Hands
Il bambino lo fece rivolgendogli un sorrisetto ironico.
Linda rise tracciando alcune bozze a matita.
Era da qualche tempo che voleva fargli un ritratto,
incuriosita da Near. Finalmente, aveva avuto il coraggio di
chiederglielo poiché
non voleva mai giocare fuori con gli altri bambini.
Forse il suo ritratto poteva rivelarle le celate sfaccettature
della sua personalità che appariva quasi inesistente.
Che Cosa c’era dietro quei gesti?
La sua voce perché era così spenta?
Tracciava linee delicate e morbide, per rendere giustizia a
quel viso infantile e impassibile, magari la matita poteva svelargli la
verità.
Si lasciò distrarre da lui, per un attimo, era incantata dal
modo in cui prendeva a caso un tassello e magicamente era quello
giusto, senza
mai sgarrare.
Dopotutto era un puzzle bianco, tutti i pezzi apparivano
quasi uguali.
Near non esitava un secondo e quando lo finiva, lo
distruggeva per poi ricomporlo.
Era un gesto così ossessivo, ma ai suoi occhi appariva quasi
normale.
In quell’orfanotrofio tutto era possibile.
Ritornò sul suo album per rifinire il disegno, forse un
po’
innervosita, perché non era riuscita a donare
un’anima a quel pezzo di carta
bianca e insignificante.
Near non parlò, ogni tanto alzava su la testa come Linda
aveva
chiesto.
Lei finì e prese la sua scatola di matite. Forse con un
po’
di colore sarebbe stato più bello.
La guardò un po’ amareggiata osservando per bene i
capelli e
l’abbigliamento di Near.
Si fece coraggio e gli domandò il perché,
terrorizzata da un
altro lungo e straziante silenzio.
-Near perché ti vesti sempre di bianco?-
-Perché non conosco i colori-
Linda rimase basita dalla risposta, come faceva a non
conoscerli?
-In che senso?-
Near non la degnò di uno sguardo, cominciò ad
arricciarsi i
capelli con le dita e rispose.
-Al mondo esistono solo due colori, il bianco e il nero. Non
esistono sfumature, è soltanto una nostra illusione. Quelle
matite che tieni
tra le mani rappresentano la falsità, il cielo non ha mai
detto di essere
azzurro, è soltanto la sua maschera per celare luce e buio.
Io voglio essere luce, conosco la giustizia e so che è
bianca, perché indossare una maschera di colore?-.
Near chinò la testa e guardò il suo puzzle
completato, era
bianco e così perfetto.
Anni
dopo guardare quel puzzle gli faceva ribrezzo, lo
schifava.
Era stato appena completato, sì.
Ma da chi?
Stringeva tra le mani pezzi consumati, ormai persi, usati.
Non provava più quella sensazione di soddisfazione, era fin
troppo lontana dalla realtà.
Quei pezzetti di cartone non davano più felicità
o forse non
l’avevano mai data.
Rimpianse l’infanzia e quell’ingenuità
tipica di ogni
bambino.
Anche lui lo era, inutile negarlo, solo ora l’aveva capito.
Chiudere gli occhi e dimenticare era impossibile, o meglio
non voleva farlo.
Agiva da automa. la sua voce afona rispecchiava il suo stato
d’animo.
Per lui era semplice nascondersi; tra gesti ossessivi o
barriere di carte.
Nessuno lo conosceva, della sua esistenza non importa più a
nessuno, apparte per motivi di lavoro.
Gli mancava l’odio.
Era desideroso di essere odiato, ancora una volta, per
capire cosa si nascondesse.
Che cosa celava Mello dietro quello sguardo capace di
uccidere?
Cogliere la verità che giaceva sul fondo.
Quello era il caso più importante della sua vita.
E aveva perso.
Davanti a lui una schiera di caduti.
Le loro espressioni contraddittorie si beffavano di Near,
eppure lui era in piedi.
Rialzarli era un tentativo invano, non c’erano più
tasselli
da riordinare.
Tanti pezzi di plastica da gettare.
Quanto avrebbe voluto giocarci, per l’ultima volta.
Le sue mani bianche esitavano su ogni pezzo di puzzle.
Il bianco non gli apparteneva più.
-Near,
bisogna concludere il caso devi avv..- Lester
rimase sulla porta ancora incredulo.
Non ci poteva credere.
Near si sfregò le mani coperte da guanti color rosso acceso.
Gesticolava come se fosse una seconda pelle. Il tessuto sottile sotto
la luce
della finestra sembrava ancora più acceso.
-Cosa è?-
-è rosso-
-Ma cosa significa?- si avvicinò di qualche passo per vedere
meglio i guanti fini e leggeri.
-Kira ha lasciato in ognuno di noi segni invisibili e non,
ha portato odio, terrore e ignoranza. Si è proclamato nostro
unico salvatore,
dai mali e dai peccati, senza ragionare sulle conseguenze, come un
bambino
ingenuo.
Il suo pensiero ha sporcato gli animi di nero e macchiato le
mani di rosso.
Ha scatenato una guerra tra le coscienze umane, rendendoci
succubi da una parodia di giustizia. Con il solo pensiero di un uomo si
può
uccidere chiunque, basti solo pensarlo, l’egoismo
è il vero male.
Anch’io ci sono caduto, l’ho fatto…e
adesso ho su di me i
segni.
Per i miei scopi ho ucciso,
non sono così distante da Kira.
Ecco cosa significa.
Questo che ho sulle mani è rosso ed è indelebile-.
Sospirò completando il suo puzzle nero,
non esitò a mettere insieme tutti i pezzi.
Gli apparteneva, ora e per sempre.
Angolo Autrice
Buttata
giù in pochi minuti e non so davvero da dove mia sia
uscita…
Ho cercato di rendere un Near con i sensi di colpa,
nonostante non mi faccia impazzire come personaggio. Spero di non aver
modificato troppo il suo carattere e di aver reso i suoi discorsi Ic.
A voi il giudizio.
Bye.