“Quanto
manca? Quanto manca? Siamo arrivati?” continuava a ripetere
perentoria Shirley. “Perché non la smetti una
volta tanto … E non tirarmi i capelli, li ho appena
piastrati!” esclamò furibonda Hannah: guai a
toccarle i capelli! “Smettetela
là dietro, su, siamo quasi arrivati”se non fosse
stato per il fatto che ormai era la decima volta che dicevano la
stessa, identica, cosa, ci avrei volentieri creduto, solo per il fatto
di potermi staccare da quelle superficiali sorelle che mi ritrovo:
perdonate la maleducazione, io mi chiamo Carter Evans, e sono il figlio
primogenito di Carl e Samantha Evans. Molti mi considerano un
ragazzo disturbato, e ancora adesso vado dallo psicologo per superare
tutto l’accaduto. Volete che ve lo racconti? Non siete obbligati a
leggere: sinceramente, credo che non vi convenga. Ma se scegliete di
rischiare, accomodatevi. Questa storia comincia
con una telefonata: mio padre è un importante uomo
d’affari ed è obbligato a girare il paese, ma la
notizia comunicatagli riguarda un trasferimento a causa di una nuova
campagna pubblicitaria, precisamente a Ludlow, nel Maine. Fantastico. Ma continuiamo
…
“Oh, allora
siamo arrivati, finalmente!” esclamò in preda
all’isteria Hannah -sapete, quando vuole Shirley fa saltare i
nervi- scendendo dall’auto familiare. “Hey, Carter,
togli il tuo sedere dalla mia rivista” mi urlò
contro scandalizzata. “E tu questa la chiami rivista? Su
Disney Channel e Zac Efron?!” A volte proprio non la capivo:
valanghe di soldi spesi in High School Musical, o Camp Rock. Soldi
buttati dalla finestra. “Sì,
lo è, meglio comunque dei tuoi libri su magia e occulto,
roba da fare i brividi” mi rispose, incavolata nera.Lasciamo
perdere. Quando mi voltai verso
la nostra casa mi caddero - metaforicamente - le braccia: che
catapecchia! “Ehm,
papà, siamo sicuri che questa scatola sia
abitabile?” chiesi ironicamente. “Certo che lo
è: io credo che sia perfetta” mi rispose, quando
qualcuno ci chiamò. “Hey, voi
siete i nuovi vicini! Come butta?” Come butta? Ma era
questo il modo di parlare per un sessantenne obeso e pelato?! “Bene, grazie,
io sono Carl e lui è mio figlio Carter” si
presentò mio padre facendo cenno anche a me di avvicinarmi. “Buongiorno”
salutai cercando di essere rispettoso, anche se era piuttosto
difficile. “Ciao, ragazzo! Allora, non pensavo che questa
casa si sarebbe riempita di nuovo, prima o poi!Soprattutto dopo quella
tragedia …” cominciò il vicino - senza
presentarsi - lasciando volutamente la frase incompiuta. “Tragedia?
Quale tragedia?” chiesimo in contemporanea io e mio padre,
lui preoccupato, io incuriosito. “Oh, qualche mese fa un
uomo, un dottore, Creed, mi pare si chiamasse, che viveva in questa
casa ha sterminato tutta la sua famiglia” spiegò
semplicemente l’uomo. “Oh mio
dio” mormorò Carl in pensiero; “e
adesso, è in prigione?” “Bè,
veramente no, l’hanno rilasciato per infermità
mentale … ma non vive più qui, non si
preoccupi” si affrettò ad aggiungere. Improvvisamente, non mi
curai più dell’uomo che mi stava di fronte,
perché continuavo a pensare al pazzo: cosa era successo per
scatenare la sua psicosi? C’era qualcosa di strano in tutta
la vicenda. Fu allora che lo vidi:
un uomo, con la barba, mi fissava sorridendo.Sembrava quasi che mi
stesse aspettando, che fossi un predestinato, o qualcosa del
genere.Solo un flash. E poi sparì.
NOTE:Ah, non ce l'ho fatta! Purtroppo sono un'accanita fan di Stephen
King e i miei romanzi preferiti sono Misery (l'ho letto 3 volte e mi fa
ancora paura) e Pet Sematary. Spero vi piaccia, ciao <