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Autore: Gerald Tarrant    28/11/2003    4 recensioni
Cosa fanno i guerrieri di Seiryu durante la notte?
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Autore: Gerald Tarrant

Tradotta dall'inglese da: Lemunia no Aijin

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Nota dell'autore:
Cosa fanno i Seiryu Seishi di notte? Ho scritto questa storia come una specie di esperimento con diversi punti di vista, cercando di scrivere come se mi fossi trovato nella mente di ogni personaggio. Non sono sicuro se mi sia riuscito bene, o se il lettore riesce a capire che quella era la mia intenzione. In questa storia ho fatto finta che Nakago avesse già riunito tutte le stelle di Seiryu prima dell'arrivo di Yui e che tutti vivano nel palazzo a Kuto.
Il nome vero di Suboshi è Bu Shunkaku. Il vero nome di Amiboshi è Bu Kotoku. Il vero nome di Tomo è Ryo Chuin.
Fushigi Yûgi e tutti i personaggi sono proprietà di Watase Yû.

Nota della traduttrice:
Per chi non lo sapesse Seiryu seishi significa semplicemente guerrieri di Seiryu, la stessa cosa vale per i Suzaku seishi. Vi avverto che parte dei personaggi presenti nella fanfiction non sono ancora comparsi nel manga a questo punto della pubblicazione qui in Italia (settembre 2002). La storia contiene spoiler anche su eventi riguardanti la vita e i rapporti dei personaggi stessi.

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Kuroi tsuki ga boku o tsutsumu
Kioku no mukou gawa e to
Kawaita me ni utsutta omokage
Maboroshi ga temaneku tooi umi

Sono nascosto nella luna nera
In un altro mondo della mia memoria
Vedo la tua immagine nel vuoto degli occhi della mia mente
La tua visione mi chiama verso il mare lontano


Sono coricato accanto al fuoco, guardo le sue fiamme pigre avvolgersi verso l'alto nel silenzio, nel brillante cielo notturno con i suoi milioni di stelle. Stelle. Fra di esse le nostre costellazioni. Lascio i miei occhi vagare dalla parte di Seiryu, cercando le nostre, la mia e quella di Ko.
Nakago ci ha detto più volte di non accendere fuochi nel giardino. Suppongo che potremmo finire in guai seri se bruciassimo il palazzo, ma non capisco perché sia così preoccupato. Sono una persona responsabile io. Me l'ha assicurato mio fratello proprio l'altro giorno. Non mi interessa quello che mi ha detto Soi lo stesso mattino dopo che avevo perso accidentalmente il vaso di unguento che mi aveva prestato e poi rotto il suo specchio facendolo cadere. Mi importa solo di quello che pensa Ko, e lui mi dirà esattamente quello che pensa di me. Lo fa sempre.
Fratello, pensi che io sia responsabile? Intendo veramente.
Certo, Shun. Perché?
N-niente.
Canticchio piano a bocca chiusa, con le braccia alzate traccio la sagoma del mio simbolo che risplende nel cielo. Suboshi, l'angolo. Dietro di me, la melodia del flauto si ferma e lo sento lamentarsi nell'oscurità, soffiando nello strumento, provando diverse dita, come succede quando è bloccato sulla parte di una canzone. Aspetto con impazienza che ricominci a suonare. Come sempre fa.
Sempre.
"Fratello?"
"Cosa." La sua voce è lontana, un po' irritata. Lo sto seccando.
"Non importa."
Lo vedo sollevare la testa dal seggio su cui è seduto, non lontano dallo spiazzo erboso in cui sono coricato. Da questa prospettiva, gli alberi sembrano spuntargli dalla testa. Cerco di non ridere al pensiero, ma non posso farci niente. La risata esce come un rumore strozzato.
Mio fratello ferma le sue dita incessanti e mi scruta. "Shun? Stai bene? Sei malato?"
Sbuffo. "No. Tutto bene. Stavo -" Mi fermo mentre sto per dirgli che stavo ridendo di lui, ma mi conosce troppo bene. Si mette a borbottare, il semplice suono mi dice che sa tutto e non apprezza la cosa, poi torna a comporre, con le gambe incrociate e un'espressione serena. Non so come faccia a restare così calmo. So che io non potrei. Non ci sono mai riuscito. L'altro giorno Tomo mi ha detto che sono come un prurito nervoso.
"Fratello?"
"Cosa." La voce è distratta, di nuovo un po' contrariata.
"Pensi che io sia come un prurito nervoso?"
"Cosa?" lo vedo guardarmi con un'aria incredula. "Shun, hai mangiato qualcosa di avariato stasera a cena?"
Ridacchio rivolto a Suboshi, che brilla nel cielo. A dire la verità, luccica un pò nervosamente "N-niente. Lascia stare."
Si lamenta, poi esclama qualcosa. Portandosi il flauto alle labbra inizia ancora a suonare.
Quando la musica comincia di nuovo, mi rilasso mentre la sua energia mi circonda. Mi ricorda qualcosa...qualcosa di triste. Veramente non riesco a ricordare bene, in ogni caso suppongo non sia niente di importante. Amiboshi e Suboshi brillano luminose nel cielo scuro purpureo, una di fianco all'altra. Sbadiglio. Probabilmente mi addormenterò su questa collinetta con la musica di Ko nelle orecchie, sapendo che lui sarà qui, al mio fianco, quando mi risveglierò. Lui c'è sempre.
E dato che Amiboshi e Suboshi saranno sempre là, l'una vicino all'altra, eternamente, questo è il modo in cui le cose dovranno essere per sempre.


