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Autore: Hi Ban    27/07/2010    11 recensioni
Poteva immaginare ogni urlo.
Ogni goccia di sangue che avrebbe versato.
Ogni lacrima che si sarebbe mischiata al cremisi della sua linfa vitale.
Ogni negazione per le inutili implorazioni.

Era nato tutto nel corso del tempo, l’iniziale fastidio che Hidan aveva provato verso quella debole ragazza si era tramutato in odio, puro e semplice.
Sentimento con cui Hidan si relazionava bene e che aveva fatto accrescere, non tentando di frenare la cieca rabbia che lo travolgeva alla sua sola vista. Solo odio e ira c’erano nei suoi occhi quando si posavano sulla figura fragile di Hinata. La consapevolezza che lei era così diversa da lui, la rabbia nel vederla così altruista verso fecce che non se lo meritavano l’avevano portato a compiere il più folle dei gesti, di cui non si sarebbe pentito.
Prima classificata all'Hate Contest - L'odio tra i banchi di scuola di Miharu Ozukawa e vincitrice del premio 'attinenza al tema'.
Genere: Dark, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Hidan, Hinata Hyuuga
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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Autore (Nome di EFP e del Forum, nel caso questi fossero differenti): Black_cherry (forum) – Sakuchan_94 (Efp)
Titolo: One step beyond – and she fell down
Personaggi: Hidan, Hinata Hyuuga
Pairing: //
Rating: giallo
Avvertimenti: AU;
Breve introduzione della storia: Era nato tutto nel corso del tempo, l’iniziale fastidio che Hidan aveva provato verso quella debole ragazza si era tramutato in odio, puro e semplice.
Sentimento con cui Hidan si relazionava bene e che aveva fatto accrescere, non tentando di frenare la cieca rabbia che lo travolgeva alla sua sola vista. Solo odio e ira c’erano nei suoi occhi quando si posavano sulla figura fragile di Hinata. La consapevolezza che lei era così diversa da lui, la rabbia nel vederla così altruista verso fecce che non se lo meritavano l’avevano portato a compiere il più folle dei gesti, di cui non si sarebbe pentito.
Note dell'autore/autrice (facoltativo): ho messo rating giallo per la presenza di un linguaggio decisamente non ‘aulico’, visto e considerato che è di Hidan che si parla. In più, alcuni dei pensieri concepiti da Hidan nel corso della storia non erano adatti effettivamente a quello verde. Il cognome di Hidan è inventato, in quanto non ne ha uno suo.
Le parti in corsivo, quelle in cui c’è qualcuno che si rivolge ad Hidan, istigandolo ad immaginarsi la morte di Hinata, è una sorta di coscienza/Jashin. Questo perché Hidan nel manga è completamente legato a Jashin e, nonostante sia un AU, ho pensato di mettere anche il suo Dio, anche se non con quel nome, ma sottoforma di coscienza. In questa storia Hidan è pazzo, perciò la cosa è un po’ più plausibile. Però è liberamente interpretabile!:)
I Takoyaki sono delle polpette di polpo e pastella, mentre gli Onigiri sono delle polpette di riso bianco e i condimenti possono essere vari.



One step beyond – and she fell down


Hidan se ne stava seduto scompostamente sulla sedia e osservava svogliatamente il soffitto dell’aula. Non faceva caso alla gente che entrava e usciva dalla classe, godendosi quei pochi minuti prima che a riportare l’ordine fosse il professore. Non gliene importava nulla di quegli idioti, non ne faceva mistero, e di certo non avrebbe provato a cambiare le cose.
Tentare di instaurare un rapporto con quelle fecce era una cosa che non lo toccava minimamente, oltre a non vederne l’utilità.
Non erano degni della sua presenza, sprecare prezioso tempo con loro non era neanche da prendere in considerazione.
Gli erano totalmente indifferenti.
Senza neanche accorgersene, iniziò a rigirarsi la fedele collana che portava sempre al collo tra le dita, beandosi del freddo che il metallo trasmetteva. Era solo un triangolo rovesciato in un cerchio, ma per Hidan era quasi sacro. Avrebbe ucciso in caso fosse finito in mani sbagliate.
La classe intanto si era riempita e il professore aveva varcato la soglia dell’aula, andandosi a sedere alla cattedra. Hidan, ovviamente, non gli prestò attenzione e non tentò di ristabilire il decoro da perfetto studente modello.
Non gliene importava assolutamente nulla.
La scuola per lui non aveva un gran valore e, di certo, non rientrava tra le sue priorità. Hidan, semplicemente, faceva il minimo indispensabile, non strafaceva e non si ammazzava di studio; bastava che il voto fosse sufficiente e lui era in pace con se stesso. Prima finiva quella fottuta scuola, prima se ne andava.
