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Autore: AlexaHumanoide    14/07/2010    11 recensioni
« Bill.. » soffiai il suo nome. « Posso chiederti una cosa? » mi accoccolai sul suo petto.
« Anche cento. » mi rispose facendo una risatina.
« Come sono fatta? » ho sempre avuto paura di porre questa domanda a qualcuno. Avevo paura di scoprire la realtà, di scoprire come ero. Io avevo sempre vissuto nella fantasia.
Genere: Drammatico, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Bill Kaulitz, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Love at first sight.

Come ogni mattina mi trovavo lì, ferma immobile ad aspettare quel piccolo segnale per partire. Attorno a me sentivo vari rumori: macchine che passavano, persone che parlavano e anche cani che abbaiavano.
E io ero sola, sola come sempre.
Scotty iniziò a camminare, così che il guinzaglio d'acciaio rosso mi dasse il segno che il semafero era diventato verde.
Certo, io non potevo vederlo. Si, ero cieca. Cieca dalla nascita.
Iniziai a muovere i miei piedi, uno dopo l'altro. Ormai ero abituata, seguivo solo i suoni e Scotty, il mio cane da guida.
Scotty era tutto per me, anche se non l'avevo mai visto, era la persona più importante della mia vita, almeno fino ad allora, ma credo che lo sarà per sempre.
E' l'unico che mi da segni d'affetto, come leccarmi la faccia quando cerco di abbassarmi verso di lui.
A dire il vero, non c'è mai stata una persona che mi voglia bene come lui. Mia mamma mi ha abbandonata quando ha scoperto che sua figlia era cieca e mio padre non l'ho mai conosciuto e nemmeno mia madre, da quello che mi avevano detto. Sono cresciuta in un orfanotrofio, inisieme alle suore. E ora ho 18 anni e mi sono trasferita in una piccola casa qui, ad Amburgo. Vivo da sola, sola con Scotty, naturalmente.
Vorrei dirvi come sono fuori, ma non lo so neanche io. Non l'ho mai chiesto a suor Amalia, la suora che mi ha praticamente cresciuto, e lei non me l'ha mai detto. Quindi non so dirvi niente di me, tranne che mi chiamo Blanche. Sì, molto strano come nome, no? Però mi piace.
Sento il guinzaglio girare a sinistra, segno che Scotty aveva svoltato e anche io dovevo farlo. Stavamo andando alla fermata della corriera per andare all'università. Vi chiederete: anche i ciechi studiano? Ebbenesì, anche noi studiamo, purtroppo.
Non capii subito che successe in quel secondo, ma sotto le mie mani non trovai più il guinzaglio e riuscivo a tastare solo una superficia ruvida e...calda. Dopo capii che qualcosa mi aveva urtato e che io mi trovavo stesa a terra.
Sentii la lingua di Scotty leccarmi la faccia e io instintivamente aprii gli occhi, scordandomi della mia natura. Lo facevo tante volte, come per controllare se avessi sognato tutto e in realtà io vedrei le meraviglie del mondo come ogni essere umano, ma non era così. Vedevo tutto bianco, un bianco accecante, che invece di farti amare il mondo te lo fa odiare completamente.
Alzai una mano dal pavimento, sperando vivamente che non fossi anche solo con un piede in mezzo alla strada, e a tentoni cercai la testa del mio cane. La trovai. Le mie labbra si stesero in un sorriso, sapevo che non mi avrebbe mai lasciato. Lui mi leccò la mano. Cercai di alzarmi a sedere, ma non ci riuscii: una fitta mi arrivò dall'altezza del ginocchio e un piccolo gridolino di dolore mi uscì dalla bocca.
Solo allora qualcuno si degnò di darmi una mano.
Ormai mi ero abituata, nessuno mi aiutava mai, non mi calcolavano mai. Come se fossi trasparente o comunque avessi una malattia infettiva adosso. Alcune volte sono stata male per questo, ma poi mi sono resa conto che non dovevo stare male per queste persone che fanno differenza tra gli umani normali e gli handicap e andare avanti e avanti, sempre.
E cercare qualcuno invece che vede le persone tutte uguali, anche se hanno gli occhi completamente bianchi o se hanno una pupilla nera e un iride color cioccolato.
Qualcosa si appoggiò sulla mia spalla: una mano. Era calda al contatto della mia pelle e, si sentiva, era liscia come seta.
« Ehi, stai bene? » le mie orecchie percepirono una voce maschile, troppo sottile per essere adulta. Ma la cosa che mi sorprese di più fu la dolcezza di quella voce.
Io non avevo la vista, certo, ma l'udito non mi mancava. L'avevo sviluppato in quei 18 anni di vita e ora sentivo cose che le persone normali non noterebbero. Tipo quel pizzico di amore che era presente nella voce di quel ragazzo.
