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Autore: Linkin Crazy    28/07/2010    0 recensioni
Una notte che annuncia tempesta, un vecchio omicidio, ricordi che riaffiorano. La storia di una ragazza, Lindsay, segnata per sempre dal suo comportamento.
Partecipante al contest: Contest {I sette vizi capitali
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Autore: Linkin Crazy
Titolo: A night to remember
Fandom: Nessuno; è una Originale
Peccato/i della memoria scelto/i: Persistenza
Extra scelto/i: Primo Livello: Persistenza; Secondo Livello: Sedia Elettrica, Rimorso, Cetriolo, Trono, Proiettile; Sesto Livello: Cimitero; Settimo Livello: Ira; Decimo Livello.
Rating: Giallo
Genere: Generale, Drammatico

Personaggi/Pairing: Tutti personaggi originali: Lindsay, Jesse, Thomas
Avvertimenti: /

Note eventuali dell'autore: Il linguaggio è un paio di volte volgare; non so se catalogarla anche come “Quarto livello”, in quanto i dialoghi sono solo dei ricordi.
Beta-reading: /
Introduzione: Una notte che annuncia tempesta, un vecchio omicidio, ricordi che riaffiorano. La storia di una ragazza, Lindsay, segnata per sempre dal suo comportamento.

  * “Ti… prego… fermati…” *.
Era notte, in Carolina, e grandi nubi nel cielo annunciavano tempesta. Nessuno si trovava in strada, tranne una persona: Lindsay.
La ragazza era in macchina, e ormai stava viaggiando da un paio d’ore. Apparentemente, sembrava non avere una meta, con quegli occhi folli e fuori dalle orbite; in realtà, ne aveva una precisa. Quella meta le si parò davanti all’improvviso: FirstLife. Il cimitero della sua città.
Lindsay frenò, fermando la macchina di botto; poi, spense il motore, e lasciando il suo mezzo sulla strada prese a camminare. Le ci volle poco, per trovare quello che stava cercando. Un ghigno le attraversò il volto, rendendola ancor più terrificante di quanto già non fosse.
Finalmente ti ho trovato. Ho dovuto cercarti da ogni parte, ma adesso sei qui, davanti a me; dovresti essere soddisfatta, Jesse” Pensò in quell’istante. Lindsay si trovava davanti alla tomba di Jessica O’Connor, quella che un tempo fu la sua migliore amica. C’erano stati dei dissapori tra le due ragazze, che non riuscivano più ad essere unite ed affiatate come lo erano un tempo. Lindsay dava la colpa alla sua amica, che sembrava nasconderle qualcosa; Jesse, dall’altra parte, rispondeva dicendo che le parlava di tutto quanto, senza remore. Ma in una notte come quella, Lindsay era salita nella camera di Thomas, il suo ormai ex-ragazzo, e lo aveva trovato con lei, nel letto che condividevano qualche volta. La rabbia le era montata improvvisa nel corpo, ed aveva agito senza neanche pensarci: aveva tramortito Thomas con la mazza da baseball portafortuna, poi si era avventata su Jesse, prendendole il collo con entrambe le mani e premendo con forza, urlandole nel frattempo un “sei solo una puttana!”. Quando si accorse di averla uccisa, fuggì via, a casa sua, credendo di essere al sicuro. Ma in poco tempo l’avevano arrestata e portata davanti ad un giudice, che senza troppe remore l’aveva condannata a cinque anni. A dir la verità, la sentenza poteva essere più cruenta: si era parlato di sedia elettrica, infatti. L’avvocato di Lindsay, però, aveva fatto un egregio lavoro, diminuendo la pena al minimo con un discorso efficace.
<< La ragazza non era in grado di intendere e di volere: il suo ragazzo la stava tradendo, in quel momento. Chi sarebbe riuscito a controllarsi? Di sicuro, chiunque avrebbe reagito, chi più, chi meno >> Aveva detto, colpendo la giuria positivamente. Lindsay era stata abbastanza soddisfatta, ed aveva deciso di prosciugare il suo conto per pagare quell’avvocato il doppio di quanto avevano pattuito.
*Lin, posso spiegarti!*.
*Non ti voglio ascoltare; sei solo uno stronzo!*.
Comunque sia, la felicità di Lindsay era durata un paio di giorni, visto che il carcere era un’esperienza orribile per chi non avesse criminalità nel sangue. Contando anche la sua abitudine a ricordare la sera che ce l’aveva fatta arrivare, lì dentro.