Un altro anno soltanto e avrebbe potuto vantarsi della sua filosofia scolastica a cui si era attenuto. Hidan non era stupido, tutt’altro; anche i professori lo avevano fatto presente ai colloqui, quando sua madre si ricordava di avere un figlio e faceva la sua parte di madre, come da accordo quando lo aveva messo al mondo.
Stronza, pensò con un ghigno, per nulla turbato dalla situazione famigliare che, a sua detta, era una grandissima merda.
Se non ricordava male, il lunedì mattina avevano matematica, con Ebisu.
Fantastico, considerò sarcastico, immaginandosi già come sarebbero passate quelle due ore.
“Hie Hidan.” La voce impassibile dell’uomo lo raggiunse, costringendolo a voltarsi e mostrare quel poco d’interesse che gli avrebbe permesso di non essere sbattuto fuori dalla classe. Esordì con un grugnito basso, per confermare la presenza, ma, evidentemente, non bastava; perlomeno, non per Ebisu.
“Hie Hidan, se è presente, potrebbe farcelo sapere?” Chiese ancora Ebisu, osservandolo imperioso. “Lei cosa dice, professore?” Chiese strafottente con un ghigno arrogante, non abbassando lo sguardo in segno di sfida.
“Signor Hie fossi in lei non tir-”
“Sì, sì, va bene.” Lo interruppe Hidan sbuffando e tornando rigirarsi il ciondolo e mettendo fine all’ennesima scenetta della giornata. Ogni mattina c’era quello scambio di battute anomale, se si fosse trattato di un altro studente. Persino Ebisu aveva perso le speranze e gli altri professori non erano da meno.
Il professor Ebisu, stizzito, si risistemò gli occhiali sul naso e riprese a fare l’appello, ignorando ciò che era successo.
“Hyuuga Hinata.”
Un basso ‘sì’ giunse dall’altra parte della classe.
Bastò quel semplice nome a far irrigidire Hidan, che strinse spasmodicamente il ciondolo che prima aveva accarezzato con le lunghe dita affusolate.
Della classe l’unica a poter vantare di non essere indifferente a Hidan era proprio lei, Hinata. Oh, se lo aveva colpito.
Con quei suoi modi gentili e altruisti, ingenua fino all’inverosimile.
Dannatamente ingenua.
Quel branco di smidollati che, per convenzione, avrebbe dovuto definire ‘compagni’, non esercitavano su di lui un qualsivoglia interesse, ma lei era diversa.
Non poteva ignorarla, perché ciò che provava verso di lei non era possibile da non prendere in considerazione, specialmente se era un sentimento che riusciva ad alimentare molto bene e senza alcuno sforzo.
Hidan, dalla prima volta che l’aveva vista, non aveva potuto fare altro che provare quel forte sentimento che prendeva il nome di odio.
La odiava con ogni fibra del suo essere e questo anche essendo conscio del fatto che non poteva dire di conoscerla, se non per ciò che aveva appreso di lei durante le ore di lezione.
Non che ci fosse qualcosa che gli facesse credere che nella vita di tutti i giorni fosse diversa.
Era debole e inetta, non c’erano aggettivi migliori per descrivere quella mocciosa che non sapeva farsi valere, troppo incapace anche per aiutare se stessa.
Si ritrovò così ad osservarla con disprezzo, di nuovo, più di quanto avrebbe meritato un essere come lei da uno come lui.
Era una povera sciocca, una nullità, sempre pronta ad aiutare gli altri, che, ovviamente, se ne approfittavano.
La Hyuuga però non capiva o, semplicemente, non voleva capire.
A Hidan il suo buonismo e il suo altruismo davano il voltastomaco, la sua sola presenza riusciva a farlo irritare. Inizialmente era solo rabbia nei confronti di quella fragile ragazzina debole, ma pian piano quel sentimento si era tramutato in odio.
Si costrinse a spostare lo sguardo altrove, lontano da quella stupida, perché avrebbe finito con il perdere il controllo.
La disprezzava semplicemente perché lei era l’antitesi di ciò che era lui.
Hidan non ne sopportava la presenza perché Hinata era la personificazione di ciò che lui non era, ciò da cui gli era stato imposto di stare alla larga.
Gli era stato insegnato, anche se indirettamente, il totale disinteresse verso ciò che lo circondava, la propria persona veniva al primo ed unico posto di una classifica fatta di egocentrismo e egoismo puro.
Era impossibile per Hidan non provare avversione verso quella ragazzina che non sapeva far valere se stessa, che aiutava le fecce che le stavano intorno, senza un tornaconto.
Hidan quella logica non la capiva, non vi trovava un senso e un’utilità ed era arrivato a concepire null’altro che odio verso di lei e verso quella filosofia fasulla a cui si atteneva.
