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Autore: e l l i e    09/07/2010    0 recensioni
Se mi avresti ucciso sarebbe stato meglio. Ripenso spesso se te l'avessi quale sarebbe stata la tua reazione. Prima baciami fallo per compassione , fallo con irruenza, diventa un altro per rendermi felice. Prendimi con forza, utilizzami come un oggetto se vuoi, fai ciò che nessuno ha mai fatto. Feriscimi, fammi morire tra le tue braccia , rendimi inerme davanti ai tuoi smeraldi verdi che mi hanno dolcemente rovinato la vita. Divertiti, ma anche se per gioco ti ho avuto davvero. Stringimi forte, rompimi come cristallo, sfonda quel cuore che è sempre stato tuo, un amore impossibile, un amore vero? La risposta ad ogni tua domanda è perchè ti amo. ,ia prima FF spero vi piaccia buona lettura ed esprimete il vostro parere
Genere: Romantico, Triste, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Georg Listing
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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I raggi del sole del mattino penetravo fievoli, tagliati dalle sbarre che delineavano una piccolissima fessura in fondo alla cella. Mi svegliai faticosamente senza forze ne fiato. Scossi un poco Georg che non accennava ad aprire gli occhi facendo aumentare la mia preoccupazione. Sospirai e mi diressi verso l'inizio del piccolo buco di pietra in cui mi trovavo aggrappandomi sul verro verticale di esso. Allungai una mano il più possibile sperando di trovare qualcosa o qualcuno con cui soccorrere Georg che diventava sempre più debole e pallido. Non so cosa pensavo di rintracciare in questa inutile maniera, ma volevo almeno tentarci e con ogni mezzo possibile. Andai avanti per ore finchè il mio braccio non implorasse aiuto e i muscoli si abbandonarono a loro stessi come la pelle che li ricopriva ormai la cerata dalla ruggine delle sbarre. Il gomito mi prese a sangunare e mi doleva in maniera assurda troppo per essere una cosa insignificante. Il tempo qui non aveva senso, ne peso, e senza che me ne accorgessi calò di nuovo il sole terminando un altro giorno qui e nessuno durante la luce venne a verificarsi della nostra salute e semplicemente esistenza. Non si odeva alcun rumore all'interno di quelle segrete tranne le mie unghie quasi consumate che battevano sulla roccia umida, e durante tutte queste ore Georg non si riprese ancora. Non sapevo cosa fare entrando nel panico più completo e raccontando a me stessa che prima o poi quegli esseri ritroveranno la loro piccola parte di umanità, se essa è mai esistita e verranno almeno ad accertarsi se siamo ancora vivi e nel caso di portarci qualcosa per scaldarci o da mangiare. Chiusi gli occhi per pochi minuti nel tentativo di recuperare un poco di quelle forze che in questi giorni non mi appartenevano affatto. Sentii finalmente dei passi scendere le scale anch'esse di pietra, che riciamarono subito la mia attenzione facendomi sobbalzare in piedi. Rimasi immobile ad aspettare che quella figura comparisse sotto uno dei raggi filiformi che trasparivano all'interno della celletta. Due occhi freddi si fecero largo nella luce e sembravano emanarne una propria color diamante, accecava in maniera sublime, nessuno sarebbe stato in grando di descrivere la bellezza di quelle iridi, in quelle gemme piccole e schiuse che avrebbero fatto rabbrividire chiunque. Avanzava sicuro e spavaldo con un'espressione beffarda e gli occhi che potevano raccontare tutto ciò che la sua mante contorta produceva. Le mani rigorosamente in tasca, i vestiti classici ed eleganti quasi a prendersi gioco di noi nella loro perfezione e singolarità. Cambiai totalmente atteggiamento e cercai di riprendermi dal dolore e dalla fatica mentre stringevo le ferite per non mostrargliele avendo paura che potesse in qualche modo infierire su di esse. Si portò velocemente davanti alle sbarre della segreta prendendo a fissarmi con uno stupido sorrisono stampato in faccia. Dal canto mio gonfiai il petto per dirgli senza parole che non lo temevo, digrignavo i denti innervosita ma non cedevo a quello sguardo fin troppo seducente e invitante. Abbassò gli occhi quasi timidamente lanciando un fievolo ridolino. Inarcai un sopracciglio confusa e scocciata della sua continua aria di superiorità e come se non bastasse accentuata ancora di più da quegli abiti da damerino che inossava, un jilet con camicia e calzoni bianchi coordinati con la camicia sottostante d'un azzurro cielo e gli immancabili capelli gellati a mo di cresta e una nuovissima rasatura a bordo di essi. Forse questa acconciatura lo faceva sentire più galletto di quel che già non era. Aveva la brutta abitudine di avvicinarsi sempre troppo al viso, al mio viso e anche in fin troppo particolare modo alla bocca in una continua ricerca di un bacio o di un gioco malizioso in cui solo lui conosceva bene le regole. Non indietreggiai nemmeno facendo parte della sua assurda partita e mantenendo così una distanza microscopica dalle sue labbra.

