granché – ridacchiò lei imbarazzata mentre i gemelli avevano girato la testa per guardare le ecografie che aveva in mano la ragazza.
- Scusatemi, io ho bisogno di aria – biascicò Tom con lo sguardo perso nel vuoto.
- È lui il padre? - sorrise il dottore dando una potente pacca sulla spalla del ragazzo – È tutto a posto, non è successo niente, inchiniamoci di fronte al miracolo della vita! -
Tom guardò il gemello, ed in quel momento convenne del fatto che probabilmente si stava guardando allo specchio perché Bill aveva la sua identica espressione incredula. Non aveva ancora elaborato la parola “bambino” soprattutto non aveva ancora capito che si stava parlando di Greta e quindi del fatto che fosse suo.
- Grazie dottore -
- Di niente, riguardati, e tu – disse rivolto a Tom – vai a mangiare qualcosa che sono sicuro che stai per svenire -
Dette un'altra pacca sulla spalla al ragazzo ed uscì dalla stanza.
- Greis – disse Bill indicando la porta – era una scherzo? -
Tom si girò a guardarla con gli occhi sgranati – Era uno scherzo? -
- Non proprio – rispose lei con la faccia sofferente.
- Sei incinta? - chiese Bill.
- Sei incinta? - ripeté Tom.
- Sì -
- E quando avevi intenzione di dirmelo? - dissero in coro.
- L'ho saputo stamattina, non vi arrabbiate -
Tom non disse niente, si limitò a girarsi e ad andare verso la porta uscendo in corridoio.
- Bibs – mormorò lei guardando l'amico – che stai pensando? -
- Non lo so – rispose lui scuotendo la testa – vieni andiamo -
- Che cosa sta pensando Tom? -
- Al momento mi arrivano segnali confusi, però è meglio raggiungerlo prima che ci lasci qui -




Doveva riuscire a pensare, a raffreddare il cervello e far uscire fuori i pensieri, perché qualsiasi cosa gli venisse in mente non aveva un senso logico. Bill, ospedale, Greta, bambino, sangue, caos, partire, valigia, tour, fans, bambino, incinta, nove mesi, Greta.
Stava guidando per inerzia, non perché non fosse consapevole di dove stesse andando, ma perché era la strada per tornare a casa e quindi girava il volante perché sapeva cosa fare e dove doveva andare. Ma nella vita non era così facile. Ora il problema diventava reale, non era più un discorso fatto tra amici in una camera d'albergo, non era più una battuta della ragazza che amava, era una cosa vera, concreta, che sarebbe esistita, e Tom non sapeva come doveva affrontarla.
Forse perché nella sua testa aveva sempre pensato che non sarebbe mai diventato padre, o forse perché non si sentiva pronto per una responsabilità del genere. Lui non lo sapeva, non si era mai soffermato al vero pensiero di avere un figlio. Di svegliarsi la notte quando avrebbe pianto, di insegnarli a camminare, a parlare, a distinguere il bene dal male.
Non lo sapeva lui cosa era bene e cosa era male, come poteva insegnarlo a qualcuno che si sarebbe fidato ciecamente della sua parola?
Osservò per un attimo Greta dallo specchietto retrovisore e la vide imbronciata guardare il paesaggio fuori dalla macchina, con una mano fasciata a reggere la testa.
Non riusciva neanche a pensare razionalmente che lei, la bambina che aveva visto crescere, che aveva amato da quella volta a scuola, che aveva aspettato tutto quel tempo, ora aspettava un figlio da lui... era praticamente impossibile, non riusciva a pensare neanche la parola “figlio”, tanto meno dirla ad alta voce. Si trovava in un cazzo di mondo parallelo che tentava di fotterlo da tutte le parti, eppure lui era sempre pronto a reagire, per qualsiasi cosa, ma quella notizia l'aveva totalmente mandato in crisi. Non sapeva cosa avrebbe fatto, non sapeva cosa pensava Greta, non sapeva niente. Forse l'unica cosa che sentiva era una piccola scossa di elettricità, di euforia, di felicità, che proveniva da qualche parte dentro di lui, ma che non lasciava venir fuori.
Anche se era curioso di sapere che cosa sarebbe successo se l'avesse fatto.