Mentre la voce pomposa di quel deficiente gli entrava da un orecchio e gli usciva dall’altro – come sempre, del resto –, lui aveva ripreso ad osservarla.
Un nuovo moto di rabbia lo pervase, portandolo a stringere nella mano pallida la collana, quasi potesse infondergli la calma per non fare idiozie.
Come poteva essere così? Tutti erano un po’ opportunisti nella vita, c’era chi lo ammetteva e chi si nascondeva dietro false scuse, ma tutti lo erano in fondo.
Approfittarsi del prossimo era ovvio nella vita, perché se no si sarebbe rimasti indietro, calpestati dalla calca di gente più scaltra che si approfittava dei più deboli.
Eppure lei faceva tutto per gli altri, li aiutava; in quella cazzo di classe non ce n’era nemmeno uno che non aveva approfittato della sua gentilezza, solo fottuta ingenuità agli occhi di Hidan.
Lei passava i compiti, prestava appunti, parava il culo agli altri, anche quando non se lo meritavano. Nonostante fosse così disponibile verso gli altri, però, lei era sempre sola, perché gli altri la usavano e poi se ne fregavano altamente di lei.
Tra quelle quattro mura di una classe aveva imparato ad odiarla. In tutti quegli anni di convivenza forzata con quegli idioti, lui non le aveva mai rivolto la parola, ma era riuscito ad odiarla lo stesso. Paradossale ciò che era avvenuto: in una classe non si dovevano favorire i legami d’amicizia?
“Lei lo sa, Hie?” Chiese al suo indirizzo Ebisu e Hidan posò svogliatamente lo sguardo su di lui.
Ovvio che non lo sapeva, non aveva neanche sentito la domanda.
“No.” Rispose semplicemente, tornando a fissare altrove.
“Lei invece, Signorina Hyuuga?”
Un ghigno sprezzante affiorò sulle sue labbra, insieme a tutti quegli insulti che avrebbe voluto sputare addosso a quella ragazzina.
Certo che sapeva, la risposta.
“S-sì.”
I suoi occhi ametista si socchiusero appena, mentre lui si tratteneva dall’alzarsi e andare a far fuori con le sue mani quella dannata Hyuuga.
Lui immaginava la sua morte per l’ennesima volta e lei rispondeva esitante alla domanda di quell’idiota, ignara di tutto.
Patetico.
Anche la voce riusciva a farlo adirare, con quei suoi balbettamenti per cui era sbeffeggiata dagli stessi che poi aiutava con tanto ardore appena glielo chiedevano.
Hidan provava ribrezzo e ostilità nei confronti di quella che, ai suoi occhi, non avrebbe dovuto essere altro che un’insignificante ragazzina.
Ormai passava praticamente ogni giorno di scuola ad osservarla e forse neanche Hidan si rendeva conto dell’odio che vi era nel suo sguardo quando si posava sulla figura della ragazza.
E lei lo sapeva, che Hidan non la vedeva di buon occhio.
Aveva avuto paura la prima volta che aveva incontrato il suo sguardo, trovandolo pieno di rabbia, rancore e quello che era irrimediabilmente odio.
Aveva subito distolto lo sguardo e aveva fatto una fatica enorme nel tentare di frenare le lacrime, atterrita e sorpresa da ciò che aveva letto in quegli occhi.
Non sapeva il perché di quel sentimento da parte di quel ragazzo che non conosceva affatto, anche se erano nella stessa classe da un paio di anni.
Anche quel lunedì incrociò accidentalmente il suo sguardo e rimase paralizzata, totalmente incapace di volgere altrove l’attenzione.
Hidan sapeva che la Hyuuga aveva una paura fottuta di lui e non poté non ritenerla una grande gratificazione per il suo animo, infatti esordì con una risata bassa che, a causa del silenzio che aleggiava nell’aula, tutti sentirono e si voltarono verso di lui.
“Signor Hie, potrebbe comunicare anche a noi il motivo della sua ilarità?” Chiese austero, mentre lanciava uno sguardo dubbioso al libro chiuso che Hidan aveva davanti.
“Oh, lei non lo troverebbe divertente.” Proferì Hidan, lasciandosi scappare una fugace occhiata verso la Hyuuga, che ora aveva la testa bassa, imbarazzata e spaventata come non mai.
“Oh, sono sicuro che troverà altrettanto divertente andare a fare un giro in presidenza.” Asserì lui serio, usando quel sarcasmo velato per cui Hidan lo avrebbe volentieri sbattuto contro il muro.
La campanella suonò e lui lo osservò inespressivo. Credeva che avrebbe minato alla sua stabilità emotiva, facendolo disperare come quegli ottusi dei suoi compagni, o altre idiozie simili mandandolo dal preside?
Buon per lui e le sue convinzioni del cazzo, allora.
“Le è andata bene questa volta. La prossima non sarà così.” Poi raccolse le sue cose e uscì, salutando irritato la classe.
