Disclaimer:
I personaggi di Merlin non mi
appartengono, benché meno
lo sceneggiato. Da questa storia non ci ricavo assolutamente nulla
ù_ù
Zauberspruch
Non
ricordava esattamente quanti anni fossero passati dal giorno in cui
aveva
deciso di isolarsi dal mondo: poteva essere qualche lustro,
così come alcuni
secoli. Il suo nome – da temuto che era – era
entrato a far parte di una
leggenda di cui oramai molti dubitavano. Un mago alla corte di un re
sembrava
follia, o almeno così pensavano gli abitanti delle terre
vicine. Poteva
sentirli parlare attraverso le rocce, le parole giungevano trasportate
dal
vento, accompagnate talvolta da qualche risata di scherno nei confronti
di del
Re che egli aveva cresciuto, educato ed aiutato con dedizione e
devozione.
Di
Artù la gente ricordava solo che aveva scelto un mago come
consigliere e che –
abbandonato dal suddetto mago – si era avventurato alla
ricerca del mitologico
Graal che però non riuscì mai a trovare. Delle
sue imprese, della gloria che lo
accompagnò per tutta la sua vita, la gente oramai aveva
scelto cosa ricordare e
cosa dimenticare e Merlino non poteva fare altro che stare a guardare
l’oblio
che diveniva leggenda.
Ciò
che la gente non sapeva, o probabilmente aveva deliberatamente scelto
d’ignorare, era che le imprese di Artù erano tutte
state dettate dai suoi
consigli, dalle sue parole.
Merlino
sapeva che non gli aveva mai effettivamente permesso di agire col
proprio
arbitrio: l’aveva fatto con Uther, assecondando la sua pazzia
convincendolo a
trasfigurare il suo aspetto in quello di Gorlois per poter giacere con
Igerna,
dando origine a quella notte di amore maledetto in cui venne concepito
Artù.1
Avendo sbagliato una volta e non voleva commettere nuovamente questo
errore con
il futuro Re di Camelot. Fu però proprio questo timore ad
indurlo a sbagliare
nuovamente costringendo Artù a non ascoltarlo per i
più futili dettagli della
sua vita. Fu proprio a causa di questa decisione che – da
stolto e ignaro dei
complotti dettati dalla magia – Artù giacque con
la sorellastra Morgana, la
quale avrebbe successivamente dato alla luce Mordred, colui che era
stato
destinato ad uccidere il sovrano di Camelot.
In
qualche modo, da qualunque prospettiva Merlino decidesse di
approcciarsi alla
causa della morte di Artù, la colpa ricadeva sempre ed
inesorabilmente su di
lui. Così come era accaduto con il dolore del tradimento di
Ginevra,
principessa di un regno oramai in declino il cui cuore era stato
catturato da
un nobile cavaliere, e non dal Re che l’aveva chiesta in
sposa.
Merlino
lo sapeva. Aveva previsto tutto, ma in cuor suo non era riuscito a
trovare le
parole per far desistere Artù, ammaliato dalla bellezza
della donna, accecato
dall’amore che provava per lei. Non aveva voluto ricorrere
alla magia, si era
più volte ripromesso – e mai aveva smesso di farlo
– che non sarebbe più
intervenuto nei rapporti tra le persone. La sua magia doveva far del
bene, non
tessere inganni al fine di un Bene Superiore che non era certo si
sarebbe
potuto realizzare. Quando l’aveva fatto, acconsentendo ad
esaudire le richieste
di Uther, era nato Artù, il quale faceva effettivamente
parte di quel piano per
la realizzazione di questo Bene in cui Merlino credeva, ma
allo stesso
tempo era certo di aver sbagliato.
Le
due facce della
stessa medaglia… Errare
ma compiendo il giusto.
Dalla
morte di Artù per mano di Mordred aveva deciso di
abbandonare per sempre la
magia, i suoi incantesimi. Abracadabra di
poco valore, avrebbe detto qualcuno in qualche nebuloso
futuro.
L’idea
di poter fare ammenda per gli errori causati dalla stoltezza e dalla
presunzione riguardo i suoi poteri, lo convinse che, in fondo, poteva
esistere
un modo per dare una nuova possibilità a se stesso e a quel
ragazzo che aveva
cercato di guidare verso la vita che meritava. Artù aveva
fatto grandi cose, ma
fu spezzato prima che il suo destino finisse di compiersi.
Erano
anni che non praticava la magia, soprattutto che non compiva potenti
incantesimi e nel suo corpo si era accumulata una tensione magica e
un’energia
tale che richiedeva sempre più di essere liberata.
