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Autore: MagentaSmoke    04/08/2010    2 recensioni
-Near perché ti vesti sempre di bianco?-
-Perché non conosco i colori-
-Io voglio essere luce, conosco la giustizia e so che è bianca,perché indossare una maschera di colore?-
Le sue mani bianche esitavano su ogni pezzo di puzzle.
Il bianco non gli apparteneva più.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Near
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Hands

 

 



-Near, ti dispiace girarti?-
Il bambino lo fece rivolgendogli un sorrisetto ironico.
Linda rise tracciando alcune bozze a matita.
Era da qualche tempo che voleva fargli un ritratto, incuriosita da Near. Finalmente, aveva avuto il coraggio di chiederglielo poiché non voleva mai giocare fuori con gli altri bambini.
Forse il suo ritratto poteva rivelarle le celate sfaccettature della sua personalità che appariva quasi inesistente.
Che Cosa c’era dietro quei gesti?
La sua voce perché era così spenta?
Tracciava linee delicate e morbide, per rendere giustizia a quel viso infantile e impassibile, magari la matita poteva svelargli la verità.
Si lasciò distrarre da lui, per un attimo, era incantata dal modo in cui prendeva a caso un tassello e magicamente era quello giusto, senza mai sgarrare.
Dopotutto era un puzzle bianco, tutti i pezzi apparivano quasi uguali.
Near non esitava un secondo e quando lo finiva, lo distruggeva per poi ricomporlo.
Era un gesto così ossessivo, ma ai suoi occhi appariva quasi normale.
In quell’orfanotrofio tutto era possibile.
Ritornò sul suo album per rifinire il disegno, forse un po’ innervosita, perché non era riuscita a donare un’anima a quel pezzo di carta bianca e insignificante.
Near non parlò, ogni tanto alzava su la testa come Linda aveva chiesto.
Lei finì e prese la sua scatola di matite. Forse con un po’ di colore sarebbe stato più bello.
La guardò un po’ amareggiata osservando per bene i capelli e l’abbigliamento di Near.
Si fece coraggio e gli domandò il perché, terrorizzata da un altro lungo e straziante silenzio.
-Near perché ti vesti sempre di bianco?-
-Perché non conosco i colori-
Linda rimase basita dalla risposta, come faceva a non conoscerli?
-In che senso?-
Near non la degnò di uno sguardo, cominciò ad arricciarsi i capelli con le dita e rispose.
-Al mondo esistono solo due colori, il bianco e il nero. Non esistono sfumature, è soltanto una nostra illusione. Quelle matite che tieni tra le mani rappresentano la falsità, il cielo non ha mai detto di essere azzurro, è soltanto la sua maschera per celare luce e buio.
Io voglio essere luce, conosco la giustizia e so che è bianca, perché indossare una maschera di colore?-.
Near chinò la testa e guardò il suo puzzle completato, era bianco e così perfetto.

 

 

Anni dopo guardare quel puzzle gli faceva ribrezzo, lo schifava.
Era stato appena completato, sì.
Ma da chi?
Stringeva tra le mani pezzi consumati, ormai persi, usati. 
Non provava più quella sensazione di soddisfazione, era fin troppo lontana dalla realtà.
Quei pezzetti di cartone non davano più felicità o forse non l’avevano mai data.
Rimpianse l’infanzia e quell’ingenuità tipica di ogni bambino.
Anche lui lo era, inutile negarlo, solo ora l’aveva capito.
Chiudere gli occhi e dimenticare era impossibile, o meglio non voleva farlo.
Agiva da automa. la sua voce afona rispecchiava il suo stato d’animo.
Per lui era semplice nascondersi; tra gesti ossessivi o barriere di carte.
Nessuno lo conosceva, della sua esistenza non importa più a nessuno, apparte per motivi di lavoro.
Gli mancava l’odio.
Era desideroso di essere odiato, ancora una volta, per capire cosa si nascondesse.
Che cosa celava Mello dietro quello sguardo capace di uccidere?
Cogliere la verità che giaceva sul fondo.
Quello era il caso più importante della sua vita.
E aveva perso.
Davanti a lui una schiera di caduti.
Le loro espressioni contraddittorie si beffavano di Near, eppure lui era in piedi.
Rialzarli era un tentativo invano, non c’erano più tasselli da riordinare.
Tanti pezzi di plastica da gettare.
Quanto avrebbe voluto giocarci, per l’ultima volta.
Le sue mani bianche esitavano su ogni pezzo di puzzle.
Il bianco non gli apparteneva più.

 

 

-Near, bisogna concludere il caso devi avv..-  Lester rimase sulla porta ancora incredulo.
Non ci poteva credere.
Near si sfregò le mani coperte da guanti color rosso acceso. Gesticolava come se fosse una seconda pelle. Il tessuto sottile sotto la luce della finestra sembrava ancora più acceso.
-Cosa è?-
-è rosso-
-Ma cosa significa?- si avvicinò di qualche passo per vedere meglio i guanti fini e leggeri.
-Kira ha lasciato in ognuno di noi segni invisibili e non, ha portato odio, terrore e ignoranza. Si è proclamato nostro unico salvatore, dai mali e dai peccati, senza ragionare sulle conseguenze, come un bambino ingenuo.
Il suo pensiero ha sporcato gli animi di nero e macchiato le mani di rosso.
Ha scatenato una guerra tra le coscienze umane, rendendoci succubi da una parodia di giustizia. Con il solo pensiero di un uomo si può uccidere chiunque, basti solo pensarlo, l’egoismo è il vero male.
Anch’io ci sono caduto, l’ho fatto…e adesso ho su di me i segni.
Per i miei scopi ho ucciso, non sono così distante da Kira.
Ecco cosa significa.
Questo che ho sulle mani è rosso ed è indelebile-.
Sospirò completando il suo puzzle nero, non esitò a mettere insieme tutti i pezzi.
Gli apparteneva, ora e per sempre.

  

Angolo Autrice

 

Buttata giù in pochi minuti e non so davvero da dove mia sia uscita…
Ho cercato di rendere un Near con i sensi di colpa, nonostante non mi faccia impazzire come personaggio. Spero di non aver modificato troppo il suo carattere e di aver reso i suoi discorsi Ic.
A voi il giudizio.
Bye.  

 

  
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