Hidan uno, professore mentecatto zero.
“T-tieni.” Pigolò piano quella voce che Hidan non avrebbe voluto sentire neanche in punto di morte. Si voltò di scatto nella sua direzione, giusto il tempo di vedere la scena che si stava svolgendo qualche banco più in là.
Stava ancora passando compiti e aiutando quella feccia.
Perché doveva essere così schifosamente ingenua?
Hinata si ritrovò poi nuovamente bloccata in quel gioco di sguardi con Hidan che le incuteva più timore di quello che avrebbe voluto.
Corse letteralmente fuori dalla classe.
Fottuta mocciosa inetta.


L’ora di pranzo per Hidan passava sempre allo stesso modo, ovvero in classe a farsi quelli che lui chiamava i ‘beati cazzi suoi’. Anche quel giorno si stava procurando il cibo a modo suo, dato che sua madre quella mattina era in fase ‘non ho un figlio da mantenere’. Tanto c’era sempre qualcuno che dimenticava il pranzo in classe.
Idiota.
Mmh. Onigiri. Quella volta non gli era andata neanche tanto male, avrebbe preferito dei Takoyaki, ma non si poteva avere tutto dalla vita.
Sua madre, anche quando riconosceva la verità dei fatti, ovvero che aveva un figlio diciassettenne, non gli preparava il pranzo e lui, di certo, non avrebbe svolto una mansione del genere.
Fece una smorfia al solo pensiero.
Stava per iniziare a banchettare con il cibo altrui, quando sentì la porta della classe scorrere, attirando la sua attenzione.
Appoggiata alla porta si trovava Hinata, che osservava Hidan con la testa un po’ china, quasi a fare in modo che la frangia la riparasse da quegli occhi ametista.
In essi, appena si erano posati su di lei, vi era solo odio, odio e niente più.
“Che cazzo ci fai qui?” Chiese scontroso, stringendo forte le bacchette tra le mani.
Hinata sussultò e Hidan gioì interiormente: la stava spaventando.
“Sei per caso diventata sorda?” Le abbaiò contro, vedendola tremare ancora; vide le mani poggiate sulla porta alle sue spalle contrarsi contro di essa, quasi sperando che scomparisse da un momento all’altro, salvandola.
“Senti razz-” Hidan non poté tornare alla carica con una nuova serie d’insulti destinati solo a lei, poiché Hinata stessa alzò di colpo la testa e piantò i suoi occhi chiari in quelli di Hidan.
“N-non dovresti farlo.” Disse semplicemente, con una determinazione che Hidan non avrebbe mai avuto neanche il coraggio di attribuire a lei.
Furono solo tre parole, ma lui vide quanto fu difficile per lei pronunciarle, senza cedere alla tentazione di scappare da quell’aula che era diventata un inferno e il Diavolo che ne era padrone era proprio davanti a lei.
“C-cosa, Hyuuga?” La schernì lui, imitandola nel balbettare.
Vedendo che lei non accennava a dire nulla, pose nuovamente la domanda.
“Fare cosa, sentiamo.” La freddò lui, il ghigno di supponenza e di amaro divertimento ormai scomparso.
“N-non... Tu...” Erano solo monosillabi quelli che uscivano dalla bocca di Hinata, che ora aveva lo sguardo fisso per terra, troppo spaventata anche solo all’idea di incrociare di nuovo il suo.
Quando sentì il rumore di una sedia che veniva spostata di colpo e con malagrazia, alzò sorpresa la testa, trovandolo che avanzava minaccioso verso di lei.
La rabbia di Hidan trapelava da ogni suo gesto: se c’era una cosa che lui odiava al pari di quella stupida ragazza era quando qualcuno giudicava ciò che faceva. Non ne aveva il diritto nessuno.
Lei meno di tutti.
Le si parò davanti, sovrastando la sua fragile figura.
“Cosa non dovrei fare?” Ripeté minaccioso.
“P-prendere il pranzo degli altri.” Disse in un soffio, sempre con lo sguardo rivolto verso il pavimento.
“E perché mai?” Chiese sprezzante, non tentando di nascondere ciò che provava in quel momento. Lei scosse piano la testa e stette quasi per girarsi e scappare via da quell’aula e da lui, ma Hidan non sembrava dello stesso avviso.
Mise una mano al di sopra della sua testa, bloccando la porta con un colpo secco, facendola tremare, se possibile, ancora di più.
In cuor suo Hidan non poté che gioirne.
Lei alzò poi la testa e Hidan quella volta credette davvero di aver visto tutto rosso.
Quella sciocca e inutile ragazzina piangeva.
Quando Hinata lo vide, pensò seriamente che le avrebbe fatto del male; l’espressione sul suo volto era livida e lei non riusciva a capirne il perché.
