I Belong to You
Appoggiato al tronco
di un albero del giardino di
casa, osservavo i
contorni della luna piena che illuminava quella mezzanotte inoltrata del mese
di gennaio. Il cielo era una coperta scura con tante stelle. Era il genere di
situazione in cui mi trovavo più a mio agio. Stavo in piedi da ore,
precisamente dal tramonto.
Nonostante
nei Cullen
avessi trovato una famiglia disposta ad accogliermi pur non avendo ancora
raccontatogli il mio passato e la mia vecchia vita, a volte sentivo l'esigenza di
stare da solo e riflettere. Ripensavo spesso alle guerre combattute, agli
eserciti creati, alle persone innocenti che avevano perso la vita per colpa
mia.
Sarei un ipocrita se dicessi che mi ero sempre chiesto se ci fosse un altro modo
per vivere che non includesse l'uccisione di umani.
Quando Maria mi aveva creato e convinto che le lotte e il sangue
umano fossero la mia unica alternativa, non mi
domandai se fosse vero o no. La morte di un umano soddisfava il mio bisogno di sangue e nient'altro mi importava,
finché un giorno qualunque, durante un attacco qualunque percepii
un’ondata di dolore proveniente dal mal capitato di turno. Non
passò molto tempo da quel momento a quando
decisi di andarmene con Peter e Charlotte e lasciare Maria. Lo feci senza rimpianti. Avevo creduto di amarla e
di essere ricambiato, ma poi avevo capito che lei mi stava
solo usando per realizzare i suoi interessi e alla fine mi ero reso
conto che nemmeno il mio era amore.
Mi chiedevo ogni
tanto se fosse stato il mio dono da empatico ad avermi fatto sviluppare una
"coscienza", come la chiamavano Edward e Carlisle.
Se non fossi stato in grado di percepire le emozioni
altrui e talvolta manipolarle, mi sarei posto il problema del dolore provato
dalle mie vittime?
Preferivo non pormi
questa domanda, per non incrementare il già gran disprezzo che provavo
nei miei riguardi.
Cercavo di
concentrarmi sulla ragione che mi aveva condotto dai Cullen
ed avviato alla dieta vegetariana.
Era stata lei a
scovarmi in quella bettola a Philadelphia, posto in cui mi ero rinchiuso per
tentare di passare inosservato. L'odore degli umani non mi aiutava di certo a
frenare gli istinti animaleschi, allora cercai di concentrarmi sul fetore
dell'alcool che infestava l'ambiente, ma era difficile perché ero troppo
assetato. Così tanto che quasi non mi accorsi
di lei mentre mi si avvicinava. Aveva pelle diafana, labbra sottili, capelli
neri ed era bassina di statura. Era bellissima, di
certo la donna e la vampira più bella che avessi mai visto, molto
più bella di Maria. Normalmente avrei alzato
la guardia alla vista di un mio simile. Ma il suo
sorriso mi fece capire che non voleva attaccarmi.
Si avvicinò
con grazia e disse: ‹‹Mi hai fatto aspettare
parecchio!››
Io chinai la testa un
po’ confuso e le dissi: ‹‹Mi scusi signorina.››
La confusione non era
data dal fatto che una perfetta estranea mi si era avvicinata come se mi
conoscesse e rimproverato come se fossi stato in ritardo ad un appuntamento
molto importante. Ero confuso perché le sensazioni che la vampira stava
provando non le avevo mai percepite in nessun altro
individuo. Forse perché per un secolo ero vissuto
nell'odio.
All'improvviso mi
porse la mano e la presi senza pensarci due volte. Mi ero sempre fidato delle
mie sensazioni non le chiesi come aveva fatto a trovarmi ne
dove mi stesse portando. Sapevo che qualunque cosa stesse
facendo era quella giusta.
‹‹Hai
molta sete, vero Jasper?›› mi chiese appena usciti
probabilmente avendo notato i miei occhi neri.
‹‹Molta›› mormorai
domandandomi anche come facesse a sapere il mio nome.
Non appena ci
allontanammo dagli sguardi indiscreti degli uomini che cominciavano ad
insospettirsi del nostro indugiare senza problemi sotto la pioggia, iniziammo a
correre velocemente e mi condusse in un bosco molto lontano dalla città.
