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Autore: Naife    26/09/2005    8 recensioni
...una bambina e la sua grandissima scoperta...che lui, non era. Aushwitz
Genere: Drammatico, Guerra, Suspence, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Olocausto
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A Bloodymary

A Bloodymary.

 

 

La vita per me era sempre stata più che rosea: casa, ricchezze.. denaro..fama.

Eravamo una delle famiglie più potenti della Germania,ma i soldi non potevano molto in quelle situazioni:per quanto si poteva corrompere la gente rimaneva un fatto incancellabile:eravamo ebrei.

Sporchi ebrei, bestie, diavoli.

Devo dire la verità,non so capacitarmene, il perché di questo comportamento:compagne di scuola,prima amiche,adesso mi chiamavano”sporca giudea”.

E vi assicuro che sono pulitissima.

Non capivo neanche perché sopra i miei bellissimi vestiti dovevo portare una stella gialla:bellina,per carità,ma su certi vestiti,non mi piaceva proprio.

Una volto me l’ero tolta dal giubbotto e mia mamma mi aveva tirato uno schiaffo.

"Sarah,non si può"

"Perché?"chiesi perplessa.

"Perché è così"

Perché nessuno mi spiegava mai nulla?

 

 

Arrivò il tempo che non potevo neppure  andare a scuola.

Non che mi dispiacesse,ma dover rimanere a casa a sentire la mamma che si lamentava non mi piaceva proprio.

"I nostri averi.."continuava a mormorare.

Continuavo a chiedere ma non ricevevo risposta.

“perché?”

 

 

Arrivò anche il tempo di trasferirci:la mia balia piangeva.

"perché piangi “tante”? Non ti trasferisci con noi?"

Per quanto poteva volerci bene il suo sguardo si riempì di terrore.

 

 

La stanza che occupavamo puzzava:era piccola e umida.

Rimasi a dir poco sorpresa nel vederla.

Non nel vedere la stanza in se,ma a scoprire che non era una stalla ma era il luogo dove avremmo dovuto alloggiare.

Ero abituata a palazzi e servitù..

Divedevamo la stanza con un uomo e una numerosa famiglia.

La numerosa famiglia era sicuramente ebrea,i maschi portavano i riccioli,ma l’uomo..

L’uomo non portava la “pettinatura da ebrei”,come la chiamavano qua.

Papà usciva tutti i giorni,la mamma pure

"non mi piace condividere la stanza con altre persone"diceva schifiltosa.

Un giorno,mentre osservavo i miei compagni di stanza,come consuetudine ormai da qualche mese,la curiosità mi divorò.

Mi avvicinai all’uomo,un bell’uomo,e lo osservai più da vicino.sulla sottile giacca portava una stella rosa,come la mia ma rosa.Era molto più bella della mia.

Lui,notando il mio sguardo mi sorrise.

E,in quei mesi era molto raro che qualcuno ti sorridesse,soprattutto mamma e papà,anche si mi amavano.

"Si, piccola?"mi chiese.

Aveva una voce roca,scavata dal dolore.

Non l’avevo mai sentito parlare prima d’ora.

E nessuno gli aveva mai rivolto la parola..

"Sei ebreo?"chiesi.

Lui mi sorrise di nuovo.

"Nein. Ich bin Cristlich"

Era cristiano..

E  perché  era qua allora?

"E perché sei qua allora?"

"E’ un po’ difficile da spiegare Kleine"

"Ich bin Sarah" Non mi piaceva che qualcuno mi chiamasse Kleine ,perché piccola io non ero.

"Sarah"ripetè lui.

Sorrisi anche io.

"perché?"ripetei.

"Vedi,a me piacciono gli uomini"

il concetto era stano.

Non lo capii,ma gli ero molto grata.Era stato l’unico a rispondermi in quei mesi ghiacciati nel ghetto.

Era stato Hans ,l’uomo”a cui piacevano gli uomini”a dirmi che il luogo dove abitavamo si chiamava “ghetto”.

Mi aveva anche spiegato perché eravamo qua,mamma e papà compresi.

Così,le stagioni passavano e Hans era diventato la mia unica compagnia.

Mamma era sempre più magra e più  isterica.

Papà era ormai allo stremo.

Ma io stavo bene.

Chiusa nella mia stanza parlavo con Hans, io chiedevo e lui rispondeva.

Di notte però lui non c’era,e il mattino aveva sempre del pane da darmi.

"Tieni - mi diceva - mangia"E lui era sempre più pallido e magro.

Non ho mai patito ne la fame,ne il freddo .C’era Hans a proteggermi.

La famiglia ebrea che abitava con noi si stava sgretolando avevano perso due figli,e adesso erono rimasti i genitori e un bimbo di pochi mesi.

 Dopo poche settimane sparirono,caricati su dei camion.

"vanno a morire"dicevano tutti coloro che erono sopravissuti all’esame.

Mia mamma era contenta.

"c’è più posto per vivere"

Che egoista che era la mamma.

Hans,però diceva che in quei periodi sopravvivevi solamente se egoista.

Arrivò il tempo che altri  camion caricassero altre persone.

Ormai erono trascorsi due anni,e io ne avevo dodici.

