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Autore: Diana Abigail    01/08/2010    7 recensioni
Questo è il prologo della mia storia "Vivo per lei". Siccome non potevo pubbliarlo come primo capitolo senza perdere le recensioni, ve lo propongo come capitolo unico.
Ilaria e Alessandro sono compagni di classe, ma all'inizio dell'ultimo anno qualcosa cambia, i pensieri di uno sono confusi, la vita dell'altra è un disastro. Ed è così che comincia la loro storia di sesso, con un bacio durante la lezione di economia e un incontro "ravvicinato" a casa di lui.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Vivo per lei - Ilaria e Alessandro'
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Vivo per lei - Iniziò così

Prologo


Ilaria
“Castoldi smettila di fare la leader che tanto non ti viene bene. Lasciaci fare e stattene da parte, che rompi solo i coglioni” mi dice Vanessa, la bellona della classe.
Walter sghignazza come un idiota per le parole della bionda, o meglio, della rossa. Non si capisce bene il colore dei suoi capelli visto che ha più tinta lei sulla testa che la mia parrucchiera di fiducia in negozio.
“Non ho voglia di prendere un brutto voto per colpa vostra, visto che siete dei caproni. Vorrei fare a modo mio. Fino a prova contraria, sono la migliore della classe. A voi non interessa, perciò non rompere tu” rispondo, grattandomi la testa, la coda che ho fatto stamattina inizia a tirarmi i capelli.
“Hai i pidocchi, Castoldi?” mi chiede Walter, facendo ridere tutto il gruppo. Devo provare a trattenermi.
“Probabilmente si, mi sei stato troppo vicino” gli dico, rifilandogli la mia occhiata peggiore.
“Non penso tu li abbia per questo. Forse tutte le racchie li hanno. Avete presente Barbara della quarta B? Alice mi ha detto che aveva i pidocchi e che li aveva attaccati a tutta la sua famiglia. Pure lei è racchia” dice Vanessa; Alice è un’altra belloccia come lei.
Tra stupide ci si intende.
La Barbara di cui parlano, invece, non è stupida per niente, ma è timida e un po’ in carne. Sono sicura che non ha mai avuto i pidocchi o meglio, non credo che questa storia sia vera.
Mi insultano senza badare a me, parlano male come se non fossi qui. È così dalla prima, non è cambiato niente da allora, ma è una guerra persa in partenza, sono sola contro tutti, a nessuno importa seriamente di me. Vado bene per passare le risposte durante i compiti in classe. In seconda c’era una ragazza che aveva minacciato di picchiarmi nel caso non avessi suggerito durante il compito di diritto. Alla fine la bocciarono e andò a lavorare, ma ogni tanto ci penso ancora e mi vengono i brividi.
“Meglio essere racchia che scema come te” rispondo, incrociando le braccia contro il petto.
“Come scusa?” mi chiede Vanessa, quasi fosse la prima volta che glielo dico.
“Sei una deficiente” le dico, guardandola negli occhi. Si alza in piedi, ora cercherà di minacciarmi e di alzarmi le mani.
“Come ti permetti, eh? Brutta secchiona del cazzo!” mi dice, io rimango immobile sulla mia sedia, mentre lei avanza con un pugno per aria.
“Galli? Che modo è questo di parlare? Dal preside, forza” dice la professoressa, indicando la porta della classe.
“Professoressa ha iniziato lei! Non ho nessuna colpa io!” dice, facendo una faccia disperata, da santa.
“Ma perfavore…” commento, tra me e me.
“Ne dubito, Vanessa. Sbrigati” dice la professoressa, chiudendo lì la questione. Ho vinto, ancora.
“Sei una paraculata. Ti difendono sempre, anche quando la colpa è tua” mi dice, Walter, ricevendo cenni d’assenso dal resto del gruppo.
“Non è colpa mia, non sono stata io ad iniziare” rispondo, quasi indignata.
“Potevi farti andare bene il nostro progetto e stare zitta, invece devi sempre dire la tua, perché tu sei la migliore e noi non valiamo nulla” mi dice, credendo di avere ragione.
“Non era abbastanza valido, era giusto una sufficienza e a me di rovinarmi la media perché non avete fantasia, non va. Walter, non puoi tentare di avere ragione, perché non ce l’hai. Stai zitto che fai più bella figura” gli dico, girando gli occhi.
“Ma stai zitta tu” commenta a bassa voce una delle amichette di Vanessa, senza neanche guardarmi in faccia.
“Professoressa posso uscire?” chiedo, alzando la mano.
“Vai pure Castoldi” mi dice, tornando ad interrogare.
“Professoressa, non è giusto che lei può uscire e io no. Prima non mi ha fatto andare in bagno” aggiunge Beatrice, petulante.
“Per favore evitiamo i commenti” aggiunge solamente la professoressa.
“Sei una paraculata, Castoldi! Spero ti capiti una disgrazia!” mi grida la sua amica Valentina, nel suo momento di gloria. La parte restante della classe scoppia in una grassa risata e io vorrei sotterrarmi, giusto perché riceverò altri commenti quando l’altro gruppo di lavoro tornerà dal laboratorio di computer.
Apro la porta e sento le lacrime fare capolino, non è possibile che ci sia tanto risentimento nei miei confronti, non ho mai fatto niente di concreto per averceli tutti contro.
