... Ok, lo ammetto, il mio istinto materno (innato) mi spinge a non lasciarvi abbandonati a voi stessi qui, su questo sito!
Fate tutti quanti i bravi mentre sono via!
Spero
gradiate il piccolo regalino! Ero così ben ispirata che l'ho
scritto tutto d'un fiato in 3 ore e mezza (da mezzanotte alle tre e
trenta del mattino, sono un pipistrello) con l'ausilio di una canzone
che, seppur vagamente tamarra per i miei gusti, ha funzionato! "Somebody to love"
Non chiedetemi perché è stata proprio lei la soundtrack di questa shot, neanche io lo so 0_o!
ANNUNCIO
AI LETTORI: QUESTO E' UNO SPIN OFF! Chi ancora non conosce la storia di
Clarissa e Tom, può leggerla nella mia storia precedente "Point
of view", ma vi assicuro che questo racconto è comprensibile
anche da isolato.
Per chi già conoscesse i personaggi, invece, sappiate che il
contesto li vede collocati esattamente tra "Point of view" e "Falling
in love"!
Alla prossima settimana!
Ciry
***
THE WAY YOU LOOK TONIGHT
Ormai certa
dell’appuntamento fissato, Clarissa cancellò dal cellulare l’ultimo messaggino da
parte di Tom.
Lei,
sposina novella e ottima amica, al momento impegnata in Galles con alcune
rappresentazioni teatrali, aveva detto con entusiasmo al marito: “Salutamela
tanto, dille che appena torno ceniamo insieme!”
E
lui, il fidanzato a lungo desiderato, nonché fratello non di sangue del suo
collega, l’aveva incoraggiata tranquillo: “Vai pure, me lo chiedi anche?!
Divertiti e salutami quell’altro scemo!”. Poi era tornato in giro per le varie
trasmissioni TV insieme a Dougie.
C’erano
delle volte in cui due di loro bastavano per le interviste o le conferenze
stampa, così in quell’occasione erano stati Tom e Harry a prendersi una
meritata pausa.
Non
dovevano neanche preoccuparsi della stampa, perché in quel periodo i media
inglesi erano tutti con gli sguardi rivolti al principe William, forse prossimo
al matrimonio, forse prossimo a fare notizia perché respirava…
Era
stato proprio Tom a tranquillizzarla, sotto quel punto di vista, perché se
fosse dipeso da lei… difficilmente avrebbero finito per darsi appuntamento in
pieno centro a Londra per fare shopping e cenare insieme.
Nonostante
conoscesse bene i modi e le mosse dei paparazzi, da amica dei McFly e da
fidanzata di Danny, doveva ammettere di non esserci proprio abituata, a tutta
quell’attenzione non richiesta nei confronti del suo universo placido,
ordinario e riservato.
Si
era truccata, aveva scelto di mettere un vestitino al posto dei soliti jeans,
aveva ravvivato le onde dei suoi capelli con un po’ di gel e si era lambiccata
il cervello per diversi minuti, alla ricerca dell’abbinamento cromatico più
azzeccato tra borsa e scarpe.
Quell’appuntamento
era SPECIALE, quasi quanto uno di quelli veri e propri, uno di quelli in cui
erano due futuri fidanzatini ad incontrarsi, per conoscersi meglio e per passare
dall’infatuazione all’innamoramento.
Clarissa
sapeva benissimo che ad attenderla alla metro ci sarebbe stato solo lui, solo
Tom, solo un amico, un grande amico, ma niente di più.
Ma
Tom era speciale.
Era
automatico per lei pensare che fosse speciale.
Perciò
era altrettanto automatico trattarlo come tale, specie se non usciva con lui da
un’eternità e mezzo.
Accelerò
il passo verso l’uscita, sentendosi una scheggia svolazzante in mezzo alla
folla di uomini e donne d’ufficio, di vagabondi e di turisti, con le sue
ballerine ai piedi e la gonna a fiori lunga fino al ginocchio, frusciante come
un gonnellone da ballo.
