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Autore: shining leviathan    21/07/2010    2 recensioni
Il tempo assorbe, riduce in cenere. E qualunque cosa si cerchi di fare ci si troverà sempre al punto di partenza. Non si può combattere, arriva a prenderti, ghermire ciò che hai di più caro per trasportarti nelle nebbie. Tutto cambia, in un ciclo di distruzione e rinascita, e niente rimane com’è. Siamo come le impronte sulla sabbia, alla prima onda non ci siamo già più! Roxas e Xion: un vestito che sa di mare, una canzone legata ad una promessa (Naturalemnte di Leona Lewis:-)
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Roxas, Xion
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: KH 358/2 Days
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FOOTPRINTS IN THE SAND

 

You walked with me

Footprints in the sand

And helped me understand

Where I’m going

 

 

“ C’è bisogno di un cuore per amare qualcuno?”

Lo dissi all’improvviso, senza una ragione precisa.

Sbirciai i mie due amici con la coda nell’occhio, aspettandomi la prevedibile reazione che scandiva la maggior parte delle nostre delucidazioni. Ero sempre io a cominciare questi discorsi, in virtù del fatto che, sapevo, non sarebbe mai passata nelle loro menti una domanda del genere.

Forse la pensavano, ma non avevano il coraggio di esprimerla ad alta voce, come se si aspettassero una critica o, peggio, una presa in giro. E non capivo.

Io la trovavo una cosa naturale chiedersi chi eravamo o cosa facevamo in quel mondo. Perché ci consideravamo diversi e, in un certo senso, superiori ad altre creature. Quella nota di disprezzo per coloro che un tempo chiamavamo “nostri simili” forse derivava dal fatto che non eravamo più in grado di provare determinati sentimenti come loro.

Forse non era tanto disgusto quanto invidia, e la cosa non avrebbe sorpreso più di tanto nemmeno me. Io mi consideravo la prima in quella schiera di scontenti.

Essere diversa e ricordarmelo in ogni istante della mia non-vita appesantiva il vuoto che avevo dentro, bruciandomi la pelle in un forsennato eco che dalle pareti del mio io si propagava all’infinito.

Axel fece un sorrisetto, incrociando le mani dietro la nuca e lasciandosi cadere all’indietro con un sospiro. Alla luce calda del tramonto i suoi capelli parevano più fiammeggianti che mai.

“ Come mai questa domanda?” mi chiese con una nota divertita nella voce.

Percepii lo sguardo allucinato di Roxas perforarmi il braccio, e mi sforzai di ignorarlo.

“ Bhè..” le mie guancie divennero rosse come  due mele “ Volevo solo saperlo.  Sai, è…. È una curiosità”

“ Mmm, capisco”

No, non capiva davvero.

Non avrebbe mai potuto capire che la mia domanda non era rivolta a lui. Ciò che pensavo mi faceva paura, sentivo che non avrebbe fatto altro che rendermi ancora più strana agli occhi del mondo, ma soprattutto ai suoi.

C’erano delle volte che lo sorprendevo a fissarmi, e non riuscivo mai a togliermi di dosso la sensazione che mi stesse studiando come se fossi una bestia rara. Dalla prima volta che ci siamo incontrati non ha mai smesso di analizzare ogni singolo gesto che facevo.

Non ne ero infastidita, ma l’effetto mi chiudeva la bocca dello stomaco.

“ Non saprei risponderti così su due piedi ma…”

Non lo ascoltavo.

In quel momento gli occhi celesti di Roxas si fissarono nei miei, e io fui incatenata da un magnetismo sconosciuto che mi impedì di abbassarli, sottrarsi a quella muta domanda che rivolgeva in un supplicante battito di ciglia. La voce di Axel mi giungeva lontana, rombante come lo sciabordio delle onde che si infrangevano sul bagnasciuga.

 Nonostante il caldo umido appiccicato al soprabito rabbrividii.

L’atmosfera lucente di quelle isole scompariva per diventare un eterea bolla di nulla, dove i suoni si propagavano all’infinito o solo nelle mie orecchie.

Tuttavia non potei fare a meno di pensare che fosse una cosa magica.

“… direi che non si può amare nessuno senza un cuore. Ma noi stiamo combattendo per guadagnarcelo, giusto?”

Mi riscossi, scuotendo la testa. Battei le palpebre un paio di volte, poi fissai Axel con evidente confusione.

“ Cosa?”

“ Come “cosa?”?? Ti ho fatto un discorso serio per niente?” scattò seduto, sollevando una nuvoletta di sabbia candida.

Passò una mano nei capelli, per pulirsi dei granelli rimasti intrappolati nella sua chioma, e alzò gli occhi verso di me.

“ Sei particolarmente distratta in questi giorni” constatò dopo avermi analizzata per bene “ Salti fuori con questi discorsi poi non ascolti neanche le risposte. Qualcosa ti turba?”

“ E-eh? No,no… io… ecco,vedi..”

Mi sarei volentieri seppellita sotto una montagna di sabbia davanti all’espressione furbesca di Axel.

Aveva il potere di farmi sentire così in imbarazzo certe volte, e le vie di fuga per i suoi indiscreti interrogatori erano tutte bloccate in un vicolo cieco. L’unica speranza era che Roxas mi togliesse dall’impaccio con la sua proverbiale calma.

Cosa che,nemmeno in quell’occasione, tardò a fare.

