Un uomo solo
Teneva tra
le mani un cestino in vimini, pieno di verdure e frutta fresca.
Faticava a
portarlo, sostenendolo per il manico con entrambe le mani.
Gli stivali
di gomma che indossa erano alti fino a sotto il ginocchio, e le
permettevano di
aggirarsi per le strade più diroccate, ma più
veloci del villaggio.
Persino la
salopette leggermente scollata con la gonna a palloncino e il lungo e
pesante
scialle sulle spalle però risentivano del vento freddo del
nord.
Così,
allungando i passi e affrettando l’andatura, si
concentrò sul sentiero di
fronte a lei.
Non aveva
una storia da raccontare, Makino.
Era solo
una barista, una ragazza sola in un villaggio sperduto.
Era forte
e risoluta, fronteggiava anche pirati famosi all’occorrenza.
Ma non era nulla.
Eppure la
sua vita era stata segnata da un incontro. Un semplice e isolato
scambio di
sorrisi e sguardi, di frasi e di Rum.
E così,
dalla più insignificante vita sperduta nell’East
Blue, la sua era diventata
vagamente ispiratrice per giovani ragazze che aspettavano di vedersi
piombare
nel bar un valoroso pirata dalle capacità incredibili.
Il problema
restava che lei non si rendeva ancora conto della questione.
Avvolta da
quei suoi abiti pratici e semplici, soppesando i pensieri con
attenzione
attorno alle attività da fare quel giorno, lei non prestava
più molta
attenzione al tempo che era stato.
Passato.
Un passato
non destinato a ripiombare su di lei.
Il passato
che accade solo una volta e che lei aveva lasciato andare.
Un passato
così passato da non essere più nemmeno
considerato.
E Makino
ormai aveva smesso di ricordare.
Perché certe
volte diventa insopportabile riesumare le mille sfaccettature legate ad
un
singolo avvenimento.
Non ci si
ricorda solo dei sorrisi o degli sguardi, o delle risate e del Rum. Si
riportano
in superficie così tante altre cose… gli addio,
le parole non dette, il dolore
del dopo.
Ferite aperte
e ricucite in malo modo, pronte a riaprirsi al primo movimento
azzardato.
E quando
si riaprono, ogni singola volta, diventa ancora più
difficile trovare il filo
giusto per rimetterle insieme.
Sbuffò,
facendo scivolare sulle braccia il pesante scialle di lana verde non appena si barricò
all’interno della sua
locanda.
Con un ultimo
sforzo poggiò il cesto sopra al bancone in legno scuro e
sorrise in direzione
di un uomo stravaccato su una sedia vicino alla finestra.
“Finalmente,
dove eri finita?” bofonchiò scontroso quello,
indicandole il bicchiere vuoto
tra le mani callose.
“Al
mercato… il cartello diceva che era chiuso!”
intimò fintamente irritata,
afferrando però di slanciò una bottiglia aperta e
portandola sul
tavolino al
quale era seduto l’uomo.
Quello in
risposta rise, riservandosi una buona dose di alcool da tracannare.
“Come è
entrato?” chiese lei ad un certo punto, dubbiosa.
“Il
vecchio sindaco ha le chiavi…” fu la risposta
laconica.
Makino boccheggiò
un attimo, incerta. Infine comprese fosse meglio lasciar stare.
Ritornò al suo
cestino dopo aver elargito l’ordine categorica di
“restituirle”.
“Makino-san?”
Fu quel
richiamo, basso e quasi rassegnato, a fermarla dal suo lavoro.
La voce
così insolita persino per un ubriaco l’aveva fatta
tremare.
Abbassò lo
sguardo fino alle sue mani strette attorno ad un pomodoro di stagione.
Non avrebbe
voluto rispondere, si sentiva in trappola. Ma sapeva che anche con il
suo
silenzio lui avrebbe parlato.
“Cosa c’è?”
disse infine, calibrando il tono in modo da sembrare indifferente.
“Ti
manca?”
Letale. Un
colpo perfetto. Bersaglio centrato.
“Chi
dovrebbe mancarmi?”
Stupida. Le
bugie non le erano mai piaciute, forse proprio perché non
era mai stata brava
a raccontarle.
Tre nomi
avrebbero potuto rientrare in quella risposta.
L’ambiguità
piaceva molto a Garp e Makino non riusciva mai a fronteggiarla.
“Quell’uomo…”
Ovvietà nella
sua voce.
“Dovrebbe?”
E lei si
decise a voltarsi, mantenendo un sorriso gentile.
“Ho
sentito molte cose da quando sono tornato!” buttò
li calmo, rilassandosi sullo
schienale troppo piccolo per la sua corporatura.
“Non dovrebbe
prestare attenzione a tutte quelle voci che circolano. Nemmeno la
metà sono
vere!” osservò asciutta, incastrandosi da sola con
un accenno di nervosismo mal
celato.
“Andiamo
Makino-san… ascoltare un po’ di pettegolezzi mi
aiuta a non pensare troppo!”
Lei strinse
le labbra, borbottando qualcosa, consapevole che in quel momento tra i
due era
lui il più provato dalla situazione.
Fu la
curiosità ad accendersi in lei e a vibrare così
forte da non poter essere
taciuta.
“In tal
caso… che tipo di discorsi fanno?” chiese, dando
di nuovo le spalle all’altro.
“In
sintesi si parla di quello che la marina definirebbe alla larga un
reato, mi
cara!” Garp era quasi divertito da quel discorso e il sorriso
smagliante che
sfoggiò lo mostrava apertamente.
“Vuole
arrestarmi dunque?” Makino si mantenne sul calmo.
“A quel
tempo non era ancora così pericoloso…
però certo, se i vostri rapporti fossero
continuati…”
“Non lo
sono!” esclamò asciutta afferrando da un cassetto
un coltello e affettando con
enfasi il povero pomodoro appena lavato.