Mi precipito nella mia stanza, togliendomi il soffocante costume da opera, rigido dalla rabbia. Sotto la spessa pittura sento la mia faccia in fiamme. Di sicuro è rossa dalla collera e sono felice che il trucco la stia coprendo. Felice di essere riuscito a mantenere la calma di fronte a lei per così a lungo.
Sbatto la porta, fregandome di quanto forte il rumore possa risuonare nel corridoio. Soi può cadere e crepare per quello che mi importa. Che diritto aveva di dirmi questo? Quale diritto? È già un male che Nakago si porti a letto quella puttana tutte le notti, come sono sicuro farà anche stasera, ma il coraggio di dirmi quello che mi ha detto stanotte! In faccia! Quando ero sul punto di tentare almeno ad andare d'accordo con lei. Pensavo che ci fosse ancora una possibilità. Sembrava valesse la pena provarci, cercare di ingranare con i propri alleati prima che la Sacerdotessa di Seiryu compaia un giorno. Sempre se comparirà.
Non combinerai mai niente, Tomo...sei solo la pallida ombra di un guerriero...un buffone con la faccia dipinta...
Le sue parole risuonano dure nelle mie orecchie e io cammino senza forze verso la mia sedia, sedendomi e fissando fuori dalla finestra. I palmi delle mie mani fanno male e mi rendo conto di essermi conficcato le mie unghie lunghe nella pelle. Mi sforzo di rilassarmi. Calma. Ti stai preparando per salire sul palco...calati nel ruolo, Chuin, entra nel personaggio...
Sbuffo e mi alzo dalla sedia. Ancora adesso non ho idea del perchè le sue parole mi tormentino così tanto. Dopo tutto, ho dato prova di quanto siano false, non è vero? Ripetutamente. Da Chuin il ragazzino che stava dietro le quinte a Chuin l'artista jing, da Chuin il reietto a Tomo il Seiryu seishi. Non è stata abbastanza buona la mia performance? La recitazione impeccabile, il trucco perfetto, il controllo e l'inflessione della voce fedeli alla sceneggiatura?
Mi muovo verso la toeletta, osservando il mio viso dipinto per un secondo nello specchio prima di raggiungere, quasi esitante, le creme per rimuovere il trucco che si trovano più alla mia destra. Non voglio, non voglio togliermela. Con la mia maschera sono fiero, irremovibile, potente, pericoloso. Sono qualcuno. Senza...non sono niente.
Solo la pallida ombra di un guerriero.
Le parole di Soi risuonano nelle mie orecchie e mi spalmo la crema sul viso, chiudendo furibondo gli occhi. La faccia mi da fastidio come l'interno delle ciglia quando rimangono delle lacrime non versate. No. Non posso piangere. Non piango da quando Nakago mi ha trovato, e non mi sfogherò ora.
Senza la mia maschera, non sono niente.
Con un panno soffice mi tolgo dal viso quello che è rimasto del colore e fisso me stesso nello specchio come in una visione sfuocata. Pelle pallida come il gesso, occhi ambrati. Sembro un fantasma.
Forse se apparissi meno idiota, Soi non mi odierebbe.
Sbatto le palpebre al mio stesso pensiero, cercando di non piangere ancora. Pensavo che, dopo essere venuto qui, avrei potuto essere come gli altri seishi, avere delle persone a cui parlare, magari avere...
La parola striscia nel mio subconscio. Amici. Faccio una smorfia. Amici. Suono come un bambino patetico. È una cosa che odio. Mi fa sentire...
Adesso capisco che non succederà mai. I gemelli sono una piccola famiglia, un clan un universo chiuso in se stesso, e sono sicuro che Miboshi e Ashitare non abbiano il concetto della parola. Soi è troppo presa da Nakago per interessarsene, e Nakago...
Da quando hanno scoperto che sono gay non hanno più voluto avere a che fare con me, del tutto.
Cammino leggermente verso la finestra, ancora nel mio costume da opera, ma senza il trucco appiccicoso sulla faccia, guardando in alto verso il cielo. Tomo, la radice, è li chiara, orgogliosa e distaccata. Il mio simbolo. La mia costellazione. Una delle poche cose che posso rivendicare come mie.
Non combinerai mai niente...buffone con la faccia dipinta.
Dannata puttana. Non avevo bisogno di ascoltare i suoi lamenti patetici. Mi spoglio, lasciando i vestiti sul pavimento e indosso un paio di pantaloni larghi molto più comodi del mio costume. A volte mi piacerebbe non sentire il bisogno di indossarlo. Uscire così, senza quell'abito pesante messo sulla schiena e senza il trucco che mi si secca sul viso e sentirmi...normale. Accettato come gli altri.
Ma questo non succederà mai. E dato che non sarò mai accettato, dov'è il problema nell'essere chiamato buffone con la faccia dipinta, giusto? Se dovrò tener duro, lo farò all'eccesso.
Sospiro, voltandomi e spostandomi dalla finestra. Dovrei smetterla di rimuginare...non mi aiuta.
Chuin, sei un dannato fallimento, e lo sai.
Sento ancora un bruciore dentro le ciglia. Spegnendo le candele, salgo sul letto e mi corico con gli occhi aperti, contemplando il cielo notturno. Riesco a sentire Amiboshi suonare ancora il suo flauto da qualche parte, e riesco a percepire la sua aura calmante nella musica. Ma per una volta, non mi culla fino a farmi addormentare. Posso ancora vedere Tomo dalla finestra.
Ne vale la pena? Ne vale la pena dopotutto?
Tomo...dimmi perché.