Corro per i corridoi, diretta alla scala antincendio, voglio stare un po’ sola e i bagni non sono un posto sicuro.
Spingo la maniglia antipanico e trovo la scala deserta, per fortuna. Mi siedo nel primo gradino e lascio che le lacrime scorrano veloci, non ne posso più, non è giusto che io subisca tanto. È troppo per una persona sola.
Sospiro e guardo la pioggia cadere a ritmo, una specie di musica naturale, mi piace pensarla così. Oggi io e il cielo siamo in sintonia.
Ma questa pioggia è normale, siamo in autunno, tra settembre e ottobre piove sempre, perciò sono di nuovo io quella fuori posto. È impossibile piangere così tanto!
Mi asciugo le guance e ripenso a tutto quello che mi succede, tra mia madre, i miei compagni di classe, Mattia e la tesina, la mia testa sta per scoppiare e abbandonarmi anche lei.
Persa tra i miei pensieri non mi accorgo che qualcuno apre la porta e quando sento pronunciare il mio cognome faccio un leggero salto.
“No, De Angelis, pure tu no” commento, stringendomi le braccia al petto e provando a fermare le lacrime.
“Perché piangi?” mi chiede, sedendosi vicino a me. Che diavolo fa?
“Mancavi solo tu all’appello, prima. Ti saresti divertito insieme a loro” commento, guardando le macchine con i tergicristalli attivati avanzare lentamente per colpa del traffico.
“Non è giornata oggi, Castoldi. Non ti avrei dato fastidio” mi dice e mi volto a guardarlo, sorpresa.
“Ti ha lasciato la tua ragazza?” azzardo, pensando a quali problemi possa affrontare uno come lui.
“Si, magari” dice, aspirando la sua sigaretta, affumicandomi subito dopo.
“Tutto a posto?” mi chiede, vedendomi tossire come un’idiota.
“Si, si” rispondo, cercando di riprendermi. Lui ride e continua a fumare, io ho paura che qualcuno possa uscire e vederci.
“Che ti hanno fatto?” mi chiede ancora, voltando la testa verso di me.
“Niente di diverso dal solito. Mi hanno detto che sono una paraculata, anche se immagino sia un loro neologismo, il concetto è chiaro. Poi mi hanno tranquillamente detto che siccome sono brutta ho i pidocchi. Bah, il mio gabinetto è più pulito del loro letto, visto che c’è una donna delle pulizie. E non mi sembra di aver mai avuto i capelli unti a scuola, al contrario di qualcuno” commento, pensando a Beatrice.
“Hai ragione. Non te la devi prendere più di tanto per quello che diciamo. Lo sai che sei migliore di noi da ogni lato, perciò lascia perdere, non ne vale la pena” commenta, tirando per l’ultima volta la sigaretta.
“Questo è un giorno epico. Alessandro De Angelis mi dice che sono migliore di lui. Oddio, adesso svengo” commento, mimando gesti teatrali.
“Smettila o mi rimangio tutto” mi dice, tirando il mozzicone di sigaretta giù, sotto la pioggia scrosciante.
“Scusa” commento, asciugandomi gli occhi ancora umidi.
Rimaniamo in silenzio, so che dovrei rientrare per non correre rischi, ma proprio non ho voglia di alzarmi. Spero davvero che la professoressa non mandi qualcuno per cercarmi.
“Che strano vederti qua fuori, non hai paura che la Bertone se la prenda con te?” mi chiede, sorridendomi e dandomi una leggera spinta con il ginocchio.
“Veramente si, ma per una volta non mi sospenderanno, almeno spero” commento, facendolo ridere.
“No, non credo” dice, senza alzarsi.
Lo guardo negli occhi, li ha così verdi che di giorno la pupilla non si nota, ora però piove e la sua pupilla è dilatata, lo noto ed evito di sorridere tra me e me. Anche se non è il più bello della scuola, perché c’è sicuramente di meglio, è il più attraente della classe e ammetto che se non fosse per il suo brutto carattere, starei già perdendo le bave per lui.
“Oggi sei diversa, Ila” dice piano, a voce bassa.
Non mi ha mai chiamata per nome e la cosa mi sorprende, quando se ne accorge anche lui abbassa la testa e guarda altrove.
“Diversa come?” gli chiedo, cercando di non tradire l’emozione con la voce.
“Forse è perché ti ho vista piangere, non lo so, ma prima di oggi non mi sei mai sembrata così umana” mi dice, spostando di nuovo lo sguardo su di me.
“Oh, beh, lo prendo come un complimento, anche se non lo è del tutto” commento, facendolo ridere e unendomi a lui.
Non so come, tantomeno perché, ma ci avviciniamo e mi ritrovo con la gamba appoggiata alla sua. Sto in silenzio, ma sento il mio cuore battere a mille, non capisco che diavolo sta succedendo, perché non deve succedere.
“Ale…” commento, notando il suo viso troppo vicino al mio.
“Shh… Zitta che si rovina il momento” commenta, prima di appoggiare le sue labbra sulle mie.
Probabilmente non immaginava avessi già baciato, perché la sua reazione alla mia irruenza è prima sorpresa e poi affascinata.
“Complimenti Castoldi” dice, sorridendomi.
Gli sorrido di rimando e non riesco a trattenere uno sghignazzo.
Mi guarda, ma dopo un po’ diventa freddo, quasi una statua, si alza in piedi ed entra senza più dirmi una parola.
Rimango disorientata dal suo comportamento e una fitta di delusione mi colpisce, ma cerco di ignorarla. Che cosa mi aspettavo da tutto ciò?


