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Autore: Harleequinzel    10/07/2010    4 recensioni
Forse tutto stava in lei. Forse, da quando aveva perso un cuore, la sua femminilità non si mostrava più così tanto. Forse, doveva solo correggersi un po'... [...] Immergendo la punta folta del pennello nella polvere rosea del fondotinta, si specchiò nella superficie vitrea, osservando attentamente il suo riflesso.
[Axel/Larxene]
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Axel, Larxene, Roxas
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: KH 358/2 Days
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Imperfect Girl

Sempre dietro a quello stupido ragazzino. E Roxas di qua, e Roxas di là.
Lei era una donna, cazzo, e Axel non era poi da scartare. Insomma, era pur sempre un bel ragazzo. Perché lì dentro solo quei maniaci repressi di Xaldin e Xigbar se la filavano?
Di Xemnas non le importava, Vexen... mpf, andiamo, chi voleva far ridere? Lexeause era uno scoglio e affatto il suo tipo, Zexion un tappo del cavolo, Saix un leccaculo, Demyx un bambino, Luxord un coglione, Marluxia... si beh, Marluxia di certo non si interessava a lei come desiderava, era più che altro una sorella per lui. E poi il sopraccitato tappetto che non sapeva manco quale fosse la differenza tra uomo e donna.
Chi rimaneva se non quel bastardo del numero VIII che, invece di approfittarne, non faceva altro che ignorarla o, più spesso, farla incazzare?
Forse tutto stava in lei. Forse, da quando aveva perso un cuore, la sua femminilità non si mostrava più così tanto. Forse, doveva solo correggersi un po'...

Mai, mai avrebbe giurato di poter trovare del trucco nei cassetti di Marluxia. O forse sì? Si guardò intorno, ben attenta e con i ciuffi dritti, come se fossero un paio di antenne radar capaci di captare ogni suono.
Immergendo la punta folta del pennello nella polvere rosea del fondotinta, si specchiò nella superficie vitrea, osservando attentamente il suo riflesso.

«Davvero! Sei stato grande, i giorni in missione senza di me ti sono serviti a qualcosa, Roxas.»
Sentì la sua voce, tanto, troppo, vicina. Sussultò e tirandosi subito su il cappuccio del soprabito si voltò, gli occhi color del ghiaccio appena sbarrati.
Si ritrovò il dito indice del rosso puntato contro. «Avanti.» La incitò lui, con voce calma. Lei inarcò un sopracciglio, portando le mani ai fianchi.
«Avanti cosa, cretino?»
Lo sguardo smeraldino di Axel si spostò per un secondo su Roxas, accanto a lui in silenzio, e in quel secondo Larxene poté giurare di sentire un pizzichio al petto, quella che una volta avrebbe chiamata gelosia.
«Ammetti di averlo torturato in missione con te.»
Un sussulto da parte sua, poi una smorfia innervosita, forse amareggiata. Cosa diavolo gli aveva detto quel tappo per farla apparire ancora di più una strega agli occhi del numero VIII?
«Ma cosa vuoi che gli abbia fatto?! Gli ho solo ordinato di fare il suo lavoro per bene!» Prima che Axel potesse ribattere di nuovo, il biondo parlò e Larxene ne rimase sbalordita. Era la prima volta che sentiva la sua voce così, in missione si limitava solo ad annuire. «Larxene non mi ha fatto nulla, Axel, anzi... se tu sei l'unico che mi ha sempre aiutato quando ero in difficoltà, lei è stata l'unica a spiegarmi come far sì che questo non succeda.»
Poi un secondo e quegli enormi occhioni blu furono piantati su di lei. «Grazie.»
Lei rise beffarda. «Nulla di personale, tappo, ci servi, se ti eliminano troppo in fretta è la fine.» Poi si voltò e giunse le spalle al petto, mentre il fruscio di un varco oscuro interrompeva le parole degli altri due.
«Numero XIII, Xemnas ti vuole parlare.» Nonostante di spalle, la bionda riuscì a riconoscere la voce autoritaria di Saix.
Un attimo dopo lei era già sola con il numero VIII. E lui si avvicinava.
Lo sentì chiaramente alle sue spalle e cominciò ad aspettarsi di tutto. Come una bambina euforica di tredici anni sarebbe arrossita, se avesse potuto. La sua presenza distinta dietro di lei, il silenzio scandito solo dai loro respiri, il bianco accecante dei corridoi.
Il fruscio del suo soprabito, segno che si stava muovendo. Lei chiuse gli occhi e quando li riaprì giurò di poter esplodere. La sua mano che insistentemente continuava a dargli diverse pacche sulla testa, non recava di certo un minimo fastidio.
«E così il tuo istinto materno è riuscito a sottomettere quello omicida nei confronti di Roxas.»
Trattenne la mano stretta a pungo e con uno strattone si liberò della sua.
Lo vide con lo sguardo perso al soffitto del corridoio, una mano al mento. «Strano davvero! Ma visto che prima di lui eri l'ultima arrivata, non potevo sapere che non avresti scazzottato il tuo sottoposto!» Un ghigno sarcastico, poi una spintarella alla spalla della ragazza. «E brava la mia Larxene.»
Quel “mia” la lasciò semplicemente sbigottita. Calore, calore immenso alle gote e, stavolta, anche se non poteva, era arrossita davvero. Si riprese poco dopo, quando il silenzio era prevalso di nuovo. «Istinto materno un cavolo. Piuttosto, pensavo che tu avessi appena firmato le carte d'adozione per un quindicenne rimbecillito.»
Axel sbarrò gli occhi, le labbra rosse stese e rilassate. Poi sorrise e Larxene nella sua mente lo maledisse, perché -cazzo- lui era quello che più di tutti riusciva a plasmare sentimenti e stati d'animo come se potesse davvero.
«Sì, in effetti Roxas non fa altro che chiedere di me, come se non potesse vivere senza.» E nelle sue parole poté sentire un briciolo di vanto. Nella sua mente solo il ricordo di gelosia. Una conversazione che, senza risposta, fu stroncata così.
«Beh, ci si becca in giro, bionda.» Un cenno con la mano e la numero XII lo vide passarle accanto, diretto all'altro capo del corridoio.
Lei rimase ferma, sentendo i sui passi rimbombare nel vuoto, lo sguardo basso verso il pavimento bianco.
«Ah – poi di nuovo la sua voce – Larxene, è rossetto quello sulle tue labbra?»
   
 
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