Un cazzo di bambino. Significava che lui, avrebbe avuto un nipote. Ma la cosa più sconvolgente era che suo fratello sarebbe diventato padre. Bill non riusciva a crederci, era sconvolto, tanto che non riusciva a chiudere la bocca e ad avere un espressione normale. Quella notizia l'aveva freddato, perché era l'ultima cosa che si aspettava e non sapeva se doveva essere felice oppure no; certo che di norma la nascita di una nuova vita dovrebbe essere festeggiata, ma percependo quello che stava pensando Tom e notando l'espressione di Greta, si stava per scatenare una vera e propria tempesta, ne era più che convinto. Non vedeva l'ora di tornare a casa, buttarsi nel letto ed aspettare di partire il giorno dopo. Per la prima volta non voleva mettersi in mezzo in una cosa che riguardava il fratello, era qualcosa che neanche lui avrebbe potuto gestire a parole, era qualcosa di troppo forte e sconvolgente.
In un attimo si era dimenticato di Heike, si era dimenticato di dove fosse, e cosa stesse facendo. Si era dimenticato che si era illuso di nuovo, ed era rimasto deluso ancora.

No, non avrebbe continuato a piangere, l'aveva già fatto abbastanza e si era stufata di stare a singhiozzare come una bambina di due anni a cui hanno rubato la bambola. Greta pensava febbrilmente, come da qualche settimana, a quello che avrebbe dovuto fare con il bambino, e con Tom e con Bill e con tutta la sua vita, e l'unica soluzione che vedeva chiara nella sua testa era una: la fuga. Non perché fosse una codarda, non perché non volesse affrontare la situazione, ma semplicemente perché in mezzo a tutto quel caos che continuava ad aggiungersi ad altro caos, non avrebbe potuto prendere una decisione chiara su quello che avrebbe dovuto fare della sua vita.
Eppure avrebbe tanto voluto fare un annuncio da film, con la cena, il vino, lei che diceva “caro ti devo dire una cosa” e lui che dall'emozione della notizia di diventare padre la abbracciava e le diceva che la amava accarezzandole la pancia. Ma non era un film, era la vita vera, e lei non avrebbe mai fatto una cena con il vino per Tom e Tom non avrebbe mai reagito in quel modo.
Anzi, se ci pensava meglio, quelle scene le trovava rivoltanti, e se ci pensava meglio, la fuga continuava ad essere la soluzione migliore.