Alessandro
Oh, merda.
Ho baciato Ilaria Castoldi!
Cammino velocemente verso il laboratorio, sperando che i miei compagni di gruppo siano ancora lì, ma entrando non li trovo e immagino siano rientrati in classe.
Torno indietro ma incontro Ilaria che mi rifila uno sguardo furioso, so di non essermi comportato bene.
È tutta colpa di quel bastardo! Perché l’ha chiamata? Non può starsene dove cazzo è? In Spagna, in Francia, non mi importa in quale parte del mondo sia ora, mi andrebbe bene che lasciasse in pace mia madre, invece di cercarla e chiedere di me.
Ho diciannove anni e non l’ho mai conosciuto, è un po’ tardi ora per provarci.
Non ho neanche la più pallida idea di che faccia abbia mio padre, ma sinceramente non mi interessa più, i temi sui papà sono finiti da tempo, ora non mi serve a niente.
“Ilaria…” le dico, fermandomi prima del nostro corridoio, quello della nostra classe, intendo.
“Lascia stare, De Angelis” mi dice, senza più degnarmi di uno sguardo.
Vaffanculo Castoldi, neanche mi piaci.
L’arrivo della sesta ora implica che ognuno di noi se ne torni a casa, ma odio la pioggia quando è forte, neanche i tergicristalli le stanno dietro.
Faccio una corsa verso l’auto e mi lavo completamente, manco lo zaino è messo bene. Non mi interessa che i libri si siano bagnati, sono fatti di carta, si asciugheranno, in compenso mi interessa attivare il riscaldamento perché sto congelando, questa pioggia mi entra nelle ossa.
I finestrini si appannano e li pulisco con la mano, togliendo un po’ di condensa che diventa subito acqua nelle mie mani.
Ilaria è alla fermata del pullman con il suo ombrello rosa, non ci siamo più detti nulla, oggi.
Neanche mi sembra vero di averla baciata. E l’ho baciata io!
Accendo l’autoradio sperando mi possa aiutare un po’ a dimenticare questa giornata orribile. Speriamo finisca in fretta.
Torno a casa e ovviamente mia madre non c’è. Mi butto sul divano con un panino al prosciutto tra le mani e cerco qualcosa di decente da guardare. Finisco su un gioco a premi, ma non riesco a seguirlo, la mia mente è persa in strani pensieri.
Credo di essermi messo nei guai.
Chi mi dice che non si innamorerà di me dopo quel bacio? Non credo sia una di quelle che cambia un ragazzo a settimana, magari crede ancora alle favole e pensa che potrei essere il suo principe azzurro.
Spengo la tv e mi affaccio alla finestra, non smetterà di piovere tanto presto.
Guardando le gocce di pioggia che scappano l’una dall’altra per poi unirsi in una cosa sola, penso a mio padre che è sempre scappato da me, ma con cui non mi unirò mai.