‹‹Deve
essere tanto tempo che non cacci›› constatò ed aveva ragione.
Lei invece non
sembrava fosse assetata, si stava concentrando solo su
di me.
‹‹Hai mai
cacciato animali?›› continuò a domandarmi.
‹‹No››
ammisi.
‹‹Nemmeno
io››, disse.
‹‹Come fai a sapere che funzionerà? Che placherà
la nostra sete?›› non
potei più trattenermi dal chiederle da dove provenisse tutta quella
sicurezza.
‹‹So che
hai tante domande, e risponderò a tutte, promesso. Ma
adesso la priorità è la caccia. Finirai col fare qualcosa di cui
pentirti se indugiamo ancora››.
Smise per un attimo
di parlarmi e vidi il suo sguardo perdersi nel vuoto. Sembrava essere entrata
in uno strano di trance. Stavo iniziando seriamente a
preoccuparmi, ma qualche istante dopo tornò in se.
‹‹Sì
non puoi più aspettare›› disse ad un tratto con un
espressione molto preoccupata.
Fu l'unico momento in
cui andai nel panico.
‹‹Concentrati››
mi ordinò ‹‹Ascolta tutti i rumori
che ti circondano ››.
Il mio udito
sovraumano mi permetteva di sentire un’infinita di rumori, ma mi
concentrai su uno in particolare. Un battito cardiaco, ovviamente non
accelerato come quello di un essere umano, ma ciò bastò a
mandarmi in estasi. Iniziai a correre velocemente verso quella bestia, guidato
solo dall'istinto e dalla sete. Trovai un puma nero accasciato per terra che
dormiva. Pochi secondi averlo visto, i miei denti trovarono la sua gola. Non
avevo mai assaggiato sangue animale la differenza di sapore con quello umano
era notevole, ma ero certo che fosse possibile sopravvivere anche con esso. O almeno lo era lei e questo
bastò ad aumentare la certezza.
Non mi accorsi subito
che era dietro di me ed osservava la scena soddisfatta.
‹‹Mi sa
che te ne serve ancora›› giudicò
‹‹Ma senz'altro hai un aspetto migliore››.
‹‹Aspetta›› le dissi ad un
tratto. Era vero che la sete non era del tutto placata,
ma la curiosità la stava sovrastando.
Si sedette per terra
con le gambe incrociate ed iniziò a parlare:‹‹ Mi chiamavo
Alice quand'ero un’umana. Non so nient'altro della mia vecchia vita. Mi
sono svegliata che ero sola. Nessuno mi ha detto cos'ero
diventata, l'ho capito da sola non appena mi sono guardata allo specchio
e ho sentito un tremendo bruciore alla gola. Ho avuto paura i primi tempi,
soprattutto dopo aver ucciso alcune. Ma dopo qualche tempo ho
avuto la prova che c'è l'avrei potuta fare, che potevo cambiare la mia
natura›› .
Ero completamente
preso dalla sua storia e percepivo la sofferenza che aveva provato. Nonostante Maria non fosse stata un ottima
insegnante di vita non riuscivo a immaginare cosa avrei fatto se mi
fossi svegliato solo come era successo a lei.
‹‹Io ho
un dono Jasper: Vedo il futuro›› disse proseguendo nel racconto
‹‹Non so come sia possibile che io abbia queste visioni, e non sono
nemmeno certa di come funzionino. Il primo ricordo che ho è
l'apparizione del tuo viso››.
Ero stupito. Era la
risposta a tutte le domande che mi ero posto.
‹‹Ho
visto anche un’altra cosa molto importante. Una famiglia di cinque nostri
simili,tre maschi e due femmine. Loro sopravvivono con
il sangue degli animali Vivremo lì Jasper e saremo felici.››
se interruppe un momento ‹‹Se vorrai seguirmi››.
Rimasi in silenzio.
Non sapevo cosa rispondere in quel momento. Era l'alternativa
che cercavo. Potevo sopravvivere ugualmente senza essere un feroce assassino,
senza provare repulsione nei confronti del mio essere.
‹‹Sei
sicura che ci accoglieranno?›› domandai, incerto delle conseguenze
del presentarsi da una famiglia di estranei.