“ Questi discorsi mi mettono fame” ammise dondolando le gambe “ Andiamo a Crepuscopoli a prenderci un gelato?” si voltò verso di me, per cercare il mio consenso e annuii velocemente, sollevata e grata.

Scendemmo dalla palma sulla quale eravamo seduti, e ad un certo punto sentii la sua mano stringermi il braccio. Sobbalzai sorpresa, spostando gli occhi prima sulle sue dita poi sul suo volto,che si avvicinava con espressione cospiratrice al mio.

Arrossii un poco, preoccupata che Axel potesse notare la nostra vicinanza, per così dire, intima.

“ Liberiamoci di lui” sussurrò con una scintilla di eccitazione “ E andiamo a cercare la risposta alla tua domanda per conto nostro” sgranai gli occhi.

Non era da lui proporre una cosa del genere, potevo capirlo dalla piccola punta di ansia che gli contraeva i lineamenti ma che al tempo stesso lo elettrizzava. E in effetti quel piccolo brivido coinvolse in un secondo anche me.

Sbirciai Axel e tornai a rivolgermi a lui.

“ Ma..” sussurrai flebile, avvicinandomi a mia volta “ Non pensi che finiremo nei guai?”

Roxas parve esitare ma poi minimizzò il tutto con una scrollata di spalle.

“ Mi prenderò io tutte le colpe, se è questo che ti preoccupa”

“ No… non è il caso” chissà dove trovai la forza di sorridere.

“ Divideremo equamente, allora” Roxas sogghignò, capendo al volo le mie intenzioni.

Mi scostai, con un cenno di intesa, poi seguimmo Axel nel varco oscuro.

 

 

 

You walked with me

When I was all alone

With so much unknown

Along the way

Then I heard you say

 

Crepuscopoli mi appariva così diversa quel giorno.

I miei occhi osservavano la vita delle strade con un interesse nuovo, vivace, inquieto al pensiero di cosa sarebbe successo se Axel ci avesse beccati a gironzolare in quella zona dopo essergli sfuggiti.

In fondo era stato facile. Troppo.

Ma la libertà aveva un sapore corroborante sulla lingua, un retrogusto di spensieratezza dopo un’impegnativa lotta alle proprie inibizioni. Un piacere sottile che non si sa fino in fondo se è giusto o sbagliato ma di per certo è entusiasmante.

Mi guardai attorno, con gli occhi scintillanti, e seguii Roxas che stava un po’ discosto.

Camminava velocemente, e io faticavo un po’ a stare al suo passo. Ma non dava cenno di volermi favorire in alcun modo, e per un attimo pensai che si fosse dimenticato della mia presenza.

L’indifferenza con cui si destreggiava fra la gente un po’ mi feriva, era talmente assorto da non prestarmi la benché minima attenzione. E io volevo la sua attenzione adesso che eravamo soli, chiedergli perché mi avesse trascinato in questa fuga di cui nemmeno lui pareva convinto. Fargli delle domande che da troppo tempo affollavano la mia mente.

Mi morsi l’interno della guancia, procedendo mesta come non mai e tutta l’euforia che aveva percorso il mio corpo quando ero scattata davanti ad Axel per confonderlo si dissolse come una nube di vapore.

Arrivai a pensare di essermi immaginata tutto: le nostre risate sovrapposte alle imprecazioni di Axel che tentava di acciuffarci, il bagliore birichino del nostro sorriso trionfale. Non poteva essere accaduto veramente, non con quell’atmosfera opprimente che ci avvolgeva in una cappa di silenzio. 

Perché non mi guardi, Roxas? Sono come te.

Quando mi osservi, quando mi studi, io vorrei dirtelo. Non ne avrò mai il coraggio, siamo più simili di quello che pensi. Ti fa paura questa certezza?

 

Come se mi avesse letto nel pensiero si bloccò di colpo e per poco non gli finii addosso.

“ Che c’è?” chiesi preoccupata.

Lui si girò verso di me e per un attimo mi parve di leggere una tristezza infinita nelle sue iridi cerulee, un’ombra di inquietudine che smussò gli angoli della mia delusione.

“ Riflettevo” rispose pacato “ Sulla tua domanda. Ma non riesco a trovare una soluzione valida”

Tacqui, non sapendo in che modo potessi rispondergli, ma mi anticipò continuando:

“ Forse abbiamo bisogno di un cuore per amare, forse no. Magari ciò che facciamo è sbagliato, come può essere vero il contrario” sospirò.

“ Non saprei”

Rimasi zitta. Solo allora capii che la mia domanda aveva fatto venire a galla tutti i timori che teneva nascosti in un angolo del suo subconscio, e la risposta che tanto gravava sulle nostre teste non giungeva, lasciandoci alla deriva come due naufraghi.

Anch’io ho paura, Roxas…

Poggiai una mano sulla sua spalla, cercando di confortare un minimo il vuoto che entrambi provavamo. Mi sentii meno sola adesso che sapevo dei suoi demoni, gli stessi che combattevo anche io per conquistare un’identità che non possedevo e che mai sarei riuscita a forgiare.

Siamo angeli con una sola ala, non possiamo volare se non abbracciati.

Pensai a quella frase che avevo letto qualche tempo prima, insieme a loro.

Ci passavamo il libro dalla copertina di raso rosso, recitando a turno una frase presa da una pagina a scelta. Di solito lo facevamo seduti sulla torre dell’orologio, gustandoci un gelato sotto i raggi tiepidi dell’eterno tramonto.

