Apollonie
corrugò la fronte, ritrovandosi a osservare nuovamente quell’ombra, sfocata
dalla pioggia che continuava a scendere e che s’infrangeva violenta contro il
suo ombrello.
Aveva
decisamente scelto il giorno meno adatto per andare al cimitero, soprattutto
perché, da lì a poche ore, August sarebbe venuto a trovarla, o meglio dire a
controllarla.
Era
sconvolgente sapere quanta poca fiducia riponesse in lei suo fratello, come se
non avesse altro da fare tutto il giorno che organizzare festini o far entrare
qualche amante dalla finestra. Si sentiva commossa dall’impegno che metteva
affinché la sua anima da peccatrice non bruciasse nelle fiamme dell’inferno,
tuttavia riteneva di essere in grado di badare a se stessa da sola anche se, a
ben pensarci, un aiutino per quello non
lo avrebbe di certo rifiutato.
Si mosse
leggermente, costatando che sì, effettivamente, l’ombra seguiva proprio lei,
anche se ombra non era esattamente l’aggettivo adatto a lui. Aveva tutto, carne,
capelli e molto probabilmente anche ossa, muscoli e intestino, tuttavia non
poteva fare a meno di chiamarlo così, ombra, giacché tutto gli richiamava
qualcosa d’indistinto, di sfocato.
Era un
uomo, ne era certa, verosimilmente anche un maniaco, tuttavia avrebbe preferito
che agisse, che la rincorresse o qualsiasi altra cosa, piuttosto che
quell’angoscia che continuava a creargli stando lì, a osservarla.
Cosa ci
trovasse poi nel guardarla proprio non lo capiva.
In tutta
Londra esistevano di certo ragazze più avvenenti, più ricche e più accomodanti
di lei, e molte di sicuro frequentavano quel cimitero, quindi perché non
infastidire loro?
Sapeva
forse che abitava da sola? Credeva che ciò bastasse a fare di lei una
prostituta?
Era stata
avvicinata in diverse occasioni, per via dei suoi capelli rossi e per il suo
vizio di girare sempre da sola, ma non aveva mai fatto in modo di aumentare le
dicerie e le maldicenze.
Ma a lei
poco importava.
Dopotutto
non era colpa sua se sua madre, nel scegliere il suo nome, si era ispirata a
una famosa cortigiana francese.
Da piccola
ne aveva fatto un vanto, “come la
Sabatier” amava ripetere, ignorando, nella sua ingenuità di bambina che,
agli occhi della gente, sembrava soddisfatta di quella mancanza di buon gusto da
parte della sua famiglia.
Chissà,
magari l’aveva davvero scambiata per una prostituta, anche se, questo, non
bastava a giustificare che la stesse seguendo.
Se davvero
fosse stato così, si sarebbe avvicinato, ne era certa.
Si ridestò
dai suoi pensieri e fissò l’uomo: stretto nel suo giaccone di tweed, se ne
stava a poche centinaia di metri da lei, immobile nonostante la pioggia, non
curandosi nemmeno di fingere che non la stesse guardando.
Un’idea le
balenò improvvisamente in mente.
Forse era
un cliente, pensò speranzosa, e forse rimaneva lì perché si vergognava.
Molti, in
effetti, si vergognavano ad assumerla.
Il problema
era, a quel punto, cosa fare. Non era convinta delle sue supposizioni, - dopotutto
non erano altro che questo, supposizioni, - tuttavia rimanere lì, non faceva
altro che agitarla ancora di più. Sapeva che, se la tensione fosse cresciuta
ancor di più, sarebbe arrivata a quel punto critico in cui smetteva di
ragionare lucidamente e finiva nelle situazioni peggiori.
Ragiona Nia, ragiona, non farti
prendere dal panico.
Se lo ripeté come un mantra, nella testa, ma il suo corpo sembrava non
collaborare: le mani avevano preso a tremare e il cuore a battere sempre più
veloce.
Se correva,
forse sarebbe riuscita a seminarlo.
Certo, così gli dai la scusa per
fare il primo passo.
Si guardò
intorno, alla ricerca di qualcosa che poteva essere usata come arma, ma in un
cimitero, eccetto le grosse lapidi che di certo non sarebbe mai riuscita a
sollevare, c’era poco o niente; a meno che non avesse deciso di stenderlo a
forza di gigli sulla testa.
Poi,
finalmente, la soluzione arrivò da sola.
Un signore
attempato, tuttavia a prima vista ancora presentante, si fermò a poche tombe di
distanza dalla sua. Senza pensarci gli corse incontro.
- la prego,
mi aiuti!- esclamò, paradosi davanti a questo – c’è un uomo che mi segue.-
Il signore
la osservò, confuso, poi guardò alle sue spalle; sembrava visibilmente scettico
– ne è sicura signorina?- chiese – io non vedo nessuno.-
Apollinie
si voltò, allarmata.
Nulla, non
c’era nulla.
Era sparito.
*Non ho mai provato a scrivere, o
meglio, non ho mai provato al di fuori dei temi scolastici che, purtroppo, non
faccio dall’anno scorso ( sob sob, voglio tornarci, l’università è atroce),
quindi questa è una prova. Non so cos’ho combinato, non sono pratica di queste cose,
ma spero vi sia piaciuto.*