Sorrise
‹‹Carlisle è una persona
buonissima, ed anche Esme, Edward, Rosalie ed Emmett. Ci accetteranno tutti››.
Restammo in silenzio
a guardarci. Probabilmente attendeva una risposta. Ma
che sciocchezza. Ovviamente sapeva cosa avrei risposto.
‹‹Dove
si trovano?››.
‹‹Non lo
so con precisione, si spostano spesso, altrimenti gli umani noterebbero
che non invecchiano mai. Stanno ancora decidendo dove andare››.
Dopo due anni di
ricerche ininterrotte riuscimmo a trovarli e come Alice aveva
previsto ci avevano accolto a braccia aperte.
Carlisle era il loro capofamiglia. Lavorava in
ospedale, e mi domandavo come facesse a sopportare
l'odore di sangue perennemente presente nell'edificio. A quanto pare dopo più di duecento anni era assuefatto
dall'odore.
Aveva creato per
primo Edward, che stava morendo a 17 anni di spagnola a Chicago. Poi aveva
trovato Esme all'obitorio che il suo cuore ancora
batteva, e da quel giorno era diventata la sua compagna. Anni dopo vide
Rosalie, che aveva appena subito una violenza, sul
ciglio di una strada. Fu lei a salvare Emmett mezzo
sbranato da un orso: l'aveva condotto da Carlisle
affinché fosse salvato anche lui e stavano insieme da allora.
Passarono diverse
settimane dal nostro inserimento presso i Cullen e
stavo incominciando a adattarmi, soprattutto grazie ad Alice.
Il destino a volte
è beffardo. Tu puoi controllare le emozioni degli altri, ma le tue sono
strettamente dipendenti da qualcun altro. Il mio umore era condizionato dalla
presenza di Alice e lei lo percepiva, tant è che non mi lasciava solo un attimo. Aveva
capito che per me non sarebbe stato facile ed era sempre pronta a tirarmi su di
morale, quando mi vedeva angosciato. Il suo sorriso era la cura a tutte le mie
inquietudini. Non ero ancora pronto a raccontarle del mio passato, non volevo
che cambiasse idea su di me. Non volevo nemmeno rischiare di perderla.
Decisi di tornare
dentro, Alice non mi aveva seguito per lasciarmi solo, capiva
quando ne avevo bisogno, ma avevo già fatto la mia buona dose di
riflessioni periodiche. Esme e Edward erano in
soggiorno: lei stava pulendo la cucina e lui leggeva un libro. Carlisle era in ospedale ed Emmett
e Rosalie probabilmente fuori a fare i piccioncini.
‹‹E' di
sopra nella vostra stanza›› rispose Edward
ad una domanda che avevo fatto solo mentalmente. Alice ed io non eravamo gli unici ad avere doni particolari; Edward leggeva
nel pensiero.
‹‹Grazie››
risposi io, stavolta a voce alta e mi diressi verso Alice.
Non la trovai in camera ma nel balcone, seduta su una sedia, il viso rivolto
verso la luna, come me pochi istanti.
Mi avviai anche io
fuori. Non si era girata verso di me, ma ovviamente mi aveva sentito arrivare.
Appoggiai le mani sulle sue spalle e lei appoggiò le sue di sopra.
‹‹Stai bene?›› sussurrò senza guardarmi.
‹‹Bene››
risposi. Il suo tono di voce mi preoccupava. Di solito era sempre allegra e
sorridente ‹‹E tu stai bene?›› .
‹‹Si››
riuscì a dire sospirando.
‹‹Si?››
ribattei io inginocchiandomi in modo che i nostri visi fossero alla stessa
altezza. Lei si voltò leggermente per guardarmi.
‹‹Sono
solo un po’ giù›› confessò.
‹‹L'avevo
capito›› dissi, sottintendendo un "ovviamente"
‹‹ Ti va di dirmi il perché?››
.
Annuì.
‹‹Oggi ho parlato con Rosalie. Mi ha raccontato
la sua storia...è molto triste. Ha subito violenza dall'uomo che
amava. Stavano per sposarsi. Una sera è andata a trovare un’amica
ed al ritorno ha trovato lui con degli amici. Erano completamente
ubriachi...›› non ci fu bisogno di continuare.