I miei occhi scorrevano sulle parole delicate e svolazzanti col timore di corrompere tutta la bellezza che il significato celava in una parola, in una rima, trattenendomi spesso dallo scoppiare a piangere per la meravigliosa profondità con cui colpivano il mio animo.

Alcune volte lo rileggevo di nascosto , per conto mio, e quei momenti potevano coincidere con le riunioni dell’intera organizzazione. Allora stavo molto attenta a non farmi scoprire, totalmente rapita da quel mondo fatto di delicate supposizioni per strapparmi alla durezza del mio, di mondo.

Ne imparai alcuni, per ripeterli nella tranquilla intimità della mia camera, gustandomi con voluta lentezza la fluidità con cui si srotolavano sulla mia lingua.

 

La felicità perfetta cresce soltanto nel cuore tranquillo, nello spirito privo di passioni, libero da ogni offesa.*

Non avevamo un cuore a cui donare tranquillità e, se ce l’avessimo avuto, non saremmo mai stati liberi dalle convinzioni che avevamo in quel momento. L’offesa scava ferite profonde, e la cicatrice rimane per tutta la vita nell’anima di un essere come me e lui.

Ma se c’era qualcosa di diverso oltre a quel non-destino, l’avrei accettato. Non avevo un cuore e non amavo, ma quando Roxas mi era vicino mi sentivo finalmente una persona completa, al di la dei pregiudizi e delle convinzioni. Era mio amico, stavamo bene insieme ma ancora non capivo.

Se un Nessuno può provare amicizia… può anche provare amore…?

Abbassai lo sguardo.

Speravo me lo dicessi tu. Io so che per te farei qualunque cosa, per te rinuncerei ad essere qualcuno.

Per te mi annullerei.

Questa è amicizia o amore? Non lo so, ma mi fa stare bene.

E voglio che faccia stare bene anche te.

“ Sai, Roxas. Forse dovremo smetterla di domandare e cominciare a cercare”

Scostai una ciocca di capelli dal viso, imbarazzata fino al limite dell’immaginabile. E se non fossi stata così convincente?

Oh, al diavolo!

“ L’hai detto tu stesso” aggiunsi in un attimo “ “liberiamoci di Axel e andiamo a cercare la risposta” e allora cerchiamola! Forse non troveremo niente, ma non importa. Sempre meglio provare piuttosto che non fare nulla!”

Mi fissò come se avesse visto uno Shadow gigante ballare col tutù, e trattenni a stento una risatina, felice di averlo impressionato con la mia decisione. Ero lusingata dal fatto di riuscire a sorprenderlo ancora e, senza accorgermene, feci scivolare le dita dalla spalla fino alla sua mano.

“ Che ne dici?”

Roxas ci riflettè un attimo. Le sue gote pallide si tinsero di rosso e deviò lo sguardo al negozio di armi struggle. Si grattò la nuca, ripescando pensieri sfuggenti che guizzavano qua e la.

“ Bhè” disse “ Ecco…” smise di sfregarsi la pelle, sbirciandomi di sottecchi “ Tu sei pazza, ti dico solo questo” gli angoli delle labbra si piegarono all’insù.

Sorrisi a mia volta.

“ Lo sei anche tu. Lo so che vuoi provarci!”

“ Colpito e affondato. Ok, genio, che cosa proponi di fare?”

Camminiamo insieme, sosteniamoci a vicenda. E non saremo più soli in questo vagabondare.

“ Mmm” mi accarezzai il mento, pensierosa, e la risposta non tardò ad arrivare. Una famiglia ci sorpassò, ridendo felice, tenendo fra le mani involti e pacchi, cibi e giocattoli. La loro spensieratezza mi suggerì cosa fare. E anche Roxas capì.

“ Comportiamoci come persone normali” sbottammo insieme. Risi, e rise anche lui.

“ Allora andiamo”

“ Dove?” domandai sorpresa.

 “ Vedrai..” nonostante il tono misterioso mi fidai, e lo seguii mano nella mano nelle affollate vie di Crepuscopoli.

 

 

 

 

 

 

Rimasi sorpresa davanti alla vetrina di quel negozio.

Un bel vestito blu cobalto ammiccava appeso a un manichino dalle braccia sottili, poggiandosi con una percepibile leggerezza sulle gambe legnose. Il pizzo nero sull’orlo era così raffinato che non potei fare a meno di commentare.

“ Quel vestito è così bello” sospirai rapita“ Sembra rimanere sospeso per miracolo”

Roxas lo osservò a sua volta, e io ne approfittai per studiare il suo viso riflesso sul vetro pieno di diatate.

Era rilassato, libero dalle inquietudini di poco prima, e pareva anche più giovane senza le ombre a disegnare improbabili paure nei suoi occhi.

Tornai a fissare il vestito, chiedendomi ingenuamente se mi potesse trovare attraente in qualche modo. Feci l’inventario: soprabito nero, capelli corti, un’indole poco propensa alla civetteria.

No, come faceva se nemmeno io mi guardavo più di tanto allo specchio, scontenta del riflesso che rimandava indietro? Forse conosceva meglio lui i dettagli della mia fisionomia, dato che mi squadrava con insistenza, cercando qualcosa che in un modo inconscio gli negavo.

Ma cosa?

“ Secondo me ti donerebbe” disse ad un tratto, ed io storsi involontariamente la bocca.