Sempre nel più assoluto silenzio, rientrarono a casa. Greta non sapeva cosa ci faceva lì, voleva andare a casa sua, ma Tom non ce l'avrebbe mai riportata, neanche a costo di pregarlo in ginocchio, e poi dovevano affrontare un discorso abbastanza impegnativo, non poteva svignarsela, anche se continuava a pensare di dover scappare, fuggire da lì il prima possibile; ma non per lasciare Tom, ma per riuscire a respirare, per tornare un attimo alla vita a cui era abituata. Sveglia la mattina, lavoro, pranzo, lavoro, cena, film in TV, telefonata con Bill e nanna. Tutto quel marasma di persone, flash, articoli di giornale e quant'altro, non le apparteneva, apparteneva a Tom e lei aveva accettato di prenderselo con tutto il pacchetto completo, perché lo amava così tanto, ma così profondamente che non avrebbe potuto fare altrimenti. Ma come glielo faceva capire che lo amava ma che aveva bisogno di andare via da lì?
- Io credo che andrò a farmi venire un infarto nel letto – disse Bill iniziando a salire le scale sbattendo i piedi ad ogni gradino – ci vediamo domani -
Greta e Tom si fissarono negli occhi qualche istante, poi lui si girò e andò verso la cucina
– Ti prego levati quella maglia, sembra che hai ucciso qualcuno -
Greta abbassò lo sguardo verso la sua pancia e vide le macchie di sangue secco troneggiare sul cotone bianco della sua maglietta, non fece niente, ma seguì il ragazzo che aveva deviato verso il soggiorno.
- Dobbiamo parlare -
Tom si andò a sedere sul divano, posò i gomiti sulle ginocchia e si prese la faccia guardando lo schermo della TV al plasma di fronte a lui, spenta, che rimandava il suo riflesso. Vide Greta seguirlo e sedersi al suo fianco. Non erano propriamente l'immagine della felicità.
- Mi ascolti? -
- Sì -
La ragazza prese un sospiro e prese anche il coraggio - Io... non volevo metterti in questa situazione. Lo so che non è il momento, lo so che è la cosa peggiore che ci potesse capitare, ma è solo colpa mia, quindi se tu non vuoi prenderti questa responsabilità io lo capisco, non voglio costringerti... -
Si girò a guardarla corrugando la fronte, pensieroso.
- Ma che stai dicendo? Non ti sei messa incinta da sola! - esclamò confuso.
- Lo so, ma ti avevo detto che non sarebbe successo, invece è successo, e non voglio che tu pensi che l'ho fatto a posta, per incastrarti -
- Incastrarmi con cosa? -
- Con la scusa di un bambino! -
- Tu cominci seriamente a preoccuparmi con questi discorsi – disse serio – non è quello che sto pensando, anzi, non riesco proprio a pensare adesso e comunque una cosa del genere non mi passerebbe neanche nell'anticamera del cervello -
- Rimane il fatto che... adesso in questa situazione, io non lo so se devo tenerlo o no -
- Che vuol dire? -
- Vuol dire che non lo so... -
- Vuoi dire che vuoi abortire? -
- Non lo so -
Tom si posò stancamente le mani sugli occhi stropicciandoli, per poi guardarla di nuovo.
- Non so che dirti Greis -
- Devo pensarci -
- Ci pensiamo insieme, non ti lascio da sola -
- Sono io che voglio stare da sola -
Il ragazzo rimase in silenzio giocherellando con i lacci della felpa, posò stancamente la schiena sul divano e continuò a fissare lo schermo di fronte a lui.
- Che vuol dire che vuoi stare da sola? -
- Da sola, io da sola, io Greta e basta. Da sola. Sola. -
Aspettava una reazione, aspettava che si mettesse a gridare che era stata una stronza, aspettava qualsiasi cosa, ma continuava ad essere stranamente normale.
- Cosa? Noi dobbiamo partire domani... -
- Io non vengo -
Si girò di colpo alzandosi anche con la schiena dal divano, mentre la ragazza continuava a perdere gli occhi per la stanza - Come non vieni? Greis non dire cazzate! -
- Tom, non posso venire, ho bisogno di pensare! Poi dopo quello che è successo oggi cosa pensi che potrebbe succedere se si sapesse che sono incinta? Ho avuto tanta paura per qualcosa che non riesco ancora a metabolizzare nella mia testa e l'ultima cosa che voglio è partire per dieci giorni in giro per l'Europa... -
- E dove vorresti andare? - chiese scioccato.
- Vado da mio padre, a Loitsche... -
Si alzò di scatto parandosi davanti a lei – E io cosa dovrei fare nel frattempo? - domandò piccato - Aspettare che tu decida se tenerlo o no? Non conto un cazzo in questa decisione? -
- Sono io che sono incinta -
- Ancora? - si innervosì – Ed io per te in questa cosa cosa sarei? Non ho ruolo! Ah no, sono quello che ti ha scopato scusa... -
- Tom... - mormorò lei sofferente.
- Ma come cazzo ragioni? -
- È una mia scelta... -
- Ed io devo stare in attesa che tu decida se farmi partecipe o no? Anzi, facciamo così, vediamoci direttamente tra nove mesi, se vieni con un bambino capirò che scelta hai fatto... -
- Era questo che non volevo! Era esattamente questo! - alzò la voce la ragazza guardandolo negli occhi – Ma è la mia decisione, se non ti sta bene, possiamo pure chiudere qua -
- Chiudere cosa? - si animò lui sgranando gli occhi.
- Possiamo lasciarci, tanto da quando stiamo insieme ci sono stati solo problemi su problemi... bugie e sotterfugi e persone che mi odiano io non ce la faccio più, e per quanto ho provato ad essere forte in questa situazione, non ci riesco! Mi sento morire ogni volta che penso a quello che è successo, ed io non voglio che tu debba preoccuparti sempre per me... -
- Mi vuoi lasciare? -
- No, che non ti voglio lasciare ma è l'unica soluzione -
- MA IO TI AMO! -
- A volte l'amore non è abbastanza – sussurrò lei.
Tom si mise in ginocchio davanti a lei prendendole il viso con le mani per costringerla  a guardalo negli occhi – Dimmi che non mi ami e ti lascio andare, ma dimmelo guardandomi negli occhi -
Greta si morse le labbra, cercando di sfuggire a quello sguardo, i lucciconi che le erano comparsi nelle iridi scesero sulle guance appena li chiuse impercettibilmente per non vedere quell'espressione sofferente nel viso del ragazzo. Non ce la faceva a vederlo così specialmente perché era tutta colpa sua.
- Dimmelo -
- No, perché lo sai che ti amo –  disse digrignando i denti – lo sai benissimo ma... ma adesso ho bisogno solo di stare da sola, ti prego... -
Lasciò scivolare le sue mani dal viso della ragazza e si alzò in piedi scuotendo la testa.
- Va bene, stai pure da sola, ma quando ti ricorderai che io ci sono non so se sarò ancora qui ad aspettarti... ti ho aspettato per anni e sono stanco -
- Perché stai dicendo così? -
- Perché mi stai escludendo! Mi stai dicendo che non conto un cazzo in una decisione così importante che riguarda la vita di tutti e due! -
- Ma io se lo sto facendo lo sto facendo per te! Per evitare di doverti far scegliere in una situazione così delicata! -
- Ma ti stai sentendo? Prima mi rimproveravi del fatto che volevo vivere la nostra relazione alla giornata senza fare programmi, ora che c'è da programmare perché sei incinta, cazzo, non mi vuoi, mi stai praticamente mandando via -
- Non ti sto mandando via -
- Due minuti fa mi hai detto che potevamo anche lasciarci -
Finalmente riuscì a prendere il coraggio e lo guardò negli occhi, quegli occhi che amava così tanto, che aveva imparato a conoscere e a temere ad amare e ad odiare, quegli occhi che potevano dirle tante cose potevano guidarla in tanti altri posti e farla perdere in momenti di estasi. Quegli occhi che quando erano tristi e spenti non erano gli stessi occhi, e quando erano feriti e rossi erano terribili da guardare.
- Tom io sono in preda alla confusione più totale, prima vengo a sapere per certo che sono incinta poi quelle pazze che quasi mi uccidono poi tu che vai fuori di testa io non lo so che devo fare, ma devo andare via da questo caos prima che impazzisca! - disse nervosa alzandosi dal divano – Ti prego veniamoci incontro e non litighiamo, non abbiamo più tre anni -
- Mi stai lasciando Greis? - chiese mormorando – Mi stai lasciando, dimmelo... -
- Tom non ti sto lasciando, ti prego – rispose lei – è solo che ho bisogno di un po' di tempo per pensare, non fare il drammatico anche tu, c'è già Bill per tutti e due -
Il ragazzo si afflosciò su se stesso, posando la fronte contro la spalla della ragazza che lo abbracciò in vita respirando il suo odore e stringendo tra le mani la felpa e imponendosi di non piangere. Si era calmato, almeno adesso sembrava essere più o meno d'accordo alla sua idea di fuga, anche se non gli aveva lasciato moltissima scelta.
- Vuoi andare davvero da tuo padre? –
- Sì – mormorò lei – solo fino a quando non tornate, ok? -
- Va bene -
- Siamo sempre io e te vero? - chiese la ragazza per sicurezza.
- Sempre io e te -