Non avevo mai chiesto
né a Rosalie né agli altri la loro storia cosi come loro non
l'avevano chiesta a me. Beh certo si erano fatti delle domande sulle cicatrici
che mi riempivano il corpo, ma non mi avevano forzato per sapere come me le
fossi procurate. Aspettavano il momento in cui sarei
stato pronto a parlarne.
‹‹E'
orribile›› commentai, anche se era
riduttivo considerare "orribile" una cosa del genere.
‹‹Già››.
‹‹E' solo
questo che ti rende triste?›› chiesi.
Anche io avevo la testa piena di orrore a causa dei
fatti raccontati ma qualcosa mi diceva che altro la turbava.
‹‹In effetti no›› confessò ‹‹Ma
è difficile da spiegare››.
‹‹Posso
provare a capirlo››.
Mi guardò
negli occhi ‹‹Nonostante siano passati
molti anni dalla sua trasformazione lei riesce ancora a ricordare nei minimi
dettagli la sua vita, mentre io appena sveglia non mi ricordavo nient'altro che
il mio nome›› .
Fece una breve pausa
e poi riprese ‹‹A volte mi chiedo
cos'è che non va in me››
Se non fosse stata così col morale per
terra, avrei riso. Era assurdo ciò che stava pensando
‹‹Alice››
dissi seriamente ‹‹Come puoi pensare che
ci sia qualcosa che non vada in te?›› .
‹‹Dico
solo quello che vedo, Jazz. Qualcuno mi ha creata e
abbandonata subito dopo. Non ricordo niente della mia vita da umana ed inoltre
ho delle visioni del futuro. Forse non è cosi strano
se mi faccio certe domande››
Si voltò
ancora più angosciata di prima.
‹‹Guardami›› sussurrai.
Lei non si
voltò, allora le afferrai delicatamente il viso con una mano e la
costrinsi a guardarmi.
‹‹Non
c'è assolutamente niente che non va in te›› ero convinto al
cento per cento di ci che dicevo ‹‹Non so
dirti come mai chi ti ha creato ti ha abbandonato e ne perché non
ricordi niente della tua vita da umana. Probabilmente hai subito un trauma e la
tua mente l'ha voluto rimuovere››.
Sembrava volesse
ribattere, ma non glielo permisi.
‹‹E lo sai come la pensa Carlisle
sui nostri poteri "supplementari"? Crede che nella nuova vita ci
portiamo dietro qualcosa che era molto presente nella
nostra natura umana›› .
‹‹ Tu ci credi?›› domandò.
‹‹Beh da
umano ero molto carismatico. Con poche parole ero in grado di convincere le
persone che mi stavano attorno››.
‹‹Sarà
stato bello essere un gran trascinatore di masse›› commentò.
Evitai di rispondere.
‹‹Jazz››
sussurrò ‹‹Io non so perché tu non abbia mai voluto
parlare del tuo passato, ma sappi che se vorrà farlo io sono pronta ad
ascoltarti›› .
Ed eccolo arrivato il momento tanto temuto.
Non mi ero mai preparato mentalmente ad affrontarlo, ma in fondo sapevo che prima o poi doveva arrivare, Alice non mi aveva nascosto
niente della sua vita avevamo instaurato un rapporto che nemmeno se fossi
vissuto tutta l'eternità con Maria avrei mai
potuto creare. Alice era qualcosa di unico al mondo.
Sin da quando i Cullen ci avevano
scambiato per una coppia dandoci la stanza del povero Edward che era
stato rilegato in garage speravo che quelle supposizioni un giorno si sarebbero
avverate, che avrei potuto trattarla come Carlisle
con Esme e Emmett con
Rosalie ma se cosi non fosse stato mi sarei accontentato di essere un fratello,
tutto pur di non stare senza di lei.
Mi convinsi di non
avere alternative ed iniziai a raccontare:
‹‹Sono
nato in Texas nel 1843. All'età di soli 17 anni mi sono arruolato
nell'esercito dei confederati per combattere nella guerra civile e in breve
tempo sono riuscito a fare carriera soprattutto grazie al mio carisma. All’età
di 20 anni, mentre tornavo dal campo di battaglia, ho incontrato una vampira di
nome Maria con altre che l'accompagnavano. Maria mi ha
trasformato in uno di loro.