« Mi... mi fa male il ginocchio... » cercai di dire. La mia voce era l'unica cosa che riuscivo a descrivere di me stessa: era squillante ed armoniosa come un uccellino.
Cercai di spingermi sù con la mano, ma di nuovo una fitta arrivò dal ginocchio, però non mollai la presa e alzai la testa verso quella voce.
« Non ti preoccupare, ora chiamo un'ambulanza! Riesci almeno a vedermi ? » sentivo il suo alito fresco sul mio naso, segno che si era piegato e ora era vicino a me.
Di colpo, aprii di nuovo le palpebre, desiderosa di vedere il volto di quel ragazzo così gentile e dolce da essersi fermato per aiutarmi.
« Oohh! » esclamò quando vide il bianco latte dei miei occhi.
Una volta mi era successo che per sbaglio, invece di sedermi sulla panchina, cascai con il sedere per terra, credo perchè non avevo preso bene le misure. Una signora aveva sentito il mio grido per la pacca e mi era venuta ad aiutare... Finchè non vide i miei occhi. Si, proprio così, appena li vide se ne andò, lasciandomi lì seduta sulla terra.
Ma questa non era quella sera. Lui restò e mi aiutò a tirarmi sù. Cercai di ringraziarlo meglio che potei.
« Riesci a camminare? » mi chiese e scommettei con me stessa che sulle sue labbra era nato un sorriso. Splendido, aggiungerei. Me lo stava dicendo il mio cuore, che non aveva mai battuto così forte.
« Si, credo di si... Ci provo... » risposi a bassa voce.
Lui mi prese il braccio e se lo mise intorno al suo collo, per farmi da sostegno. Volevo sapere come si chimava questo angelo, perchè di un angelo si trattava.
Feci qualche passo e poi mi aiutò a sedermi, su una panchina...credo. Il legno scricchiolò, quindi lui si era seduto vicino a me. Però mancava qualcosa, qualcosa di molto importante.
« Scotty? Scotty dove sei?? » ora la mia voce era terrorizzata, non sentivo il suo calore vicino a me e questo non mi piaceva affatto. Con le braccia iniziai a cercarlo, ma qualcosa mi fermò: le sue mani.
« Tranquilla, è qui sotto la panchina. » le mie braccia si abbassarono automaticamente e il mio corpo si rilassò.
« Grazie, grazie mille davvero. » mi girai verso al profumo di muschio che emanava, fresco e magnifico. E sorrisi, sperando di non essere brutta. « Come ti chiami? »
Prima di rispondermi, quel ragazzo fece una cosa che mi spiazzò completamente: prese la mia mano e la strinse con la sua. Mi immobilizzai all'istante e lui, come un fulmine la staccò.
Sentii uno spostamento d'aria: forse aveva abassato la testa, imbarazzato. Bè, era quello che avrei fatto io, se non fosse che io non mi ero immobilizzata perchè non volevo che lui mi toccasse, ma perchè mi sentii così bene in quella stretta da prendermi paura.
« Mi chiamo Bill. » si, era imbatazzato. Ora ne ero certa. « Emh... Tu come ti chiami? »
Con la mano cercai la sua, volevo assolutamente riprovare quella sensazione assolutamente magnifica. Lui si affrettò a stringermela di nuovo, voglioso anche lui di quel contatto.
« Mi chiamo Blanche. » questa volta fui io ad abbassare lo sguardo. Il mio cuore stava scoppiando. Perchè faceva così? Cosa mi stava succedendo?
Bill mi accarezzò la guancia e sentii il sangue salirmi nelle guancie. In tutta la mia vita non ero mai arrossita. « Ti fa male ancora il ginocchio? Sennò chiamo davvero un'ambulanza... »
Provai ad alzarlo e nessuna fitta mi colpì. « Nono, credo che ora sia tutto aposto... Forse era solo il dolore della botta... » non so perchè lo feci, ma strinsi ancora di più la sua mano.
Forse perchè non avevo mai avuto una persona così vicino come in quel momento, sopratutto un ragazzo. Ma io mi sentivo bene e non volevo che Bill volasse via. Di colpo i miei occhi si riempirono di lacrime e lui lo vide.
Si era avvicinato ancora di più a me. « Ehyehyehy, che è successo? » mi chiese dolcemente, come per tranquillizzare una bambina. E infatti ora ero proprio una bambina. Stavo per piangere per una cosa stupida, come un pacchetto di caramelle. Normalmente io tengo sempre gli occhi socchiusi e solo poche volte li apro completamente, perchè mi fa male vedere tutto bianco. Ora li avevo proprio così, socchiusi, ma le lacrime si vedevano comunque. Me le asciugai velocemente.
« No, niente... » tirai sù con il naso. « E' che non mi capita tutti i giorni di trovare una persona magnifica come te... e... ho paura di perderti ora. Ho paura che tu ora te ne vai via come tutti gli altri. » mi faceva male non vedere niente, mi sarebbe piaciuto vedere la sua reazione a quelle parole, guardare le sue labbra, le sue mani e sopratutto i suoi occhi.
