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Autore: barbara_f    29/07/2010    4 recensioni
“Questo semestre l’argomento delle lezioni sarà la rappresentazione dell’amore nella letteratura”. Qualcuno accanto a me fece una smorfia disgustata …
“L’amore … l’amore si può leggere giusto nei libri” disse a bassa voce ma sufficientemente alta da farsi sentire ad almeno due file di distanza …
“Cos’hai contro l’amore?” mi sentivo stranamente offesa dal suo tono disgustato, non seppi fare a meno di controbattere.
“Una ragazzina che parla d’amore, un classico …” si stava rivolgendo a me, quello sconosciuto di cui non avevo ancora visto il volto stava parlando con me… mi voltai verso la fonte di quelle offese.
Due occhi verdi, intensi, felini mi guardarono sprezzanti. Ricambiai lo sguardo.
“Signori, potete renderci partecipi?” il prof. Meson interruppe la nostra conversazione.
Il ragazzo con gli occhi verdi e, ora lo vedevo meglio, con i capelli castano ramati, si alzò e con tranquillità rispose
“Dicevo soltanto che l’amore è qualcosa che si può trovare giusto nei libri… la signorina” disse indicandomi, “non è d’accordo …”.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan | Coppie: Bella/Edward
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate | Contesto: Nessun libro/film
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Cap 7

Racconti

Edward si era allontanato in fretta, una sola occhiata mi era bastata per capire che aveva rindossato la sua armatura. Lo sguardo era distante e il tono di voce freddo, quando mi comunicò che mi avrebbe aspettato in biblioteca. Desideravo raggiungerlo immediatamente ma c’era qualcosa che volevo sapere. Come mai Jacob Black, che non vedevo da quasi tre anni, era qui davanti a me? Che cosa aveva a che fare con Edward? Avevo capito che tra i due doveva essere successo qualcosa di serio. Il mio amico non era mai stato bravo a nascondere i suoi sentimenti e, tantomeno, il rancore che provava ora per Edward.

Mi concessi un attimo per guardarlo, quasi stentavo a riconoscerlo, era divenuto molto alto e muscoloso, i lineamenti da bambino, che ricordavo, avevano ceduto il posto a tratti adulti e decisi. Era bello, avrebbe sicuramente fatto girare la testa a molte. Mi guardò con attenzione, notò la piccola cicatrice che avevo sul labbro, ricordo dell’incidente di qualche settimana prima, e tentò di accarezzarmi una guancia. Io mi ritrassi irrigidendomi. Non capivo questo suo atteggiamento così protettivo, non dopo un’assenza così prolungata.

 “Ho saputo che hai avuto un incidente, ero preoccupato, volevo sapere come stavi” alzai un sopracciglio con aria dubbiosa.

 “Però, ti trovo bene, niente ferite gravi... sei veramente bella!” la sua voce era una carezza quasi un sussurro, colma di desideri inespressi. “Ti sei fatta una donna ormai!” Tentò un nuovo approccio, io provai a eludere l’ultima parte della frase.

“Cioè, fammi capire, non ci vediamo da tre anni e tu, improvvisamente, solo perché hai saputo del mio piccolo incidente, ti sei precipitato qui?!” ribattei acida. Doveva sapere che la sua assenza mi aveva fatto soffrire, ma che ora me ne ero fatta una ragione.

“Beh, gli amici fanno così” lo guardai in faccia, stupita da quest’affermazione.

“Gli amici non scompaiono per tre anni senza dare più notizie di se, gli amici si fanno sentire, mandano messaggi, chiamano al telefono, s’incontrano... qualche volta”. Sapevo che Jacob era stato a Forks l’estate scorsa così come tutte le estati che io avevo passato da mio padre dopo il divorzio. Non mi aveva mai cercato. ...E adesso, eccolo qui a parlare della nostra passata amicizia.

“Sinceramente Jacob, come mai sei qui?” chiesi infine dando sfogo alla mia curiosità. Lui mi guardò serio.

“Ero preoccupato per te.” Disse infine, con uno sguardo sincero.

“Perché? Perché proprio ora. Perché improvvisamente ti sei ricordato di preoccuparti per me e per la nostra amicizia?” continuavo a non capire.

“Certo, certo, hai ragione di dubitare, non sono stato un buon amico per te ma, capiscimi Bella, tu eri a cinque ore di volo da qui e, per quel che ne sapevo, non ci saremmo più rivisti. Non per più di due settimane all’anno” abbassò lo sguardo. “Che senso aveva continuare la nostra amicizia?”