Per un lungo periodo,
mi sono cibato di sangue umano lottando contro altri vampiri per il controllo
del territorio. Maria, infatti, con l'aiuto delle
altre due vampire, Lucy e Nettie, creò un
esercito di vampiri, trasformando umani con potenzialità ben precise in
vampiri neonati per intraprendere insieme a loro delle
sanguinose battaglie per la supremazia.››
Continuava ad
ascoltarmi senza batter ciglio.
‹‹I
vampiri neonati, per la durata di un anno dalla loro trasformazione, mantengono
una forza superiore grazie al sangue umano che ancora circola nel loro corpo. Maria cercò di farli combattere in questo periodo
proprio per sfruttare al meglio la loro forza.
Quando mi unii a
loro, l'esercito era composto da sei vampiri, e ben
presto se ne aggiunsero altri quattro. Essendo tutti neonati erano molto
instabili e poco inclini all'autocontrollo, quindi cominciarono a combattere
tra loro. E' questo uno dei tanti motivi delle mie
cicatrici.››
Con
un dito percorse quella che era sul mento scendendo fino a quella che segnava
il collo.
‹‹Continua›› m’incitò.
‹‹ Ero
uno dei migliori combattenti e Maria mi preferiva
rispetto agli altri. Grazie alla mia peculiarità di controllare le
emozioni e gli umori degli altri, riuscii a far collaborare i neonati e
diventai il capo. Intanto l'esercito raggiunse la cifra considerevole di venti
vampiri. Maria continuava ad elogiare il suo lavoro e
le restai devoto, convinto che non si potesse vivere la mia condizione in altro
modo. Le battaglie alle quali l'esercito partecipava erano sempre vittoriose e Maria in breve tempo, diventò avida e prese il
controllo del Texas. Alcuni vampiri del sud però cominciarono a
respingerla. E dato che la sua fame era prevalentemente quella data dalla
vendetta e dal gusto di uccidere, durante queste sanguinose battaglie morì la maggior parte dei vampiri del suo
esercito.››
Feci una breve pausa.
Non era facile pensare a quei ricordi, nemmeno quando
li facevo riaffiorare nella mente di mia spontanea volontà.
‹‹ Ci
salvammo io, Nettie e Lucy; queste ultime si
rivoltarono contro di lei, ma furono uccise. Rimasi insieme a Maria, attirando l'odio d’altri vampiri che non ci
perdonavano il massacro dei loro compagni. Li consideravamo come degli
strumenti e ne tenevamo sempre una dozzina pronti al
sacrificio›› . Era quella la cosa per la quale provavo più
vergogna.
‹‹Continuai
con quella vita per un altro po’, ma finii per stancarmi. Molti decenni
dopo la mia trasformazione, feci amicizia con un altro vampiro di nome Peter che, nonostante la sua esperienza e la sua bravura, combatteva malvolentieri. Ci fu affidato il
compito di sbarazzarsi dei vampiri che superavano lo status di neonato. Durante
quest’incarico, una sera Peter
s’infuriò con me per la mia incapacità di graziare alcuni
neonati, in particolare una vampira di nome Charlotte. Peter
fuggì con lei e dopo cinque anni, tornò proprio nel momento in
cui ero depresso e intenzionato a cambiare vita. Maria,
intanto, cominciò a provare nei miei confronti rancore e paura. Peter mi raccontò il suo modo di vivere con
Charlotte e mi convinse a scappare da quella situazione. All'inizio non fu
facile, ma me ne andai senza rimpianti. Mi convinsi
che ci fosse un'alternativa ai combattimenti e mi unii
a loro per diverso tempo. La storia si conclude quando
ti ho incontrato›› .
Non disse nulla, rimase soltanto a fissarmi. Cercai di studiare
il suo stato d'animo, ma non percepivo orrore o disgusto. C'era un misto di
sorpresa e confusione, e qualcos'altro. Qualcosa che non avevo mai percepito
prima, ma era un’emozione abbastanza intensa.