Era bello, ma non l’avrei mai indossato. Lo consideravo un po’ stravagante.

“È un po’…” titubai, portando una mano alla guancia “ Vistoso. Non penso che si adatterebbe a me..”

“ Ehi, costa veramente poco!” esclamò ignorandomi.

In effetti il prezzo era conveniente. Mi prese per una manica e mi tirò verso l’ingresso, ma feci resistenza, puntando i piedi per terra.

“ Che ti prende?” mi lasciò andare, entrando in confusione dalla mia ritrosia improvvisa. Abbassai il capo.

“ No, niente, è che… sì, insomma…” con la coda dell’occhio guardai l’abito, imbarazzandomi al solo pensiero di averlo addosso. Roxas piegò le ginocchia, poggiandoci sopra le mani.

“ Ehi, guarda che non ti devi vergognare” mi rassicurò con voce fraterna “ Non c’è niente di male, Xion, e poi non ti deve importare di ciò che dicono gli altri”

Mi importa quello che pensi tu…

Raddrizzai al testa, ancora poco convinta.

“ Facciamo così” concordò pazientemente “ Se tu ti provi quel vestito me ne proverò uno anche io… non di quel tipo, però!” aggiunse quando un sorrisetto malizioso mi spuntò sulle labbra. Il  solo pensiero che Roxas si potesse mettere un abito di quel genere mi faceva sorridere.

A quel punto accettai il compromesso, ma ad una condizione.

“ Ok” dissi mettendomi le mani sui fianchi “ Ma scelgo io quale!”

Roxas capì di essere finito in trappola, e spalancò gli occhi, boccheggiando incredulo davanti al mio sorrisetto. Ogni tentativo di farmi ragionare non sarebbe andato a buon fine.

Abbandonò il busto in avanti, sbuffando di vergogna.

“ Eddai, Xion!” si lamentò mentre lo trascinavo nel negozio.

L’interno era piuttosto disordinato, con file di scatoloni impilati dai quali uscivano metri di stoffa colorata. Dei manichini ridotti a mutilati giacevano per terra, tra spille da balia e riviste con modellini di carta mezzi tagliati. Nonostante il caos che regnava incontrastato mi piacque a primo impatto quell’ambiente così colorato e imperfetto. Tutto pareva lasciato a metà, come se alla fine si fosse trovato qualcosa di più importante da fare e successivamente abbandonato anche quello. Mi piaceva quell’incompletezza. Era adatta a persone come me e lui.

“ Cavolo, che disordine!”

Come ad averlo sentito, spuntò fuori (da non si sa dove) una ragazza colorata e incompleta come l’abito verde acqua che teneva sulle braccia ingioiellate. Il viso ,non del tutto truccato, era amichevole e aperto, i capelli neri erano per metà raccolti in una coda per metà sciolti, come se si fosse dimenticata o disinteressata. Il vestito rosa creava un buffo contrasto col disordine della proprietaria.

“ Salve” ci salutò gioviale “ Posso aiutarvi?”

“ Ehm, salve, volevo provare quell’abito blu in vetrina”

“ Oh, ottima scelta. È davvero un bell’abito”

Di fianco a me, Roxas gongolò di orgoglio. Io mi limitai ad arrossire.

Me lo portò, facendo frusciare la gonna di raso sul pavimento d’assi.

“ Ecco,cara” sorrise, e mi indicò una sgangherata tenda appesa alla bell’è meglio in un angolo della stanza. Scostai il panno pesante e mi affrettai a rinchiuderla, per non dover sottostare agli sguardi imbarazzanti di quei due.

Tirai un sospiro di intimo sollievo. Odiavo essere al centro dell’attenzione altrui, e se erano sconosciuti ancora peggio. Facevano commenti poco carini.

Scossi la testa e aprii la zip del soprabito. Lo feci cadere a terra e afferrai il vestito appeso al gancio della parete. Era gelato, e rabbrividii, come se avessi toccato un pezzo di ghiaccio.

Indugiai ad osservarlo, accarezzando il pizzo che orlava la gonna, godendomi la liscia consistenza di quel pezzo d’oceano che sembrava essersi staccato al suo originale solo per me. Lo infilai, guardandomi nello specchio.

Feci scivolare le mani dai polpacci fino ai fianchi, girando un po’ il busto per vedere come mi cadeva di schiena. La gonna volteggiò allegramente sulle gambe, ricadendo lieve come spuma nell’aria salmastra. Con la luce che penetrava dalle asole della tendina pareva brillare di un azzurro tenue, che donava un tocco di leggerezza nell’insieme.

Modestie a parte… non sono per niente male…

Ora che ce l’avevo addosso non me l’avrebbe più tolto nessuno.

Era il mio vestito, rispecchiava una parte di me, ed era anche suo. Lui l’aveva scelto, e io volevo che mi guardasse. Che mi guardasse con occhi diversi, che capisse cosa rappresentava lui per me.

Un amico che non era poi tanto amico quanto ,forse, lo ero per Roxas.

Scostai la tenda, e avanzai di mezzo passo, sorridendo con leggero imbarazzo.

La commessa applaudì ammirata, decantando lodi sia a me che al vestito, e si avvicinò lisciando una piega in quel mare di raso, inginocchiandosi letteralmente davanti a me. Roxas mi fissava come un imbambolato, irrigidito nella sua posa abituale come se il freddo l’avesse colto così e ibernato. Piegai la testa di lato, sorridendo timidamente.