La mia amicizia con”l’uomo a cui piacciono gli uomini”era divenuta un legame profondo.

Una mattina mi svegliai e lui non c’era.

Mi preoccupai tantissimo.

Aspettai giorni che ritornasse,ma ciò non avvenne.

La fame cominciò a farsi sentire,così il freddo.

La morsa della paura mi attanagliava.

 

"Alles!"una voce ruppe il  sonno di tutto il mio palazzo,se così si poteva definire.

Erono appena le due di mattino!

 

Mia mamma mi prese per un braccio,e degli agenti ci spinsero in un camion, pieno di gente.

Si gelava,grossi fiocchi di neve cadevano sulle mie gambe nude.

Solo ora che uscivo dal mio piccolo guscio mi rendevo conto di quanto fosse piccolo il ghetto e di quante persone ci fossero.

Mia mamma piangeva;aveva perso i suoi averi,aveva freddo fame..

Mio padre ormai era ormai allo stremo:non parlava,non dormiva.

 

E io…Hans…dov’era?

Perché l’unica persona che riabbia mai considerata degna di risposta non c’era più?

Perché tutte queste persone erono terrorizzate?

Sapevano qualcosa?

Sapevano dove eravamo diretti?

Poi,la frase detta da una donna riferita alla scomparsa dei miei coinquilini mi raggelò piùdella neve:

"vanno alla morte"

 

 

 

 

 

Il viaggio…era stato senza aggettivi:non si poteva descrivere.

Molte persone erono morte,altre ammalate

Mamma era ridotta male.

Ma se il viaggio mi era parso una tortura,il luogo dove l’automezzo si fermò era l’inferno.

Non usciva nessuna fiamma,nessun calore:solamente il silenzio e il freddo pungente regnavano.

Per coloro che erono sopravvissuti,la vita era appena terminata.

Aushwitz:l’inferno sulla terra.

La strada che portava dentro era fatta di lapidi.

I miei piedi nudi raggelarono al contatto della pietra fredda.

Mia mamma notò la mia espressione terrorizzata.

Mi sorrise e mi prese per mano.

Arrivarono delle guardie urlanti,rompendo un  momento indimenticabile.

In quel momento mi ero dimenticata di dove ero.

Ero immersa in quel gesto d’amore di mia mamma.

Come se fosse l’ultimo inno al passato.

Gli agenti divisero donne,uomini e bambini.

Papà e mamma vennero messi con gli anziani.

Io con delle ragazze.

"mamma"urlai.

 

un agente mi minacciò.

Poi guardarono  i miei genitori.

E li ammazzarono.

Cosi.

E io avevo visto tutto.

Li davanti il mio sguardo.

Aprii la bocca.

Silenziose lacrime cominciarono a solcarmi il viso

Continuai a guardare i cadaveri sanguinanti.

Poi,la guardia assassina mi spinse via,ma nel mio sguardo era impressa quella scena raccapricciante.

 

 

 

Il campo dove ero destinata non erano i lavori forzati.

Era il “dolls camp”.

Il campo dello stupro.

Avevo 12 anni.

C’erono altre ragazze,molte belle,altre ragazze e basta.

Tutte terrorizzate in questa stanza.

Piccola e fredda stanza.

Non c’erono ragazze più piccole di me a quanto pareva

Non so quanto tempo passò,ma degli uomini entrarono nella stanza.

Ridevano:erono ubriachi.

C’era anche l’assassino.

L’immagine di mamma e papà mi balenò in mente.

Di nuovo grosse lacrime mi rigarono le gote

Proprio l’assassino mi prese per un braccio e mi portò fuori dalla stanza,per le nude strade di lapidi.

Si slacciò i pantaloni.

Cominciai a piangere.

Chiusi gli occhi quando egli mi alzò la leggera vestaglia da notte.

Era la fine.

Tante .hans .mamma .papà.

Tutti ,avevo perso tutti.

Io:io mi stavo perdendo.

Improvvisamente la presa si affievolì

Un rumore strozzato provenì dall’assassino.

Mi girai.

L’assassino giaceva per terra,inerme.

Guardai a lato.

Un uomo alto,magro ma di bell’aspetto mi sorrise.

Hans.

Appena lo vidi svenni.

 

Mi svegliai la mattina dopo,piena di sangue e dolorante.

Non ebbi la forza di piangere.

Mi strinsi la vestaglietta bianca e mi appoggiai al muro.

 

 

 

La mia vita poi,sarebbe finita li,nell’inferno.

Solo ora capisco tutto.

Solo ora capisco che Hans lavorava di notte e stava sveglio di giorno per non lasciarmi sola.

Solo ora mi rendo conto che si toglieva il pane di bocca per farmi mangiare.

Solo ora capisco che Hans non è mai esistito,ma è sempre stato li,a fianco a me.

Solo ora capisco che la vita,per quanto possa essere resa impossibile ci sono piccoli momenti indimenticabili.

Per questo vi dico,a voi che avete la possibilità,vivete la vita al momento:perché non saprete mai,quando qualcuno comincerà ad odiarvi.

 

 

 

 

 

Grazie a BloodyMary per l’assistenza tecnica!(^-^)

Grazie a tutti coloro che mi hanno aiutata..

 

  
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