***

“Mamma ci vediamo lunedì. Non correre in macchina che piove” le dico, prendendo le chiavi.
“Ma chi è il genitore qui?” mi chiede, mentre cerca qualcosa in borsa.
“Ti voglio bene, salutami la zia” le dico, uscendo di casa, mentre rido.
Corro verso l’auto, piove a dirotto, e cerco di scaldarmi le mani sfregandole una contro l’altra. Stasera fa proprio freddo.
Accendo l’auto e il riscaldamento, tra poco mi vedrò con alcuni amici al pub, dicono che c’è aria di compleanno al femminile.
Raggiungo il pub in dieci minuti e noto subito che i miei amici ci hanno azzeccato.
“We Ale! Vieni, siamo qua!” mi grida Walter, il mio compagno di classe.
Perché c’è anche lui?
“Walter? Anche tu qui?” gli chiedo, sprezzante.
Già lo vedo tutti i giorni a scuola, pure il sabato sera no.
“Mi ha invitato Ste. Certo che tu a me non ci pensi mai!” esclama, facendosi il figo.
La serata non è pesante, di più. La birra diventa la mia compagna e non riesco a divertirmi neanche quando tutte le invitate alla festa di compleanno si siedono con noi. Una ci prova pure, ma non sono dell’umore. Non vedo l’ora di tornare e andarmene a dormire.
Non direi che la colpa è tutta di Walter, che se potesse se le farebbe tutte, piuttosto le trovo tutte delle oche e mi sono stufato delle ragazzine: voglio le donne.
Ce n’è una che mi ricorda una donna, nonostante la sua età, ma più che qualche battutina non riesco a concludere niente. Poi questo non è neanche il periodo.
Il bastardo ha chiamato di nuovo, ma questa era l’ultima volta, lo ha detto a mia madre.
Sono quasi due settimane che sono angosciato per colpa sua, fino a dieci anni fa avrei dato qualunque cosa per conoscerlo.
“Ale stasera sei una palla al piede!” mi dice Stefano, facendo ridere ragazzi e ragazze.
“Già, difatti me ne vado adesso” gli dico, alzandomi e poggiando la bottiglia di birra sul tavolo.
“Ma dai, stai ancora un po’! È solo mezzanotte” aggiunge Albi, abbracciato ad una delle invitate al compleanno.
“No, davvero, passo per stasera. Non è serata” dico, prendendo la giacca.
“Oh, fa’ come vuoi” mi dice Ste, scazzato.
Li saluto e risalgo in macchina, contento di stare da solo, senza ragazzini. Ero il più grande, lì dentro.
Torno indietro, ma Corso Vittorio ha dei lavori in corso, così faccio un’altra strada. Passo davanti ad un locale e vedo una ragazza completamente bagnata che fa una scenata perché una macchina l’ha appena lavata con una pozzanghera e una sgommata assurda. Ammetto di aver riso, però mi dispiace per lei.
Accosto e scendo, per vedere se va tutto bene, visto che riesco soltanto a sentire il suo pianto.
Mi copro la testa con il braccio e corro verso di lei, senza riuscire a metterla bene a fuoco.
“Ehy, va tutto bene?” chiedo.
“No! Va tutto una merda!” mi dice, ancora piangendo.
“Ma dai, non penso lo abbia…” provo a dirle, ma lei mi ferma con un’imprecazione.
“De Angelis! No, ma non è possibile! Cos’altro deve succedere? Cadrà un meteorite? Morirò?” grida esasperata.
Quella figa è la Castoldi?
“Ilaria?” chiedo, con la mascella a terra.
Mi guarda, con gli occhi gonfi. Non ci vuole un esperto per capire che mi odia. Dopo quel bacio non ci siamo neanche mai più parlati.
