Storie originali > Romantico
Ricorda la storia  |      
Autore: Fly_ylF    21/07/2010    1 recensioni
"Rimani con me, c'è il tramonto"
Genere: Fluff, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shoujo-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

*Anche il giorno più lungo ha il suo tramonto*

 

 

Mi avevi chiesto di darti il portafoglio ti ricordi?

Onestamente pensavo che volessi offrirti qualcosa con i miei sudati risparmi e invece no. Avevi aperto la piccola cerniera che salvava le monetine da una rovinosa caduta e avevi iniziato a cercare. Ti guardavo alquanto perplessa, senza capire. Tirasti fuori un gettone, quel gettone che avevo conservato da quella volta in cui eravamo andate nella sala giochi vicino a casa tua.

 

“Da adesso è mio”

 

Odiai quella tua affermazione spuntata fuori dal nulla. Odiai la tua iniziativa priva di fondamenta. Odiai il tuo non chiedermi il permesso.

 

“E sentiamo perché te lo dovrei lasciare?”

 

Restai calma o almeno feci finta. Tu mi guardavi con i tuoi occhi blu, sbattevi le ciglia … Eri come una bambina. Quelle bambine che fanno un dispetto e poi si armano della loro innocenza per eludere le accuse, per nascondere la marachella. Sei ancora quella bambina.

 

“Perché se me lo lasci prenderà le decisione per me”

 

La tua voce era dolce come una canzone mai ascoltata. Fui costretta a sorriderti e a metterti a posto una ciocca di capelli da quanto era dolce.

 

“Non sei abbastanza grande da prendere le decisioni per conto tuo?”

 

Ricordo una specie di smorfia di disapprovazione sul tuo volto, fu un attimo ma me ne accorsi, poi tornasti a sorridere come un sole che mai si spegne.

 

“Si beh ma … Infondo ti andrebbe bene. Potrei fare un testa o croce e potrebbe uscire ‘lascia perdere’ e tu non mi avresti più fra i piedi”

 

Nel corso della frase il tuo sorriso era sfumato e i tuoi occhi, sfuggiti ai miei, erano caduti ad osservare il nulla sotto di te.

 

“Va bene”

 

Mi costò dirti quelle due parole, mi costò vederti piangere, ma era la cosa più giusta che potessi fare. Mi ricordo che da quel momento non dicesti più nulla. Rimanemmo in silenzio, tu che cercavi la forza di alzare lo sguardo io che cercavo la forza di andarmene. Alla fine ti abbracciai, ti baciai i capelli e tu qualche minuto dopo scappasti a casa con quel gettone fra le dita.

Per giorni perdemmo i contatti. In quei giorni avevo pensato che il gettone continuasse a consigliarti di non scrivermi, di non chiamarmi, di non cercarmi.  Poi il sesto giorno tornasti da me per svelare la verità. Avevo completamente sbagliato, tu eri quanto di più umano potesse esistere.

Ci incontrammo in un parco, in autunno le foglie cadevano e profumavano l’aria. Arrivai mezz’ora prima, avevo bisogno di tempo, ma tu come me eri già lì a guardarmi stretta nelle tue braccia. Una sciarpa lunga faceva due giri intorno al tuo collo per poi ricadere su entrambe le spalle e scendere fino alla cintura.

Quando ci eravamo conosciute era estate. E in quell’unico giorno aveva piovuto e la temperatura si era abbassata tantissimo. Io avevo una t-shirt bianca lunga e leggera più di una nuvola. Tremavo come un pulcino bagnato. Tu invece avevi una felpa, perché mi avevi detto di aver sentito l’odore della pioggia, e quella sciarpa … Me l’avevi avvolta due volte intorno al collo e ridendo mi avevi detto di apprezzare il gesto.

Quindi in quel giorno di autunno sorrisi quando mi avvicinai a te e giocherellai con quella sciarpa mentre tu …

Cosa c’era? Mi eri davanti e mi sembravi così lontana, come se fra noi ci fosse stata una nebbia fittissima e io non riuscissi a vederti. Poi? Le tue dita attorno al mio polso e il gettone di nuovo fra le mie mani.

 

“Scusa”

 

Un sussurro lontano mentre veloce tornavi sui tuoi passi. Io però non volevo vederti andare via, volevo una spiegazione e un tuo sorriso come minimo.

 

“Fermati”

 

Fu un urlo. A metà fra una preghiera e un ordine. Poi una breve corsa e ti ricatturai. Eri fredda da farmi male, ma non ti lasciai. Orgoglio e affetto. Questo mi incatenava a te.

 

“Cosa non ha funzionato?”

 

Forse non erano le parole adatte alla situazione. Lo capii dalle cinque dita rossa che mi segnasti in faccia. Era durato un attimo. Uno schiaffo, forte per la tua debolezza.  I poeti, gli scrittori direbbero che non era il gesto fisico in sé ad avermi fatto male ma quello che aveva rappresentato. Stronzate. Ho sentito quella mano forte e chiara sulla pelle, mi morsi il labbro per quanto mi aveva fatto male. E no, non mi avevi colpito l’anima perché in quel momento quel gesto non lo capii. Sentii di nuovo le tue dita addosso, ma questa volta per una carezza, leggera più dell’aria, per guarirmi.

 

“Scusa … Non volevo farlo ma …”

 

Ma? Non volevi farlo ma? Ancora adesso non ho una risposta a quella mezza frase. Certo quella carezza è diventata la mia unica risposta, anche se avrei voluto sapere di più. Poi finalmente in un sussurrò iniziasti a spiegare.

 

“Sai ti avevo detto che avrei fatto scegliere a lui le mie azioni. Certo, ha funzionato finché si trattava di scegliere se chiamarti o meno … Se scriverti o meno … Se parlarne con qualcuno o meno. Poi però … ieri sera ho fatto il mio ultimo testa o croce … ‘Dimenticala o Combatti’ e sai cos’è successo?“

 

Eri lì, davanti a me. La risposta era piuttosto ovvia, o almeno era ciò che immaginavo. Però il tuo sguardo mi lasciò interdetta e piuttosto che tentare risposi con una domanda.

 

“Cosa?”

 

Mi guardasti per un po’, ti schiaristi la voce e ti asciugasti gli occhi e dopo con un sospiro riprendesti a parlare.

 

“Nulla. Non sono riuscita a guardare. L’ho bloccata nel pugno e senza guardare l’ho buttata nel cassetto. Tu vali davvero. Come potevo giocarti con una moneta? Lasciarti al caso? Avevo paura che uscisse quel dimenticala … Ho avuto paura, davvero.”

 

Non avevo mai calcolato una simile risposta. Lasciai cadere quel gettone nella tasca con noncuranza. Guardai il tuo sguardo rivolto al nulla sotto di noi senza sapere cosa dire. Forse perché ciò che era più appropriato dire era il nulla. Volli provare qualcosa. Allungai le braccia verso di te sperando che non ti muovessi. Ti abbracciai delicatamente perché infondo eri e sei il mio piccolo fiore, così fragile anche solo da sfiorare.

 

“Egoisticamente, sono contenta che tu non abbia dato retto al caso. Se lui avesse deciso di dividerci … Vedi, nonostante io tenga a te non nello stesso modo in cui ti tieni a me, non avrei mai voluto perderti. Quindi adesso … Rimani con me, c’è il tramonto.”

 

 

 

 

*Cit. Angelo Monaldi*

 

Vedi? In un modo o nell'altro siamo sempre insieme.

A Te Piccola.

 

  
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: Fly_ylF