Cibo. Annuso l'odore della carne. È buono. Sangue.
Non ho più avuto sangue per tanto tempo. Mi sembra sia passato molto tempo. Non è così?
Il padrone oggi è venuto a controllarmi. L'odore del padrone è piacevole. Come la paura. Mi piace l'odore della paura. Mi fa sentire bene. I capelli biondi del padrone sono luminosi nel buio.
Mi ha parlato. Mi ha chiamato con un nome che non so pronunciare. Ci ho provato. Mi sembra di non riuscire ad arrotolare la lingua nella bocca. Dovrei sforzarmi di più, per il padrone. Una volta potevo muovere meglio la lingua, prima della gabbia. La gabbia era scura. Le sbarre erano dure. Una volta ho provato a morderle con i denti, ma uno dei denti si è rotto e mi ha fatto male. Faceva così male. Poi mi hanno legato e la schiena mi faceva male mentre usavano quella cosa lunga che dondolava nel vento quando la muovevano su e giù. E faceva male. E sentiva di sangue.
Adesso è buio. Come la gabbia, ma un po' diverso. Qui riesco ad annusare l'aria aperta. Mi manca l'aria aperta. È molto tempo che non ci sto più. Quando ero piccolo correvo nell'erba. Mi ricordo ancora. C'era il vento e il buon odore dell'erba. Ma questo era prima. Prima della gabbia. Prima che il padrone mi trovasse.
Mi muovo verso l'odore del cibo e del sangue. Carne. La carne è buona. Fresca. Ci sento ancora l'odore della paura. È buono, l'odore della paura. Mi fa agitare e il mio pelo si alza.
Adesso la carne non c'è più. Dove è andata a finire? Mi guardo attorno per cercarne dell'altra perchè l'odore è ancora lì, ma non c'è più. Il vento è ritornato.
C'è una finestra qui. Riesco a vedere fuori. Qualche volta c'è blu, con una luce che ha il colore dei capelli del padrone e qualche volta c'è nero. E poi altre volte c'è grigio. Questo significa che si metterà a piovere. Mia madre me lo diceva quando ero piccolo. Mi parlava della pioggia, con l'acqua che scende dal cielo e quando c'è il sangue sulla carne scorre rosso sull'erba e lo devi rincorrere per riaverlo.
Adesso c'è nero, come la carne che è rimasta troppo fuori alla luce gialla ed ha degli strani odori, con gli insetti bianchi che ci strisciano sopra. Gli insetti bianchi devono essere mandati via prima di mangiarla. L'ho imparato nella gabbia. La carne era nera quasi sempre. Ma un giorno ho catturato l'uomo che mi dava la carne nera e così gli altri per un pò non mi hanno dato più niente. Non mi interessava. L'uomo sapeva di buono. È stato un peccato che non sia durato tanto a lungo, prima di diventare nero anche lui. Hanno cercato di tirarlo fuori dalla gabbia, ma non li ho lasciati fare. Era buono, l'uomo.
Mi sento strano. Qualcosa si muove dentro di me e poi c'è un rumore come di acqua. Il pavimento adesso è bagnato. Lo è anche la mia pelliccia tra le gambe posteriori. Annuso e mi sposto dal punto in cui si trova la strana acqua puzzolente.
Ci sono delle lucine nel cielo. Sono case? Mia madre mi aveva detto che la gente abita nelle case con delle lucine alle finestre, che spengono quando vanno a dormire. Ma le lucine fuori nel buio non si spengono mai. Quella gente non ha bisogno di dormire? Non l'ho mai domandato a mia madre. Me ne sono dimenticato.
Sento qualcosa dalla finestra. È così tutte le volte che il cielo diventa scuro e che la gente accende le luci nelle case. Assomiglia un pò agli uccelli che tentavo di prendere prima di essere legato. Gli uccelli farebbero un rumore del genere. Però questo suono è molto meglio. Mi fa venire sonno.
Il punto vicino alla coda mi fa prurito e lo gratto. Mi fa sentire bene. Come quando il padrone mi ha trovato e mi ha portato via dalla gabbia e da tutte quelle persone che mi lanciavano addosso delle cose durante il giorno. Non era gentile da parte loro. Io cercavo anche di afferrarli, come avevo fatto con l'uomo della carne. Ma erano troppo lontani. E non riuscivo a muovermi molto in avanti quando ero nella gabbia. Ma poi il padrone è venuto, mi ha liberato e mi sono potuto muovere ancora. Mi ha fatto sentire bene. Come quando mi gratto.
Mi domando se c'è dell'altra carne. L'odore è ancora qui. Ho ancora fame. Forse un altro uomo verrà dentro e così non dovrò più avere fame.
Sangue. Mi piace il sangue. Mi piace l'odore del sangue. Sente di buono.

