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Autore: Nicolessa    26/07/2010    0 recensioni
Mi macava qualcosa, quel qualcosa che ogni giorno mi permetteva di respirare, quel qualcosa che mi faceva vivere giorno per giorno... e non c'era più. Cosa potevo fare? Non potevo non respirare, non potevo non vivere, dovevo trovare una soluzione e in fretta.
Genere: Drammatico, Romantico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sorpresa!

CAPITOLO 4    Sorpresa!

 

 

Guardavo la flebo con disprezzo. Avevo solo due minuti e poi Axel sarebbe tornato in camera e, sicuramente, avrebbe controllato il mio braccio.

Afferrai l’ago e lo fissai a lungo, sprecando così i miei preziosi minuti di tregua.

Prima che potessi conficcarlo nella vena, bussarono alla porta. Fui immediatamente grata di avere delle visite, speravo solo che non fosse mio fratello.

-         “Posso entrare?” chiese una voce stridula.

-         “S-Si, avanti” balbettai non sapendo chi fosse.

La porta si aprì e, cautamente, un’infermiera entrò, trasportando un piccolo carrello. Si chiuse la porta alle spalle e mi guardò imbarazzata.

-         “Sono venuta per…” si decise a parlare ma la fermai.

-         “Si, lo so, a sostituirmi la flebo o per controllare che la abbia al braccio” dissi sicura di me porgendogli l’arto.

Osservavo le sue guance che attimo dopo attimo si arrossivano sempre di più.

Iniziavo ad insospettirmi. Perché era tanto impacciata? Era forse il suo primo giorno e non aveva preso confidenza o, semplicemente, lo era già per fatti suoi?

-         “No, veramente no. Mi scusi se sono arrossita ma suo fratello Axel…”

-         “Ha fatto il cretino con lei? Appena torna  gliene dico quattro!”.

-         “No, no, assolutamente. Ha solo fatto una richiesta ma, scusi la sincerità, è davvero molto, molto carino”.

Adesso si che era davvero rossa dalla vergogna. Era un’altra ragazza castana nel suo fascino da giocatore di basket.

-         “ Oh bene, scusami tu allora… comunque… se non è per la flebo, che richiesta le ha fatto?” domandai incuriosita alla giovane donna con il camice bianco.

-         “Mi ha solo chiesto di portarle questi”.

Sollevò il telo che ricopriva il carrello, prese due piatti e mi porse: pollo e pancakes.

-         “Oh, grazie mille, in effetti morivo di fame!”

-         “Di nulla, si figuri”.

Strava per voltarsi ed uscire dalla stanza ma, avendo un dubbio chiesi:

-         “Mi scusi!” feci per chiamarla.

-         “Si? Mi dica” rispose disponibile voltandosi verso di me.

-         “ Per caso, qui in ospedale, cucinano i pancakes? Francamente, non sembra affatto un dolce preparato qui”.

-         “No, credo che quei pancakes siano un regalo da una certa S-Shay… almeno credo si chiamasse così: una ragazza biondina, occhi azzurri e magrolina”.

Parlava di Sharon così tristemente che in quel momento capì che questa giovane dai capelli raccolti in una retina, aveva afferrato che Axel fosse fidanzato.

-         “Grazie mille!” risposi semplicemente aprendomi in un sorriso splendente.

Abbandonò la sala guardandosi i piedi, trascinandosi il carrello sconsolatamente.

Sharon sei il mio mito! La mia salvezza!

I pancakes con cioccolato, noccioline e tanta, tanta panna, proprio come piacevano a me. Mi conosceva proprio bene.

Aspetta un attimo! Shay è qui! Perché non viene a trovarmi? Potevamo mangiare insieme, parlare, passare il tempo… forse… è passata quando dormivo o peggio non è entrata perché non voleva vedermi così! No, non è da lei.

-         “Non azzardati a mangiare quelle delizie da sola! Stiamo morendo tutti di fame qui! Abbi pietà e dividiamo!”

-         “Shay, Fel! Che bello vedervi! Fatevi abbracciare!”

Si avvicinarono e ci stringemmo in un caloroso abbraccio collettivo.

-         “Che fai Fel, mi sbavi addosso? Non preoccuparti, mangeremo presto!” sorrisi allegramente seguita dai due.

-         “Come stai adesso?”.

Stavo per risponderle ma mi interruppe appena aprii bocca.

-         “No zitta, lo so già. Si mia adorata amica, mi sono informata e vuoi sapere una buona notizia?”

-         “Domani torni a casa!” canticchiò Felix gioioso come non mai.

Gli saltai addosso per la ferità, abbracciandolo forte. Con coda dell’occhio vidi Sharon mentre alzava gli occhi al cielo e scuoteva la testa mostrando il suo disaccordo.