“Cos’hai da guardare?” mi chiede acida. Non posso credere che sia davvero lei!
Prima di tutto ha i tacchi, una cosa che mai avrei potuto credere possibile, in più ha un vestitino che lascia poco all’immaginazione e devo dire che non è messa per niente male, anzi.
“Niente” commento, imbarazzato.
Intanto sono completamente zuppo e inizio a tremare, ma lei che cosa sta aspettando?
“Perché stai qui? Aspetti qualcuno?” le chiedo e lei mi guarda malissimo. Le viene piuttosto bene.
“No, idiota. Una festa è andata male, mi sembra ovvio. Così chi mi doveva accompagnare non c’è e i miei sono a Londra, pensa un po’. Io sto qui come una cogliona a prendere freddo mentre loro bevono Champagne in un hotel a cinque stelle” dice, arrabbiata.
“Sali in macchina, ti porto a casa” le dico, incamminandomi verso l’auto.
Lei non mi segue e mi fermo per chiederle se ha l’intenzione di venire oppure no. Dopo uno sbuffo piuttosto sonoro sale in auto e parto, senza sapere dove abita.
“Casa mia è dall’altra parte della città, tonto” mi dice, tirandosi indietro i capelli bagnati. Mi giro verso di lei e la guardo male.
“Allora andiamo prima a casa mia così mi cambio e poi se ho voglia ti riporto indietro, visto che sono idiota e pure tonto” commento, metà tra il serio e il buffone.
E lo faccio davvero, la porto a casa mia, anche se lei non vuole salire.
“Mi sembra male” mi dice, davanti al portone.
“Certo, perché lo sapranno tutti, no? Per me puoi anche stare qui, fai come vuoi” le dico, iniziando a salire le scale.
Alla fine sale, menomale, perché aveva iniziato a tremare e stare fuori al freddo non era la migliore delle idee.
“Permesso” dice, entrando in casa mia.
Ilaria Castoldi è in casa mia.
Il mondo sta per finire, altro che duemiladodici.
“Vuoi qualcosa da bere?” le chiedo, entrando in cucina.
“Acqua, grazie” risponde seriamente. È fin troppo educata.
Le porgo il bicchiere e, da bravo bastardo, penso che vorrei vederla cuocere un po' nel suo brodo. Voglio studiarla, non capiterà mai più una possibilità come questa.
“Scusami” le dico, sparendo in camera mia.
Mi levo la maglia e anche le scarpe. Non ho un indumento asciutto.
Torno in cucina con nonchalance e, quando mi vede, arrossisce.
Lo hai mai visto un uomo nudo, Ilaria?
Se fossi davvero bastardo, come Walter ad esempio, glielo chiederei davvero, ma mi sembra già in difficoltà così.
Perché non ti copri?” mi chiede, sfacciata. Mi odia proprio!
Perché qui dentro fa caldo e mi piace camminare scalzo. È un problema?” le chiedo, incrociando le braccia al petto.
Di certo non intendevo i tuoi piedi, Alessandro” dice, incrociando anche lei le braccia e girando gli occhi.
Lo hai detto tu che sono un idiota” le rispondo, sorridendo.
Infatti, lo dimostri ad ogni respiro, senza trattenerti” mi risponde, facendo un passo indietro, per ritrovare l'equilibrio sui tacchi.
La tua gentilezza uccide” le dico, facendo qualche passo verso di lei.
Quasi quanto la tua” commenta, sprezzante.
Se vuoi cambiarti ti do una mia maglia” le dico, tornando ad essere serio.
Preferirei che mi portassi a casa” mi risponde, innervosendosi.
Il che prevederebbe che io mi rivestissi, scendessi di nuovo sotto la pioggia, guidassi per almeno mezz'ora e tornassi a casa.