Si
aggrappò al corrimano per salire meglio le scale, evitò ogni scontro con
persone o bagagli con notevole abilità- frutto dell’esperienza – e, dopo aver
superato lo sportello d’uscita dalla stazione, si fermò in disparte nel
corridoio per gli ultimi ritocchi: i capelli erano a posto, il trucco anche, a
giudicare dal suo specchietto.
Sbatté
le palme sul vestito per essere sicura di essere veramente pronta, poi uscì
alla luce del sole.
Romantica
com’era, le batté forte il cuore quando lo scorse tra la folla, dopo qualche
istante di disorientamento in cui non aveva saputo riconoscerlo.
Portava
solo un paio di Ray- Ban per cercare di restare anonimo in mezzo alla gente.
Quando
la vide, le sorrise e si avvicinò, non senza guardarsi intorno con aria
circospetta, come faceva sempre del resto, da celebrità.
Yes,
you're lovely with your smile so warm
And your cheeks so soft…
There is nothing for me but to love you
And the way you look tonight.
“Da
parte di un uomo, è buffa questa domanda…!” esclamò la ragazza in risposta,
ridacchiando.
Tom
scosse la testa, si abbassò leggermente gli occhiali e, fissandola, affermò:
“Hai di fronte a te un fashionista. Non verrei mai approvato da nessuna rivista
di moda, né da nessuno stilista, ma solo Gi, Carrie e tu sapete quanto mi
piaccia perder tempo in queste stronzate…”
“E’
vero, e infatti non mi preoccupo più all’idea di dover svernare nel reparto
maschile di un qualsiasi negozio… Che facciamo, andiamo?”
“Vamos!” concluse l’altro, porgendole il
gomito per far sì che lei vi agganciasse il suo braccio.
“Claire?”
fece, voltandosi verso di lei mentre continuava a camminare.
Clarissa
gli rispose con un “Mh?”, mantenendo lo sguardo sereno davanti a sé.
“Perché
io sono vestito come un deficiente e tu stai così bene con questo vestito? A
proposito, è nuovo? Non credo di avertelo mai visto addosso!”
L’amica
fece uno sforzo tremendo per non arrossire e rispose con un sorriso contenuto:
“Grazie! L’ho preso un anno fa, forse da Zara, era in saldo… E non stai male!”
Gli
rivolse un’occhiata sorridente, osservando i suoi soliti pantaloni a sigaretta,
neri come la sua T- Shirt, semplice, di cotone, con le cuciture gialle, in tono
con le sue All Star.
“No,
ormai ho deciso: mi compro qualcosa di decente per stasera, o mi farai
sfigurare…” confermò risoluto il chitarrista, prima di sorriderle divertito.
Clarissa
scosse la testa, lasciandosi contagiare dalla sua allegria, e si strinse
impercettibilmente più forte al suo braccio.
Un
commesso le si fermò accanto, domandando con discrezione: “Se avete qualche
problema con la taglia, posso controllare in magazzino e…”
“Oh,
no no, grazie…” lo interruppe lei, sorridendogli “E’ soltanto indeciso, ci
mette sempre un sacco per comprarsi un vestito…”
Il
ragazzo ribatté con una risatina e prima di andarsene la pregò di chiamarlo,
nel caso avessero avuto bisogno.
“Pensavo
a questa… che ne dici? È la più versatile di tutte!” le spiegò quando gli fu
davanti, una semplice camicia a maniche corte addosso, piuttosto attillata e
lasciata fuori dai pantaloni.
Gialla
come un limone.
La
sua amica sollevò le sopracciglia, stupita, e lo avvertì: “Se sei convinto tu…!
Ti ricordo che un colore così non è così facile da abbinare…”
Tom
sospirò, inquieto, e disse, riferendosi alle camicie già provate: “Quella nera
a righe bianche non mi piace, mi sembra troppo… rigida… Il verde mi fa sembrare
un malato, e poi quel colletto sembrava troppo esagerato… E poi a me il giallo
piace!”
