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Autore: GiadyCherry    31/07/2010    5 recensioni
Due note di pianoforte, non ci prestai troppa attenzione. Ma una voce incredibilmente soave mi costrinse a volgere lo sguardo per capire da dove provenisse una tale meraviglia, le mie orecchie non avevano mai udito nulla di simile. E ti vidi per la prima volta.
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Bill Kaulitz, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Vecchia One Shot riesumata, scritta parecchio tempo fa.

La dama nera

Non ho mai creduto in quello che chiamano il colpo di fulmine.

Fino a quella sera...

Camminavo distratto per le vie di Berlino, senza sapere cosa stessi cercando, forse solo un po’ di tranquillità in una vita troppo caotica.

Le strade erano quasi deserte.

Le uniche luci erano quelle di qualche bar aperto fino a tardi.

Impiegai parecchio tempo prima di decidermi a fermarmi in uno di essi.

"Vodka liscia" dissi alla cameriera prima che potesse chiedermelo.

La ragazza si allontanò con una smorfia e in breve mi portò la bevanda richiesta.

Non mi volevo ubriacare, solo provare a essere un ragazzo normale...per una sera.

Iniziai a sorseggiare la mia vodka, incurante di ciò che mi circondava.

Due note di pianoforte, non ci prestai troppa attenzione.

Ma una voce incredibilmente soave mi costrinse a volgere lo sguardo per capire da dove provenisse una tale meraviglia, le mie orecchie non avevano mai udito nulla di simile.

E ti vidi per la prima volta.

Non riuscivo a smettere di fissarti, come ogni presenza maschile in quel locale.

Eri straordinariamente bella, non avevo mai visto una tale bellezza in tutta la mia vita, ogni tuo particolare era in perfetta armonia con tutti gli altri: la carnagione chiarissima, le gote rosee, i capelli neri come la notte e gli occhi del colore del ghiaccio.

Indossavi un abito dello stesso colore dei tuoi capelli.

Ho subito pensato che non potevi essere umana, dovevi essere una sorta di dea, di musa.

La stessa Afrodite al tuo confronto avrebbe dovuto nascondersi.

Un brivido mi attraversò la schiena quando fugacemente il tuo incantevole sguardo si posò su di me, non sentii più la terra sotto i piedi, faticavo a restare lucido.

La tua voce riempiva l’aria attorno a me di un non so che di magico.

Presto la tua canzone finì, ringraziasti il pubblico e sparisti dietro le quinte, decisi di tentare l’impresa, domandai alla guardia se potevo vederti, ma mi disse che te n’eri già andata via.

Deluso e amareggiato tornai al mio hotel, ne parlai con mio fratello, cercando di convincere me stesso che non era stato solo un sogno.

"Bill, ma neanche la conosci!"

Fu la sua risposta, secca e fredda.

Non dormii tutta la notte, non smisi un attimo di pensarti.

Tornai nello stesso locale ben 3 sere di fila e ogni volta tu eri là, su quel palco, con la tua voce angelica e il tuo viso afrodisiaco.

Ogni sera chiedevo di te, ma ogni sera era sempre troppo tardi.

La quarta sera fui più furbo, ti aspettai all’uscita del personale, ti vidi correre via.

"Aspetta!" urlai invano, ti corsi dietro chiedendoti inutilmente di fermarti, finché a fatica ti raggiunsi, ti presi una mano.

"Ferma." Dissi praticamente senza fiato.

Solo allora mi resi conto che ai tuoi occhi dovevo sembrare un perfetto idiota.

"Noi non ci conosciamo." Dicesti con voce ferma e vellutata.

"Ehm...no...ecco...ti ho sentita cantare..." Balbettai in cerca di una scusa che sembrasse convincente.

"Cosa cerchi da me Bill Kaulitz?" sussurrasti avvicinandoti a me.

Fui scosso da un fremito, un desiderio incontrollabile di baciarti, che però dovetti frenare.

"Conosci il mio nome?"

"Non essere ingenuo, tutti conoscono il tuo nome!" Rispondesti sicura.

"Già, e qual è il tuo?"

"Ha importanza forse?" Soffiasti a un centimetro dalle mie labbra.

"Chi sei?"

"Mi chiedi troppo Bill."

Ti voltasti per andartene, una ventata del tuo profumo mi travolse come un fiume in piena, ancora oggi fatico a definire cosa provai in quel momento.

Non ti conoscevo.

Eppure ti bramavo.

Ti presi nuovamente la mano e ti avvicinai a me.

"Questo è un gioco pericoloso, Bill!"

"Dimmi il tuo nome!"

"Ti ho già detto che non è importante!"

"Per me lo è."

"Chiamami Leila." Ti rassegnasti alla mia testardaggine.

Un nome degno di colei che lo portava, carico di armonia e di perfezione.

"Ora mi lasci andare?"

"Non andartene." Sembrava quasi una preghiera la mia, come se pensassi che se ti avessi lasciata andare non ti avrei mai più rivista.

"Non giocare col fuoco!" M’intimasti una seconda volta, ma non volevo ascoltarti.

"Quando ci rivedremo?"

Ti vidi scuotere la testa in segno di rassegnazione.