           
- È solo che avevo bisogno di sentirmelo dire da fuori che non sono pazza -
Simone sorrise passandole uno scatolone – Non sei pazza, sei innamorata -
- Sì... - annuì lei impercettibilmente – sto facendo la scelta giusta quindi? -
- Io non devo dirti niente – continuò la donna – sei tu che devi prendere una decisione, e qualsiasi scelta farai, Tom si adeguerà -
- Ma io non voglio farlo stare male ancora... -
- Allora sai cosa devi fare... il fatto qui è decidere se stare male in due o stare bene entrambi -
- Perché stare male? -
- Prima i lunghi periodi di separazione non ti pesavano perché non stavate insieme – disse sicura la donna chiudendo un altro scatolone – ma adesso come reagiresti? Ci hai mai pensato veramente? -
- No... - bisbigliò lei poco convinta – Veramente non ci ho mai pensato... -
- Allora la risposta la sai... uh, guarda, lo skate di Tom... parli del diavolo e spuntano le corna... -
- Erano secoli che non lo vedevo – rise la ragazza prendendolo in mano, era tutto rotto, le ruote rosse sporchissime e impolverate, come la tavola.
- E c'è anche il pupazzo di Bill, guarda... -
- Oh mio dio, Hans! - scoppiò a ridere Greta mettendosi una mano sulla bocca – Erano secoli che non lo vedevo! -
- Quant'è brutto, ma gli è sempre piaciuto, se lo portava ovunque -
- Questi devono essere conservati, sono dei pezzi archeologici-
- Prendili tu, io non so dove metterli in mezzo a questo casino -
- Va bene, li prendo io – rispose la ragazza senza neanche pensarci un secondo – e comunque, ho deciso, se ti interessa – saltellò verso la donna e alzò un sopracciglio – ma non te lo dico, lo scoprirai la prossima volta che verrò a romperti le scatole con i miei problemi -
- Ho come l'impressione che comunque lo verrò a sapere dal proprietario di Hans... però attendo con ansia il prossimo capitolo -


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Tadààààààà. Sorprese vero? No, mi sa che si era capito! Comunque, questo era il penultimo capitolo della FF, la prossima volta ci salutiamo e ce ne andiamo tutte in vacanza! XD Vi annuncio che il continuo di Mach mich nicht verliebt, seguendo la tradizione dei titoli delle canzoni dei JR, si chiamerà "Irgendwo Anders", e sta già procedendo bene la stesura della storia.
Fatemi sapere cosa ne pensate di questo capitolo e ci vediamo alla prossima... ho creato abbastanza suspence? :D
  
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