*Lindsay, non devi prenderla così! Per noi non è niente, è solo divertimento! Lui ti ama, e anche tanto!*
Le scuse dei due non le erano interessate; aveva solo avuto voglia di non vederli più. Jesse, di sicuro, non l’avrebbe più vista; era bella che sotterrata a FirstLife.
Jesse, sei stata tu a voler arrivare a questo punto. Io te l’avevo chiesto centinaia di volte, se c’era qualcosa che mi stessi nascondendo. Tu eri solo in grado di negare, di dire che eri nervosa in quel periodo per via del lavoro. Perché non dire la verità e farla finita una volta per tutte?” Pensò Lindsay, là nel cimitero. “Sarebbe stata la cosa migliore per entrambe: io avrei saputo i fatti, e tu ti saresti presa il mio ragazzo, senza troppi rancori” Quella volta cominciò a ringhiare, presa dalla rabbia.
* Un colpo alla nuca, il corpo di Thomas riverso sul pavimento, svenuto *.
* ”Thomas, no!” *.
Lindsay si sedette sul prato che circondava il FirstLife, e si sciolse quei lunghi capelli biondi che era solita tenere legati con una coda di cavallo. Qualche ciuffo le ricadde in avanti, coprendole gran parte del viso; il resto toccò terra. La ragazza divenne ancor più inquietante.
* “Non ho nessuna voglia di smettere! Devi morire!” *.
Cercò di scacciare quei ricordi dalla sua testa, ma invano. Non era la prima volta che ci provava: anche in carcere era solita concentrarsi a pensare qualcos altro. Non ci riusciva, però; otteneva solo l’effetto di sembrar una pazzoide e di tenere alla larga le sue compagne di cella. Anche durante i pasti, che si svolgevano tutti in un salone apposito, teneva lontano chiunque, trovandosi a mangiare insalata e cetrioli da sola.
Se non avessi provato ad ucciderti, ora non sarei un reietto. Se non avessi provato ad ucciderti, non avrei rischiato di essere una regina seduta su un trono elettrico. Se non avessi provato ad ucciderti, a quest’ora probabilmente non ci rivolgeremo più la parola. Se non avessi scoperto quello che voi due stavate facendo, probabilmente saremmo ancora le amiche migliori, quelle a cui tutti invidiavano l’amicizia.
Calde lacrime cominciarono a scendere dagli occhi di Lindsay, che in quel momento fu presa dallo sconforto e dal rimorso. Non era la prima volta, ma le altre era riuscita a deviare argomento, a non pensarci; invece, ora non ci riusciva: vedere quella lapide con inciso il nome di Jesse e la sua data di nascita e di morte l’avevano resa irrequieta e suscettibile. Fino ad arrivare alle lacrime.
Jesse, che cosa accidenti ho fatto? Non volevo ucciderti, non lo volevo; eppure, non sono riuscita a controllarmi. È stato Thomas ad ammaliare entrambe; noi siamo state soltanto le sue pedine. Come potrò fare, ora, senza di te?”.
Lindsay non riuscì a trovare una risposta.
* “Ti… prego… fermati…” *.
<< NOOOOO! Non voglio più pensarci! >>.
Lindsay ruppe il silenzio della notte con il suo urlo. Cercò di dimenticare, prendendosi la testa e scuotendola più volte. Non ci riuscì: i suoi ricordi furono troppo grandi e forti per farcela.
<< Io… io non posso continuare ad andare avanti così >> Calmatasi, con il respiro affannato, Lindsay rimase immobile, lo sguardo folle, assente. << Devo… devo alleviare il mio dolore. Sì. Lo devo fare. >> Cominciò a frugare nella sua borsa; ne tirò fuori una pistola.
<< Come ho fatto male a te, ora ne farò anche a me. Non credo ci rincontreremo, ma vorrei tanto che accadesse. Vorrei chiederti scusa, vorrei ritornare tua amica. Vorrei rivederti >>.
Quelle furono le sue ultime parole. Con un ultimo movimento, la ragazza puntò la pistola sulla tempia; poi, fece partire il colpo. Un suono simile ad un “bang!” risuonò nell’aria; il proiettile partito dalla pistola, nel frattempo, le trapassò la testa. Il suo corpo cadde a terra, ormai senza vita.
E in Carolina cominciò a piovere.

  
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