"Domani, al locale."

"Ci sarò!" Promisi e ti guardai andare via.

Non dormii neanche quella notte.

Trascorsi l’intera giornata pensando solo ed esclusivamente alla nostra serata.

Entrai nel locale e il primo istinto fu di guardare verso il palco, ma non c’eri.

Ho temuto per un attimo che non ti avrei più rivista, mi sforzai di guardarmi in giro prima di andarmene e fui felice di averlo fatto, eri seduta a un tavolo, il più nascosto.

Mi avvicinai mentre il mio cuore batteva all’impazzata, la voce mi si era fermata in gola.

"Temevi che non sarei venuta?" commentasti con ironia.

"Ciao!" Dissi a fatica, ero troppo impegnato a contemplarti per pensare alle mie risposte.

"Mi sono presa la libertà di ordinare anche per te: vodka liscia, giusto?"

"Si, va benissimo, grazie!" Dissi riprendendomi dal trance.

In breve arrivò la cameriera con i nostri drink.

"Cos’è?" chiesi indicando il tuo drink.

"Vodka alla fragola"

"Fantastica!" commentai, ma non era riferito alla vodka.

"Già, la classe non è acqua..."

"...è vodka alla fragola!" Concludemmo insieme, scoppiando in una fragorosa risata.

Bevemmo i nostri drink in silenzio, mentre osservavo ogni minimo particolare della tua bellezza divina e a quanto pare non ero l’unico, tutti in quel locale sembravano apprezzare la tua presenza.

"Ti va di andare in un posto più tranquillo, Leila?" sussurrai al tuo orecchio.

Senza attendere la tua risposta ti presi per mano e uscimmo dal locale.

"Bill, forse non è il caso..."

"Per favore!" Implorai, mi seguisti. Non capivo perché, ma la sola idea di starti lontano mi faceva stare male.

Guidai la mia BMW fino in albergo, il tuo profumo invadeva l’abitacolo, avrei voluto farti un sacco di domande, ma ogni parola sembrava sbagliata.

Salimmo nella mia suite.

"Carina!" commentasti sorridendo.

"Sono famoso, ricordi?" Risposi ricambiando il tuo sorriso.

"Già!" abbassasti lo sguardo imbarazzata.

Un velo di mistero ti aleggiava intorno, sembravi celare un grande segreto.

Il silenzio tra di noi era quasi innaturale, non vi era alcun rumore.

Il desiderio si faceva sempre più vivo dentro di me.

"Leila io..."

"Bill, forse io dovrei andare!" Ti affrettasti verso la porta.

Dovevo fermarti.

"Leila no!" I nostri volti erano vicinissimi.

"Cosa vuoi da me, Bill?"

"Non lo so..." Oppure avevo paura di ammetterlo.

Eravamo troppo vicini, tanto che potevo persino contare ogni tua singola ciglia, vedere chiara ogni leggera sfumatura del ghiaccio nei tuoi occhi, i nostri respiri si fondevano al ritmo dei nostri battiti.

Le tue labbra erano così invitanti, il mio desiderio ormai implacabile.

Annullai la distanza tra di noi, assaggiando il tuo sapore: dolce e fresco, con un retrogusto alla fragola.

Le tue labbra erano calde e soffici in contrasto con la tua pelle freddissima.

Rabbrividii al tuo tocco sul mio viso.

"Scusa..."sussurrasti con un lieve imbarazzo.

Mi tuffai tra le tue labbra spinto da una smania irrefrenabile.

"Perché lo fai Bill?"

"Non lo so..."

"Non sai troppe cose."

"So solo che ho bisogno di te adesso."

"Non mi conosci abbastanza."

"Lo so, ma non riesco a smettere di pensarti, di volerti..."

"Devo andare, Bill!"
"Sembra impossibile, ma credo di essermi innamorato!" L’avevo detto.

"Io non posso amarti, non adesso." Queste parole mi trafissero come tante piccole lame nel petto.

"Perché??"

"Non posso, stanotte parto...vado lontano."

"No, non puoi!"

"Devo."

"Ma non lo vuoi!" Ti accusai cercando di mantenere il mio tono inalterato.

"Ciò che voglio non conta!" Rispondesti con voce tremante.

"Si che conta, so che anche tu provi qualcosa..."

"Bill, ogni sera pregavo che tu tornassi in quel locale, non ho dormito la notte per pensarti, sapendo che non potevi essere mio."

"Ormai lo sono, potrà sembrarti prematuro, ma è così..."

"Mi dispiace. Ti amo!" Le parole più belle del mondo, pronunciate nel contesto sbagliato, ma in grado di ridarmi una lieve speranza.

"Ti amo." Risposi.

"Tornerò Bill Kaulitz!" Suonava come una promessa, sancita dal calore del tuo ultimo bacio.

Sparisti dietro alla porta, da allora non ti ho più vista.

Sono passati cinque anni da quella notte.

Sai, ogni anno che passa ti compro un regalo, come se festeggiassimo l’anniversario.

Ti sto ancora aspettando mia dama nera, perché credo nella tua promessa Leila, tornerai ed io sarò qui...per te.

  
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