“ Oh, cara, sei un vero splendore! Però… manca qualcosa.. aspetta” e si dileguò in una nuvola di stoffa e colore, lasciandomi sola con Roxas.

Feci una giravolta scherzosa, incrociando le braccia dietro la schiena.

“ Che ne pensi?”

Roxas boccheggiò, incapace di trovare le parole adatte, e io emisi una piccola risatina.

 In quel momento ricomparve la ragazza.

 “ Vieni qui” mi disse “ Provati questa collana, vediamo come ti sta”

Mi mise la collana, e un piccolo zaffiro incastonato in una forma di goccia si posò nella scollatura. Mi coprii timidamente il viso con le mani. Per un momento, sul negozio calò il silenzio, poi la ragazza battè le mani.

“ Wow! Sembri proprio una principessa! Non è vero?”

Roxas annuì appena.

Sbirciai la mia immagine in uno specchio appeso di fianco a me, sfiorando il gioiello con delicatezza, sorpresa che la ragazza riflessa mi imitasse in ogni gesto.

Ero davvero io quella? Sembravo un’altra persona, una persona felice. Ed era tutto così nuovo da spaventarmi.

Cercai il consenso di Roxas, ma pareva perso in un mondo tutto suo, fatto di tempesta e cobalto come il mio abito, e lì per lì non capii se mi stava osservando con la stessa dovizia con cui mi spiava di solito o diversamente. Fatto sta che mi piacque essere guardata, in quella circostanza.

“ Dici che mi sta bene?”

Si riscosse, come reduce di un lungo sonno.

“ Oh, sì… certo. Stai, stai veramente bene” arrossì, farfugliando parole incomprensibili.

Mi avvicinai a lui, sporgendomi fino ad arrivare vicina al suo volto.

“ Ora,però, tocca a te” sussurrai maligna.

Gemette,alzando gli occhi al cielo, e io avanzai verso uno scaffale colmo di vestiti accatastati alla rinfusa. Frugai per un po’, spostando ciò che mi sembrava interessante in un mucchietto alla mia destra, e alla fine tornai da lui con le braccia cariche di roba.

“ Ecco qua” dissi travolgendolo in un mare di tessuti “ Va a provare questa roba, e niente lamentele!” dissi vedendo che apriva bocca per contestare. Si zittì all’istante, prendendo i capi di vestiario a malincuore.

Quando sparì dietro la tendina mi concessi un altro secondo per ammirarmi allo specchio, mentre la giovane commessa ritirava degli oggetti per poi smettere e riprendere a fare qualcos’altro, cantando una canzoncina che terminava sempre con una parola in sospesa per ricominciare con altri versi che non avevano nulla a che fare con i precedenti.

Sospirai, toccando ancora una volta la collana. Era piccola, delicata, ma al tempo stessa elegante e sfacciata con quelle sfumature cristalline. Mi fece tornare in mente le onde sul bagnasciuga, le giornate di sole e risate con lui, con Axel, la nostra non-vita che cercavamo di godere come un qualsiasi essere umano. Gioia, gusto di sale, tramonti infuocati e i suoi occhi, piccole pozze di serenità.

Era questo amare una persona senza avere un cuore? Associarlo a piccole cosa che rendevano la nostra esistenza migliore pur non essendo realmente vivi? Non lo sapevo,ma ero sicura che fosse così.

Riapparve poco dopo, con i vestiti che gli avevo scelto.

Allargò le braccia, permettendomi di studiarlo per bene.

“ Contenta?”

“ Sì” approvai annuendo “ Ti donano molto”

“ Ma non sono un po’… bizzarri?”

“ Nha, io li trovo originali”

La ragazza sorrise, mettendo via un maglione liso.

“ Non so,Xion”

“ Sei perfetto, davvero!”

Lo era.

I jeans di due colori diversi, il giachettino, quelle scarpe con i lacci rossi, e il polsino a scacchi rendevano il tutto molto strano, ma su di lui facevano una certa figura.

Ero fiera di aver scelto quegli accostamenti.

“ Convinto?”

Roxas si specchiò, rivalutando per bene le sue opinioni. Dai suoi occhi potevo capire che gli piaceva quell’abbinamento, più di quanto desse a mostrare.

Sistemò la giacca, annuendo soddisfatto.

“ Più che convinto”

Mi sentii veramente felice.

 

 

Uscimmo dal negozio poco dopo. In mano, tenevamo i sacchetti di plastica contenenti i nostri soprabiti.

Procedevamo lentamente, un po’ baldanzosi per il nuovo acquisto, ondeggiando per le strade come se fossimo trasportati dalla corrente. Attiravamo parecchi sguardi, che si soffermavano sul mio pezzo di mare, frusciante e fresco nel suo colore così intenso, e scoprii che non mi dispiaceva. Non ero più una ragazza qualunque, che passava inosservata nell’ombrosità del suo essere.

Ero una principessa tenuta nascosta dal male stesso, e che ora camminava libera per il mondo col sorriso stampato sulle labbra.

“ Cosa facciamo ora?”

Mi fermai, guardandomi attorno. Cosa potevamo fare per sentirci vivi?

Improvvisamente mi ricordai di un programma che avevo visto tempo prima in tivù. Era un film in cui la gente cantava quando era contenta, triste o innamorata, e l’intensità delle loro emozioni mentre intonavano versi mi aveva colpito profondamente. Vibravano di energia sconosciuta, buona, e allora non ebbi dubbi. Il ritmo delle loro azioni scandiva una vita resa meno opaca dalle melodie che intrecciavano parole e sentimenti, in un ciclo continuo di cadute e riprese.