Mi staccai da Felix e mi voltai verso di lei che mi guardava scherzosamente offesa:

-         “Non è che per caso ora sono seconda nella tua graduatoria vero? Se è così, sappi che sarò costretta ad uccidere il qui presente usurpatore”.

-         “Dai Shay, non rivolgerti così a questo poverino” dissi scompigliando i capelli di lui con la mano.

-         “Si, si, certo, passami pure in secondo piano, te ne pentirai amaramente cara mia e sappi che non ti preparerò più…”

«Drin drin» trillò il cellulare di Shay.

Io e Felix continuavamo ad insultarci facendoci il solletico.

-         “Scusate è mamma, devo proprio rispondere”.

Ridevo a crepapelle combinando un baccano tremendo.

-         “Mamma! Non ti sento! Grida! Oh ragazzi, che caos! Esco fuori a vedere se c’è linea e vado lontana da voi! Ma riprenderemo il discorso più tardi!” disse uscendo dalla porta in cerca di silenzio.

La porta sbattè e per un ci fermammo.

Io lo fissavo e lui fissava me.

Sicuramente vuole mangiare i pancakes senza Sharon e ora inizierà a supplicarmi.

Invece mi… baciò. Si, proprio così, prese il mio viso tra le mani e mi baciò sulle labbra. Non sapevo quello che facevo eppure le mia labbra si muovevano con le sue, in armonia perfetta. Gli gettai le braccia al collo e lo spinsi contro di me con una forza incredibile. Lo desideravo, lo desideravo tanto. La sua mano era sul mio viso e l’altra tracciava il percorso della spina dorsale sulla mia schiena.

Quando la sua prese mi avvolse, sentii un brivido sulla pelle, che arrivò dritto al cervello. Quel tremito mi svegliò, finalmente, mi chiesi cosa stessi facendo.

Sapevo di dovermi staccare da lui ma non volevo, non riuscivo. Felix non aveva intenzione di lasciarmi, mi feci coraggio e dolcemente allontanai il mio corpo dal suo con espressione afflitta.

Non conoscevo il dopo di quelle situazioni ma, il prima mi aveva fatto tremare il cuore.

Mi guardò con quegli occhi verdi maledettamente profondi e mi fissò come se avesse voluto dirmi “c’è qualcosa che non và?” oppure “ Tu sei d’accordo?”.

Ovviamente  non sapevo che dire. Gli presi la mano e ricambiai lo sguardo.

Non so perché lo feci ma mi venne spontaneo.

Lo guardavo e tornavo indietro con i pensieri, ricordando quel momento.

Due calamite che generavano il campo magnetico più potente che abbia mai visto. Pensavo a come poter resistere a quei due smeraldi che avevo di fronte.

-         “Scusate, mia madre è una rompiscatole! Allora diceva…?”.

Aveva visto: le sue mani nelle mie, che ci fissavamo, vide tutto.

-         “Finalmente sei tornata! Se avresti tardato anche altri due minuti, Felix avrebbe fatto fuori tutto! Gli ho bloccato le mani sperando di guadagnare tempo” improvvisai… mentendo.

Ci fissò per un po’… prima me e poi lui, tutto in religioso silenzio.

Ti prego, ti prego, ti prego… supplicavo.

-         “Felix…” lo chiamò fissando il vuoto.

Merda! Ha capito! Addio amici per sempre!

-         “Si?”  rispose guardingo.

-         “Tu sei un uomo morto! Come hai osato, anche solo pensare di mangiare i miei pancakes da solo eh? Ingordo?” urlò con voce squillante fondandosi su di lui per dargli un pugno sulla spalla.

Tirammo un sospiro di sollievo, mi aveva creduto.

-         “E comunque sei fortunato oggi, non posso vendicarmi adesso, c’è Axel che vuole dirti qualcosa. L’ho visto nella sala dei distributori automatici” sbuffò.

-         “Si grazie, ci vado subito”.

Sfilò le mani da quel groviglio e si diresse verso Axel.

-         “Non mangerete tutti i pancakes da sole vero? Mi aspetterete…” supplicò scherzosamente.

-         “Sparisci ingordo che non sei altro!” disse Sharon mostrando la lingua.

Lo vidi sparire ancora una volta dietro una porta. Ultimamente ci dividevamo così.

Rimanemmo sole, io presi il piatto con i dolci cercando di tentare Shay, del tutto ignara di ciò che stesse per accadere.

Misi il piatto proprio sotto il suo naso e lei con una mano lo scostò.

-         “Dimmi tutto Ell! Voglio la verità! Sarò anche carina, simpatica, allegra, intelligente, acuta, carismatica, elegan…”

-         “Shay!” la fermai prima che potesse elencate tutti i suoi pregi.

-         Insomma, sarò anche tutto questo ma non sono scema Ell! Cos’è successo mentre non c’ero?” mi squadrò.