“Ha sempre senso continuare un’amicizia!” dissi con una voce bassissima e irata.

“Poi ho saputo che saresti tornata...e le mie speranze si sono riaccese!”

“Cioè, puoi essermi amico sono se ti sono vicina?” non ci credevo, ma che egoista!

“Io non voglio esserti solo amico, dovresti saperlo!” La rivelazione mi lasciò senza parole e Jacob approfittò di questo momento di distrazione per afferrarmi le mani.

“Charlie ha raccontato a Billy che ti vedi con i Cullen” Ero offesa dal disprezzo nella sua voce. Ma perché tutti gli abitanti del mio paese avevano la mente così ristretta? Perché tutti ce l’avevano con quella famiglia.

“Stai lontana da Edward Cullen!” mi disse fissandomi negli occhi con voce serissima “quel ragazzo è pericoloso!” mi liberai dalla stretta delle sue mani.

“Tu non sai nulla di lui!” ripetei le parole di Edward. Dovevo difenderlo.

“Se non fosse stato per lui, ora forse sarei morta” dissi queste parole con un’enfasi che non scalfì affatto l’espressione determinata di Jacob.

“Bella, sei tu o non sapere nulla di lui! Te lo ripeto, Edward Cullen è molto pericoloso!” sembrava serio, troppo serio per essere solo un attacco di gelosia.

“Ha quasi ucciso un ragazzo della riserva due anni fa, lo ha picchiato selvaggiamente, nemmeno suo fratello, quello grosso, riusciva a fermarlo. Era come impazzito!” mi fissò negli occhi, voleva che capissi che non stava mentendo.

“Ci deve essere una ragione! Non ce lo vedo Edward Cullen commettere un simile atto senza una causa scatenante!” Jacob abbassò lo sguardo e poi a voce bassa confessò che il ragazzo picchiato si era preso delle libertà con Alice.

“Ecco, lo sapevo!” Il mio amico mi guardò come se fossi impazzita

“Tu lo giustifichi? Tu giustifichi un comportamento violento? La Bella che ricordavo rifiutava ogni forma di violenza...” fui colpita da questa frase. Stavo giustificando Edward? Sarei stata disposta a stare accanto ad una persona pericolosa? “Ma non cattiva” mi ripetei per tranquillizzarmi.

“Jacob, io voglio sentire anche la sua versione, dopo quello che ha fatto per me, gli devo un po’ di fiducia, non credi?”

“Fai un po’ come ti pare! Però non dire di non essere stata avvertita!”

Si girò per andarsene poi si fermò rimanendo di spalle.

“Se avessi bisogno di me, non esitare a chiamarmi. Sono tornato a vivere a Forks!” le ultime parole erano dense di angoscia. Jacob era davvero preoccupato per me.

“Ti ringrazio Jacob, torno a Forks a fine mese, magari organizziamo quella cena...”

“Certo, certo. Ci vediamo a fine mese” non si voltò, si allontanò da me con le spalle curvate dal peso di una profonda sofferenza.

Girai la schiena al mio amico e mi diressi verso la biblioteca, c’era qualcuno che mi doveva delle spiegazioni. Sperai ardentemente che mi raccontasse la sua versione.

***********************************************************************

Entrai in biblioteca, tutto era silenzioso e, questa cosa, per la prima volta  mi turbò. Riuscivo a sentire il mio cuore battere all’impazzata e non capivo a pieno la ragione di una tale agitazione. Era per Bella o, più semplicemente, perché non mi aspettavo di rivedere Jacob Black.

Ero sicuro, sicurissimo, che lui l’avrebbe messa in guardia sul mio conto. Jacob mi detestava profondamente per quello che avevo fatto a un membro della sua tribù. Anch’io non potevo fare a meno di disprezzarmi per un gesto dettato solo dall’istinto animale che mi covava dentro. Ero appena arrivato, carico dei turbamenti profondi che mi ero portato dietro da New York, non avevo ancora l’autocontrollo di adesso. Per alcune cose occorrono tempo, volontà ed esercizio, molto esercizio.

Mi accomodai su una delle poltroncine vicino alla vetrata che dava sul viale; da quella postazione potevo vedere senza essere visto. Bella era ancora ferma dove l’avevo lasciata, parlava con Black.

Jacob la guardava con un’intensità da primo amore. Tentò di avvicinarsi a lei, ma Bella istintivamente si ritrasse. La cosa mi fece piacere in maniera insolita. Provavo gelosia, ora ero in grado di dare un nome al sentimento che mi contorceva le viscere.