“Per
carità, allora prendi questa, prima che cambi di nuovo idea!” sbottò la
ragazza, ridacchiando.
“Vuoi
che ti cerchi una giacca da abbinarci?”
“Sai
che non è affatto una cattiva idea…?”
“Voi
dite?” domandò Tom, fermandosi davanti a loro con aria un po’ perplessa.
“Perché,
cosa c’è che non ti piace?” fece la ragazza, osservandolo dal basso.
“Non
lo so, forse è troppo… larga… Voglio dire, forse veste in modo un po’ strano,
perché mi sento un po’ come… Oliver Twist!”
La
ragazza socchiuse gli occhi, assumendo un’espressione interrogativa.
“Oliver
Twist?”
“Sì,
sai, quando nei film porta quelle giacche troppo grandi e lui ci si perde
dentro mentre gironzola per le strade… Ma non hai mai visto un film su Oliver
Twist?!”
Il
commesso sorrise conciliante e gli porse la solita giacca, di una taglia più
piccola, affermando con sicurezza: “Credo che in una M ti sentirai meglio!”
“Ah,
grazie! Claire, reggeresti un attimo questa?”
Prendendo
la taglia rifiutata tra le mani, la ragazza si voltò verso il commesso e
bisbigliò: “Oliver Twist, questo paragone non l’avevo mai sentito…”
Il
ragazzo fece spallucce, soffocando una risatina.
Uscirono
dal negozio un’ora e un quarto più tardi.
Il
portafoglio di Tom conteneva circa duecento sterline in meno.
A
Clarissa borbottava rumorosamente lo stomaco per la fame.
Ma
almeno entrambi avevano conservato il buonumore.
“Non
è vero! Per la camicia ti ho ascoltato!”
“No!
Io preferivo quella nera, poi tu mi hai detto Ma Claire, mi sta meglio quella gialla, quella gialla è meglio di
quella nera, e dài, Claire! e io ho detto Ok, come ti pare!”
“Alla
fine, comunque, ho speso bene i miei soldi, no?”
Annuì,
dandogli pienamente ragione.
Ora
portava i suoi pantaloni e le sue scarpe, ma aveva la camicia gialla con sopra
la giacca nera, lunga fino alla cintura, informale eppure elegante, indossata aperta.
Sotto
il cotone della camicia, sbottonata per tre asole, Clarissa riusciva ad
intravedergli il torace, non più mingherlino come un tempo, bensì tonico, un
buon riempitivo di quel capo, a giudicare anche dal bicipite a cui si stava
appoggiando.
Ma,
diamine, lui era un uomo e lei una donna.
Prima
o poi qualcuno doveva pur accorgersene.
E
lei lo aveva notato seriamente solo quel pomeriggio.
Anche
se al di là di quel fisico asciutto e di quella bella mascella virile, riusciva
sempre a scovare il solito bambinone che aveva conosciuto al supermercato, con
il sorriso buffo e la vocetta nasale.
Tom
la distolse dai suoi pensieri con quella sua affermazione soddisfatta.
Lei
abbassò gli occhi per confrontare le mise di entrambi e sentenziò: “Io col
vestito marrone e celeste, tu in giallo e nero… Un po’ azzardato, non trovi?”
“Certo,
altrimenti non saremmo noi!”
La
ragazza sorrise, orgogliosa.
“Hai
ragione!”
“Come
sempre…”
“Andiamo,
vanesio, accelera il passo, perché sto morendo di fame!”
“Per
me un filetto, grazie, con salsa ai funghi…”
“Invece
io vorrei la bistecca a T, al sangue…”
“Sì,
signori… Cosa posso portarvi da bere?”
“Mmmhh…”
esitarono entrambi.
Poi
Clarissa ammiccò ad una riga nel menù e Tom capì.
“Del
vino rosso, grazie, il Port!”