Il flauto di Amiboshi risuona nelle mie orecchie mentre fluttuo per i corridoi del palazzo di Kuto. Il ragazzo ha un bel coraggio a suonare tutto il giorno quel maledetto coso. Non sa che la gente dorme di notte? Bhè, io no. Ma la maggior parte della gente normale, si. Quel moccioso di suo fratello Suboshi dorme. Dorme quel buffone dipinto di Tomo. Soi e Nakago...
Ridacchio fra me. Loro dormono. Oh, certo che si.
Il rumore della preghiera mi pedina silenziosamente mentre scivolo inosservato nella biblioteca e fluttuo verso il tavolo sul quale la scorsa notte avevo cercato informazioni riguardo alcune antiche tradizioni. La notte è il miglior momento per la ricerca. Suboshi non è in giro a fare baccano, non ci sono servi che corrono in giro senza meta, Soi non borbotta fra sè per i corridoi, e per una volta non si sente la fastidiosa risata di Tomo. Gli ho detto che era seccante, una volta, e si è infuriato con me senza nessuna chiara ragione, si vedeva che l'avevo ferito anche attraverso tutti quegli strati di trucco che si mette in faccia.
Buffone dipinto.
Srotolo la pergamena nel punto in cui mi ero fermato stamattina al sorgere del sole, le mie mani lavorano delicatamente per non rompere il prezioso scritto. Le mie mani. Un pensiero divertente. Non proprio le mie mani, dopotutto. Qualche volta sento ancora le mente flebile del bambino, che cerca di rialzarsi per scontrarsi con me in una battaglia di volontà. Ma è inutile. Più io divento forte, più lui si indebolisce. Presto o tardi, tutto sarà finito e io avrò vinto.
Ciò significa solo che dovrò trovare un altro corpo, dato che questo morirà. Come del resto è successo per gli altri nel corso degli anni. Questo mi preoccupa perchè non ci sono molti bambini nel palazzo di Kuto. Nessuno in verità. Non credo che l'attuale imperatore abbia un erede, dato che ha gusti particolari in campo amoroso. E a Kuto c'è una strana carenza di bambini intelligenti. Ho cercato.
Oh, bhè. Le preoccupazioni a un altro giorno. La notte è tempo di studi e di segreti.
I caratteri spiccano nella pagina mentre leggo, e li memorizzo nella mia mente. La mia mente, non quella del bambino. Il lume che tengo in mano lancia un bagliore ragionevole sul vecchio testo e io do una scorsa alla parole con entusiasmo, divorando la sapienza dei tempi antichi.
"Miboshi."
Salto per lo spavento, tanto quanto uno può saltare mentre fluttua nell'aria. I raggi illuminano dei capelli biondi e un paio di occhi azzurri. Come diavolo ha fatto a starmi dietro le spalle senza che io me ne accorgessi? La pergamena non era così coinvolgente, o forse si?
"Nakago!"
"Hai visto Soi?"
Lo guardo accigliato, stupito non tanto dalla mancanza di saluto, ma dalla natura della domanda. Nakago non perde mai tempo in convenevoli. "Soi? No. Non è con te?" Troppo tardi mi rendo conto della mia svista. "Intendo dire-"
Scuote la testa, apparentemente non turbato dalla mia mancanza di riguardo. "No. È in ritardo. E non è nella sua stanza."
Mi mordo il labbro. Come diavolo faccio a sapere io dove si trova quella cagna? In ritardo, eh? Forse le è venuto un pò di buon senso nel cervello e per una volta ha deciso di non passare tutta la notte nel letto di Nakago.
Un'illusione.
"No, Nakago. Non l'ho vista, ma se la incontro le riferirò che la stai cercando."
Non risponde, fa semplicemente un cenno col capo e scompare nell'oscurità della biblioteca. Ritorno alla pergamena, ma la mia mente non è concentrata sulla lettura. Soi. Come faceva Nakago a sapere che ero nella biblioteca?
Forse è una di quelle domande che è meglio lasciare senza risposta.
Le costellazioni di Seiryu luccicano chiare fuori dalla finestra e la forma di Miboshi solletica l'angolo del mio occhio, riesco a vederla senza alzare la testa dalla pergamena. Divertente, come un gruppo di persone come noi sia stato messo insieme così. Per un mito. Una visione.
Sono un prete, un mago, posso cambiare forma. Mi piacerebbe poter dire di sapere quello che succederà, ma non è così. Penso che neanche Nakago, dietro quella sua faccia impassibile, sappia esattamente quello che accadrà. Tutto ciò che possiamo fare è aspettare. Aspettare la sacerdotessa di Seiryu. Quando arriverà. Se arriverà.
E se non arriva...bhè...rimane sempre il mondo da conquistare. Un giorno.

