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Autore: Emily Alexandre    20/07/2010    5 recensioni
La notte in cui la ragione cedette il passo alla passione. La notte in cui il tradimento fu consumato. Ginevra e Lancillorro. L'amore. Il tradimento. La passione. Cosa successe quella notte?
"Chi si era impossessata di lei? Forse la dea Dwin, che proteggeva gli amori? O era stata Afrodite, la dea nata dal mare? Oppure era Venere, la bella dea romana? Amore, era l’unico dio a cui la donna avesse mai obbedito. E Amore, troppo a lungo represso, era esploso quella notte, come una sottile ed impietosa pazzia…"
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Ginevra, Lancillotto
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Camelot'
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"Noi leggiavamo un giorno per diletto
di Lancialotto come amor lo strinse;
soli eravamo e sanza alcun sospetto.
Per più fïate li occhi ci sospinse
quella lettura, e scolorocci il viso;
ma solo un punto fu quel che ci vinse.
Quando leggemmo il disïato riso
esser basciato da cotanto amante,
questi, che mai da me non fia diviso,
la bocca mi basciò tutto tremante.
Galeotto fu 'l libro e chi lo scrisse:
quel giorno più non vi leggemmo avante".    

Dante - Divina Commedia -

 

La donna sedeva sola, davanti allo specchio. La mano con gesti ritmici, quasi inconsapevoli, spazzolava i lunghi capelli rossi, mentre dell’acqua bolliva su un piccolo fuoco; gli unici rumori nell’aria erano quelli della foresta fuori dalla finestra. Un soffice vento entrava di tanto in tanto, provocando piacere, più che fastidio.
D’un tratto, però, la calma fu interrotta da qualcuno che bussava alla porta.
- Avanti- la donna parlò senza neanche girarsi, guardando l’entrata tramite lo specchio.
- Perdonate l’ora tarda mia signora. Sono qui per dirvi che il mio signore ha acconsentito a vedervi. Stanotte, dopo il tramonto, al bosco degli Arboscelli. Venite solo con le dame di cui vi fidate. Noi saremo lì.- e senza attendere risposta l’uomo uscì.
La donna sorrise: finalmente, il cavaliere che tanto aveva fatto parlare di sè, colui che da solo aveva salvato il Regno, aveva acconsentito ad incontrarla. Quello che non sapeva è che si conoscevano già, ma lei non poteva riconoscere nel valente cavaliere quel fanciullo che anni prima le aveva giurato amore eterno.

Ah, se il volubile animo di donna sapesse quanto peso hanno le promesse d’amore!

Chiamò a se la sua dama più fidata e si fece vestire: un semplice e leggero abito azzurro, e un mantello a celare la sua identità.
Attese fremente il tramonto, senza sapere che quella notte avrebbe segnato la fine del suo Regno. Si avviò nel bosco celata dalle tenebre e presto trovò la tenda; l’uomo che aveva organizzato l’incontro le andò incontro e, prendendola per mano, la condusse all’interno.
-Ben arrivata mia regina.- A parlare era stato un giovane cavaliere. Indossava ancora l’armatura, mettendo in risalto il corpo possente; i capelli erano scuri ed ordinati, mentre sul viso si intravedeva l’ombra di una barba rasata la mattina. Gli occhi verdi, illuminati dalla tremula luce, erano fissi a terra. Non era britannico; franco, forse, a giudicare dall’accento. Le sorrise timidamente, ma non si mosse. E quel sorriso le sconvolse l’animo.
Tutto ciò che voleva era conoscere quel misterioso cavaliere, e più lui si celava alla sua presenza, più in lei la curiosità cresceva. Ma non si sarebbe mai aspettata che quella visione la travolgesse come un fiume in piena!

- E così siete voi ad aver compiuto così leggendarie imprese.
- Si, mia signora.
- Imprese come queste si compiono solo per amore di una donna.- continuò lei, sorridente. - Ditemi, se non sono indiscreta, il nome della fortunata.

