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Autore: Bibi75    20/09/2005    6 recensioni
Quale sarà il destino di Severus Snape? Riuscirà a sopravvivere alla seconda guerra magica o deve affrontare una sorte peggiore della morte?
Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Harry Potter, Severus Piton
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Prefazione: quale sarà il destino di Severus Snape? Riuscirà a sopravvivere alla seconda guerra magica o deve affrontare una sorte peggiore della morte? ATTENZIONE SPOILER VI LIBRO!

Severus Snape, Harry Potter & Co. appartengono a J.K. Rowling e non certamente alla sottoscritta che, altrimenti, starebbe a goderne i frutti in un’isola della Polinesia. Questa fanfic, invece, non ha alcun scopo di lucro.

Rating: per tutti

Genere: drammatico

 

La stanza bianca

 

 

Una stanza bianca: bianche le pareti, le tende, le lenzuola del letto e, perfino, bianco il rivestimento di linoleum del pavimento. Non che la cosa mi dia fastidio. È un bel colore: mi dà un senso avvolgente di protezione. Un bel colore, così puro e perfetto che ho quasi paura di poterlo rovinare.

Però tutta questa luce mi dà fastidio agli occhi. Non credo di avere qualche disturbo alla vista, ma sembra che mi trovi più a mio agio al buio. Per questo passo quasi tutto il mio tempo ad occhi chiusi, oppure a guardare fuori della finestra. A dire il vero, il paesaggio non è dei più pittoreschi, una stretta via affollata di persone e di negozi: niente che possa interessarmi, ma mi distrae e tiene a bada i miei pensieri.

Mi sembra di avere la testa ingombra di concetti astrusi ed incomprensibili, immagini a volte terribili ed a volte grandiose, che non riesco a focalizzare e che non mi portano da nessuna parte. Idee lasciate sospese, inutili come il verso accennato di una canzone di cui non si ricordano più le parole.

Mi chiedo se parlarne potrebbe aiutarmi. Ma con chi? Non certo con i medi magi ed i loro assistenti, che mi parlano con sguardo bramoso e sorrisi cordialmente fasulli. Neanche con quelli che si sono presentati come funzionari del Ministero, così tesi e guardinghi che, se aprissi bocca, probabilmente scapperebbero a gambe levate.

E neanche… neanche con quel ragazzo. No! No?… No, con lui davvero non posso. Quel giovane moro, che, così di frequente viene qui e mi parla di luoghi e persone che, a quanto pare, mi appartengono: Hogwarts, Gryffindor, Hagrid , Slytherin, Hermione, McGonagall, Dumbledore. La cosa, di per sé, è abbastanza intrigante: colleziono queste parole come tessere di un immaginario puzzle a cui non so dare inizio. E, allora, cosa m’infastidisce? Forse è il suo sorriso triste. Ed anche i suoi occhi, di uno stupefacente color verde: in qualche modo, destano una seccante inquietudine. Come se fossero la chiave per portare alla luce qualcosa di nascosto. Qualcosa che temo di non voler conoscere, e che, forse, mi fa più paura di questo solitario senso d’afflizione.

Eppure, a quel ragazzo, devo, in qualche modo, essere grato. A suo modo, mi riempie le giornate ed è stato il primo a ricordarmi quello che gli altri non si sono preoccupati di comunicarmi: il mio nome.

Un nome dal suono singolare: Severus Snape

 

 

 

- Insomma amico, fino a quando andrà avanti questa storia? -

- Fino a quando sarà necessario, Ron. – rispose Harry con tono distaccato.

- Necessario?! Ma a chi? Se neanche ti guarda in faccia! Neanche ricorda chi sei! -

- È il minimo che possiamo fare. – disse Harry continuando a camminare lungo il corridoio del San Mungo.