Rimasi in silenzio, non sapendo come poter descrivere la scena.

Dovevo negare tutto? Non me la sentivo, aveva ragione, non era stupida.

Cercavo di riassumere tutto in modo da poter raccontare quegli attimi di pura euforia eppure non riuscivo a trovare delle parole adeguate.

-         “Avanti! La storia dei pancakes non è per niente credibile. Sai che puoi dirmi tutto no? Lo hai baciato?”

-         Cosa ti fa credere che l’abbia baciato io?” mi innervosii.

-         “Perché ti piace, perché ti ha salvata la vita, perché avevi le sue mani nelle tue, perché…” catalogò indicandosi una dopo l’altra le dita come per contare le immense ragioni per cui avrei potuto farlo.

-         “Ok ok, potrà sembrare così ma… è stato lui” bisbigliai

-         “Lui? Wow… e da quando è innamorato di te? Com’è stato? Com’è iniziato? Non ho un’idea di come tu o Felix sappiate baciare, visto che non vi ho mai beccati farlo con nessuno. Ciò vuol dire che devi dirmi tutto.” Saltellava sul letto.

-         “Vuoi dirmi che non sei arrabbiata?” domandai sorpresa.

-         “No”.

-         “Neanche un po’?”.

Scosse la testa.

-         “Il pensiero di arrabbiarti neanche ti sfiora?”

-         “Assolutamente no”.

-         “Ma che vuol dire? Non capisci che questo potrebbe comportare dei cambiamenti enormi? Ammettiamo che io decidessi di fare coppia fissa con Felix e poi, dopo un po’, decidessi di lasciarlo? Non saremmo più amici… e io non voglio! Non ti dispiacerebbe affatto?” dissi agitandomi con le lacrime agli occhi.

-         “So che non accadrà. Vi volete bene, ci vogliamo bene. Non può separarci una cosa del genere, è troppo poco. Lui non può far a meno di te e tu lo stesso, è praticamente impossibile”.

Anche lei… mi guardava negli occhi e mi calmava. Era una parte di me, quella che adoravo di più.

Rimasi in silenzio, sperando che le sue parole fossero una sorta di premonizione.

-         “Ora, risolte queste questioni… vuoi dirmi tutto o no?” chiese con la voce di chi pretende qualcosa.

Aveva un sorrisetto malizioso sulla bocca e al vederlo iniziai a ridere, dimenticando le lacrime.

Le raccontai tutto senza molti giri di parole: le nostre labbra, il mio desiderio, il brivido, tutto.

-         “Ora si che sono realizzata!” sospirò raggiante.

-         “Posso chiederle come mai donzella?” dissi imitando la voce di un lord e accostando una ciocca di capelli sul labbro per creare dei baffi.

-         “Perché avevo ragione, perché avevo ragione…” cantilenò come una bambina.

Mi tappai le orecchie e iniziai a cantare per non ascoltarla.

Eravamo proprio due bambine.

Mentre continuavamo a giocare, arrivarono Axel e Felix.

-         “Siamo ancora in tempo?” curiosò Axel sbirciando sul piatto.

-         “Siete davvero baciati dalla fortuna oggi!” esclamò Sharon.

-         “Shay, avevi detto che Axel doveva dirmi qualcosa e invece…”

-         “Si scusa, mi sono confusa. Volevo fermarti ma eri già lontano”.

-         “Se non avete mangiato, che avete fatto?”

-         “Niente, fratellaccio ficcanaso! Non sono affari tuoi!” lo stuzzicai.

Felix mi lanciò un’occhiata interrogativa ed io, non so come, lo rassicurai non dicendo una parola.

Forse avevo anche io una specie di superpotere.

Non ero convinta di aver mandato il segnale giusto ma, in quel momento, mi sembrava la cosa migliore da fare.

Sapere che lo avevo rassicurato mi faceva sentire in un certo senso utile.

Smisi di pensare, il mio stomaco reclamava il suo pranzo.

Decidemmo finalmente di mangiare il tanto atteso pollo seguito dai pancakes.

Guardandomi intorno vedevo la mia felicità. Mi sentivo amata dalla mia famiglia, dai miei amici e da quel giorno anche da un altro punto di vista: mi sentivo amata dal mio amico… speciale.

Non ero pronta a chiamarlo ragazzo… tantomeno il mio ragazzo. 

Alzai lo sguardo su di lui e contemporaneamente lui su di me.

Possibile che avesse pensato la stessa cosa che avevo pensato io? Lui mi avrebbe mai chiamato la sua ragazza?

Tornava la sensazione: lo volevo, lo volevo accanto, lo volevo mio.

Quando tutti sarebbero andati via l’avrei fermato.

Avevo bisogno di lui, avevo bisogno di noi.

Grazie a tutti i lettori e anche qualche commento non sarebbe male! A prestooo!!!

  
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