Disclaimer: I personaggi
presenti in questa storia (scritta senza alcuno scopo di lucro) sono stati
creati da Yoshiyuki Tomino e mi sa che sono di proprietà
della Sunrise (il succo della cosa è che non
mi appartengono -.-).
Note: In realtà starei
preparando un sacco di altre cose, ma sta sera mi sono bloccata DD: così mi
sono ritrovata a scrivere questa shot. Gundam Wing non è solo il mio
anime preferito, è la mia ossessione .__. Ma , nonostante questo, è la prima
volta che mi cimento nel fandom, quindi devo ancora
prenderci la mano (leggersi: accontentatevi se fa schifo –non piace molto
nemmeno a me se questo vi consola, spero di rimediare più avanti ;D)
Il
titolo è la traduzione di ‘Stranger in a strange land’, una canzone
dei 30 Seconds to mars; le citazioni all’inizio e alla fine del capitolo provengono
sempre da lì :D
See you later =]
Timeline: Tra 1x09 e 1x10, dopo New Edwards e prima dell’autodistruzione
di Heero per intenderci :D
Conteggio parole: 1047
Straniero in terra straniera.
{If you're looking
for Jesus get on your knees.}
Con
un calcio, Duo si tolse le coperte del piumino di dosso. Dal letto di fianco al
suo proveniva una luce pallida che, tuttavia, era sufficiente a rischiarare la
stanza.
Con
un sospiro si mise seduto, non stupendosi affatto che Heero
fosse sveglio alle –diede un’occhiata alla sveglia sul comodino- quattro del
mattino.
Perché, quel tizio
dorme anche? Non mi stupirebbe se il Dottor J l’avesse trasformato in una
specie di cyborg.
Si
diresse verso la finestra, aprendola e guardando il giardino del campus.
Avevano
scelto una scuola carina per nascondersi, pensò.
La
sera prima aveva piovuto e adesso, dall’erba fradicia del campo da calcio
saliva un profumo pesante e umido, che entrava a forza nelle narici. Quando
pioveva su L2, l’immondizia lasciata ai bordi delle strade cominciava a marcire
rendendo tutto un’enorme pantano che puzzava di muffa, di sudicio e di morte.
Sì,
i terrestri erano decisamente più fortunati.
La
Luna era coperta da alcune nuvole grigie, la sua luce le illuminava rendendo il
cielo uno spettacolo leggermente inquietante, come se fosse coperta da macchie
d’inchiostro scure.
Le
stelle, sia lì, sia nello spazio, erano sempre uguali. Sempre troppo brillanti
per poter essere vere, sempre troppo lontane per poter essere raggiunte.
Gli
piaceva la Terra, comunque. Gli sarebbe piaciuto essere davvero uno studente di
quel campus, magari in un’altra vita. Nessuna fuga a notte inoltrata per far
saltare in aria una base di Oz, nessun tipo di ansia
ogni volta che incrociava un soldato per strada, sperando che non si accorgesse
di lui..
-Come
mai non dormi?- domandò Heero apaticamente, senza
alzare gli occhi dal suo laptop.
Duo
si chiese se gli interessasse davvero la risposta.
Non
riusciva a capire quel ragazzo. Nella sua vita aveva imparato a conoscere le
persone in fretta, a valutarle per quello che sono davvero, ma Heero era un rompicapo senza fine. Ogni giorno riusciva a
risolvere una piccola parte dell’ enigma.
-Mi
ha svegliato il tuo stupido computer..- disse andando a sedersi di nuovo sul
letto e cercando l’acqua che aveva appoggiato sul comodino. –Ma si può sapere
perché, nonostante non abbiamo missioni in programma per oggi, ti ostini a
trafficare con quell’aggeggio?-
-Controllo
le informazioni- spiegò. –C’è la possibilità che dei Mobil Suite vengano
trasportati a breve in una base qui vicino..-
-Bhe, buon divertimento, allora!-
commentò stendendosi e guardando il soffitto della camera.
No,
non c’era nulla da fare, proprio non lo capiva. Lui odiava quella stupida
guerra, se la sarebbe fatta cancellare dal cervello se solo avesse potuto,
invece Heero no. Quella, a casa sua, era chiamata
ossessione, altro che.
Gli
lanciò un’occhiata veloce, distogliendo lo sguardo appena Heero
se ne accorse.