Disse qualcosa, e Bella fece un’espressione scettica, quasi arrabbiata e poi sorpresa. Jacob approfittò di quel momento di distrazione per avvicinarla di nuovo, fino ad afferrarle le mani. Il mio stomaco si contorse selvaggiamente, volevo stringere quelle mani tra le mie, accarezzarle, sentire la loro serica morbidezza. Dovevo ammetterlo, almeno con me stesso, io desideravo Bella per me!

La fissò con uno sguardo fermo e duro, voleva farle capire qualcosa a tutti i costi. Voleva dirle quanto fossi pericoloso? Bella lo sapeva, avevo cercato di spiegarglielo in tutti i modi. Infine, si voltò infuriato e deluso; qualcosa che lei aveva affermato l’aveva fatto scattare. Riuscii a rilassarmi e distolsi lo sguardo per pochi istanti. Quando guardai nuovamente fuori, Bella non c’era più.

Un profondo senso di angoscia mi attanagliò il petto, Bella, la ragazza a cui stavo cominciando ad aprire il mio cuore era scappata. Del resto cosa mi aspettavo? Non ero stato forse io a dirle di starmi lontano? A confessargli di essere pericoloso? Ecco, ora ero stato accontentato.

Continuai a guardare fuori nella speranza che lei comparisse di nuovo.

“Edward!” trasalii al suono della sua voce così vicino a me

“Bella,” la guardai cercando di scrutare, nella profondità dei suoi occhi, qualche segno di disprezzo per me. Non ne trovai. Bella mi guardava serenamente e un leggero sorriso aleggiava agli angoli della sua bocca.

“Posso sedermi?” mi chiese titubante. Le feci cenno di accomodarsi sulla poltroncina accanto alla mia.

“Hai parlato a lungo con Jacob Black, pensavo non saresti rientrata!” volevo sapere cosa lui le avesse raccontato ma non osavo chiederglielo direttamente.

“Si, lo conosco da tanto anche se, oggi mi è sembrato strano; si è fatto tutto il viaggio fino a Seattle solo per avvertirmi di starti lontano. Non pensava che tu l’avessi preceduto”. Strinsi i pugni sulle ginocchia, Jake le aveva raccontato tutto e allora... come poteva stare seduta tranquillamente accanto a un quasi assassino? Dovevo sapere cosa stava pensando, dovevo sapere quanto le era stato detto.

“Sai tutto allora!” affermai

“Non proprio, so la versione di Jacob!” parlò a bassa voce guardandomi con dolcezza.

“Come fai a startene seduta accanto a me?” già, come poteva essere ancora qui.

“Ho deciso che non mi importa!” Spalancai gli occhi a questa affermazione detta con una calma serafica.

“Non ti importa!” la mia voce roca di timore e dubbio.

“No, non mi importa cosa hai fatto, io so chi sei!”

“Bella, come puoi dire una cosa del genere, io ho picchiato un mio coetaneo! L’ho massacrato di botte!” Dilatò appena gli occhi, forse per una frazione di secondo, poi la sua espressione ritornò dolce e accogliente.

“Ti andrebbe di raccontarmi la tua versione?” la tenerezza che c’era nella sua voce mi sciolse e, senza rendermene conto, iniziai. Con Bella riuscivo ad essere naturale, parlare con lei mi veniva facile, non sapevo neppure il perché...

“Eravamo appena arrivati a Forks, era l’estate di circa due anni fa... Alice, Emmett ed io avevamo deciso di fare una gita a La Push per vedere le pozze oceaniche.” In realtà Alice voleva vedere una vera spiaggia, non un lido super organizzato.

“Venivamo da New York, mio padre Carlisle, un medico di fama, aveva deciso di concedersi un periodo di distacco dalla caotica realtà metropolitana, per poter passare del tempo e stare con la sua famiglia. L’anno prima si erano aggiunti a noi Jasper e Rosalie, i nipoti naturali di Esme e mia madre aveva bisogno di aiuto.” Sorrisi ripensando al caos assoluto che regnava in quel periodo nella nostra casa.

“Carlisle aveva trovato lavoro nel piccolo ospedale di Forks e finalmente, noi potevamo stare in un ambiente sano, pieno di verde, dove poter istaurare dei legami reali con le persone” Bella ebbe un’espressione scettica alla mia ultima affermazione. “Comunque..., quel giorno eravamo scesi alla spiaggia. Alice era rimasta affascinata dalla potenza dell’oceano e dalla bellezza selvaggia del panorama di La Push, noi invece volevamo esplorare le pozze.” Un brivido mi percorse la schiena al ricordo di quella giornata alla spiaggia, Bella si tese verso di me quasi per consolarmi, ma non mi toccò.