“Molto
bene, vi ringrazio…”
Clarissa
gli fissò il sedere con non chalance, facendo apprezzamenti a voce bassa.
“Ha
proprio un bel culo, il tipo…” commentò, tornando a concentrarsi sul suo
coperto.
“Povero
Jones… Il gatto va via e i topi ballano!” scherzò Tom, sistemandosi il
tovagliolo sulle gambe.
“Ma
io guardo anche il culo di Jones!” si giustificò la ragazza sorridendo, due
pomelli rossi sulle guance.
L’amico
sghignazzò: “Tutte uguali, voi donne! Ogni tanto anche Gi mi indica qualche
culo qua e là, dicendo Guarda che
chiappe!... Sai che gioia, ritrovarsi ad incrociare deretani sconosciuti,
per di più maschili!”
“Ci
siamo emancipate, ora anche noi guardiamo il culo agli uomini, quindi
rassegnatevi…” gli spiegò lei, ironica.
“Un
giorno finiremo tutti per subire le vostre volgarità mentre passeggiamo ignari
per la strada, che bello, personalmente non vedo l’ora! Ho sempre sognato di
essere oggetto di apprezzamenti da camionista da parte di una ragazza, sai? È
proprio una delle mie fantasie erotiche preferite!”
Clarissa
si mise il tovagliolo davanti alla bocca per non ridere sonoramente in faccia
al chitarrista, che continuò imperterrito a parlare, con il preciso scopo di
farla scoppiare dall’ilarità.
“Dico
davvero, sai! Ci sono delle notti in cui mi sento particolarmente in forma,
così chiedo a Gi di trattarmi un po’ male, un po’ come un oggetto, di chiamarmi
puttanella, di abbandonarmi subito
dopo che mi ha violato! E d’inverno, a volte, le chiedo di essere ancora più…
più mascolina! Così scoreggia sotto le coperte e non abbiamo bisogno del
riscaldamento!!!”
“Vado…
vado in bagno a lavarmi… le mani, razza di scemo! Torno subito!”
“Torna
presto, caro!” cantilenò a voce alta, sventolando la salvietta alla schiena
dell’amica, di cui vide sussultare le spalle, segno che stava di nuovo per
mettersi a ridere.
Caro.
In
diverse occasioni, per gioco, l’aveva chiamata così: lui fingeva di essere la
donnina vittoriana scandalizzata davanti a lei, il maschiaccio mancato che si
faceva scappare un rutto dopo la birra o che andava in giro con i jeans più
consumati del mondo, strappati sulle ginocchia e non sul fondoschiena, come
quelli di molte altre ragazze, che contrariamente a lei, non usavano una
parolaccia ogni venti secondi, ma che neanche sapevano far divertire la gente
come lei…
Forse
perché si era messa con Danny, o magari perché un giorno, guardandosi allo
specchio, aveva capito di essere una donna a tutti gli effetti.
In
ogni caso, era migliorata.
Era
sempre la solita piccoletta con poco seno che aveva avuto la fortuna di
conoscere tanti anni prima, sì.
Però
le gambe si erano affinate, avevano assunto una forma più sinuosa, così come la
curva dei fianchi.
Il
viso, anche quello era cambiato, diventando più affinato, ma senza mai perdere
quel non so che di tenero che gli aveva sempre dato da pensare, come amico,
forse anche un po’ come “fratellastro maggiore”.
Spesso
aveva temuto che quel faccino così pulito si sarebbe fatto incorniciare dalle
mani sbagliate.
Ma
lei era intelligente, e accanto a sé aveva un ragazzo di cui lui si fidava al
cento per cento.
Ma
ogni volta era sempre bello, nonostante i cambiamenti.
Anche
se lui ora era un uomo sposato e lei una bella ragazza, fatta e finita.
Per
lui sarebbe sempre stata quell’adorabile piccoletta di Claire.
Lovely
... Never, ever change.
Keep that breathless charm.