“ Voglio ascoltare della musica” decisi inconsciamente e, senza aspettare risposta, cominciai a cercare il negozio più vicino.

Se ne stava un po’ discosto dalla strada principale, incastrato in un vicoletto stretto che profumava di pane. La vetrina esponeva diverse copertine di CD, e i visi dei cantanti ammiccavano fieramente da sotto gli occhiali da sole scuri, insieme a diverse chitarre impolverate appoggiate scompostamente sugli espositori. Entrai in fretta, facendo tintinnare lo scaccia-spiriti sulla porta.

L’aria condizionata mi colpì in pieno volto, asciugando gradualmente il sudore che mi colava sulla fronte. La parete destra era intermante ricoperta da CD, e notai un ragazzo poco più grande di me che ascoltava assorto della musica dalle grosse cuffie nere, gli occhi chiusi e le labbra che si muovevano ad un ritmo che io non potevo sentire. Mi notò e mi fece un cenno con la mano.

Ricambiai, poi, seguendo il suo esempio, presi le cuffie appese ad una sezione e me le infilai. Erano un po’ scomode, premevano sotto le orecchie come se dovessero farle esplodere per decompressione, ma il ronzio che seguì mi fece dimenticare tutto questo.

Il suono deciso e basso mi riempì la mente, cancellando tutte le mie preoccupazioni.

Parlava di un amore tormentato, destinato a finire, ma nonostante la drammaticità dell’argomento la voce della cantante risuonava decisa, superando il rombo dei colpi di tamburo, convinta delle sue scelte e della sua voglia di ricominciare. La ammirai, seppur per un attimo.

Lei ha un cuore che sanguina, non ha bisogno di altro dolore, dice, ma non sa che è quel dolore a renderla umana.

Cambiai canzone, premendo un piccolo pulsante blu sulla tastiera digitale.

In questa cercava un rifugio, si era illusa che sarebbe durata per sempre ma lui non la amava più.

E il freddo gelido che sentiva lo provavo anch’io, con la stessa sensazione che a compiere questo cammino fossi sola, senza via d’uscita. Mi si strinse lo stomaco.

Io non sono sola…

Mi tolsi le cuffie, fissandole con rammarico, dispiacendomi stupidamente per quella donna. Per la malinconica genesi della sua vita, tanto simile alla mia, e sospirai.

Com’è triste. Nessun umano dovrebbe provare la tristezza che sentono i nessuno come me.

Improvvisamente la voce della cantante tornò a scombussolare la mia anima, insieme alla compressione all’altezza del lobo.

 

I promise you

I’m always there

When your heart is filled with sorrow

And despair

I’ll carry you

When you need a friend

You’ll find my footprints in the sand

 

 

Sgranai gli occhi.

Quelle parole… erano per me?

La voce tonante mi scivolò fino alle gambe, tremanti di un’emozione molto simile ad una gradita sorpresa. Il pianoforte accompagnava fedelmente il brano come una dolce rassicurazione, sobbalzando nelle pareti della mia coscienza risanata.

Mi voltai, lentamente, e vidi Roxas che mi guardava con affetto, combattendo l’imbarazzo che gli tingeva il volto di carminio. Accarezzai il cuoio di cui erano foderate le cuffie, indecisa sul come reagire a quell’inaspettata confessione.

Una parte di me avrebbe voluto abbracciarlo,l’altra scappare il più lontano possibile da lui. Sapevo che ci sarebbe stato per me, sempre, nonostante la tristezza e il dolore.  Mi aveva fatto una promessa per bocca di un'altra, ma il significato di quelle parole stringeva un cappio d’emozione intorno al mio collo. In quel preciso istante, non saremmo mai più stati soli.

 

I see my life

Flash across the sky

So many time have I

Been so afraid

 

Avrei sopportato tutto il dolore e il silenzio della mia breve vita per un gioia così grande, spezzando ciò che in passato mi aveva fatto soffrire per attaccarlo in un collage di tutte le cose che, nel bene e nel male, mi avevano infine portato da lui.

Tutto il mio tempo per rivivere questi momenti. Non si ripeteranno mai più, ma la mia tristezza se ne andrà con loro. È davvero possibile?

 

Sorrisi. Un lacrima solitaria mi scivolò lungo la gota, suscitando un espressione colpevole sul volto di Roxas. Mi affrettai a scuotere la testa, per rassicurarlo, e l’asciugai col dorso della mano. Che sciocca.

Ero felice, perché le persone devono piangere anche quando sono felici? Non devono…

“ Mi è venuta fame” dissi con noncuranza “ Andiamo a mangiare qualcosa?”

Roxas annuì, sollevato, e mi tolse delicatamente le cuffie, sfiorandomi i capelli con le dita. Rabbrividii, forse per l’aria condizionata sparata al massimo.

“ Mi pare una buona idea” disse prendendomi a braccetto. Io ridacchiai, stando al gioco.

Il ragazzo di poco prima alzò un pollice verso di noi e ci salutò cortesemente.

 

 

 

“ Chiudi gli occhi e apri la bocca”

“ Ma dai, cos’hai in quel sacchetto?”