Non ne ho molta voglia” le rispondo, sincero.
Impreca e mi dà dello stronzo, tanto per cambiare, e fa cadere la sua borsa per terra. Okay, forse è meglio riaccompagnarla, non ho voglia di sentire le sue lagne.
Io rimango immobile e lei non ha intenzione di raccogliere la sua borsa, che rimane rovesciata, infatti, cadendo, è uscita fuori la cipria con il relativo pennello.

Va bene, nel frattempo dammi una tua maglia” mi dice, dopo due minuti di silenzio totali.
Torno in camera mia e apro l'armadio, cerco qualcosa che non metto spesso e che sia abbastanza lungo da coprirla. Trovo una vecchia T-shirt nera di mio cugino Francesco. Lui è enorme, non ci saranno problemi di lunghezza.

“Metti questa, ti sarà fin troppo larga” le dico, porgendogliela.
Mi ringrazia e si sfila il vestito di fronte a me, prendendomi alla sprovvista.
“Che stai facendo?” le chiedo, quasi avessi visto un fantasma.
Si infila la maglietta e scoppia a ridere.
“Volevi mettermi alla prova, no? L'ho fatto anche io e, per la cronaca, non sei andato granché bene” mi dice, ridendo ancora.
Mi ha fregato alla grande.
Il problema non è vedere una ragazza in reggiseno e mutande, che fa pure piacere, il problema è vedere Ilaria Castoldi in mutande e reggiseno, in camera mia, e capire che è fottutamente attraente e che ho passato due anni a dare della racchia ad una ragazza che neanche avevo visto tanto bene.
Ad ogni modo, non smette di essere una secchiona rompicoglioni, questo no.
“Me ne sono accorto” commento, grattandomi la testa.
Lei ride e lascia il suo vestito a terra, accanto ai tacchi. Non ci posso mica credere.
Raccolgo il vestito e lo appoggio sulla sedia. È davvero piccolo.
La trovo seduta sul mio divano mentre fa zapping con il mio telecomando, tutta rannicchiata su se stessa.
No, ma fai pure come fosse casa tua” commento, stravaccandomi vicino a lei.
Certo, visto che non mi riaccompagni alla mia” commenta lei, di rimando.
Le frego il telecomando e metto Italia Uno, scoprendo che in realtà non danno niente di interessante a quest'ora.
Lei mi guarda seria, quasi adirata, poi si lancia contro di me, sperando di riacciuffare il telecomando e guardare quello che vuole.

Ridammelo” mi dice, mentre allunga il braccio.
Lo allontano da lei e mi dà uno schiaffo sul petto nudo, facendo i capricci.

Sei viziata, Castoldi” commento, sorridendole.
Dammelo” mi dice, riducendo gli occhi a due fessure.
Quando vuoi, va bene anche qui, non dobbiamo andare per forza in camera” le dico, facendola arrossire.
Se un idiota” commenta, senza alzarsi.
E ammettilo che ti piace!