- Il minimo! Questo sarebbe il minimo? Eh no! Stammi a sentire. – e così dicendo, il giovane trattenne l’amico per una spalla. – Quando hai saputo la verità, hai fatto di tutto. E noi assieme a te! L’abbiamo cercato ovunque e, quando ti hanno detto che era stato catturato, ti sei precipitato al Wizengamot a fare da garante. Cavolo! Siamo anche andati a scovare quel furetto di Malfoy da quella tana alla fine del mondo dove si era nascosto. Con la testimonianza di Draco, il suo nome è stato riabilitato. Ora il mondo magico sa! Non devi più nulla all’uomo che è in quella stanza. –

 

Harry si trovò a pensare che, almeno su una cosa, Ron aveva ragione.

A quell’uomo, che passava le sue giornate sempre uguali in una stanza immacolata, non doveva niente. Ogni volta che lo guardava, una semplice tunica grigia addosso e lo sguardo che, spogliato di quel lampo di maliziosa intelligenza, era divenuto davvero vuoto, Harry vedeva solo l’involucro della persona che l’aveva aiutato a salvare il proprio mondo.

E come aveva reagito la società magica? Una volta liberatosi di Voldemort e della cerchia dei suoi fedelissimi, il Ministero aveva ripreso il controllo ed aveva iniziato, come in passato, un’energica opera d’epurazione. Ogni collaborazione, connivenza o semplice simpatia per gli ex-oppressori era stata severamente punita. Si era deciso che, in fondo, i Dissennatori erano il minore dei mali e così, quei demoni erano stati richiamati ad Azkaban, dove c’erano schiere di soverchiatori da immolare.

I membri superstiti dell’Ordine si erano battuti contro questo stato di cose e, talvolta, erano anche riusciti a salvare qualche infelice da un destino peggiore della morte, ma era la lotta di pochi contro un mondo desideroso di oblio. E quando avevano trovato lui, l’assassino di Dumbledore, non c’erano state attenuanti: il mondo magico pretendeva una punizione esemplare. Che tutti sapessero che il grande eroe sarebbe stato vendicato! Processo rapido e condanna al massimo della pena: il bacio del Dissennatore.

Impossibile ottenere una proroga all’esecuzione. L’unico modo per salvarlo sarebbe stato trovare prove e testimonianze tali da riaprire il caso. Impensabile, in un così breve lasso di tempo. Eppure lui, Harry, c’era riuscito: aveva ottenuto dal Wizengamot il decreto di sospensione della pena.

Troppo tardi: quando aveva presentato il decreto ad Azkaban, l’esecuzione era già in corso. Erano riusciti ad interromperla (e non è una cosa piacevole togliere la vittima predestinata ad un Dissennatore) ma il contatto ravvicinato era stato comunque devastante: Severus Snape aveva ancora la propria anima, ma aveva perso la coscienza di sé. Harry si chiedeva se la visione concentrata delle cattive memorie del suo professore non fosse sufficiente a far impazzire qualsiasi uomo.

 

- In fondo, poi, se l’è anche cercata. – aveva ripreso Ron.

- Cosa?! –

Se lo sguardo avesse avuto davvero il potere di fulminare, Harry avrebbe fatto un mucchietto di cenere dello spilungone fulvo di fronte a sé.

- Beh… in fondo, non ha neanche opposto resistenza. Voglio dire… avrebbe potuto fuggire, avrebbe… Hermione! – Ron chiamò in soccorso la propria ragazza, che era rimasta insolitamente silenziosa. E questo, nel codice comunicativo personale di Hermione, voleva dire una sola cosa: non condivideva neanche una virgola di quanto  lui aveva detto.

- Sai com’è fatto, Ron. – disse infine la ragazza – Però è vero che la sua cattura è stata sospetta. -

- Ecco quello che intendevo dire è... - inizio Ron prima che un paio d’occhi color nocciola lo zittissero.

- Forse pensava che gli avrebbero riservato un processo giusto o forse… - cominciò Harry.

- ... era stanco! - concluse per lui la ragazza.