Mi trascino per il corridoio senza fare rumore, con una candela in mano; mi sento piuttosto sciocca. Indosso già la mia vestaglia da notte, e non sono ancora andata da Nakago.
Il pensiero mi fa arrossire. Sbatto le palpebre e lo cancello dalla mia mente, cercando di bandire pensieri di quel viso perfetto, dei capelli dorati e dei profondi occhi azzurri che occupano i miei sogni anche quando non sono con lui. Sono stupida, lo so, a pensare che lui un giorno o l'altro ricambierà quello che provo. Ma posso sperare, no? Una ragazza può sognare. Indipendentemente da quello che dice Tomo.
La stupida discussione è nata per colpa sua. Se non avesse fatto irruzione come se tutto l'esercito di Konan gli fosse stato alle calcagna, sarebbe andato tutto bene. Se in quel momento fossi stata occupata nel cambiarmi, la cosa sarebbe stata mortificante; ma fortunatamente l'avevo già fatto e mi stavo sciogliendo i capelli. Non mi ricordo nemmeno cosa abbia detto per rendermi così furiosa, ma non ho tenuto a freno la lingua. Ho detto qualcosa che non intendevo. Ho rimpianto le mie parole non appena mi erano uscite dalla bocca, ma era troppo tardi. L'orrore dipinto sul suo viso diceva tutto, mentre abbandonava la mia camera di fretta proprio come era venuto, tenedo le spalle dolorosamente rigide per la rabbia e la vergogna. So come ci si sente quando si ha vergogna e non si riesce a mostrarlo. Fa male.
Attraverso il lungo corridoio reale, adibito solo a funzioni imperiali private, ed entro in una diversa ala del palazzo. Nakago mi starà probabilmente aspettando, chiedendosi il perchè del mio ritardo. Ma non posso lasciar correre. Certo, Tomo non è la mia persona preferita al mondo, ma non intendevo quello che ho detto. E ho bisogno di dirglielo.
Individuo la sua camera. So che è la sua, anche se c'è la porta chiusa. Non so perchè...ci sono stata solo una o due volte. Ho sempre avuto una buona memoria. Busso.
Nessuna risposta.
Me lo aspettavo. Busso un'altra volta, e una voce grugnisce irritata. "Che c'è? Nel bel mezzo della notte."
"Tomo?"
Silenzio. Deglutisco.
"Cosa, tu puttana?"
La rabbia e l'irritazione nella sua voce sarebbero udibili anche dalla fitta boscaglia. Vuole che me ne vada. Me lo aspettavo. Avvicino la bocca alla porta. "Tomo, fammi entrare. Perfavore."
Ancora silenzio. Sto impiedi, aspetto. Dopo un attimo sento un rassegnato scricchiolio e un rumore di passi. Un chiavistello viene ritirato. La porta si apre sbattendo.
"Cosa vuoi, Soi?"
Per qualche secondo, tutto ciò che riesco a fare è rimanere immobile e sbattere le palpebre. L'uomo che ho davanti è Tomo. È giovane e il suo viso è bellissimo fra la luce spettrale della luna e il bagliore dorato della mia candela. Lunghi capelli scuri sono sciolti sulle sue spalle. Occhi ambrati socchiusi sopra degli zigomi alti. Labbra carnose abbassate quasi in un ringhio. È nudo dalla vita in su. Cerco nel mio cervello un'altra parola per descriverlo e fallisco. Bellissimo.
"T-Tomo?"
Mi guarda in cagnesco, poi improvvisamente spaventato fa un passo indietro, portandosi le mani alla faccia. Poi si volta rapidamente, dandomi la schiena, i suoi capelli lucenti girano vorticosamente mentre si muove.
"Non-non...cosa?" Sembra in panico. La sua voce lo conferma. Decisamente è Tomo...senza il suo trucco. Mi ero dimenticata che deve toglierselo per andare a dormire la notte.
Deglutisco. "Posso entrare?"
Scrolla le spalle in un sospiro silenzioso, quasi rassegnato, senza speranza. "Fai quel diavolo che ti pare."
Faccio un passo per entrare, lasciando la porta aperta dietro di me, e appoggio la candela sulla sua specchiera. La fiamma tremola sopra spazzole e contenitori di cosmetici. Così numerosi. Non c'è da domandarsi il perchè gli ci voglia così tanto a prepararsi la mattina. Mi colpisce il fatto che nonostante abbia fatto la sua conoscenza ormai da circa tre mesi, ancora non lo conosco affatto.
"La luna è chiara stasera," dico quasi sottovoce. Non risponde dal punto in cui è rannicchiato nell'oscurità, il più lontano possibile da me. Posso ancora vedere i suoi capelli luccicare nella luce argentea. La finestra è aperta e le costellazioni brillano nel cielo. Il letto è disfatto. Devo averlo svegliato.
Sospiro. Non mi sta rendendo le cose molto facili. "Ascolta, Tomo...mi dispiace."
Lo vedo raggelarsi.
"Io...davvero non intendevo niente di quello che ho detto." È diverso tempo che non mi scuso più con nessuno. Le parole escono con difficoltà, ma devo dirgliele. Specialmente dato che sono già qui.
"Hai ragione, sai." Un sussurro nell'oscurità.
"Cosa?"
"Quello che hai detto, su di me. Sono una nullità...come guerriero faccio ridere..."
"No!" La mia voce è suonata più forte di quanto volessi. "Tomo, Io non lo intendevo davvero."
"Buffone con la faccia dipinta..." Con mio grande orrore, mi rendo conto che sta piangendo.
Dei, cosa posso fare?
"Tomo? Io-" rimango lì, impotente. Non so cosa fare. Che faccio? Sono una donna...dovrei sapere queste cose, giusto? "Scusa, me ne vado..."
Non mi risponde, resta così, tremando in silenzio, una piccola figura alla luce della luna. Non ho mai fatto caso a quanto fosse esile. In qualche modo, col costume, il colore, sembra fuori dall'ordinario.
Dubito che abbia sentito la mia domanda. Resto in piedi davanti all'entrata, sentendomi un'idiota, desiderando di avere tenuto la lingua a freno dall'inizio così niente di tutto questo sarebbe accaduto. Incerta, prendo la mia candela, pronta a sgusciare fuori dalla porta senza farmi notare, così non dovrà sopportare la vergogna di essersi fatto vedere da qualcuno in questo stato.
"Soi..."
Ha pronunciato il mio nome? "Tomo?"
Quando mi giro lo trovo di fronte a me, col viso bagnato dalle lacrime. Non riesco più a vedere bene i suoi lineamenti, ma è ancora bellissimo. Nell'oscurità, anche di più. Soprannaturale, come una di quelle divinità della natura sulle quali sentivo raccontare storie quando ero bambina.
"Lo sai che non lo sei," gli ho detto.
"Non sono cosa?"
"Un cattivo guerriero. Tu..." la mia voce si affievolisce, incerta su cosa dirgli. Mi fissa.
Soi che si comporta gentilmente con Tomo non capita molto spesso...
Il pensiero mi fa sorridere. Quasi. "Dovresti farlo più spesso."
È allarmato. "Fare cosa?" Indico la sua faccia, il suo torace nudo. Lui sembra mortificato e si porta entrambe le mani al volto, ma non si gira.
Non gli dirò che è bello. Non mi dispiace fino a questo punto quello che gli avevo detto. Invece, punto lo spazio fuori dalla finestra, nel cielo, dove dimorano le costellazioni di Seiryu. Le trovo. Tomoboshi, la radice, Soiboshi, la nappa (...chiaramente non si tratta del naso...NdT). "Ho solo pensato che dato che le nostre costellazioni sono una accanto all'altra...dovevo rimediare a quello che ho detto."
Con mia grande sorpresa, sorride leggermente, e non è il solito ghigno cinico di Tomo che è inevitabilmente seguito da quella sgradevole risata stridula. È un semplice sorriso, qualcosa che mai mi sarei aspettata di vedere sul suo viso. E qualcosa che molto probabilmente non rivedrò mai più. Ma in qualche modo, ne è valsa la pena, solo per questo momento. Per il suo sorriso nell'oscurità. E forse...forse le cose possono ancora funzionare.
"D'accordo," dice.

