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Autore: ArinMiriamKane    02/08/2010    4 recensioni
E' una storiella ispirata al libro Percy Jackson, e mi sono immaginata una figlia di Ares (Miriam) e il suo rapporto con suo padre. Buona lettura.
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Miriam entrò nell'Empire e si diresse decisa verso l'ascensore. Aveva le scarpe, cosa rara per lei, ma quel giorno aveva piovuto, e andare in giro a piedi nudi non le sembrava una buona idea.
Quando arrivò in cima, sperò che fosse Poseidone, o un altro degli Dei, ad accoglierla, ma non fu così. All'Olimpo c'era suo padre, Ares, il Dio della Guerra, che come al solito evitò accuratamente di salutarla.
"Ci sono visite, a quanto vedo..." disse, squadrando la figlia da capo a piedi. "Strano, hai deciso di metterti le scarpe?" chiese stupito. Miriam sospirò.
"Si, ciao, papà." disse, come sempre quando lo vedeva. Lui non la salutava e lei evitava accuratamente le sue domande, o rispondeva in modo sarcastico. Era una routine, una cosa a cui non potevano sfuggire ormai.
"Cosa ti porta qui? Qualche permesso non firmato? Oppure hai fatto qualcosa di sbagliato e ti hanno mandata da me perchè io ti dia una... Ripassata, si dice oggi?" Miriam si avvicinò e si mise davanti a lui, piegandosi per essere alla sua altezza, visto che era seduto.
"Non ho fatto niente, papà, devi solo firmare un permesso." disse, mostrandogli il foglio che aveva in mano. Lui lo prese, lesse distrattamente e lo riconsegnò alla figlia, che controllò che la firma fosse comparsa. Effettivamente, la firma c'era.
"Come faccio a essere sicura che non scomparirà, quando la darò a Chirone?" domandò, guardandolo scettica. Ares guardò la figlia, aprendo le braccia e facendo il finto offeso.
"Quando mai ti ho fatto una cosa del genere?" lei si mise le mani sui fianchi, guardandolo esasperata.
"Quando avevo sette anni, quando ne avevo dieci e quando ne avevo tredici. Quando ne avevo sette dovevo andare in un acquario, quando ne avevo dieci in un museo e quando ne avevo tredici dovevo andare in Grecia, perchè Chirone ci stava mostrando le nostre origini." rispose. Lui sgranò gli occhi, mettendo una mano sul mento.
"Te le ricordi." disse solo, guardando sorpreso la figlia.
"Beh, non sono episodi difficili da dimenticare. Chirone mi ha messo in punizione per un mese, tutte e tre le volte." Ares ridacchiò, ma porse la mano alla figlia, invitandola a ripassargli il foglio.
"Ecco, appunto." Lui lo guardò e glielo ripassò.
"Adesso è a posto, cara mi-ricordo-tutte-le-volte-che-mio-padre-mi-ha-fatto-uno-scherzo-innocente." Lei lo guardò esasperata.
"Non erano scherzi innocenti. Comunque grazie, papà." disse, facendo per andarsene.
"Nemmeno saluti il tuo paparino?" chiese, sarcastico. Lei si voltò.
"Tu non mi saluti mai..." disse, guardandolo scettica. "Però, siccome io sono educata, lo faccio lo stesso. Ciao, papà" e uscì.

  
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