“Ci eravamo separati, Alice era rimasta seduta, su un tronco d’albero sbiancato, ad ammirare lo spettacolo delle onde che si infrangevano sulla scogliera e noi fratelli ci eravamo addentrati nei boschi vicini...” mi tesi di più, le parole uscivano a fatica dalla mia bocca. Bella mise una mano sulle mie ed io trasalii come se, per la prima volta, mi rendessi conto della scossa elettrica che scorreva tra noi.

“Se non te la senti di continuare...” la sua voce era un dolce sussurro.

“No, voglio che tu sappia!” Continuai. Era giusto che sapesse, che avesse gli strumenti per decidere se rimanere o andarsene. Le dovevo questa scelta. Continuai con coraggio il mio racconto.

“Improvvisamente sentii urlare, Alice mi chiamava disperata. Corsi a perdifiato fino alla spiaggia e vidi una scena che mi fece ribollire il sangue nelle vene. Alice, la mia dolce sorellina, era circondata da tre tipi, uno di loro cercava di baciarla, mentre gli altri la tenevano facendo il tifo, urlando ed incitando. Lei si dibatteva, aveva gli occhi gonfi di lacrime e gridava implorante il mio nome...”

“Edward, oh mio dio!... Alice, l’hanno...” non continuò la frase, era scioccata.

“No, sono arrivato in tempo. Ho afferrato quel ragazzo e l’ho sbattuto per terra iniziando a picchiarlo. Non riuscivo a smettere! A malapena sentii Emmett che mi bloccava le spalle. Provavo un odio potente nei confronti di quel bastardo che aveva osato toccare mia sorella.” Mi accorsi di tremare al ricordo solo quando Bella mi afferrò entrambi le mani tenendole strette.

“Alice mi urlò di smettere e, solo in quel momento mi riscossi. Guardai  il ragazzo, era coperto di sangue, gli avevo rotto il naso e spaccato un labbro e un sopracciglio ma, per il resto stava bene. La cosa che mi turbò maggiormente era il sentimento che provai in quel momento, un odio cieco e potente.” Bella mi guardò con timore ma non riuscì ad impedirsi di frenare la sua curiosità.

“E poi, cosa è successo?”

“I ragazzi scapparono via portandosi a spalla il loro amico. Una volta a casa Alice fece una cosa che mi meravigliò molto. Si gettò tra in lacrime le braccia di Jasper. Per la prima volta permetteva ad un ragazzo di sfiorarla. Stanno insieme da quel giorno. Io invece... raccontai la storia a mio padre.  Mi sentivo turbato dalla portata e dalla violenza delle mie reazioni. Mio padre si dimostrò comprensivo, se non fossi intervenuto, Alice avrebbe avuto la peggio.  Mi mise in guardia sugli eccessi di violenza, mi aiutò ad imparare l’autocontrollo. Io, però, non riuscivo a perdonarmi... mi ero ripromesso che mai e poi mai avrei usato la violenza...” mi interruppi e guardai Bella. Il suo sguardo era limpido e stranamente sereno.

“Hai fatto quello che qualunque fratello avrebbe fatto!”

“Bella tu non capisci, se Emmett non mi avesse bloccato, se Alice non mi avesse urlato di smettere, io avrei ucciso quel ragazzo! Non riuscivo a fermarmi, volevo il suo sangue, volevo vederlo morto! Più lo picchiavo, più non riuscivo a smettere....” la mia voce si ridusse a un sussurro e abbassai la testa.

“Però ti sei fermato! Non importa come, ma ti sei fermato!” strinse le mie mani ancora di più. Io cercai di ritrarmi ma lei mi trattenne fissandomi negli occhi con uno sguardo fermo, profondo. Persi ogni volontà, non volevo allontanarmi, Bella era una calamita ed io ero irresistibilmente attratto da lei.

“Io non ho paura di te Edward!” disse leggendomi dentro.

“Dovresti!” la fissai determinato. Lei doveva capire, doveva conoscermi! Se avesse deciso di frequentarmi, aveva il diritto di sapere quale violenza albergava in me. Da quando avevo deciso di permetterle di frequentarmi? Non sapevo rispondere a questa domanda; il desiderio di stare con lei era sbocciato, prepotente e testardo, e non riuscivo più ad impedirmi di pensarci.

“Edward!” la sua voce angosciata mi distolse dalle mie fantasticherie su di lei e mi riportò a terra.

“Quel ragazzo che hai picchiato era forse Jacob?” già, mi ero dimenticato di lui.