Won't you please arrange it ?
'Cause I love you ... Just the way you look tonight…
“Ah,
qualcosa bolle in pentola?” chiese l’amica, incuriosendosi.
Il
chitarrista sorrise e rispose: “Un nuovo singolo, con tutta probabilità in
Autunno… ma per ora aspettiamo…”
“Gli
altri lo sanno?”
“No,
non ancora… Glielo dirò domani in studio…”
“Oh,
bene, almeno Jones lavorerà di più e si toglierà da sotto il mio stesso tetto!”
Tom
ridacchiò e chiese: “Che cosa fa? Ti suona le serenate fino allo sfinimento?”
“No,
ci mancherebbe solo questo!!!” esclamò l’altra, poggiando sul tavolo il boccale
vuoto “E’ solo che ultimamente sta facendo lo spettro che non trova pace e che
girovaga per casa, gli mancano solo le catene alle braccia per risultare
credibile! Si annoia a stare in casa, ed è stufo di strimpellare la chitarra in
casa, è chiaro!”
“Troverò
un bel po’ di lavoro per il povero musicista disoccupato, promesso!” la
rassicurò divertito lui, prima di alzarsi per andare a pagare le birre.
Tom
finse di scandalizzarsi e con voce stridula dichiarò: “Non mi sento ancora
pronta!”
Lei
si mise a ridere e lui si ricompose, declinando comunque l’invito…
“Devo
dirti di no, davvero, domani devo alzarmi presto… Gi torna domattina alle otto
e devo andare a prenderla all’aeroporto!”
“Dormirò
anche per te allora… Domani ho il turno nel pomeriggio in libreria!” lo canzonò
l’altra, beccandosi così un lieve pizzicotto sul braccio.
“Sentiamoci
presto comunque!” la esortò il chitarrista “Dobbiamo cenare di nuovo insieme,
magari la prossima settimana, con Danny e Gi, che ne dici? Facciamo a casa
nostra?”
Clarissa
annuì: “Volentieri! Grazie per la birra, a proposito… e per la serata in
generale…”
“Non
dirlo neanche, Thompson… Grazie a te per la compagnia…”
Stettero
in silenzio per qualche secondo, senza nessun imbarazzo, semplicemente
godendosi quel momento che li vedeva uniti nella loro affiatata fratellanza.
“Claire?”
la chiamò, sollevando il mento dalla sua spalla.
“Sì?”
gli chiese lei, immobile la voce vagamente ovattata, con la bocca vicina alla
stoffa della sua giacca.
“Stasera
stavi davvero bene, senza scherzi…”
Arrossì
violentemente nel dirlo e se ne sorprese, sorridendo di se stesso.
Clarissa
si distaccò leggermente dall’abbraccio, lo guardò con gli occhi che brillavano
e disse, spalancandogli un sorriso in faccia: “Grazie! Stavi bene anche tu! E
sei diventato tutto rosso!”
Mentre
Tom ridacchiava nervosamente a causa di quella sua osservazione, lei ringraziò
la penombra in cui era posizionata, sotto il portico di casa, che aveva
impedito al suo viso di venire illuminato in tutto il suo rossore imbarazzato,
al contrario di Tom, irradiato dalla luce del lampione.
“E
non prendermi per il culo!” sbottò divertito il chitarrista, vedendola
ghignare.
La
sua amica gli prese il capo tra le mani, gli stampò un bacio in fronte e lo
salutò.
“Buonanotte,
Fletcher… Ci vediamo la prossima settimana! Ti chiamo io!”
“’Notte,
Thompson…”
Un
misto di ironia, felicità e, stavolta, anche qualcos’altro.
Forse
malizia.
Ma
che importava.
Si mise le mani in tasca e s’incamminò verso la sua Mini, ignorando totalmente il marchio appiccicaticcio e rossastro del lucidalabbra di Clarissa stampato sulla sua fronte.
THE END
L'intero racconto è frutto della mia fantasia.