Roxas lo strinse al petto, per impedirmi di vedere cosa ci fosse dentro. Dall’odore inebriante intuii che si trattassero di dolci.

“ Tu apri la bocca”

“ No, no..” scossi la testa, incrociando le braccia al petto come una bimba capricciosa “ Prima voglio sapere che cos’è!”

“ Uff, apri la bocca e lo scoprirai”

“ Non ci riesco” esclamai coprendomi scherzosamente il volto con le mani e lui sbuffò, facendo frusciare la carta mentre infilava una mano dentro il sacchetto. Chiuse il pugno, provocando un gemito deluso da parte mia.

“E io mi offendo!”

“ Mi vuoi giocare uno scherzo? Non è che vuoi mettermi in bocca, che so, uno scarafaggio?”

“ Oh, certo. In pasticceria si comprano ottimi scarafaggi caramellati” commentò ironico.

Io mi finsi schifata e gli tirai uno schiaffetto.

“ Ih! Ma che schifo! Così non mi invogli a fidarmi di te!”

“ Apri la bocca! O me li mangio tutti io.”

A quel punto ubbidii, e chiusi gli occhi. Una pasta morbida e densa si posò sulla mia lingua, infarinandomela dell’abbondante zucchero a velo con la quale era guarnita. Affondai i denti, masticando con voracità. Emisi dei mugugni deliziati, pulendomi la bocca macchiata di bianco.

“È buonissima!” trillai e Roxas scosse la testa bionda borbottando:

“ La prossima volta ti faccio mangiare davvero uno scarafaggio”

 

Il rumore delle onde conciliava i nostri pensieri, bagnandoci i piedi nudi posati sulla sabbia umida.

Seduti sulla riva bianca di quell’isola meravigliosa ci gustavamo dei dolci comprati a Crepuscopoli, fissando il sole e il mare azzurro che lo inghiottiva lentamente nelle sue spire insidiose, salutando un altro giorno che se ne andava. Un striscia violacea spiccava come una ragnatela, intrappolando le prime stelle nella timida ascesa della sera.

Tenevo le gambe protese in avanti, scoperte dal vestito impolverato dai granelli sottili. L’acqua era fredda, ma trovavo ugualmente piacevole la carezza che elargiva sotto le palme dei piedi.

“ Sei cattivo!”

“ No, se vuoi vedere qualcuno di veramente cattivo aspetta di tornare da Axel. Non credo che ci perdonerà tanto facilmente di esserli  sfuggiti”

“ Potremo rabbonirlo con qualche dolcetto”

“ Libera di provare. Ma io preferisco non trovarmi sulla rotta dei suoi chakram quando ci vedrà conciati così”

Scoppiammo a ridere, convinti che, infondo, Axel ci avrebbe perdonati per quella scappatella. Un gabbiano volò stridendo sopra di noi, tuffandosi in quella distesa blu. Sfiorai il ciondolo, un abitudine che,sapevo, non mi sarei tolta molto facilmente, e mi voltai verso il mio compagno.

“ Roxas” mi guardò “ Pensi che tutto possa rimanere così com’è?”

I suoi occhi assunsero una tinta di tristezza.

La risposta la sapevamo entrambi, ma il timore di pronunciare quelle parole era così soffocante che a malapena riuscii a deglutire. Tutto ciò che avevamo vissuto era destinato a sparire, assorbito dall’ineluttabile destino a cui era soggetto ogni Nessuno. Per quanto facesse male, dovevamo adeguarci. Ma se anche ci fosse stata una piccola soluzione l’avrei accettata. Nulla è perduto se si prova a realizzare un sogno.

“No” rispose lugubre “ Purtroppo no”

Sentii le lacrime premere prepotentemente per uscire, e abbassai lo sguardo sulla piega del vestito. Faceva male avere la consapevolezza che nessuno si sarebbe ricordato di noi. Che le nostre vite sarebbero state cancellate così velocemente come le impronte sulla sabbia, sparendo nella memoria e nel tempo.

È il destino di un Nessuno. Vivere solo per essere destinati a scomparire.

Ma in fondo è meglio così.

“Ma noi…” respirai profondamente, controllando il tremito nella voce “ Noi rimarremmo così, vero? Noi ricorderemo?”

Roxas incrociò le gambe, poggiando i gomiti sulle cosce.

Tutto nella sua persona suggeriva il contrario di ciò che disse con evidente sforzo.

“ Sì” biascicò per niente convinto “ Noi rimarremmo”

“ No” negai con stizza, scuotendo la testa “ Non è vero! Il tempo assorbe, riduce in cenere. E qualunque cosa si cerchi di fare ci si ritroverà sempre al punto di partenza. Non si può combattere, arriva a prenderti, ghermire ciò che hai di più caro per trasportarti nelle nebbie. Tutto cambia, in un ciclo di distruzione e rinascita, e niente rimane com’è. Siamo come le impronte sulla sabbia, alla prima onda non ci siamo già più!” strinsi i pugni, le lacrime mi bruciavano gli occhi. Il sapore di sale mi inondava la lingua, e senza accorgermene cominciai a urlare.

“ NON RIMARRà NIENTE!! NOI NON POSSIMO ESISTERE, NE AVERE UN CUORE! SIAMO SBAGLIATI, IMPERFETTI, NON POSSIAMO AMARE!!”

Xion…

Ti.. ti sta baciando..

Infatti era così. Si era sporto fino a me, troncando la mia disperazione poggiando dolcemente le sue labbra sulle mie. L’oscurità piombò su entrambi, celandoci agli occhi del mondo.