È in ritardo. Non è mai stata in ritardo prima. E anche la mia pazienza ha un limite.
Cammino per la stanza, i miei stivali fanno un rumore secco a contatto col pavimento lucido. Miboshi non l'aveva vista. I gemelli nel giardino-ragazzini idioti, accendere un fuoco quando glielo avevo espressamente proibito-non l'avevano vista. E Tomo ovviamente non può averla vista, dato che la evita di sua volontà. Non fa segreto del fatto che è geloso di lei. A causa mia.
Rido sommessamente. Geloso...poveraccio dovrebbe sapere che i miei interessi non vanno da quelle parti. Non vanno nemmeno in direzione di Soi...la sto solo usando, come li userò tutti alla fine.
Naturalmente lo sto facendo.
Cammino indietro verso il letto, poi torno alla porta. Cammino avanti e indietro. Ultimamente cammino spesso su e giù, pensando. Ho trovato tutti i guerrieri di Seiryu, allora è sbagliato supporre che qualcosa presto accadrà? Il mio istinto non mi inganna quasi mai...ma le false speranze non hanno mai aiutato nessuno.
Sacerdotessa di Seiryu...è giunto il tuo tempo?
E dove diavolo è Soi?
Preoccupato...no. Non preoccupato per lei, questo è certo. Preoccupato per me stesso, il mio livello di potere è sempre più debole alla fine della giornata, e se lei non arriva in fretta, domani mattina avrà la sua ramanzina.
Spostandomi alla finestra, dò uno sguardo alle stelle di Seiryu, seguendo le loro sagome irregolari nel cielo. Nakago, la mia. La dimora del cuore. E accanto la mia, le stelle di lei, più piccole. Accanto alla mia.
Dannazione, se è in ritardo. Se non arriva nei prossimi minuti...
Bussano alla porta. Con un espressione accigliata vado ad aprire. Dall'altra parte, c'è il suo viso con un'aria di scusa, e morbidi capelli castani sciolti sulle spalle.
"Sei in ritardo," le dico. Nascondo il sollievo che sento inspiegabilmente, vedendola lì. La mia voce è severa.
"Mi dispiace...Nakago." la sua è dolce. Aspetto una spiegazione per sapere dov'era, ma non aggiunge nient'altro.
"Allora? Dov'eri?"
Mi guarda, i suoi occhi marroni non nascondono segreti, poi arrossisce lievemente. "Stavo parlando con Tomo."
Questo è quasi sufficiente a farmi perdere il controllo. Quasi. "Tomo?"
"Si."
La guardo con disapprovazione, poi decido che non vale la pena perderci del tempo. Tomo è gay, dopotutto. Non ho niente di cui preoccuparmi.
"Nakago, sei arrabbiato?"
La tiro nella stanza e sbatto la porta, prendendo il suo viso fra le mani.
"Arrabbiato?"
Lei si muove verso di me. Porto le mie labbra sulle sue.
"Per niente."

