I promise
La stanza buia, silenziosa.
La luna che entrava col suo bagliore sfocato dal vetro della gotica finestra.
Il rumore del vento e le urla delle bestie in lontananza...
Tutto era diventato così familiare, troppo dannatamente familiare.
I secondi scanditi dal vecchio orologio a pendolo, parevano colpire il tempo
con dei fendenti fatali, dilaniandolo ogni volta.
Uno... due...tre... quattro...
Era ancora in quella stanza. Debole e lontano.
Debole come forse solo ora riusciva a giudicarsi onestamente e lontano dalla
sua unica fonte di vita, la sua sola famiglia.
La porta cigolò e con lenti passi un ombra fece capolino nella stanza.
- Riesci ad alzarti? – la voce dura e apparentemente disinteressata arrivava quasi
stanca alle sue orecchie. Non aveva voglia di udirlo parlare.
-Oggi non è andata male
come ieri - ancora parole non volute urtavano i suoi timpani.
Calma piatta.
Desiderio assente.
La voce del mondo era divenuto un sibilo morente.
Nella mezza oscurità
infranta solo dal pallido fulgore della luna, poteva comunque percepire quegli
occhi posarsi su di lui con tutta la fierezza che sapevano dimostrare. Ambre
lucenti, gli occhi di un vero falco.
- Non ho bisogno del tuo
supporto – vomitò con amarezza. Le carni dolevano, il sangue impregnava le bende
e lui, sentiva scivolare via la sua dignità ogni giorno di più.
- Zoro, la mia era solo una constatazione – strinse le dita fra le lenzuola
mentre le falangi parevano scricchiolare macabre.
- Io... – le parole si fermavano fra i denti.
Troppa rabbia le impastava, troppa umiliazione c’era a far vibrare le sue corde
vocali.
- Io non sono ancora pronto per batterti – gli occhi del falco si chiusero per
poi riaprirsi con una luce immutata
- Questo però non vuol dire che io... che io non ci proverò – le labbra
sorrisero lievemente e gli occhi si richiusero ancora celando nuovamente al
mondo la loro sicurezza.
- Riposa, Zoro – la maniglia si abbassò e lasciò cigolare la porta una seconda volta. I passi si fecero
lontani e l’ambra che sapeva piegare un esercito con la sua sola presenza, uscì
dalla stanza.
Era rimasto solo.
Solo con il bagliore apatico della luna, con le grida di quegli esseri nelle
orecchie e con la consapevolezza che il suo sogno si stava allontanando. La
strada si stava inclinando bruscamente e la ripida salita che vedeva davanti
non gli lasciava neanche il tempo di riposare. Di tentare di farlo, perché se
era lontano da loro, non poteva
essere di certo sereno.
Non lo era mai stato sul serio, ma il demone che sentiva di serbare nel suo
animo sapeva a tacere quando era con loro.
E ora, era
solo.
- Rufy...- non si udì neppure, ché le due piccole sillabe scomparvero
velocemente nell’aria.
Anche il suo capitano era solo.
In quel momento, con lo sguardo di ogni singolo essere della terra su di lui,
con le miriadi di bocche a pronunciare il suo nome, lui, Monkey
D. Rufy, era l’uomo più solo del mondo.
Fermo in una terra sconosciuta, perso nel buio di una stanza che non gli
apparteneva.
Paralizzato dalle ferite in un letto sporco, con l’anima congelata dai fallimenti
che stava collezionando con una spaventosa regolarità, Zoro capì bene cosa
fare.
Se lo impresse come un marchio ustionante sulla carne. Se lo taglio nell’anima
con le sue stesse spade, affinché non ci fosse mai stato modo di tradire la
strada che stava per intraprendere.
- Rufy, te lo prometto... mai più – stavolta per pochi attimi il suono di
quelle parole librò nel tempo.
Quella
promessa che si legava forte ad un'altra fermò i rintocchi del pendolo. La
densità stessa dell’aria mutò.
Il più forte
di tutti.
Lo sarebbe divenuto.
Era una parola data col sangue, un giuramento che avrebbe difeso ad ogni costo.
Finché ne avesse avuto la forza e ancora oltre, finché avesse avuto un solo
arto da usare.
Lo avrebbe difeso senza esitazioni, fino a quando le sue labbra non avessero
esalato il loro ultimo respiro.
***
I'm back...
kiss kiss Chiara