-Come va?- mi chiese pavoneggiando. Io non risposi, sbuffando come un toro dove davanti gli si parava un bel telo rosso.

-Hmmm siamo cocciute eh, cosa credi che assumendo questo atteggiamento io mi demoralizzo perchè non hai paura di me o pensi di avere un trattamento di favore se ti comporti in questa maniera? Invece sappi che non fai altro che eccitarmi così.- si morse il labbro inferiore e si passò una buona dose di saliva su quello superiore. Mi faceva ribrezzo il suo modo di fare e se non fosse per quello sarebbe anche potuto andarmi a genio in fondo siamo più simili di quanto lui non immagini. Deglutì violentemente stringendo ancora una volta la mascella. Inarcò le labbra in un altro dei suoi stupidi sorrisi trovando contrasto nel mio sguardo severo e poco complice. Prese a trafficare in un taschino del jilet tirando fuori un mazzo di piccole chiavi. Le fissai incapace di sapere cosa volesse farne se fammele vedere per il semplice gusto di avermi in suo possesso o semplicemente aprire la porta della cella. Di fatti non distogliendo mai gli occhi dal mio viso aprì la porta di ferro a sbarre oltrepassandola. Istintivamente corsi da Georg per proteggerlo, mi sono detta, per impedire che li facessero del male, che lo picchiassero come due anni fa, o forse per essere egoisticamente protetta a mia volta. Georg però non accennava segni di vita e la paura invase il mio corpo. Fino a quel momento avevo sempre pensato che non mi sarebbe mai accaduto nulla finche fossi stata al suo fianco, lui non avrebbe mai permesso che mi sfiorassero e questa situazione mi è totalmente nuova, ho paura perchè non c'è lui con me ora. Fissavo Georg terrorizzata nella speranza che quei bellissimi occhi smeraldo potessero aprirsi e che si scagliasse contro Adam come so avrebbe fatto. Egli mi colse da dietro approfittando del fatto che mi ero incantata sul viso stanco di Georg, afferrandomi saldamente per un braccio e portandomi via con se. Urlai opponendo resistenza e allungando una mano verso Georg cercando ingenuamente di prendere la sua che giaceva per terra. Vedere, accorgemi che ora non potevo contare su di lui, non potevo rifugiarmi tra le sue braccia mi fece andare nel panico, mi sentivo smarrita e indifesa e ora mi rendevo veramente conto che dovevo crescere e cavarmela da sola senza basarmi sulla spalla di Georg. In quel momento non riuscì più a non essere sottomessa alla forza di Adam e la mia maschera da donna fiera cadde lasciandomi in sua balia. Piansi, ed era l'ultima cosa che volevo: mostrarmi debole a quegli occhi di ghiaccio. Mi trascinò al piano superiore in una sala ricca e sfarzosa con un lungo tavolo pregiato che troneggiava in mezzo, tende di tessuto bordeux e vari oggetti d'argento e porcellana. Mi stringeva per i polsi decorandoli con un'impronta rossa e dei lividi. Mi continuava a spingere verso di se per poi sbattermi contro il muro portando le mani ai lati della mia testa. Girai la testa per non guardarlo negli occhi che bruciavano come una sigaretta spenta sulla pelle e come essa avevano un luce propria che affascinava da morire. Si avvicinò lentamente cacciando fuori la lingua e passandola sul mio collo. Dio era disgustoso e avevo già capito le sue intenzioni, e il terrore mi sapeva sempre di più avendo anche coscenza che potevo essere l'immediata vittima di una violenza senza che potessi reagire. Mi feci forza stringendo i pugni e mettendo in scena una smorfia piena di ribrezzo e un gridolino per accentuarla. Strusciava insistentemente il bacino contro la mia gamba. Una lacrima mi scese bagnando la sua bocca di sale e non sentì più la sua saliva scivolare sulla pelle. Mi voltai di nuovo verso di lui e lo vidi che mi fissava perso e con un'aria al quanto confusa ricambiata dalla mia altrettanto piena di interrogazione.