Cosa gli aveva fatto? Era quella la domanda che si poneva da quando si era accorta di ciò che lui provava nei suoi confronti. Odio, solo quello.
Anche Hidan, dal canto suo, credette veramente che avrebbe finito con il picchiarla, succube della rabbia che si era impadronita di lui.
Riuscì a placarsi appena in tempo, finendo solo con lo sbattere i pugni sulla porta alle spalle della ragazza, con una tale forza da sembrare che avrebbe potuto abbatterla.
Strinse forte la mascella, rendendosi conto che, se l’avesse picchiata, sarebbe finito nei guai e non ne valeva la pena.
“Hyuuga, non ti permettere di dirmi cosa fare. Non vali abbastanza da averne il diritto.” Disse, con un tono palesava tanto odio quanto quello che provava verso di lei.
Sotto quello sguardo pieno di rabbia, Hinata, facendosi forza e sperando che le gambe non le cedessero, scappò da quella classe.


Quanto successo poco prima lo sapevano solo i due interessati, nonostante la gravità della faccenda. Ovviamente, quella stupida non ne aveva fatto parola con nessuno, troppo spaventata e inetta anche solo per pensarci. Lei non voleva creare scompiglio, preferiva restare nell’anonimato e, denunciare un fatto del genere, di certo avrebbe creato una situazione ben diversa dalle sue volontà.
Hidan l’aveva semplicemente ignorata, ma la rabbia non era scemata completamente e bastava anche la consapevolezza della sua presenza in quella classe a farla accrescere nuovamente, aumentando quel sentimento di disprezzo.
Non aveva mai provato così intensamente il desiderio di picchiare qualcuno, così forte e istintivo, come se fosse stata la cosa che aveva bramato da una vita.
Aveva dovuto trattenersi con tutto se stesso per non sbatterle la testa contro la porta nell’ora di pranzo.
Doveva distrarsi o avrebbe perso la testa per davvero, senza via di redenzione.
Purtroppo per lui, l’unico modo per distrarsi era concentrarsi sulla lezione di quel pomeriggio, ovvero arte.
Che culo, pensò sarcastico, visto e considerato che, dopo matematica, era la materia che meno sopportava. Non se ne parlava proprio, non avrebbe sacrificato la sua sanità mentale per lei. Decise perciò che ignorare completamente chi e cosa lo circondava fosse la scelta più giusta da fare. Si rigirò la matita tra le mani e si perse tra i suoi pensieri; il beato far nulla riusciva sempre a farlo calmare. Non era la prima volta che si arrabbiava tanto, vista la sua indole impulsiva, ma quella volta c’era andato veramente vicino a perdere letteralmente il controllo.
“Signorina Hyuuga, si sente bene?” Chiese la voce bassa della Yuhi, evidentemente credendo che la allieva prediletta avesse qualcosa che non andava.
Il destino quel giorno era piuttosto bastardo, ne dedusse Hidan, che al solo sentir nominare il suo nome aveva stretto di più la matita tra le mani.
Sarebbe tremendamente appagante conficcarle quella matita nel petto, vero Hidan?
Fosse stato per Hidan avrebbe suggerito di focalizzare l’attenzione sull’evidente mancanza a livello mentale, ma non erano fatti suoi del resto.
Lei fece cenno di sì con la testa e abbassò lo sguardo timidamente.
No, forse prima dovresti goderti un po’ il momento, altrimenti il divertimento finisce subito, non trovi, Hidan?
“Ne sei sicura? Sei pallida, Hinata.” La Yuhi era passata a darle del tu con un tono preoccupato e apprensivo.
La Hyuuga tentò di rassicurarla con un sorriso timido e, quando si accorse che aveva attirato su di sé tutti gli sguardi della classe, si strinse un braccio, come se quel gesto potesse essere d’aiuto.
Potresti iniziare con il piantarle la matita nel braccio, con il sangue cremisi che scorre giù, fino ad incontrare il pavimento...
La lezione riprese.
Nessuno se ne era accorto, ma Hidan aveva continuato a osservare Hinata, mentre la sua immaginazione continuava a creare quello scenario di sangue che vedeva la ragazza come protagonista.
Poteva immaginare ogni urlo.
Ogni goccia di sangue che avrebbe versato.
Ogni lacrima che si sarebbe mischiata al cremisi della sua linfa vitale.
Ogni negazione per le inutili implorazioni.

Ed intanto stringeva fino a non sentire più le dita quel semplice pezzo di metallo che portava al collo, quasi fosse lo stesso ad istigarlo.
Si riscosse malvolentieri solo quando la campanella suonò, per annunciare che l’ora era finita ma che, per sfortuna di tutti, ce n’erano da affrontare ancora due.
Probabilmente neanche lui stesso si era accorto di quanto fossero macabri i suoi pensieri.