Si, questa l'ho già sentita” le rispondo, sorridendole.
Mi riporti a casa?” mi chiede, cambiando discorso, ma senza spostarsi.
No, non ancora almeno” le rispondo, facendola arrabbiare.
Si alza e si rimette seduta, o meglio, rannicchiata nell'angolo. Si arrabbia troppo facilmente, diventa noiosa anche per questo. Un commento e lei si offende.

Se mi dai un bacio ti do il telecomando” le dico, avvicinando il viso al suo.
Non mi interessa più. E poi non mi sembra il caso, non quando tu hai solo pantaloni addosso e io una stupida t-shirt” dice, sempre molto diplomatica.
Non ti piace osare, eh Ilaria?” le chiedo, malizioso.
Dipende” commenta, senza scomporsi.
Okay, ora sto fremendo e non so bene perché.
Voglio disperatamente che lei mi baci. E se dovesse capitare altro, sinceramente non me ne fregherebbe più di tanto. La voglio adesso, questa è l'unica cosa di cui sono sicuro.
Dai, a mio rischio e pericolo” la sfido, con scarsi risultati.
A mio, rischio e pericolo” commenta, fissandomi la bocca.
Ci mette poco, davvero poco, a convincersi e ancora meno a lasciarsi andare alle mie volontà. E quando le sfilo la maglietta penso che in fondo non le stava poi così bene. Sta meglio ora, come madre natura l'ha fatta.

È scomodo qui” commenta, rovinando il momento.
Ma proprio tutti li deve mandare all'aria?

Lo hai già fatto?” le chiedo spudoratamente.
Si, parecchie volte, stai tranquillo. Non sporcherò nulla” mi risponde, girando gli occhi al cielo.
Mi ha letto nella mente?

Ma no, non era per quello...” provo a dire, imbarazzato.
Dai, evita. Andiamo in camera tua” mi dice, fissandomi.
E lo faccio, la porto davvero in camera mia e davvero faccio sesso con lei.
È qualcosa di epico, non capita tutti i giorni di vedere un brutto anatroccolo trasformarsi in cigno. Anche se probabilmente la sua trasformazione è avvenuta un po' di tempo fa, nessuno se n'era accorto prima.

Ale... Anche se sono sicura che non lo farai di tua spontanea volontà, non dire niente a nessuno, per favore” mi chiede, nel mentre.
Shh! Pensi troppo tu. Comunque stai tranquilla, da me non uscirà niente” le dico, baciandole il collo.
Inarca la schiena e geme, ma poi scoppia a ridere.

Se da te non uscirà niente, sarà una serata sprecata” mi dice, ridendo.
Ilaria!” le dico, ammonendola.
Sto scherzando, era per ammortizzare la situazione” dice, cercando un contegno.
Se continua così non arriveremo a nulla.

Adesso basta, concentrati” le dico, provando a baciarla.
Niente da fare, lei scoppia a ridere di nuovo e mi spazientisco.

Ti riaccompagno a casa, hai vinto” dico, mettendomi a sedere di fianco a lei.
Scusa, non volevo offenderti Ale. Non voglio tornare a casa, non a questo punto” mi dice, sporgendosi verso di me e baciandomi.
Ci riprovo, ma questa volta è più semplice, stavolta ci siamo entrambi.

È un problema se rimango qui?” mi chiede dolcemente, dopo.
Vorrei risponderle di si, vorrei dirle che ho paura perché qualcosa cambierà inevitabilmente, ma non ci riesco.

Ma no, figurati” le dico, baciandole la spalla destra.
Mi addormento abbracciato a lei e, senza averne la più pallida idea, firmo la mia dolce condanna a morte.
Con questa sola notte ho deciso praticamente il mio intero futuro senza neanche saperlo. Ma al momento non mi importa, perché siamo entrambi qui, insieme.

Ehy, ciao! Allora, adesso vi spiego come funziona. Siccome nella storia mi capita di parlare spesso del primo bacio o della prima volta, volevo raccontarveli entrambi. E volevo fosse un prologo, ma purtroppo non posso modificare la storia senza perdere le recensione e, sinceramente, non mi va. Lasciate un commentino per farmi sapere che ne pensate? Ve li immaginavate così? 

A presto, Erika

   
 
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