Il cielo notturno è perfettamente scuro e sereno adesso, e sta cominciando a fare un pò freddo qui fuori. Il fuoco si è spento da qualche tempo, con un pò d'aiuto da parte dello stivale di Nakago dopo che ci ha scoperti qui nel cortile, poco fa, quando è venuto in ricerca di Soi. Mi sono preso la colpa per avere accesso il fuoco, naturalmente. Non avrei potuto pensare di fare altrimenti.
Riesco a vedere Shun raggomitolato in una palla, assopito sull'erba dal punto dove stava osservando le stelle. Mi piace guardarlo dormire. Mi da tranquillità...un senso di completezza, come se avessi fatto qualcosa di buono nella mia vita, dove in ogni altra circostanza ho commesso errori su errori.
Muovendomi verso di lui, ripongo il flauto nella piccola custodia che ho realizzato per appenderlo alla vita quando non sto suonando. Lo prendo in braccio, lamentandomi. È diventato pesante. Gli dovrò dire di stare attento a quello che mangia. Mi ascolterà, naturalmente, come sempre.
Lo trasporto verso la nostra camera. Russa leggermente, cerca di cambiare posizione e di strisciare fuori dalle mie braccia verso qualche mondo di sogno. Stringo le braccia attorno a lui e lo deposito sul grande letto che condividiamo. Mormora e scivola via ancora.
Fratello, pensi che io sia come un prurito nervoso?
Di cosa cavolo stava parlando?
A volte non riesco nemmeno a capirlo. La sua mente ragiona in modo strano. Guardo in giù verso la sua forma addormentata, chiedendomi se sto facendo bene. Forse dovrei lasciar andare un pò, lasciargli avere la sua independenza. Se, un giorno, io non ci fossi più, cosa farà senza di me qui? Se me ne andassi...
Un brivido percorre la mia schiena e mi giro, appoggiando il mio flauto sulla scrivania accanto al letto. Non posso pensarci adesso. Non posso lasciarlo ora, non quando non è ancora pronto. Ha la mia stessa età, ma è ancora così giovane. Non lo perderò come ho perso la mamma e il papà...come ho perso tutti così tanto tempo fa. Lui è l'unica cosa che mi è rimasta. Ha bisogno di me, e non lo lascerò.
Mi spoglio fino a rimanere in mutande e spengo la candela. La camera è immersa nell'oscurità all'istante. Mi corico nel letto di fianco a Shun. La nostra camera è qualche porta più in là da quella di Tomo e mi domando brevemente cosa stiano facendo gli altri seishi. Shun una volta è entrato in camera sua mentre si cambiava. Non era una bella vista. Shun sembra farlo spesso, nonostante tutto, interrompere le persone irrompendo senza preavviso. Miboshi prima si è lamentato con me, ma gli ho detto che non c'è niente che io possa fare. Posso solo sperare che non vada a disturbare Ashitare. O...gli dei ci aiutino, Soi e Nakago. La loro relazione non è esattamente il segreto meglio mantenuto a palazzo, ma Shun è probabilmente troppo innocente per pensarci in anticipo.
Lui è...innocente. Proprio così.
Guardo il suo viso addormentato alla luce della luna, la mia immagine speculare. Amiboshi e Suboshi. Riesco a vedere le costellazioni dalla finestra. Mi chiedo se qualcun'altro dei guerrieri guardi ogni tanto le proprie stelle, e si chieda quale strano destino lo abbia portato qui. O forse sono troppo filosofico. Shun me lo dice, ogni tanto, quando mi vede seduto nel giardino a fissare il vuoto. Ma Shun...non sarà mai filosofico. È troppo attivo, agitato, così pieno di vita.
Nakago ha detto che porteremo la pace a Kuto. Io lo spero. La pace significa un futuro, un futuro per me e Shun, senza preoccupazioni, senza paura.
Mi sistemo delicatamente sul cuscino, sentendo il fiato leggero di Shun sul mio orecchio.
Lo proteggerò. Il sangue del mio sangue. Come guerriero di Seiryu, lo giuro sulla mia stessa vita.
Mentre chiudo gli occhi, le stelle di Seiryu danzano nel cielo. Nella mia mente le vedo ancora danzare, con una promessa, un futuro. Per entrambi.
Per sempre.