“Cosa ti ha raccontato?” le chiesi, dimostrando il mio interesse, la mia necessità di conoscenza.

“Che un ragazzo della riserva aveva importunato Alice e che tu avevi tentato di ucciderlo!” sintetico ma non lontano dalla realtà pensai. Jacob era più leale di quanto credessi.

“No, non si trattava di Jacob, lui non era nemmeno li.” Chissà cosa gli raccontarono i suoi amici.

“Comunque, da allora non siamo più scesi alla spiaggia di La Push!”

 

***********************************************************************

Seduta sul letto in camera mia ripensavo agli avvenimenti del pomeriggio. Avevo scoperto uno dei lati più nascosti di Edward Cullen ma, nonostante sapessi che le raccomandazioni di Jacob erano fondate, non potevo impedirmi di pensare che Edward fosse migliore di quanto lui stesso pensasse.

Quando rientrai in biblioteca, dopo aver parlato con il mio amico, dopo aver ricevuto la sua rivelazione sul nostro rapporto e su ciò che era successo con Edward, lo trovai che guardava dalla finestra con aria assorta.

“Ti andrebbe di raccontarmi la tua versione?” dissi con una tenerezza che mi sorprese. Edward Cullen mi piaceva sempre di più, non gli avrei permesso di allontanarsi, non gli avrei permesso di dirmi di stargli lontano. Ormai era tardi.

Cominciò a raccontare della sua famiglia. Avevo un tassello in più, veniva da New York. Suo padre aveva lasciato il suo lavoro di prestigio per poter stare insieme alla famiglia. Aveva preferito trasferirsi in un buco di paese come Forks pur di garantire ai suoi figli una vita serena. Carlisle Cullen doveva essere una persona straordinaria. Non vedevo l’ora di conoscerlo.

Volevo sapere cosa turbasse Edward così profondamente da tenerlo lontano da me. Mi raccontò l’episodio di La Push dal suo punto di vista, la tentata violenza ad Alice, la sua reazione il suo odio cieco e feroce nei confronti di quei ragazzi, il suo desiderio di sangue. Non omise nulla, lo sentivo tremare di rancore e di vergogna, per se stesso e per il ricordo di quanto era accaduto.

Feci una cosa che non avevo mai osato fare, se non quando era incosciente in ospedale, gli presi le mani e le strinsi forte. Tentò di tirarsi indietro ma io glielo impedii. Si arrese, mi guardò con intensità. Ci perdemmo l’uno negli occhi dell’altro.

Poi, un pensiero più forte prese il sopravvento, arrossii al ricordo dell’intensità di quel momento. Mi misi il cuscino sulla faccia, mi vergognavo di me stessa per la sfacciataggine che avevo dimostrato. Non riuscii ad impedirmi di provare delle sensazioni forti vicino ad Edward.

Poggiai la mano sulla mia guancia, era bollente, il cuore batteva di nuovo a ritmo accelerato al ricordo di ciò che era accaduto poche ore prima. Edward si avvicinò a me, la sua mano, libera dalla stretta delle mie, mi sfiorò il viso in una lunga e lenta carezza. I suoi occhi, come tizzoni ardenti, mi bruciavano dentro. Ricambiai lo sguardo con altrettanta intensità. La mano, lasciata libera dalle sue, scivolò lungo il suo braccio, le mie dita risalirono lentamente il suo collo fino a sfiorargli la guancia. Lui chiuse gli occhi, assaporando quell’istante. Impertinente gli accarezzai i capelli. Non mi fermò ma non fece nulla per invitarmi a continuare. Non avevo il coraggio di fare ciò che desideravo veramente: baciare quelle labbra piene e morbide. Aspettai.

I nostri respiri si erano fatti più veloci, l’eccitazione ci saliva dentro assieme all’accelerazione del battito cardiaco.

“Perché non mi baci!” pensai anzi, urlai dentro di me. Non lo fece, continuò a rimanere con gli occhi chiusi e bearsi del contatto della mia mano sul suo viso. Restammo così per un lungo momento. Ero felice per quel piccolo gesto che mi aveva concesso. Anch’io, in fondo, avevo bisogno di andare piano e di conoscerlo meglio. I nostri respiri, lentamente tornarono regolari, Edward aprì gli occhi, erano dolci di passione e desiderio.

“Ti aspetto sabato a casa mia!” disse con voce roca “ti prego non mancare!”

“Ci sarò!” risposi, accorgendomi che anche la mia voce era arrochita.

Si staccò da me. Dovevamo essere responsabili ora, avevamo un lavoro da preparare.

 

   
 
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