- Sarebbe a dire che si è fatto beccare perché si stava facendo un riposino? – buttò fuori Ron, per poi ammutolire di fronte allo sguardo di Hermione che recava scritto, a lettere cubitali, “Stai zitto, prima che decida di chiedermi cosa ci trovo in te, Ronald Weasley!”.

- Ma perché, proprio ora? – chiese Harry che, invece, aveva inteso benissimo cosa volesse dire l’amica – Ha resistito per tutto questo tempo, facendo il suo dovere! -

- E quando ha finito, cosa gli è rimasto? Il giudizio degli uomini: lui è, e resterà, il Mangiamorte, la spia, l’assassino, l’untuoso bastardo che se la prende con i ragazzini. Le colpe commesse in passato non potranno mai essere cancellate. -

- Ma lui non è solo questo! C’è ben altro in lui: devono sapere cosa ha veramente fatto per noi! – ribatté Harry.

- In quanti si ricrederebbero? Quanti anni ci hai messo tu, Harry? E poi, perché? Per ottenere un riconoscimento? L’Ordine di Merlino, magari? Pensi l’abbia fatto per questo? Perché vuoi che ritrovi la memoria? - Hermione disse veemente.

- Ma perché è giusto che anche lui viva! – incalzò Harry.

- Lo fai per lui? Oppure, – aggiunse la ragazza sommessamente - è perché…? – ma non continuo. Sospirò leggermente.

- Continua pure, Hermione. Pensi che voglia scaricarmi la coscienza? Si, forse anche per questo, ma non solo. Ci sono cose che devo dirgli. Ma non voglio dirle al Signor Snape della stanza 451. -

- Qualunque sia il destino del Professore, non sarà mai più lo stesso uomo che hai conosciuto. Se anche guarisse, tu cosa farai? Ti unirai alla schiera di giudici che vuole delle risposte?

- Lui non è il solo ad essere cambiato. – disse Harry.

E così dicendo, si volto ed entrò nella stanza.

 

*

Ho fatto ancora quel sogno.

Ormai aspetto la notte come unica via di fuga: perché nel sonno dimentico tutto, anche la solitudine della mia inerzia. Talvolta, nel sopore, vengo cullato da un canto meraviglioso. Un canto di struggente e malinconica bellezza, che sembra disseppellire tutte quelle emozioni che, ne sono certo, anch’io ho provato ed ora sembrano rimanere nascoste nel petto per soffocarmi. E quando la melodia giunge quasi al culmine, e sono ormai sicuro che mi basterebbe allungare un dito per afferrare la mia perduta essenza, mi assale il terrore. E mi sveglio.

 

È appena entrato quel ragazzo. Si siede ed inizia a parlare. Io, come il solito, distolgo lo sguardo. Però ascolto: sono discorsi diversi. Sta parlando di me: dice che, se voglio, posso uscire da questa stanza. Dice parole come: tutela, sorveglianza, riabilitazione. Non sono sicuro di aver capito bene. Dovrei uscire da qui? Perché? Per chi? Vuole prendersi cura di me?!

Mi volto a fissarlo per capire se mi sta prendendo in giro: è incredibilmente serio. Così serio, che mi trovo ad annuire. Allora sorride. Ed ho l’impressione che sia un sorriso vero.

Si alza.

- Tornerò domani. Arrivederci Professore. –

- No. –

- Scusi? –

- Non serve….. che mi chiami Professore. –

Adesso sono quasi sicuro che si stia trattenendo dal ridere. Allora è vero che mi sta prendendo in giro? Si avvia alla porta, ma prima di uscire si volta.

- Allora a domani e… grazie. –

- Non devo essere io a ringraziarti? –

- No, sono io. –

 

È uscito.

Così abbandonerò questa stanza. Per andare dove, poi? Magari in un posto dove la luce non mi dia fastidio.

E forse, allora, non avrò più paura di sentire quel canto.

 

 

FINE (?)

 

  
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