O forse per lui, semplicemente, non lo erano.
Un’idea si fece largo nella mente di Hidan, quando vide la Yuhi avvicinarsi ad Hinata per accertarsi nuovamente delle sue condizioni e subito decise di attuarla.
Sì alzò con calma e si avvicinò alle due, ghignando quando vide gli occhi di Hinata spalancarsi spaventati.
“Le serve qualcosa, Hie?” Chiese gentilmente la professoressa, probabilmente l’unica a cui Hidan era indifferente.
“Ho notato anch’io che è un po’ pallida.” Iniziò facendo cenno con una mano ad Hinata, che aveva iniziato a negare con la testa, ma sembrava essere divenuta ancora più pallida e quello, di certo, non aiutava.
“Credo sia il caso che vada in infermeria. La accompagno io.” Aggiunse con tono affabile, ma con quella nota di strafottenza e superiorità che era impossibile non notare.
Kurenai fece scorrere lo sguardo prima verso Hidan, poi verso Hinata. Semplicemente, non capiva l’interesse del ragazzo per Hinata, visto e considerato che non si erano praticamente mai parlati.
“N-no, sto bene, d-davvero.” Tentò di usare un tono più convinto, ma fu ignorata.
“Bene, parlerò io con il professor Asuma, andate pure.”
Hidan si scostò dal banco di Hinata e con un gesto della mano le fece cenno di alzarsi.
La Hyuuga, anche se riluttante, fece come le era stato detto.


Hinata sapeva che Hidan aveva qualcosa in mente e, a confermare la sua ipotesi, fu vedere che Hidan stava andando nella direzione opposta all’infermeria.
Sì fermò di colpo e disse: “N-non stai andando in infermeria.”
“Cazzo, Hyuuga, sei davvero perspicace.” Sbottò, riprendendo a camminare.
Notando che non si era mossa, si voltò verso di lei; in effetti era stato stupido da parte di Hidan credere che sarebbe riuscito a convincerla senza dover insistere o fornire spiegazioni di sorta. Troppo ligia alle regole.
Ridicolo.
“Dobbiamo andare in infermeria.” Mormorò con voce fioca e appena udibile.
“Ma in fondo tu non stai male, no?” Chiese con un ghigno.
Lei abbassò lo sguardo e Hidan sbuffò. Quella ragazzina era seriamente quanto di più tedioso e inutile sulla faccia della terra.
“Forza Hyuuga, non voglio ucciderti.” Borbottò esasperato, allargando le braccia. E riprese a camminare, sorridendo sfacciatamente quando sentì i suoi passi seguirlo frettolosamente. Se solo poche ore prima si fosse trovato in quella situazione, la Hyuuga avrebbe passato il peggior quarto d’ora della sua vita. Stranamente, la rabbia che lo pervadeva sempre in sua presenza non colse Hidan o, perlomeno, riuscì a tenerla a bada.
Forse in attesa di qualcosa di più eclatante che avrebbe ripagato quel suo sforzo, non lo sapeva neanche lui.
Hidan non sapeva ancora con certezza cosa avrebbe fatto una volta raggiunta la terrazza, luogo in cui la stava portando. Molto probabilmente si sarebbe preso gioco di lei, facendola spaventare di proposito. Sapere che aveva un’ascendente tale su di lei, gli aveva conferito un potere immenso. La terrazza in questione era quella vietata agli studenti; dava sul retro dell’istituto e nessuno ci metteva mai piede, ritenuta pericolosa, poiché la balaustrata era a tratti inesistente.
Hinata sussultò quando si rese conto della meta, ora a pochi metri da loro, ma, stranamente, non disse nulla per tentare di fermarlo. Sapeva che sarebbe stato inutile tentare di ribattere, Hidan non era una persona che andava contraddetta, quello lo aveva capito fin da subito.
Hidan aprì la porta spezzando il lucchetto, azione di cui non temeva le conseguenze, visto e considerato che non era la prima volta.
Tenne la porta e, ghignando, fece cenno ad Hinata di entrare.
Lei lo guardò stupita, chiedendosi dove sarebbe andata a parare quella situazione, anche se lei avrebbe preferito di gran lunga andarsene, quanto più lontano da Hidan possibile.
Fece qualche passò avanti, ma si girò di colpo quando la porta si richiuse con un tonfo sordo alle sue spalle. Hidan sorrideva di quello che era senza ombra di dubbio un sorriso malevolo, dopodiché si diresse verso il parapetto di ferro.
“Allora Hyuuga, come ci si sente a trasgredire alle regole per la prima volta?” Chiese supponente senza girarsi verso di lei.
Hinata non rispose, si limitò ad osservare la sua schiena, non sapendo nemmeno lei cosa rispondere in verità.
“Sei svenuta o morta per caso?” Chiese nuovamente senza girarsi verso di lei.