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Note dell'autore su NIGHT: 13 Marzo 2000

Tutti i Seriyu seishi in una volta! Non credo che qualcuno lo abbia fatto prima d'ora, e probabilmente nessuno è pazzo abbastanza da farlo, ma sentivo davvero il bisogno di scrivere una fic in cui ci fossero tutti i guerrieri di Seiryu. La base per questa storia è stato il forte cameratismo che esiste fra i Suzaku Seishi, e per quello che riguarda i guerrieri di Seiryu? Certamente non sono amici o qualcosa del genere, ma si conosco e interagiscono fra loro quotidianamente. Perchè non avrebbe dovuto esistere una storia con tutti loro in una notte normale, facendo quello che fanno, interagendo?

In ogni modo la fanfic si è scritta essenzialmente da sola. Ero sorpreso. Penso sia uno dei miei migliori tentativi di "scrivere nella testa di un personaggio". Pensavo che Miboshi e Ashitare sarebbero stati difficili, dato che non avevo mai scritto niente su di loro, ma sorprendentemente non sono stati così complicati. Nakago e Tomo lo sono stati. Non so perchè Tomo mi sia risultato così difficile da scrivere, dato che ho già fatto altre fic con lui. Nakago è sempre duro per me.

Le mie parti preferite sono Ashitare e Suboshi. La parte di Ashitare mi fa paura anche adesso, ma offre anche uno sguardo piuttosto tragico su uno dei personaggi più odiati della serie. Ho cercato di sottolineare i suoi istinti animali e la sua impotenza, dalla gabbia al controllo di Nakago. Suboshi è sempre divertente da scrivere. ^_^

  
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