Erano
passati anni da quando aveva perso Sorella Helen e Padre Maxwell, eppure faceva
ancora male. Un dolore fottuto, che partiva dal cuore e si diffondeva in tutto
il resto del corpo, impedendogli di respirare. Non si era più affezionato in
quel modo a nessuno, nemmeno al Professor G.
Dopotutto
lui era il Dio della Morte e quello non era il suo mestiere.
Eppure,
con quel ragazzo, era successo qualcosa, ed ora lo sentiva vicino come
nessun’altro prima. Ironico che, avendo a disposizione l’intero Spazio, era
dovuto atterrare sulla Terra per trovare qualcuno di cui fidarsi davvero.
Dopo
qualche minuto in cui Heero decise che si era
stancato delle continue occhiate dell’altro pilota, chiuse il computer e spense
la luce.
Ora
c’è solamente la luna ad illuminare la stanza.
Heero si trovò a chiedersi in che punto
della missione aveva deciso di volere un compagno di stanza. Di solito lui
lavorava da solo. Ma, dopotutto, quell’operazione stava uscendo da qualsiasi
schema mentale che poteva aver preparato in precedenza.
Prima
c’era stata Relena, anche se con lei era stato
diverso; aveva detto di stare dalla sua parte, di capire come si sentiva.. Heero non avrebbe potuto ucciderla, perché farlo? Non c’era
ragione, lui era un soldato, non un assassino a sangue freddo.
Duo
invece era un’altra storia. Non c’era bisogno che gli dicesse di sapere come ci
si sentiva perché era un pilota, proprio come lui. Quelle sensazioni le
provava, sapeva come ci sentiva quando si faceva saltare in aria un Mobile Suit, l’adrenalina e la paura che ti scorrono come energia
elettrica nel corpo durante una battaglia, le munizioni che esplodono e
illuminano tutto davanti a te..
Non
conosceva la sua vita prima dell’Operazione Meteora, e di sicuro non avrebbe
chiesto informazioni ora, ma non doveva essere stata facile se si era trovato
incastrato in questa spirale suicida.
Passarono
venti minuti ma Duo non riuscì a riaddormentarsi. Ripensare al suo passato gli
aveva lasciato una strana sensazione addosso.
Heero lo sentì muoversi tra le coperte,
proprio quando stava per prendere sonno. –Che cos’hai?- mormorò socchiudendo
gli occhi.
Duo
rivolse lo sguardo nuovamente verso di lui. Anche se avesse voluto, non sarebbe
stato capace di mentirgli.
Si
alzò velocemente e si ritrovò in piedi davanti al letto di Heero,
che lo fissava interrogativamente. Si mise in ginocchio e lo guardò negli
occhi, avvicinando piano il proprio viso al suo. Voleva solo ricordarsi come ci
sentisse a stare abbastanza vicino ad una persona da imprimersi il suo odore
nel cervello.
-Duo..
ma cosa..?- le parole morirono sulle labbra di Heero,
inghiottite dalle labbra di Duo.
Appoggiò
la bocca sulla sua lentamente, tenendo gli occhi aperti per evitare un destro
che, sorprendentemente non arrivò.
Per
la prima volta in vita sua, il Soldato Perfetto non sapeva come reagire.
Per
una frazione di secondo nella sua mente non c’era stato nulla. Era scomparsa Oz, la missione, tutto quello che avrebbe dovuto contare
davvero; per un attimo l’unica cosa che era riuscito a percepire erano stati
quegl’occhi grigi e viola. Erano lucidi come due specchi d’acqua ed Heero ebbe la sensazione di poterci precipitare
dentro.
Duo
sorrise timidamente, alzandosi di nuovo e dirigendosi verso il suo letto e lui
rimase lì, con gli occhi impalati a fissare il soffitto, per tutta la notte.
Quando
la prima luce dell’alba rischiarò la stanza e la spia del suo laptop lo avvisò
che erano arrivate nuove istruzioni dal Dottor J, Heero
decise che probabilmente quella missione sarebbe rimasta incompiuta e che non
sarebbe vissuto abbastanza per capire Duo Maxwell, quello che era successo
quella notte e la strana sensazione che gli aveva procurato.
{I'm guilty of
treason, I've abandoned control.}