Hinata ignorò anche quella domanda e, armandosi di un coraggio che non sapeva neanche di possedere, gliene pose una lei.
“Perché mi odi?” Disse tutto d’un fiato, senza balbettamenti.
Il silenzio che ne seguì fu rotto da Hidan stesso, che esordì in una risata amara, priva di vita, che fece indietreggiare involontariamente Hinata.
“E cosa ti fa pensare che ti odi?” Chiese voltandosi finalmente e facendo qualche passo verso di lei. Non stava ammettendo né smentendo niente, cosicché Hinata poteva benissimo essersi sbagliata, aver interpretato male.
La ragazza stava per rispondere, ma lui continuò: “Eh? Da cosa lo hai capito, Hyuuga?”
Se prima dal tono di Hidan non trapelava nulla, nessun sentimento, ora era venuta a galla quella rabbia e quell’odio profondo che si leggeva nei suoi occhi.
Continuava ad avvicinarsi, fino ad arrivarle davanti. L’espressione era dura, irata.
Lei chiuse gli occhi, aspettandosi ciò che non era successo nella classe poche ore prima.
Riaprì gli occhi quando sentì Hidan sogghignare, per poi prendere a ridere sguaiatamente, come se si stesse divertendo come non mai.
Peccato che non si stava divertendo, in quella risata c’era solo pazzia.
Quasi furono le gambe di Hinata a muoversi, portandola lontano da Hidan, che rise più forte. Arrivò al fondo della terrazza e, con amarezza, si accorse che aveva commesso un’idiozia: si era portata quanto più lontano dalla porta.
Hinata aveva quasi voglia di piangere, ma se c’era una cosa che non doveva fare, era proprio quella. Non si era neanche accorta di tremare, ma quando Hidan, continuando a sghignazzare incontrollatamente, aveva preso ad avvicinarsi a lei, un lungo brivido le aveva attraversato la schiena.
Le arrivò a pochi metri di distanza e non si mosse oltre; piantò i suoi occhi ametista in quelli di Hinata, smettendo di ridere e divenendo seri.
Nei suoi occhi quell’inconfondibile odio.
“Tu vuoi sapere perché io ti odio?” Sibilò.
Hinata in quel momento l’unica cosa che voleva era andarsene, aveva troppa paura.
“Eppure tu non sei tutte quelle enormi cazzate che dicono i prof? Intelligente, arguta e quant’altro?” Chiese sprezzante.
Hinata fece un altro passo indietro nello stesso momento in cui lui ne fece uno avanti.
“Sei l’essere più inetto, debole e inutile che esiste sulla faccia della terra e non te ne rendi neanche conto. Tanto ingenua che fai tutto per tutti, ma sei troppo stupida per capire che lo ti usano soltanto.” Sputò in un ringhio.
Hinata, nonostante la situazione, rimase ferita da quelle parole, che sapevano di accusa. Come poteva accusarla di fare del bene?
“M-ma io...” Tentò, ma un singhiozzo le spezzò la voce. Le lacrime presero a solcare le sue guance, inutile che Hinata si fosse imposta di non lasciarle libere.
“Sei patetica.”
Hidan si avvicinò ancora e Hinata indietreggiò nuovamente, anche se sapeva che non avrebbe risolto assolutamente nulla.
“Credi che facendo copiare compiti e puttanate varie verrai ricompensata? A loro non importa nulla di te.”
Hidan sapeva quanto quelle parole la stessero logorando, il peso della verità la stava schiacciando e ciò che le diceva non faceva altro che farle più male.
Meglio.
“Io non dovrei fregare il cibo agli altri? E tu non dovresti essere così fottutamente ingenua.”
Si avvicinò, ormai era a pochi centimetri da lei; Hinata fece un altro passo indietro e quando percepì il vuoto sotto i suoi piedi, sentì il suo cuore perdere un battito. Non si era accorta di essersi avvicinata alla parte di terrazza senza parapetto.
Hidan la afferrò per un braccio e fece in modo che non cadesse, tirandola di poco avanti, ma lasciandola sul ciglio della terrazza.
Le sorrise arrogante e la scosse violentemente, gioendo della sua paura.
In Hidan c’erano solo odio e follia, la ragione non aveva voce in capitolo in quella tragedia.
“Dovresti ritenerti fortunata, in quello schifo di classe mi sono tutti indifferenti, invece tu no.” Hinata spalancò gli occhi stracolmi di lacrime, non capendo cosa stesse dicendo. La paura non le permetteva di ragionare, le lacrime le offuscavano la vista; la consapevolezza che con un solo passo oltre sarebbe caduta giù faceva si che le lacrime aumentassero.
“Tu non mi sei indifferente, Hyuuga, no. Io ti odio.”