E
fu un bene, perché la formula, per quanto semplice,
richiedeva tutta la sua
forza. Tutta la magia che per anni aveva tenuto silenziosa dentro di
sé.
Afferrò
il suo bastone ergendosi al centro della grotta, in una profonda
cavità nella
quale nessun mortale avrebbe mai osato avventurarsi. Era andato in
quella
grotta deciso a lasciarsi morire, ma la magia aveva voluto avere la
meglio su
di lui, costringendolo a darsi un’altra
possibilità.
Trasse
un profondo respiro e alzando le braccia verso un cielo celato dalle
rocce,
senza la minima incertezza recitò la formula, da lui stesso
creata.
Be feor cynn ja cyning tweonum, gān jeajen nie
Dagure
[Tra
la lontana
stirpe e il re, vado incontro al nuovo giorno]2
Una
potente luce azzurra si sprigionò nella grotta, inondandola.
Dopodiché tutto fu
buio.
***
Nessuno
di noi può
scegliere il proprio destino, Merlin, e nessuno può
sfuggire ad esso.
Ciò
che è scritto
non può essere cambiato.
Arthur
– come Artù –
è destinato a grandi cose.
A
te il compito di
guidarlo, come facesti quando fosti Merlino.
Agisci
con saggezza
fino a che il Fato te lo permetterà…
Quando
Merlin aprì gli occhi fu conscio di aver sognato, ma non
ricordava cosa. Non una
parola, non un’immagine. Solo la voce di Hunith che lo
raggiunse, svegliandolo
completamente.
“Merlin,
dovresti essere già in viaggio a
quest’ora” lo rimproverò gentilmente la
madre.
Le sue parole, nonostante dicessero il contrario, lasciavano trasparire
l’ansia
e il dispiacere che la donna provava all’idea di separarsi da
suo figlio.
“Un’ora
in più o una in meno non faranno una grossa differenza,
madre” la rassicurò il
ragazzo alzandosi.
“Camelot
è lontana, almeno tre giorni di viaggio” disse la
donna consegnandoli una ciotola in cui era contenuta la sua colazione.
“Farò in tempo” rispose dolcemente lui mentre mangiava voracemente e in silenzio.
Hunith
non disse altro e si limitò ad osservare suo figlio che si
stava preparando per il suo primo e lungo viaggio. Merlin, comprensi i
pensieri della donna, si decise ad afferrare
finalmente la
sacca in cui aveva raccolto le poche e povere cose che avrebbe portato
con sé. Era pronto ad andare.
“Stai
attento” mormorò lei abbracciando il ragazzo
oramai prossimo alla partenza.
Sapeva che spingere un giovane mago inesperto nel regno di colui che
aveva
messo al bando la magia era un grosso errore, ma di sicuro
là a Camelot Merlin
avrebbe avuto un futuro. Così le aveva detto una voce
notturna a cui non aveva
saputo dare un nome, ma aveva visto e toccato con i proprio occhi la
magia, e
nulla l’avrebbe dissuasa dal fato che, seppur dolorosa, la
partenza di Merlin
era una cosa giusta. L’unica cosa giusta da fare.
E
Gaius si sarebbe sicuramente preso cura di lui.
A
Camelot, Merlin sarebbe andato incontro al suo destino.
Note
dell’autrice:
Questo
è il mio patetico esordio nel fandom di Merlin.
Mesi
fa avevo detto che il giorno in cui avrei iniziato a vedere questo
telefilm
avrei trovato il mio nuovo fandom, ed infatti eccomi qua.
E’
successo per caso il 20 di luglio quando è stata annunciata True
No di egle
vincitrice della
votazione come miglior scena lemon. Incuriosita *fischietta*
l’ho letta, l’ho amata e ho amato follemente anche
quei
due. Adesso sto facendo un tour de force
per leggere la maggior parte dei lavori contenuti in questa
sezione… pian piano
ce la farò a commentarli tutti, promesso!
Il
titolo della storia è una parola tedesca che significa formula magica.
L’idea
è nata dal fatto che stavo cercando un modo plausibile di
spiegare
l’assegnazione (del tutto opinabile) dei ruoli e dei nomi
decise dagli autori
della serie e così ho pensato a questo...
Fonti:
1
Wikipedia,
alla voce Mago
Merlino
2
preso alcune
parole consultando la voce Antico
inglese su Wikipedia a cui ho aggiunto un po’ di
Plattdeutsch - qui
-, un ja finlandese (che significa e) e un Dagur islandese.