Garp tornò
a ridere spensierato, tossendo per lo sforzo.
“Quanti
anni sono passati? Dieci?” insistette sicuro lui.
“Credo…”
“Sono
tanti…”
“Già”
“Chissà
quante donne ha avuto in tutto questo tempo!”
Makino lo
fulminò con un’occhiata, stringendo il manico
dell’arma con vigore.
“E questo
cosa ha a che fare con me?”
Ma non
ottenne risposta.
Garp si
alzò, sistemandosi il maglione bianco e borbottando qualcosa
riguardo al tempo
pessimo nonostante la stagione.
Riportò il
bicchiere e la bottiglia vuota al bancone, accompagnando il gesto a un
grazie,
ed infine si diresse verso la porta a due battenti.
“Sai
Makino-san, forse dovresti fare un vacanza… una di quelle
rilassanti su qualche
isola deserta”
Lei lo
osservò scettica per un momento, senza fermarlo.
“Se vuoi
un consiglio, io sceglierei…”
Ma lei lo
interruppe.
“C’è un
motivo particolare per cui mi sta dicendo questo, signor
Garp?”
Lui
scrollò le spalle, spingendo con un mano la porta.
“Forse è la
vecchiaia che mi rende sentimentale. O forse sono solo questi tempi
così cupi a
farmi pensare che ci sia qualcos’altro in cui
sperare!”
Si incupì
in volto, scrutando per qualche secondo il pavimento sotto i suoi piedi.
“Makino-san?”
la richiamò un’ultima volta, pentendosi quasi per
aver detto quelle cose.
“Cosa c’è?”
richiese lei, tristemente desolata da una nuova sensazione di paura.
“Non c’è
mai una grande differenza tra gli uomini, che questi siano Marine o
pirati
intendo. Sono solo uomini e la giustizia che perseguono non
è giusta o sbagliata
a prescindere dalla loro posizione. Quel Shank non è un
cattivo uomo nonostante
tutto, mentre…” e il volto di Akainu gli apparve
di fronte, così nitido da
essere palpabile.
“… Non ha
molta importanza ciò che dicono gli altri, lo sai
vero?” concluse frettoloso.
“Lo so”
“Bene,
allora va bene così…” e senza
aggiungere altro uscì svelto trattenendo
improvvisamente il forte desiderio di colpire qualcuno.
“Mi
sorprende sempre, quel Garp!” disse una voce ironica dietro
alle spalle di
Makino.
“E mi ha
sorpreso persino il tuo autocontrollo…”
mormorò infine.
Lei non
rispose, incantata ancora verso quella porta richiusa con forza dal
vecchio
Vice-ammiraglio.
“Sbaglio
o ti stava per mandare da me su un’isola chissà
dove?” insistette quella voce
ed infine riuscì a schiodarla dalla sua posizione.
Makino voltò
appena il capo, tanto per vedere un uomo poggiato contro lo stipite
della porta
sul retro.
“E perché
piangi ora?” chiese improvvisamente allarmato quello,
avvicinandosi lento a
lei, mantenendo un sorriso dolce sulle labbra.
Le guance
rosa di lei brillarono sotto le gocce salate inarrestabili che i suoi
occhi
continuarono a produrre.
“Shank…”
singhiozzò, poggiandosi contro il bancone e tappandosi la
bocca con una mano.
“Cosa c’è?”
le chiese cortese, come una sorte di ritornello già sentito
troppe volte in
pochi minuti.
Ma sapeva
esattamente i suoi pensieri.
Erano rivolti
a quel vecchio stanco e deluso, a quel ragazzino sperduto e stremato,
ed infine
a quel corpo freddo e seppellito nell’oscurità.
“E’ così
solo…” riuscì a dire appena prima che
lui le offrisse il suo petto su cui
lasciarsi andare.
“Vieni
qui!” disse solo come un ordine educato.
“Lui non
voleva che io fossi sola come lui…”
continuò agitata.
“Allora
cosa fai ancora qui?” e
lei lo osservò
senza saper cosa dire.
“Seguilo
e dirgli che può tenere quelle chiavi, no?” disse
categorico.
“Si,
capitano!” fu la sola esclamazione che le uscì in
risposta.
Con uno
scatto leggero gli lasciò un bacio sulle labbra e corse
fuori.
“Ti
aspetto qui!” urlò appena lui, non del tutto certo
che lei lo avesse sentito,
ma poco importava.
Aprì
svogliato un armadietto in basso e ne estrasse una bella bottiglia
invecchiata.
Sorrise entusiasta della scoperta, prima di aprirla e iniziare a
gustarsela. Poi,
improvvisamente, sbiancò.
Se quel
vecchio ora aveva le chiavi, avrebbe potuto entrare in ogni
momento…
E un’immagine
insolita gli balenò in testa.
Note:
finale
moooolto aperto direi!
Shank è sempre Shank dopotutto.
Che dire, non so perché ma Garp mi
ispira in questo periodo.
Sarà che è un personaggio
intrigante. O, meglio, il suo vissuto lo è.
Un figlio come Dragon, due nipoti
come Rufy ed Ace, un Amico/nemico come Roger e addirittura il fatto di
essere
stato lui il prescelto per salvare Ace appunto.
Diciamolo, un grande uomo come lui
merita molto. Ce ne sono pochi di personaggi in One Piece ad essere
così poco
presenti eppure così grandiosi.
E poi beh, ci sono loro, la mia
seconda coppia preferita: Makino e Shank.
Non voglio sprecare parole per
loro perché non sarebbero mai abbastanza.
Un
ringraziamento
speciale a chi vorrà farmi sapere cosa ne pensa.
Alla
prossima, baci!