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Autore: kiara_star    02/08/2010    5 recensioni
"Fermo in una terra sconosciuta, perso nel buio di una stanza che non gli apparteneva. Paralizzato dalle ferite in un letto sporco, con l’anima congelata dai fallimenti che stava collezionando con una spaventosa regolarità, Zoro capì bene cosa fare. Se lo impresse come un marchio ustionante sulla carne. Se lo taglio nell’anima con le sue stesse spade, affinché non ci fosse mai stato modo di tradire la strada che stava per intraprendere. "
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Roronoa Zoro
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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I promise

La stanza buia, silenziosa.
La luna che entrava col suo bagliore sfocato dal vetro della gotica finestra.
Il rumore del vento e le urla delle bestie in lontananza...
Tutto era diventato così familiare, troppo dannatamente familiare.
I secondi scanditi dal vecchio orologio a pendolo, parevano colpire il tempo con dei fendenti fatali, dilaniandolo ogni volta.
Uno... due...tre... quattro...
Era ancora in quella stanza. Debole e lontano.
Debole come forse solo ora riusciva a giudicarsi onestamente e lontano dalla sua unica fonte di vita, la sua sola famiglia.
La porta cigolò e con lenti passi un ombra fece capolino nella stanza.
- Riesci ad alzarti? – la voce dura e apparentemente disinteressata arrivava quasi stanca alle sue orecchie. Non aveva voglia di udirlo parlare.

-Oggi non è andata male come ieri - ancora parole non volute urtavano i suoi timpani.
Calma piatta.

Desiderio assente.
La voce del mondo era divenuto un sibilo morente.

Nella mezza oscurità infranta solo dal pallido fulgore della luna, poteva comunque percepire quegli occhi posarsi su di lui con tutta la fierezza che sapevano dimostrare. Ambre lucenti, gli occhi di un vero falco.

- Non ho bisogno del tuo supporto – vomitò con amarezza. Le carni dolevano, il sangue impregnava le bende e lui, sentiva scivolare via la sua dignità ogni giorno di più.
- Zoro, la mia era solo una constatazione – strinse le dita fra le lenzuola mentre le falangi parevano scricchiolare macabre.
- Io... – le parole si fermavano fra i denti.
Troppa rabbia le impastava, troppa umiliazione c’era a far vibrare le sue corde vocali.
- Io non sono ancora pronto per batterti – gli occhi del falco si chiusero per poi riaprirsi con una luce immutata
- Questo però non vuol dire che io... che io non ci proverò – le labbra sorrisero lievemente e gli occhi si richiusero ancora celando nuovamente al mondo la loro sicurezza.
- Riposa, Zoro – la maniglia si abbassò e lasciò cigolare  la porta una seconda volta. I passi si fecero lontani e l’ambra che sapeva piegare un esercito con la sua sola presenza, uscì dalla stanza. 
Era rimasto solo.
Solo con il bagliore apatico della luna, con le grida di quegli esseri nelle orecchie e con la consapevolezza che il suo sogno si stava allontanando. La strada si stava inclinando bruscamente e la ripida salita che vedeva davanti non gli lasciava neanche il tempo di riposare. Di tentare di farlo, perché se era lontano da loro, non poteva essere di certo sereno.
Non lo era mai stato sul serio, ma il demone che sentiva di serbare nel suo animo sapeva a tacere quando era con loro.

E ora, era solo.
- Rufy...- non si udì neppure, ché le due piccole sillabe scomparvero velocemente nell’aria.
Anche il suo capitano era solo.
In quel momento, con lo sguardo di ogni singolo essere della terra su di lui, con le miriadi di bocche a pronunciare il suo nome, lui, Monkey D. Rufy, era l’uomo più solo del mondo.

Fermo in una terra sconosciuta, perso nel buio di una stanza che non gli apparteneva.
Paralizzato dalle ferite in un letto sporco, con l’anima congelata dai fallimenti che stava collezionando con una spaventosa regolarità, Zoro capì bene cosa fare.
Se lo impresse come un marchio ustionante sulla carne. Se lo taglio nell’anima con le sue stesse spade, affinché non ci fosse mai stato modo di tradire la strada che stava per intraprendere.
- Rufy, te lo prometto... mai più – stavolta per pochi attimi il suono di quelle parole librò nel tempo.

Quella promessa che si legava forte ad un'altra fermò i rintocchi del pendolo. La densità stessa dell’aria mutò.

Il più forte di tutti.
Lo sarebbe divenuto. 
Era una parola data col sangue, un giuramento che avrebbe difeso ad ogni costo. Finché ne avesse avuto la forza e ancora oltre, finché avesse avuto un solo arto da usare.
Lo avrebbe difeso senza esitazioni, fino a quando le sue labbra non avessero esalato il loro ultimo respiro.

 

 

 

***

 

I'm back...
kiss kiss Chiara

  
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