Così dicendo, Hidan, di scatto, la indusse a fare quel solo passo indietro, facendola cadere giù. Sentì le urla di Hinata, prima di toccare terra, e dalle sue labbra scaturì solo una lugubre risata. Aveva eliminato la fonte del suo odio, sentimento che lo aveva portato a uccidere.
Si sporse per vedere il suo corpo schiantato a terra e quasi rimase deluso dallo scoprire che si trovava troppo in alto per vedere la sua personale opera d’arte.
A pensare che tutto fosse nato tra quattro mura di una fottuta aula, la cosa sarebbe potuto sembrare irreale, il motivo che aveva portato Hidan a covarne tanto verso Hinata altrettanto, ma ora l’aveva uccisa.
Era morta.
Mentre era scosso da quella risata che sapeva di morte, il ciondolo che portava al collo, che sembrava sempre freddo come il ghiaccio, Hidan lo sentiva bruciare sul petto, da sopra la camicia.
Intanto intorno a lui la vita continuava a scorrere e, incurante di ciò che era successo su quella terrazza, sarcasticamente disse: “Oh, scusa Hyuuga, avevo detto che non ti avrei ucciso.”
Qualcosa gli diceva che l’avrebbe odiata anche dopo la morte.


I^ Classificata


Grammatica ed ortografia (errori di battitura compresi): 9,5 punti
La grammatica e l'ortografia sono praticamente perfette, e l'unica cosa negativa sono stati errori di battitura, come "quella dannato" al posto di "quella dannata", "suono" al posto di "suonò" o "ei" al posto di "lei".
Senza pecche l'utilizzo dei tempi verbali, e nessun errore particolare.
Stile e scorrevolezza: 3,5 punti
Dannazione, son costretta a metterti 3.5, ma ti metterei molto di più. Purtroppo, ci sono spesso ripetizioni che appesantiscono il tutto e danno un senso di lentezza al ritmo della storia.
La punteggiatura è ottima; le frasi sono brevi, scorrevoli, si leggono senza intoppi e vien voglia di divorare tutta la storia nel minor tempo possibile :)
Originalità: 5 punti
Un Hidan che odia a tal punto Hinata è stato una bella sorpresa; sono due personaggi che rarissime volte sono entrati in contatto, e trovarli qua in una Fanfiction è di certo una cosa originale.
Bella anche la trama, che inizia bene e si conclude inaspettatamente. Personalmente, infatti, non avrei mai immaginato la morte di Hinata, e son rimasta con la bocca aperta nel leggerlo ;).
Attinenza al tema: 10 punti
Sono felicissima di poterti dare un voto pieno nell'attinenza al tema. ;)
Hai centrato in pieno quello che intendevo dire nel bando del contest, anche se non l'ho specificato. Io volevo proprio trovare l'odio come l'hai descritto tu; quell'odio irragionevole, violento, che divampa come un fuoco e bruciando consuma tutte le cose che ci sono attorno. Speravo che qualcuno, sfruttando quel sentimento, scrivesse addirittura di una morte, e... beh, tu l'hai fatto ;)
Complimenti!
Giudizio personale: 5 punti
Inutile dire che mi è piaciuta davvero moltissimo. L'ho letta senza fermarmi un attimo, con il fiato sospeso, e il finale mi ha lasciata emozionata e lievemente turbata. I personaggi erano completamente IC, e ho apprezzato molto anche il fatto di un Jashin reso la coscienza di Hidan. Non è una storia molto corta, ma si legge velocemente e vien voglia di rileggerla appena si è finito. Complimenti!

Totale: 33/35


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Oh mio Dio!O___O
È la prima cosa che ho pensato quando ho letto I risultati. Ammetto di non aver avuto il coraggio di aprire la pagina, tanto spaventata che sono anche andata a svegliare mia sorella e quello si che è pericoloso. Mi sono salvata da una scarpata in faccia solo perché era troppo rincretinita dal sonno per centrarmi!>_>
Giuro che proprio di arrivare prima non me lo aspettavo, anche perché credevo di aver sforato per quanto riguarda il tema, invece mi sono ritrovata con il premio per l’attinenza!xD
L’unica cosa che posso dire di questa storia è che ci ho messo davvero tanto per scriverla, è stato difficile quasi, un vero e proprio parto!xD Ma sono soddisfatta del risultato, eccome!
Gli errori di battitura mi odiano e anche le ripetizioni: me li porterò fino alla morte!>___>
Credo sia la prima volta che scrivo su Hidan e Hinata, ma non come pairing!
...
Devo ancora prendere atto della cosa, perché ora come ora non ci credo ancora!xD
Ne approfitto per fare i complimenti alla giudicia che ci ha masse davvero pochissimo a dare i risultati (ho sclerato lo stesso!U_U) e agi altri partecipante!:3
Che dire se non che sono felicissima?=)
Spero vi piaccia!^^
  
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