Alice continuo a non
dire una parola, si aspettava forse che parlassi io?
Cosa avrei dovuto dire? Beh certo, qualunque
cosa sarebbe stata migliore del silenzio che c'era in quel momento.
Alla fine fu lei a
parlare e ne fu sollevato.
‹‹Posso
fati una domanda?››
‹‹Tutto
ciò che vuoi›› risposi senza
esitare.
Era incerta
abbassò lo sguardo...cos'era che la imbarazzava tanto? Erano questi i
momenti in cui avrei scambiato volentieri il mio dono con quello di Edward. Certo avrei potuto invogliarla a dirmelo, ma non
mi sarei mai permesso di manipolarla.
Notai la sua
espressione concentrata con lo sguardo vitreo, cosa stava vedendo?
‹‹No
meglio non sfidare la sorte›› affermò.
‹‹Alice...ti
dirò qualunque cosa vuoi sapere›› la rassicurai.
‹‹Beh...volevo
sapere perché non me l'hai raccontato prima››
mormorò. Era davvero quello il motivo di tanto imbarazzo?
Mi aspettavo una
domanda del genere, ma il suo comportamento mi aveva fatto pensare
chissà che.
Sospirando mi sedetti
su una sedia accanto a lei. Mi curvai sulla schiena appoggiando i gomiti sulle
ginocchia ‹‹Non puoi immaginare l'orrore che provo
ogni volta che guardandomi allo specchio mi vedo riflesso. Potrei vivere per
l'eternità, ma non sarò mai in grado di
perdonare me stesso per tutto il male che ho commesso. ››
‹‹Anche
io ho ucciso degli innocenti...›› osservò Alice.
‹‹Non
è l stessa cosa›› ribattei.
Alice fece una
smorfia ‹‹Ah, no?››.
Volevo dirle che essendosi svegliata sola era normale che si fosse
stata lasciata trasportare dagli istinti, ma preferirei cambiare risposta. Non
volevo rattristarla nuovamente ‹‹Alice la differenza tra me e te
è che io non mi sono mai chiesto se ci fosse un
altra possibilità per vivere. Pensavo solo a soddisfare la mia sete. Tu
ti sentivi in colpa ogni qual volta commettevi un crimine e sei stata in grado
di trovare un’scelta. E di proporla anche a me›› .
Sorrise
‹‹Forse non dovrei disprezzare tanto le mie visioni. Hanno i loro
vantaggi. Mi hanno fatto trovare te››.
‹‹Nemmeno
lo immagini quanto ti devo. Mi sentirei perso senza di
te›› sussurrai
intrecciando la mia mano alla sua.
‹‹Non mi
devi assolutamente nulla. Come se tu non sapessi che anche io
senza di te mi sentirei persa. A volte mi deludi Jasper
Whitlock.››
Risi ‹‹
Le chiedo umilmente perdono››
‹‹Va
bene, soldato›› acconsentì sorridendomi.
Capii che avevo
sbagliato a non confidarmi subito con lei, non mi avrebbe mai
giudicato, mi sarebbe stata accanto in qualsiasi situazione, per
l'eternità.
Si poteva desiderare
di più?
Guardai i suoi
occhi...Eccome se si poteva...
‹‹Nevicherà
presto. Tra meno di 28 minuti›› affermò ad un tratto.
‹‹Sono
stata quasi tutto il pomeriggio seduta su questa
sedia›› raccontò
‹‹Ho voglia di fare due passi. Vieni con me?››
Annuii. Mi prese per mano e scendemmo le scale. Esme
era in salone sul divano a guardare la tv.
‹‹Ciao
ragazzi, tutto bene?›› chiese premurosa.
‹‹Benissimo››
risposte Alice guardandosi intorno ‹‹Sono spariti
tutti?››
‹‹Carlisle è ancora in ospedale probabilmente ha avuto
un’emergenza, mentre Rosalie ed Emmett erano tornati poco fa, ma sono riusciti subito per andare a caccia
con Edward. Ero in certa se chiamarvi›› disse fissando soprattutto
me. Esme aveva un atteggiamento molto materno nei
confronti di tutti noi, ma sopratutto negli ultimi tempi
la sua più grande preoccupazione ero io, avendo capito che le
difficoltà ad adattarmi a quella dieta sarebbero persistite ancora per
molto.