Il viso dell'uomo fu attraversato da un forte rossore, per poi impallidire, come esangue. Non avrebbe risposto, lei lo sapeva, ma in fondo conosceva già quella risposta.
Nessuno dei due si mosse. Nessuno parlò.
Fu allora che Galeotto, con un debole colpo di tosse per richiamare l’attenzione dei due, indicò un infuso caldo sulla tavola. La donna gli sorrise e Galeotto, confortato, uscì.

Pochi istanti dopo sedevano l’uno di fronte all’altra, sorseggiando in silenzio la tisana fumante. Oltre l’orlo dei bicchieri i loro occhi non riuscivano a staccarsi…
Passavano i secondi. I minuti. Il tempo scorreva e i due continuavano a fissarsi, incapaci di parlare, incapaci persino di pensare. I loro corpi erano in fiamme, i loro cuori battevano all’unisono, veloci…
Troppo veloci.

D’un tratto il cavaliere si gettò ai piedi della donna, prendendole le mani e baciandole… Calde lacrime cadevano da quegli occhi così splendenti, mentre tutto il corpo era scosso da tremiti.

- Abbiate pietà di me, mia regina. Aiutatemi, ve ne prego… Ridatemi la vita o toglietemela, qui, questa notte, perché è da quando vi vidi anni fa alla corte di vostro marito, poco più che fanciullo, che non vivo più. Vi prego, io devo sapere… Aiutatemi.- le sue parole, tremanti, piene di dolore, erano pronunciate a fatica, confuse, ma non per questo meno taglienti.
E la donna, che fino a quel momento era rimasta rigida sulla sedia, si sciolse: ricambiò la stretta su quelle mani e si chinò a baciargli i capelli. 
Si alzò e il cavaliere, ancora in lacrime, fece altrettanto.
I
n piedi, lì, in quella tenda di fortuna in un bosco silenzioso, l’elegante regina e la moglie innamorata furono spazzate via da una forza ben più grande.

Chi si era impossessata di lei?
Forse la dea Dwin, che proteggeva gli amori?
O era stata Afrodite, la dea nata dal mare?
Oppure era Venere, la bella dea romana?

Amore era l’unico dio a cui la donna avesse mai obbedito. E Amore, troppo a lungo represso, era esploso quella notte, come una sottile ed impietosa pazzia…

Le mani di lei lasciarono quelle del cavaliere e iniziarono a slacciargli l’armatura, che con un rumore sordo cadde sui cuscini a terra, poi si allontanò e fece scivolare il proprio mantello.
Iniziò a camminare verso il letto con una sicurezza che non credeva avrebbe mai potuto provare.

Raggiunta la sua meta si girò verso il cavaliere, ancora immobile: la candida mano, ornata da un semplice anello, slacciò la veste, che come un’onda si mosse sul suo corpo, prima di morire a terra.
Solo allora lui le si avvicinò, in preda ad un desiderio mai conosciuto: voleva mangiarla d’amore, di passione… La cinse con un braccio e la baciò quasi con rabbia.


Era ormai mattina quando il cavaliere si svegliò. Una strana sensazione lo aveva invaso, senza che lui in un primo momento capisse cosa fosse; poi si girò, e la vide… dormiva serena, sorridente. E solo allora capì cosa torturava il suo animo: la consapevolezza, l’orrore del tradimento. Di quel tradimento.
Si vestì velocemente, prese l’armatura e fece per uscire dalla tenda; la mano era già sull’entrata quando si girò per l’ultima volta.
Era sveglia.
- Perdonatemi, altezza- fu tutto ciò che riuscì a dirle.
- Sono colpevole quanto voi, mio signore… è lui che ci deve perdonare e temo sia un perdono che non arriverà mai.- rispose, poi si voltò.

E il cavaliere uscì.

   
 
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