« Blanche, non ti preoccupare di questo. » mi asciugò l'unica lacrima che era riuscita a scendere sul mio volto. « Ti prometto che non ti lascierò mai. »
Ora il mio cuore non c'era più. Aveva smesso di fare il suo lavoro. Non sentivo più quei ritmici bum bum, ma sentivo i suoi: erano veloci, molto veloci.
Istintivamente allargai le braccia davanti a me, sciogliendo l'intreccio delle nostre mani. E lui mi abbracciò. Sapete quanti abbracci ho ricevuto nei miei 18 anni? 1: questo.
Strinsi il suo corpo al mio, inspirando il suo profumo. Scoprii che era magro, esile. « Grazie. » Non riuscivo a dire altro.
« Vuoi... vuoi venire a casa mia? » mi chiese, riprendendomi la mano e stringendola. Io annuii con un veloce movimento di testa.
Non avevo bisogno di pensarci sù. Bill mi allungò il collare di Scotty e me lo mise tra le mani. « Sai che anche io ho un cane che si chiama Scotty?! » mi avvolse il suo braccio attorno alla mia vita e mi fece avvicinare a lui.
« Davvero?! » feci un risolino e lo guardai, per modo di dire. « Allora diventeranno grandi amici! »
Bill fece accomodare me e Scotty dentro una macchia, che suppongo fosse la sua. Il sedile era molto comodo e dentro la macchina c'era il doppio del profumo di Bill.
In dieci minuti ci trovammo in camera sua, così mi aveva detto. Mi fece sedere sul letto insieme a lui. Mi sdraiai, appoggiando la testa su un cuscino. Lui mi abbracciò, stendendosi vicino a me.
« Bill.. » soffiai il suo nome. « Posso chiederti una cosa? » mi accoccolai sul suo petto.
« Anche cento. » mi rispose facendo una risatina.
« Come sono fatta? » ho sempre avuto paura di porre questa domanda a qualcuno. Avevo paura di scoprire la realtà, di scoprire come ero. Io avevo sempre vissuto nella fantasia.
« Mmh... » sentii il suo sguardo adosso. « Hai dei capelli biondi chiarissimo che amo, una faccia con dei lineamenti dolci che amo, un corpo alto e snello che amo, poi che altro vuoi sapere? Sei bellissima. »
Le mie labbra si aprirono in un grande sorriso. « Ah! Hai delle labbra soffici stupende e un sorriso ancora più stupendo! » mi strinsi di più a lui.
« E tu, come sei fatto? » chiesi ridendo. Bill mi baciò i capelli. « Io sono mooolto brutto! »
Sapevo che questa era una bugia, una bugia grande quanto una casa. Li diedi una spinta. « Daiii, lo so che non è vero! Dimmi la verità! »
Lui rise di nuovo. « Ho dei capelli neri, ma sono tinti. Sono alto... e magro. » lo stoppai subito. « E hai una voce che amo e una risata che amo. »
Bill mi strinse la mano. « Di...di che colore sono i tuoi occhi? »
« Sono marroni. » rispose con un tono basso, si sentiva che era dispiaciuto per come ero nata. « Sono sicura che sono bellissimi, vorrei tanto vederli... »
« Blanche » sussurrò. « Mi fai vedere i tuoi occhi? »
Nessuno mi aveva chiesto questa cosa. Tutti odiavano i miei occhi e io avevo paura a mostrarli. « Perchè ? » non capivo.
« Perchè li amo. » sussurrò con il viso vicino al mio. E lo accontentai, sperando quella volta di vederlo al posto di quel bianco rivoltante.
Aprii gli occhi e li tenei più aperti del solito, facendo muovere la pupilla da tutte le parti, provando a scalciare via quel bianco. Poi si chiusero di colpo, mi dava fastidio. « Scusa, non...non c'è la faccio. »
Lui non mi rispose. Mi baciò le palpebre, delicatamente. « Grazie. » disse semplicemente.
Un brivido mi percorse la schiena. Un brivido di felicità. Quello era stato il grazie più importante della mia vita, Bill era il ragazzo più importante della mia vita. No.
Lui ora è più importante di me stessa. Più importante di tutto.
« Ti amo. » quelle due parole uscirono come un soffio dalla mia bocca, ma sapevo, che erano le due parole più importanti e vere che avevo pronunciato in vita mia.
« Ti amo. » sussurrò Bill, avvicinandosi sempre di più a me.
Poi sentii il tocco più bello che potessi mai immaginare. Le sue labbra soffici e delicate sulle mie.

Una volta un signore mi chiese: ci credi all'amore a prima vista? E io riposi: A prima vista no, ma sono sicura che quando avrò di fronte il mio amore il mio cuore me lo dirà.

   
 
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