-Ti tengo qui, con me- indietreggiò inchinandosi e mi prese la mano seguito dal mio sguardo attonito.

-C-che cosa?- risposi intimorita.

-Rimani qui, con acqua calda, un letto, dei vestiti puliti, del cibo prelibato, e tutti i comfort che una principessa ha.-

Sgranai gli occhi stranita. Perchè vuole trattarmi come la padrona del castello, con questa dolcezza che sembrava non appertenergli affatto, con questa educazione che non porta il suo nome. Non riesco a capire. Dovrei essere trattata come una vittima sotto le sue grinfie, solo un gioccatolo per divertirsi, ma che cosa vule da Georg e Gustav, quante domande senza risposta, tutte quelle che vorrei sputare fuori ora e rinsanare finalmente i miei dubbi e i miei perchè. Respiravo a fatica, probabilmente per la paura subita, o forse perchè non potevo oppormi a quello che era Adam, a quello che lui era qui dentro, nel suo cupo e attraente regno.

-N-no non posso, i-io devo stare con georg, d-devo STARE CON GEORG, che cosa gli avete fatto, p-perchè tutto questo?- Dalla sua espressione penso sia rimasto sconvolto dalla mia continua testardaggine che lui traduce come insubordinazione. Picchiò la mano contro il muro a pochi centimetri dal mio orecchio facendomi fermare violentemente il cuore dallo spavento.

-Resti qui, con me, che ti piaccia o no!- urlò Adam - sono stato chiaro?- inarcò un sopracciglio maliziosamente. Non sapevo le sue intenzioni, e la curiosità di conoscerle aveva preso il sopravvento nella mia mente. L'ennesimo sorriso strafottente e se ne andò voltandomi le spelle senza pensarci troppo su.

-Duca, accompagna Eleonoar, in una delle camere per gli ospiti e assicurati che abbia tutto ciò che vuole.- ordinò prima di uscire. Il suo tirapiedi mi mise una mano delicatamente dietro la schiena indicandomi la via da suguire. Sotto i giusti comandi, Duca potev essere sia una belva senza pietà che un cagnolino scondinzolante alle parole del padrone. Mi accompagnò davanti a una porta che aprì come il più servile dei camerieri. Quella camera da letto era semplicemente meravigliosa. Era caratterizzata da un'aria quasi fiabesca con un letto a baldacchino dove il colore predominante era il rosso acceso. Divani e divanetti vari la circondavano e dall'immensa finestra ornata da rifiniture in legno si poteva godere la bellissima vista del mare baciato da lontano dalla luna. Mi persi a fissarli. Mi ricordavano me e lui. Così distanti per tanto tempo fino a che non giunge l'alba e hanno quasi l'illusione di potersi sfiorare ed essere felici. Il mare così apparentemente immenso e profondo, padrone di tutti ma non di se stesso, accecato dalla falsa luminosità della Luna e senza di lei sarebbe cieco. Io e te che facciamo parte dello stesso cielo dandolo per scontato e ora ci hanno di nuovo separati. Riuscirà mai quella distesa d'acqua blu far annegare il satellite terrestre? Già. Poggia una mano sul vetro facendola sciuvolare lentamente come la lacrima che mi solcava il viso.

-Domani la servitù ti porterà degli abiti nuovi e la colazione, la vita qui comincia presto, e qualsiasi cosa puoi chiamare anche a notte fonda.- non ascoltai la minima parola di ciò che Duca disse e vedendo la mia ria persa e malinconica preferì andarsene senza più proferire nulla.

-bè buona notte- aggiunse chiudendo la porta alle sue spalle.

Già. Fissai la Luna e sussurrai: Buona Notte anche a te amore mio.

   
 
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