‹‹Sono
apposto››
la tranquillizzai.
‹‹Anche
io›› disse
Alice ‹‹Stavamo andando un po’ fuori. Vuoi unirti a
noi?››.
‹‹No,
no›› rispose tenera ‹‹Andate pure.
Io finisco di guardarmi il film››
‹‹Come vuoi››
dissi io ‹‹Quando torneranno gli altri avrò una cosa
di cui parlarvi›› e
dato che si stava allarmando la tranquillizzai subito ‹‹Nulla di
grave stai tranquilla›› , dopo di che mi avviai con Alice verso
l'uscita.
Ovviamente lei sapeva
di cosa stavo parlando.
Mi voltai a guardare Esme un altro momento. Mi rivolse un sorriso e ricambiai.
Nel momento in cui vide la mia mano stretta a quella di Alice
provò una grandissima gioia. Quasi grande quanto quella mia.
Arrivati fuori mi
venne un’idea improvvisa.
‹‹Vorrei
portarti in un posto›› chiesi cortesemente.
Alice mi
guardò curiosa ma dopo pochi istanti sorrise.
‹‹ Niente
è meglio di una montagna per godersi una bella nevicata›› commentai
sospirando. Ero stato uno sciocco ad illudermi di poterla sorprendere.
Casa Cullen era abbastanza lontana dalla città, distava
pochi chilometri da una montagna alta all'incirca
‹‹
Facciamo una bella corsa?››
La salita non sarebbe
stata un problema per noi e nemmeno la neve che ricopriva la montagna.
Accettai volentieri,
tolsi il cappotto e lo stesso fece Alice, in modo che quegli indumenti non ci
fossero d’intralcio.
Iniziammo a correre
in contemporanea a lei e ricordai solo in quel momento
quanto fosse veloce, non proprio al mio livello se avessi rallentato un attimo
mi avrebbe superato in un attimo.
Mi avvicinai alla
cima in pochi minuti, mi girai, ma non vidi Alice nei paraggi probabilmente
aveva preso un altra strada o era molto indietro.
Quando mi fermai ebbi una grossa sorpresa.
‹‹Ben
arrivato›› si complimentò ironicamente Alice distesa sulla
neve.
Come aveva fatto?
Eravamo partiti nello stesso istante, per chilometri era stata accanto a me, ed
adesso me la ritrovavo davanti.
‹‹Un
giorno mi racconterai come hai fatto›› dissi
coricandomi su un fianco accanto a lei senza staccarle gli occhi di dosso.
‹‹Va
bene, Jazz›› promise ‹‹Adesso
rilassati e goditi lo spettacolo. La luna piena stasera è meravigliosa.
Riesci ad immaginare qualcosa di più bello?››
‹‹In effetti si. Lo sto guardando proprio in questo
momento››
risposi prontamente.
Si voltò a
guardarmi e mi rivolse un sorriso di quelli che mi riempivano il cuore di
gioia. Poggio la sua mano sulla mia guancia. La sua pelle era una delizia per
il mio tatto, e per un attimo ebbi l'assurda sensazione che il mio cuore, morto
e freddo da più di cento anni avesse ripreso a
battere.
‹‹Quanto sei dolce››
sussurrò con voce commossa.
Se fosse stata un umana probabilmente avrebbe avuto gli occhi lucidi per
l'emozione.
‹‹Ho solo
detto la verità. Nulla in
più››.
‹‹Vorrei
avere il coraggio di farlo anch'io›› mormorò
ad un tratto triste.
Scostò la mano
dal mio viso e la guardai preoccupato.
‹‹Jazz...››
iniziò a dire ‹‹Ho bisogno di
sapere una cosa››.
‹‹Sentiamo›› dissi senza esitazioni.
‹‹Ascoltando
la tua storia mi pare di aver capito che tu e...Maria avevate un rapporto abbastanza...stretto,
diciamo›› .
Annuii. Non potevo
smentire una cosa che le avevo raccontato io stesso.
‹‹Mi
chiedevo se ne sentissi la mancanza›› disse tutto ad un fiato.