 

And just when I

I thought I’d lost my way

You gave me strength to carry on

That’s when I heard you say

 

Dolce e salato, dolore,disperazione,tenerezza. Così doveva essere un bacio? Il suo bacio?

Rimasi immobile, sorpresa, mentre lui toccava la mia bocca con movimenti lenti,morbidi, allungando una mano per accarezzarmi la spalla scoperta. Il suo tocco leggero risvegliò in me un sentimento nuovo e travolgente, che mi portò ad assecondarlo con lo stesso trasporto. La tristezza sparì in un nulla accecante, bianco e anonimo come la nostra esistenza ma molto più piacevole e caldo di tutte le mani che mi sfiorarono i capelli, passando nelle ciocche corte come una brezza serale.

Tutto ciò che avevo provato quel giorno non era neanche lontanamente paragonabile a quell’annullamento,  a quell’abbandono totale dei sensi. Mi sentivo forte, realizzata dopo il lungo percorso che mi aveva portato a lui. Lui che era la risposta sin dall’inizio, l’unica perla che solo io avrei colto d’ora in poi.

Roxas

L’amore ritrovato nella mia seconda breve vita. Il mio cuore.

Attaccata al suo petto sentii come un frullio d’ali, all’altezza della mano che tenevo premuta sul torace magro. Mi staccai di botto.

Ansimai, pur non avendo fatto sforzi, abituandomi gradualmente a tutte le sensazioni soppiantate dalla forza di un’amicizia diventata amore. Un suono sordo mi rimbombava insistentemente nelle orecchie. Portai una mano alla bocca.

“ C’è bisogno di un cuore per amare qualcuno?” chiese affannato e io tesi le dita verso di lui, sfiorandogli un guancia. Velluto bollente, che percorsi con commozione.

“ Anche se non abbiamo un cuore” continuò carezzandomi il dorso “ Possiamo voler bene ad una persona, perché essa sarà il nostro cuore” mi circondò la vita e le posai la testa nell’incavo del collo, piangendo le poche lacrime che mi rimanevano.

“ Roxas” singhiozzai “ Vuoi… vuoi essere il mio cuore?”

Rimase interdetto, spalancando gli occhi. Le stelle brillavano nei suoi occhi, sulla sua pelle pallida.

Nel suo sorriso raggiante, nel mio.

“ Non devi neanche chiedere” e mi baciò di nuovo. Una, due, tre volte.

I Nessuno non possono amare.

Lui era il mio cuore.

Non hanno un cuore.

Lui era la mia luce.

 

 

I promise you

I’m always there

When your heart is filled with sorrow

And despair

I’ll carry you

When you need a friend

You’ll find my footprints in the sand

 

 

Quelle parole mi accompagnavano come un eco, chiare nel loro significato, nella loro veridicità.

Perché sapevo che erano solo per me, per lui. Per la nostra vita.

Per quella vecchia, quella nuova e piena di promesse e felicità. Un avvenire tutto da disegnare.

Il disegno crudelmente innocente di una bambina.

 

Ma ricordati chi sei…

 

 

 

“ Naminè..”

“ Felice di fare la tua conoscenza, Xion”

 

 

“ Chi sono?”

 

 

“ Tu non hai un cuore!”

 

“ NO! Non è vero, è lui il mio cuore!”

“ Ma non farmi ridere”

 

“ Dovrai sacrificare molto”

 

“ Roxas”

“ Chi, chi sei?”

 

Il vestito, la musica, sapore di mare e di sabbia.

Amore…

Distrutti..

 

Non…si ricorda più di me……

È il prezzo da pagare perché finisca.

 

 

Il tempo assorbe, riduce in cenere. E qualunque cosa si cerchi di fare ci si troverà sempre al punto di partenza. Non si può combattere, arriva a prenderti, ghermire ciò che hai di più caro per trasportarti nelle nebbie. Tutto cambia, in un ciclo di distruzione e rinascita, e niente rimane com’è. Siamo come le impronte sulla sabbia, alla prima onda non ci siamo già più!

 

 

“ Ci sarebbe stata una possibilità per noi?”

Lei si raddrizza, portando un dito alle labbra. Una X per sigillarle. Non me l’ha voluto dire.

Naminè?

 

Roxas…

 

Ci abbiamo provato, sto morendo, tu non mi rimpiangerai. Ma sappi una cosa…. Eri e rimarrai sempre la mia luce…

X..?

Grazie, Roxas.

 

Xi..?

Addio..

XION!!!

 

Siamo impronte sulla sabbia del tempo, ce ne andremo, un giorno.

Ma il nostro amore resterà.

Per sempre.

 

 

 

 

 

Allora, comincio col dire che non conosco nulla di 358/2 day’s.  Xion so chi è ma non so tanto bene se ci ho azzeccato a interpretarla, però mi da l’idea di una ragazza timida e confusa del proprio destino. In coppia con Roxas, però, mi ha conquistata subito (anche se è una passione recente) spero di avervi coinvolto con questa song- fic.

*La frase di Xion sulla felicità è tratta dal Bhagavad Gita, le sacre scritture indiane.

Le canzoni citate da Xion sono entrambe di Leona Lewis:  Bleeding love ed Homeless.

È la prima RokuXion siate clementi!

Ciao e grazie di eventuali recensioni!!

 

 

 

 

  
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