Ecco la vera domanda
che voleva farmi. Ecco il dubbio che la stava preoccupando.
Alice era...gelosa?
Non conoscevo bene
quel sentimento cosi come non conoscevo l'amore, prima di arrivare dai Cullen. Una sera Edward stava leggendo un libro e lo sentii
parlare con Carlisle di qualcosa che mi colpi. A
quanto pare nemmeno Edward aveva chiaro cosa volesse
dire gelosia.
Carlisle cercò di essere il più
chiaro possibile nello spiegare.
‹‹La
gelosia è un sentimento legato alla natura stessa dell'essere
umano. Si
"scatena" nel soggetto geloso per impulso di possessività,
eccesso di protezione nei confronti di un soggetto, o paura di perdere una
persona cara.
La gelosia ha diversi aspetti, i più comuni sono legati alla
sfera dei sentimenti o degli affetti e all'ambito lavorativo. A volte l'eccesso
di possessività o di volontà di
protezione nei confronti del soggetto cela
insicurezza. A volte la gelosia può diventare una vera patologia, infatti non deve essere mai sottovalutata›› .
Ma perché Alice avrebbe dovuto essere
gelosa? Di cosa aveva paura?
Ricordai le sue
parole di poco prima:
‹‹Come se
tu non sapessi che anche io senza di te mi sentirei persa›› .
Alice aveva paura di
perdermi? Come poteva pensare una cosa del genere? Io non potevo vivere senza
di lei.
‹‹Alice››
iniziai a dire ‹‹E' vero che ero totalmente devoto a Maria e che se devo essere sincero non me
ne sono liberato facilmente. Ma ciò che provavo
per lei non è nulla se paragonato a quello che sento per te. Quindi
penso di aver risposto alla tua domanda›› .
Rimase in silenzio,
più sorpresa di quanto mi aspettassi.
‹‹Adesso
posso farti una domanda io?›› dissi ad un tratto
rievocando nella mia mente il
nostro primo incontro. Era passato un bel po’ di tempo, ma non gliel'avevo mai chiesto.
‹‹
Certo›› rispose.
‹‹Cos'è
che hai visto nella visione in cui è apparso il mio viso?››.
Si avvicinò
molto di più, sentivo il suo respirò contro il mio.
Rimise la mano sulla
mia guancia e le sue labbra premettero leggere sulle mie.
Quel bacio mi fece letteralmente perdere
la percezione del mondo al di fuori di me e Alice. Non
sentivo nient'altro che le sue labbra sulle mie o il suo
corpo tra le mie braccia, o la sua mano sul mio viso.
Passò
chissà quanto tempo prima che entrambi
riaprissimo gli occhi.
‹‹Questo
momento›› rispose ad un tratto alla domanda che gli avevo posto poco prima.
Adesso mi erano
chiare molte più cose. Alice ci aveva visto insieme come una coppia,
allo stesso modo di Emmett e
Rose o Carlisle ed Esme.
‹‹Mi hai fatto aspettare
parecchio›› dissi esattamente quelle parole per fargli capire
quanto avessi desiderato tutto quello.
‹‹Sai
perché non ti ho detto nulla. Il futuro non è inciso sulla pietra
e per quanto fossi sicura dei miei sentimenti non
potevo esserlo altrettanto dei tuoi. Non ti avrei mai
obbligato a restare con me. Volevo solo la tua felicità. Ti amavo
troppo, fin da allora››.
‹‹Ma
adesso lo sai vero? Sai che sei il centro del mio
universo e che ti appartengo? Lo sai...›› m’interruppi per
prendere il suo volto tra le mani ‹‹quanto ti amo?›› .
‹‹Adesso
si›› confermò soddisfatta e sorridente appoggiando la testa
sul mio petto.
Fu in quel momento
che capii che non mi sarebbe mancato più nulla. Amavo qualcuno
più di me stesso ed ero ricambiato. Avrei vissuto tutta
l'eternità con Alice, cercando di meritare il suo amore, cercando con tutti i miei sforzi di reprimere il mostro che
era in me.
La strinsi più
forte a me e ricominciammo a guardarci intensamente negli occhi, ignorando il
meraviglioso spettacolo che ci circondava.